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Si è costituito il 23 ottobre 2000 il Coordinamento Regionale dell'Autonomia Tematica Ambiente e Territorio dei DS della Campania al termine dell'Assemblea Regionale che si è tenuta presso l'Unione Regionale DS di Via dei Fiorentini a Napoli alla presenza del Segretario Regionale On. Gianfranco Nappi e del Responsabile Nazionale dell'Autonomia Tematica Ambiente e Territorio On.Fulvia Bandoli.

In quella sede è stato nominato Responsabile Regionale dell'Autonomia Tematica Ambiente e Territorio il compagno Alfonso De Nardo e componenti del Coordinamento Regionale i compagni: Massimo La Via, Carmine Somma, Bruno Miccio, Pina Orpello, Bernardo Annecchiarico,Concetta Mattia, Raffaele Spagnuolo e Giovanni Moriello.

Questo il documento presentato ed approvato dall'Assemblea Regionale Campana dell'Autonomia Tematica Ambiente e Territorio.

Napoli, 23 ottobre 2000

Assemblea regionale degli ambientalisti DS

 

Considero una interessante e tutt’altro che casuale coincidenza il fatto che questa assemblea regionale, che sancisce la costituzione del coordinamento regionale della nostra Autonomia tematica, si celebri a poca distanza dalla riunione della platea congressuale del partito, che come sapete è fissata a Salerno per i primi di novembre con la presenza del compagno Veltroni.

E’ segno della rilevanza che il nostro lavoro assume e che gli viene riconosciuta dal partito (il segretario regionale Gianfranco Nappi ha consapevolmente proposto questa concomitanza di eventi, sulla quale la compagna Bandoli è stata ovviamente d’accordo) in un periodo cruciale per il partito stesso e per il Paese; un periodo nel quale bisognerà concentrare tutti gli sforzi e tutte le risorse umane nella definizione del programma dell’Ulivo e nella battaglia elettorale.

Sarà una battaglia difficile, nella quale peserà, come nel ’94, il perverso patto tra Polo e Lega: una battaglia che possiamo vincere solo sulla base della chiarezza dei programmi che sapremo esprimere e della forza delle candidature che presenteremo in ogni collegio.

Campania docet. Proprio qui, dove registriamo una delle situazioni più difficili per il partito e per il centro sinistra, le elezioni regionali, che hanno consegnato al Polo la maggior parte delle Regioni italiane, hanno mostrato, grazie alla candidatura di Bassolino, quanto valore aggiunto possa dare una candidatura autorevole e credibile. Vinceremo le elezioni non solo se Rutelli riuscirà a prevalere, nel giudizio degli elettori, su Berlusconi, ma anche se in ciascuno dei 1000 collegi il partito e il centro sinistra riusciranno a schierare candidature convincenti, uomini capaci di apparire come portatori di progetti coerenti e forti di rinnovamento; magari con qualche attenzione in meno alla tavola pitagorica delle appartenenze partitiche e di componente e qualcuna in più alla competenza e alla capacità di convincere un elettorato distratto. Giacché proprio di questo si tratta: non tanto di strappare consensi alla destra, ma piuttosto di recuperarli nell’immenso limbo della disillusione e del disinteresse per la politica, nel grande partito dell’astensionismo che ha già severamente penalizzato il centro sinistra nelle ultime elezioni.

Prioritario deve essere dunque per tutte le istanze del partito l’impegno sui due fronti: il primo, della elaborazione di contributi di programma su temi di reale importanza e concretezza (le cose che giustamente interessano la gente); il secondo, che può coincidere col primo se il metodo di lavoro è giusto, del coinvolgimento appunto della gente.

Su entrambi gli aspetti può essere estremamente significativo il ruolo degli ambientalisti DS.

Il primo fronte.

Deve crescere l’impegno dell’Autonomia tematica Ambiente a elaborare proposte, nel solco dell’ambientalismo scientifico, su questioni che inevitabilmente toccano e mobilitano la società. Questioni spesso roventi e allarmanti: la difesa del suolo, i rifiuti, le acque, l’inquinamento atmosferico e da elettrosmog, la sicurezza alimentare, l’azione dei fattori ambientali sulla salute e sulle patologie.

La costituzione di un coordinamento regionale rafforzerà certamente questo impegno,  poiché anche le problematiche care a noi ambientalisti raramente si adattano alla dimensione locale. Quando ti occupi di rifiuti o di cave o di urbanistica ti rendi conto che ogni seria iniziativa di avvio di una politica di governo di queste problematiche parte – come deve partire – dalla regione, dai suoi indirizzi, dalla sua legislazione.

