DON SILVIO CUCINOTTA,
UN PRETE ATTUALE

La preghiera sola non basta, ci vuole anche l'azione

di Franco Biviano

L'azione convergente della Parrocchia S. Maria della Visitazione e dell'Amministrazione Comunale sta cercando di riportare alla luce la figura e l'insegnamento di un sacerdote pacese, don Silvio Cucinotta, che fu per molto tempo un punto di riferimento per gli intellettuali cattolici. La ristampa anastatica, curata dalla nostra parrocchia, dell'opuscolo che amici e ammiratori gli dedicarono a un anno dalla sua morte rappresenta il gesto iniziale di questa operazione di "recupero". Per metà dicembre l'assessore ai Beni Culturali, Antonio Catalfamo, sta organizzando un convegno operativo, con la partecipazione di specialisti, per delineare la multiforme attività di questo nostro illustre concittadino e fissare le tappe di un dettagliato programma di lavoro per dare attuazione al desiderio espresso nel 1929, a un anno dalla sua morte, dall'amico Tommaso Nediani: "Bisognerà un giorno o l'altro esumare dai paterni cassetti i tuoi manoscritti, che sono vari e copiosi, e pubblicarli". "Il Nicodemo", erede spirituale dei fogli parrocchiali che don Silvio andò pubblicando con l'emblematico titolo "PAX" dal 1921 al 1928, sente in maniera particolare il dovere di restituire alla nostra comunità l'amorevole personalità di questo pastore di ieri, il cui messaggio risuona per molti aspetti ancora vivo ed attuale.

Per comprendere don Silvio Cucinotta, bisogna avere presenti le vicende dell'ultimo scorcio del secolo scorso, un periodo purtroppo poco conosciuto. Il pensiero del Cucinotta s'inserisce nel contesto del movimento cattolico di fine secolo, nato come reazione al pericolo di vedere invasa una sfera fin'allora di sicura influenza ecclesiale, quella contadina, da parte di un movimento laico, di matrice massonica e socialista, che lottava per rivendicare i diritti dei lavoratori contro i soprusi e le angherie dei proprietari e delle istituzioni.

La situazione doveva essere molto grave, se il pur prudente Leone XIII il 15 maggio 1891 sentiva il bisogno di emanare l'enciclica "Rerum Novarum" sulla "questione operaia" per evidenziare l'estrema necessità di "venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell'uomo" (n. 2). Basti dire che non esisteva orario di lavoro (si lavorava dall'alba al tramonto), né giorno di riposo; non era prevista alcuna forma assicurativa contro gli infortuni sul lavoro; lo sciopero era considerato illegale; la retribuzione veniva stabilita unilateralmente dal proprietario e spesso veniva corrisposta in natura. Era, quindi, diffusa una generale aspirazione di giustizia sociale e i cattolici, non intervenendo, rischiavano di perdere la loro credibilità. I rimedi proposti dai socialisti (lotta di classe, abolizione della proprietà, economia centralizzata) non potevano essere condivisi dalla Chiesa, propagatrice da sempre di un messaggio di pacificazione e di fratellanza e convinta assertrice del giusto diritto alla proprietà privata e alla libera iniziativa economica. Furono le agitazioni dei Fasci siciliani (1892-1894) ad accelerare la presa di coscienza del mondo cattolico. Tutto l'episcopato siciliano si mobilitò. La chiesa si sottopose ad un rigoroso esame di coscienza. Il clero capì che era giunto il momento di rimboccarsi le maniche e mettersi all'opera per contrastare la propaganda dei socialisti. Era finito il tempo dell'inerzia. "Non basta ai dì che corrono rincattucciarci in un angolo di chiesa e lì biascicare avemarie e paternostri ... sperando che un angelo venuto dal cielo salvi la società" (GIOVANNI BLANDINI, Vescovo di Noto, in Atti del primo congresso della Regione Sicula dell'Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici in Italia, Palermo 1895). "Non è solo la preghiera l'arma del cattolico, alla preghiera si congiunga l'azione" (LUIGI DI GIOVANNI, ibidem).

