Nella memoria degli anziani e degli storici locali

LA TONNARA DELLA GABBIA

di Franco Biviano

Estate, tempo di vacanze e di mare. Questa volta, dunque, traggo spunto dal mare per parlare di una vecchia attività che ha interessato anche il nostro territorio: la cattura del tonno.

Se interroghiamo i nostri anziani, sono ancora molti quelli che ricordano di aver sentito parlare dai loro nonni di una tonnara in esercizio nella contrada Gabbia. Qualcuno ne indica addirittura gli impianti a terra (il cosiddetto "marfaraggio"), successivamente trasformati in palmenti dove veniva pigiata l'uva di Malapezza e del Pantano. La stessa contrada Gabbia si chiamava anche "Tonnara". P. Giovanni Parisi, infatti, nel ricostruire la storia del nostro Comune, scrive che padre Gaetano Chiapparone, primo parroco di Giammoro, fece costruire un'edicola all'Ecce Homo "nel rione Tonnara, non lontano dalla spiaggia" (p. 164).

Sulla sola scorta di queste testimonianze, in mancanza di reperti evidenti, mi sono messo alla ricerca di fonti scritte per avere elementi certi sull'esistenza di questa tonnara in territorio di Pace del Mela. Ho consultato, senza grandi risultati, diversi testi che trattano di questa attività presente per millenni sulle coste tirreniche e adesso purtroppo cessata per cause diverse, tra le quali è sicuramente da annoverare l'alto inquinamento dei litorali. Solo due autori mi sono venuti in aiuto: il palermitano marchese di Villabianca (1720-1802) e il milazzese marchese D'Amico (1740-1816?). Nell'elenco delle tonnare siciliane, compilato dal Villabianca nel 1794, viene riportata una "tonnara così detta la Gaggia ... situata nel porto di Melazzo" (p. 76). Di essa l'autore dice di avere trovato notizia nella storia della famiglia Naselli scritta dal Lo Presti. Il 13 marzo 1598, infatti, Baldassarre Naselli, conte di Comiso, acquisì quella tonnara, insieme ad un'altra denominata "Silapo", entrambe portategli in dote dalla moglie Antonia Saccano, baronessa di Casalnuovo, come da appositi capitoli matrimoniali in notaio Giovanni Carbone di Messina. Prima di quell'anno, dunque, la tonnara in questione apparteneva alla famiglia Saccano. Il nome "Gaggia", riportato dal Villabianca, non è altro che il corrispondente dialettale dell'italiano "Gabbia", cioè della contrada marina di Pace del Mela, oggi compresa nell'area della Zona Industriale. Ancora oggi i vecchi tonnaroti di Milazzo chiamano "tunnara d'a iaggia" un'antica tonnara, di cui conservano il ricordo, nella contrada Gabbia di Giammoro.

La tonnara cosiddetta del "Silapo", anch'essa elencata tra i beni dotali di Antonia Saccano, era detta anche "Cattafi" (nome che allora veniva dato all'intero feudo che si estendeva da Cattafi sino agli Archi). Con questo nome, infatti, essa era stata concessa il 31 gennaio 1460 a don Aloisio Saccano, con facoltà di calarla in sito che non fosse di pregiudizio alle altre tonnare vicine. Successivamente, come apprendiamo dal D'Amico (p.98), essa venne spostata sotto il convento dei padri Cappuccini nella contrada Vaccarella e assunse il nome di "Tonnara di Vaccarella". E' probabile che anche la tonnara "La Gaggia" sia stata concessa ai Saccano intorno all'anno 1460.

Anche Francesco Napoli, nelle sue Memorie della città di Milazzo scritte verso la fine del XVII secolo, parla (p.183) di una tonnara "detta della Gabbia" concessa dal Governo a don Francesco Baeli, ma non ci dice più di tanto. La medesima notizia è riportata con dovizia di particolari dal marchese D'Amico, ma viene riferita ad una tonnara detta di Malpetitto. Egli scrive infatti (p. 50) che all'inizio dell'anno 1636 la Regia Corte vendette a don Francesco Bajeli, Regio Segreto di Milazzo, una tonnara sulla riviera di levante, chiamata di Malpetitto, con la facoltà di poterla calare dove volesse fra Fondachello e Cattafi (cioè Archi), purché si mantenesse a tre miglia dalla tonnara più vicina, che allora era quella "del Silipo" (successivamente spostata, come abbiamo visto, a Vaccarella). Riferisce ancora il D'Amico (p.50-51) che il 7 maggio di quello stesso anno, per l'opposizione frapposta da don Cesare Maria Candia, gabelloto della cosiddetta "Tonnara Grande" del porto di Milazzo, con specifico atto formale registrato nell'Ufficio Giuratorio di Milazzo, venne stabilito che le tre tonnare contermini (quella "Grande", quella del Silipo e quella di Malpetitto) operassero a distanza di tre miglia l'una dall'altra (purtroppo l'atto non è più presente nell'Archivio Storico di Milazzo).