Fino ad oggi le nostre iniziative, che nei casi migliori hanno coinvolto amministrazioni comunali e provinciali, arrivavano sulle colonne d’Ercole della competenza regionale. In una Regione di destra (ovviamente consideriamo poco significativa anche se apprezzabile la parentesi della giunta di centro sinistra di fine legislatura) con la quale non era possibile dialogare e che rappresentava il fanalino di coda dell’Italia su terreno delle normative e degli indirizzi in materia di ambiente e territorio. Così accadeva per il lavoro svolto sul tema dei parchi regionali, sulle cave, sul manifesto del mare.

La regione nuova di Bassolino e del centro sinistra dovrà essere ricordata proprio per aver saputo dare attuazione moderna, nella fase delicata in cui maturano le istanze del federalismo, a quel complesso di compiti e funzioni che, specie nelle politiche dell’ambiente e del territorio, costituiscono parte di gran lunga rilevante delle materie di competenza regionale. Su questo terreno dovrà essere ancora più incisivo e forte il contributo del partito e dell’autonomia tematica alla costruzione della nuova Regione.

E’ il senso preciso di alcune delle iniziative che recentemente abbiamo intrapreso:

  • La riflessione avviata per la costruzione di una proposta di legge per la pianificazione territoriale e urbanistica, che a breve concretizzeremo attraverso incontri con la parte più significativa della cultura urbanistica campana e i gruppi consiliari della Sinistra;
  • Le proposte sul governo della grande problematica delle acque e dell’applicazione della legge 36. Uno dei fondamentali casi di studio di un’azione di sfruttamento di risorse rinnovabili che deve vedere strettamente saldate economia ed ecologia. Una delle attività (in particolare la depurazione) che prima ancora dell’obiettivo economico (la gestione industriale) hanno quello ecologico (il disinquinamento).

Ma occorre contribuire anche a chiarire – magari partendo dalla trincea delle esperienze di governo locale – alcuni nodi fondamentali irrisolti, talora contraddizioni insite nel cuore della stessa sinistra. Un esempio: il cuore federalista della sinistra che ogni tanto scopre tentazioni di centralismo, specie nelle politiche ambientali. In molti ambientalisti si è fatta strada l’idea che solo lo Stato, in quanto struttura centrale, può tutelare efficacemente l’ambiente dalle devastazioni. Come dire: quanto più il luogo della decisione è lontano dal territorio interessato, tanto più siamo sicuri che la decisione stessa non resti influenzata da pulsioni negative, dovute appunto alla contiguità tra la politica locale e il territorio stesso. Ma se esiste una vera sacrosanta ragione di un modello istituzionale fondato sul riconoscimento di forti autonomie locali, questa ragione non sta proprio – l’abbiamo detto infinite volte – nella necessità di avvicinare il palazzo al cittadino, con tutti gli inconvenienti – veri, ma necessari – che ne possono derivare?

Alla fine resta ancora vero ciò che denunciò D’Alema nell’assemblea della nostra Autonomia a Roma di qualche anno fa: il federalismo va bene per tutti finché non riguarda la propria area di interesse o di appartenenza. E questo vale per le soprintendenze, per i forestali, per i vigili del fuoco, eccetera. Forse anche per questo continua dopo 10 anni ad avere peso in Italia quello sberleffo della storia politica nazionale che è il leghismo di Bossi.

Altre contraddizioni sono presenti e sono assai pericolose, in questo crepuscolo della prima legislatura di centro sinistra che comunque ha portato l’Italia in Europa e ha risanato l’economia nazionale. Contraddizioni che troppo spesso, nei diversi ambiti istituzionali e in questo groviglio di competenze e di poteri che è l’Italia di oggi, si risolvono in uno squilibrio ancora troppo evidente tra intenzioni e risultati.

Quante assemblee, quante declaratorie e comizi su un tema serio e grave come la disoccupazione nel Mezzogiorno. Uno sforzo serio c’è stato e ha portato quanto meno all’elaborazione di una serie di nuove architetture di concertazione istituzionale (patti territoriali,contratti d’area). Reali opportunità di creazione di nuova e più diffusa imprenditorialità, che tuttavia non lasciano sempre cadere il timore della riproduzione di vecchi meccanismi di sovvenzione pubblica. Ma comunque reali e importanti opportunità.