Silvio Cucinotta stava completando la sua formazione nel Seminario Arcivescovile di Messina. Ordinato sacerdote nel 1895, egli fece subito una netta scelta di campo all'interno del movimento cattolico schierandosi  con i "democratici cristiani", cioè con l'ala più progressista e socialmente più impegnata dell'Opera dei Congressi. Furono gli anni, come ricordarono i suoi amici a un anno dalla morte, delle "battaglie per l'elevazione morale ed economica delle classi umili" (T. Ragusa, p. 12) e in cui "un alito di giovinezza consapevole pervadeva tutto, gli umili di Cristo, i zolfatai, i carusi, i paria della terra ergevano il capo al cielo e benedicevano Iddio" (T. Nediani, p. 8). Ma l'ala conservatrice del clero si schierò contro l'avanzata dei giovani. Cucinotta, come tanti altri, venne messo a tacere. Le sue idee erano troppo avanzate per quei tempi e suscitavano le preoccupazioni della gerarchia ecclesiastica. "Parve, allora, un innovatore troppo ardito" scriveva il can. Nicolò Minniti. Forse nacque anche nei suoi confronti il dubbio che il suo linguaggio "sembrasse deridere la pietà dei fedeli". Venne "bandito dal Seminario e dal pergamo sotto l'accusa d'esser modernista" (T. Nediani, p. 8). Don Silvio si ritirò nel silenzio di Pace di Mela e meditò. Ma non cambiò una virgola del suo pensiero. Nel 1915, nell'opera "Su la soglia dell’atrio", che costituisce il suo testamento di parroco, scriveva: "Sì, certo, la preghiera ci vuole ... Ma la preghiera sola non basta, ché essa vuol essere accompagnata da una pronta, tenace, paziente e varia attività, poiché non ci è data la facile missione di guardare da la riva ..., ma quella più ardua, più apostolica, di essere i collaboratori attivi della divina Provvidenza. Pregare e lavorare: ecco il nostro programma". E ancora: "E non ci lasci paghi, no, il pensiero d'esser stati in chiesa a pregare e gemere solo dinnanzi al tabernacolo ... mentre Gesù ci vuole anche lanciare fuori a combattere le sue battaglie".

Oggi siamo in grado di verificare quanto le idee del Cucinotta fossero in anticipo sui tempi. Se scorriamo le linee pastorali "A partire dalla Parrocchia", tracciate lo scorso anno da mons. Giovanni Marra, vi scorgiamo lo stesso identico messaggio lanciato dal Cucinotta 80 anni fa. Scrive, infatti, mons. Marra che l'esigenza primaria della Chiesa odierna è quella di uscire dal tempio (n. 6) perché "non ci si può limitare alle celebrazioni rituali e devozionali, ma bisogna passare alla missione permanente" (n. 2), è necessario incontrare la gente "fuori dai luoghi e dai tempi del sacro" (n. 17). Chiarissima emerge, infatti, l'esigenza di una inversione di rotta, "da una pastorale intra-ecclesiale ... ad una pastorale estroversa, rivolta all'esterno, a chi non viene in chiesa o vi ritorna in modo occasionale" (n. 8). Da ultimo il programma pastorale per il 1998/99, prendendo spunto dalla parabola evangelica del "Padre misericordioso", assume come guida l'atteggiamento del Padre che, scorto da lontano il figlio nel bisogno, esce di casa e gli corre incontro per abbracciarlo.

Se questo è l'orientamento attuale della Chiesa messinese, essa potrà trovare negli scritti di don Silvio Cucinotta linfa vitale per una crescita interiore. Ma prima, come ha già scritto su questo fogli don Santino Colosi, essa deve "riabilitare la figura e l'opera dell'apostolo facendo ammenda, nello spirito del Giubileo del 2000, dei torti inflittigli" ("Il Nicodemo" n. 64, p. 6).

Da "Il Nicodemo" n. 71 del 6 dicembre 1998