Dal Bajeli, precisa ancora il D'Amico, la tonnara di Malpetitto passò in proprietà al genero don Visconte Patti di Messina e da quest'ultimo ai due generi don Paolo Lucifero e don Paolo Proto. Nel corso degli anni essa fu calata in siti diversi. Nel 1755 e nel 1756 a Monforte Marina e a Scala. Nel 1787, racconta sempre il D'Amico "fu calata da me solo nel sito più vicino e distante li 3 miglia  dalla Tonnara grande del Porto, dove si doveva calare la tonnara del Silipo, che fu variata nel mare di Vaccarella" (p. 95). La distanza indicata dal D'Amico ci porta proprio alla nostra contrada Gabbia. D'altro canto egli stesso fornisce più avanti l'esatta indicazione del sito, allorché spiega di avere abbandonato la tonnara per scarsezza di pescato e di aver venduto al Monastero dei Benedettini di Messina "le fabbriche che si erano fatte nella spiaggia del feudo della Pace ... dove fu situata la suddetta Tonnara" (p.96). Dalle notizie riportate appare chiaro che le concessioni relative alla tonnara della Gaggia o della Gabbia e alla tonnara di Malpetitto si riferiscono allo stesso tratto di mare e che in certe annate gli impianti a terra vennero collocati nella contrada Gabbia di Pace del Mela. Anche la prof. Fornaro, nel fornire l'elenco di tutte le tonnare della Sicilia nord-orientale, unifica le due denominazioni  di "Malpetito o Gabbia" (p. 379). Il Piaggia, per la verità, colloca la tonnara della Gabbia "sulla spiaggia della Baronia" (p. 84-85), ma si tratta soltanto di una sua personale illazione, non esistendo in tutto il promontorio di Milazzo alcun luogo denominato Gabbia. Non sono riuscito a trovare notizie sulla tonnara della "Gabbia" dopo del 1787. Ma non è detto che pazienti ricerche presso gli Archivi di Stato non possano fornire ulteriori informazioni.

Sull'origine del nome Gabbia, dato alla contrada in epoca imprecisata, non ho potuto trovare alcuna documentazione. Non credo che esso sia da mettere in relazione con la presenza della tonnara, come sostiene qualche anziano, perché non mi risulta che il termine "gabbia" faccia parte del linguaggio dei tonnaroti. Ritengo piuttosto che esso sia da collegare alla vicina contrada Basso Galera e alla presenza documentata di carceri presso l'antichissimo fondaco dei Benedettini (tradizionalmente ubicato presso l'attuale farmacia del dott. Calderone). Una gabbia di ferro veniva infatti utilizzata nel Medioevo per esporre i condannati a morte e i loro resti dopo l'esecuzione, perché quella vista fosse di ammonimento per tutti i passanti. Il Napoli riferisce (p. 103) che nel 1523 il Viceré Ettore Pignatelli fece esporre sulla sommità del Palazzo della Dogana di Palermo le teste di alcuni ribelli "in certe gabbie di ferro". Una gabbia di ferro contenente uno scheletro umano venne rinvenuta nel 1928 nelle immediate adiacenze del Castello di Milazzo (Gazzetta del Sud del 10.7.1996). Non è improbabile che una gabbia di tal genere venisse esposta all'occorrenza nella Marina di Giammoro, nei pressi delle carceri, dove passava una strada litoranea ("maritima seu strata" viene chiamata in un registro benedettino) e che la gente facesse riferimento ad essa quando doveva  indicare quella località.

BIBLIOGRAFIA

ARCHIVIO DI STATO DI MESSINA, Corporazioni Religiosi Soppresse, vol. 119, f. 514.

ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO, Regia Cancelleria, vol. 108, 1459-60, f. 187.

Atti della Commissione Reale per le Tonnare, Roma 1889.

G.L.BARBERI, Liber de secretiis, Milano 1966.

F. C. D'AMICO, Osservazioni pratiche intorno la pesca, corso e cammino de' tonni, Messina 1816.(Ho potuto consultare questo volume, ormai pressoché introvabile, per la gentile disponibilità dell'amico Girolamo  Fuduli, che ringrazio sentitamente).

F.M. EMANUELE E GAETANI DI VILLABIANCA, Le tonnare della Sicilia, Palermo 1986 (manoscritto del 1794 pubblicato a cura di G. Marrone).

A. FORNARO, Le tonnare della Sicilia nord orientale, in "Atti del XVI Congresso Geografico Italiano" (1954).

V. LA MANTIA, Le tonnare in Sicilia, Palermo 1901.

F. LI GRECI - A. BERDAR - F.  RICCOBONO, Mattanza: le tonnare messinesi scomparse, Messina 1991.

M. LO CURZIO - R. SISCI, Tonnare e barche tradizionali di Sicilia, Messina 1991.

F. NAPOLI, Memorie della città di Milazzo, Messina 1995 (manoscritto del XVII sec. pubblicato a cura di A. Alioto).

G. PARISI, Dal Nauloco al feudo di Trinisi. Profilo storico di Pace del Mela, Messina 1982.

G. PIAGGIA, Memorie della città di Milazzo, Palermo 1866 (rist. Bologna 1982).

 

Da "Il Nicodemo" n. 57 del 3 agosto 1997