Poi ti capita di visitare l’ASI di Salerno e di scoprire che se oggi un’impresa che già produce e dà lavoro vuole acquistare – solo acquistare con proprio denaro – un suolo ASI, non può farlo perché sono già tutti occupati da progetti di insediamento regolarmente approvati. Poi ti fai un giro tra i lotti e trovi dappertutto terreni e capannoni abbandonati da decenni, poderi coltivati, impianti dimessi, attività produttive trasformate in centri commerciali. C’è sicuramente in questo qualcosa che non funziona.

E’ da almeno quattro anni che la provincia di Salerno ha la possibilità di avviare il controllo di combustione delle caldaie (obbligatorio per legge). Di farlo subito, utilizzando leggi deroga che consentono di saltare ogni procedura di evidenza pubblica se lo scopo è anche quello di smaltire un po’ di lavoratori socialmente utili. Anche questo un bello esempio di un’azione con una prevalente finalità ecologica che diventa opportunità economica. Solo oggi viene finalmente costituita una società mista, che chissà quando sarà davvero operativa.

Qualche tempo fa dei pescatori professionisti ci hanno chiesto un aiuto per un’altra strana vicenda: sembra che qui da noi l’unico modo per disfarsi delle tonnellate di rifiuti che vengono pescati ogni giorno con le reti sia impacchettarli e ributtarli a mare: non si riesce a mettere assieme capitaneria di porto, comuni, consorzi rifiuti perché vi sia un contenitore su ogni molo e chi periodicamente lo svuota. Ci stiamo provando.

Stiamo da tempo cercando di incoraggiare la formazione di cooperative di servizi ambientali. Si tratta di pulire e mantenere i boschi, quindi di proteggerli dagli incendi e dal degrado. Grazie ad un progetto nazionale Federlegno – Restauro dei boschi – abbiamo le imprese che acquistano il materiale prodotto: la commessa garantita. Occorre solo che le amministrazioni locali accettino di pagare il servizio ambientale reso. Non succede nulla in troppe amministrazioni di sinistra. Eppure qui si tratta di intervenire con poco per dare qualità e valore alle risorse proprie del territorio. Che a ben vedere per un Comune è anche meglio che impiccarsi per riuscire ad avere il grande finanziamento pubblico, regionale o comunitario.

Ci piacerebbe riuscire a dare subito una risposta ai disoccupati di Salerno, ai pescatori di S. Maria di Castellabate, alle cooperative forestali del Cilento. E pensiamo che in molti casi ciò sia possibile, se solo si riuscisse a smuovere le terribili inerzie che in molti casi resistono anche quando a governare siamo noi. Mettere in moto meccanismi nuovi di piccola imprenditorialità, o semplicemente di efficienza, segnali di uno sviluppo concretamente sostenibile. Così far capire a questi pescatori, a questi lavoratori del Mezzogiorno – forse da tempo lo hanno dimenticato – che il nostro partito è fatto di gente che i loro problemi li affronta e li risolve perché sono problemi collettivi. E se sono problemi collettivi non li lascia marcire nelle pastoie della burocrazia o – peggio – di una mediocre politica, che rappresentano muri davvero insormontabili opposti in ugual modo all’economia e all’ecologia.

Riuscire a fare ciò significa soprattutto – e vengo al secondo fronte – coinvolgere la gente in un concreto progetto politico, chiamarla, cercarla, non per chiederle il voto, ma per spiegarle che stai lavorando per un suo interesse che è anche interesse di tutti. Che soprattutto l’impegno del partito è speso per una cosa giusta, indipendentemente da ogni aspettativa di ritorno elettorale. Se l’obiettivo è giusto gli uomini del partito devono impegnarsi, sia che si tratti di scovare nuove opportunità per disoccupati o di denunciare l’ennesimo scempio ambientale (l’abbiamo fatto appena qualche giorno fa per  uno stupido, inutile elettrodotto realizzato di fresco a Piaggine, sul versante del Cervati, in zona 1 del parco nazionale del Cilento), sia che si tratti di prendere le difese di un gruppo di extracomunitari per i quali nel nostro tollerante paese la menomazione dei diritti più elementari è quotidiana normalità. Già, perché l’ambientalismo modello Carinzia (rispetto religioso per il paesaggio, il filo d’erba, il quadrifoglio, condito da un po’ di xenofobia e intolleranza – chissà quanti tra i manifestanti leghisti e polisti di Lodi sarebbero pronti a dichiarare la loro devozione per l’ambiente) non ci piace; perché per noi l’ambientalismo è di sinistra: non ha senso l’interesse per la natura se non è sostenuto principalmente dall’interesse per la condizione umana: ovviamente di tutti gli uomini, indipendentemente dal loro colore.

Coinvolgere le persone è il mezzo forse non più veloce (in questo è ancora imbattibile lo spot di Berlusconi), ma quello più sicuro per ricostruire un legame di fiducia con la gente che lavora, produce, ha i suoi guai come chiunque e magari la domenica delle elezioni se ne sta a casa perché non capisce a che serve andare a votare.

E’ un terreno di particolare importanza proprio per la nostra Autonomia tematica. Ci siamo volutamente collocati, fin dall’inizio, sul margine dell’organizzazione – partito. Abbiamo iscritto compagni di partito, ma abbiamo anche conquistato tanti cittadini che, pur condividendo in pieno il nostro sentire di ambientalisti e il nostro modo di lavorare, non hanno inteso accompagnare questa militanza a quella nel partito.

A tutti questi compagni (a Salerno all’ultimo congresso erano circa 100 su 230) ci siamo rivolti spiegandogli i motivi per i quali è giusto stare a lavorare assieme, partecipare ad un unico progetto anche nella diversità delle idee; ovviamente ci troveremmo molto meno a nostro agio se a queste persone dovessimo invece spiegare la necessità di essere divisi all’interno del nostro partito pur avendo tutti le stesse idee.

E ci siamo trovati affianco compagni che hanno dedicato al partito stagioni importanti della loro esistenza; nei quali il disagio, il non riconoscersi più in un partito che cambia rapidamente prevaleva ormai sulla passione politica e li teneva in disparte. Una risorsa preziosa, della quale il nostro partito ha troppo spesso fatto a meno.

Qualcuno di essi si è avvicinato a noi più per una sensazione di pelle, di fiducia, di credibilità, che per una vera e propria vocazione ambientalista. E quando, dopo anni di lavoro, di iniziative seguite quasi sempre dal partito locale con la benevolenza di chi ti considera comunque un’entità se non estranea comunque esterna alle sedi della decisione politica; ora, dopo lo sforzo e il risultato della festa nazionale di Ascea, nel clima di accresciuto riconoscimento del valore delle iniziative sostenute, si domanda – ci domanda – se non è il caso che l’Autonomia tematica si faccia carico di un’azione politica a più ampio spettro.

Credo che non ve ne sia bisogno, proprio perché il nostro punto di vista ambientalista è assai elevato. Da qui si getta lo sguardo su un territorio sconfinato, che abbiamo percorso solo in minima parte, interessato da un groviglio di problemi che investono trasversalmente tutta la società. Con la stessa facilità e frequenza ti trovi a combattere la battaglia per fermare l’ultimo scempio ambientale in un parco nazionale e a occuparti il giorno dopo di temi come la globalizzazione e la mondializzazione e degli scenari che da tali processi derivano. E’ davvero un modo di fare politica ad amplissimo spettro.

L’approccio più corretto a questa nuova dimensione del lavoro che ci aspetta chiede la costituzione di un gruppo di lavoro efficace, di un coordinamento di compagni autorevoli, competenti, seriamente impegnati, che dovrà affrontare rapidamente le tematiche di maggior rilievo che incombono sul governo della regione.

A partire dai 3 o 4 punti fondamentali dell’emergenza ambientale: il disinquinamento, il dissesto idrogeologico, i rifiuti.

Per lavorare poi sulla definizione di nuove politiche regionali sull’urbanistica, sulle cave, sulle aree protette, sull’utilizzazione coerente dei nuovi modelli istituzionali: cosa sono l’ARPA, gli ATO, i Consorzi rifiuti, le autorità di bacino, cosa devono essere. Il disordine istituzionale non è meno drammatico di quello idrogeologico.

Qualche mese fa incontro uno dei responsabili della prevenzione ASL: persona impegnata, presente in tutti i convegni. Domando: che fate sui controlli del d. leg.vo 152? Pianto greco. Siamo pochi, non abbiamo attrezzature. Ma che succederebbe se tante pattuglie sparse e disperse nella giungla delle frammentazioni istituzionali lavorassero semplicemente coordinandosi? Succederebbe che le pattuglie dell’ASL, dell’ARPA, delle Province, delle forze di polizia specializzate formerebbero un esercito.

Generalmente il nuovo non si sostituisce al vecchio, ma vi si sovrappone. Le Autorità di bacino alla fine sono state istituite (male). Ma i consorzi di bonifica sono sempre gli stessi.

C’è ovviamente un oceano di richieste di finanziamento per i POR in materia di difesa del suolo. Ma provate a rivolgervi a una qualsiasi delle istituzioni competenti per chiedere, come è accaduto a un nostro compagno, un intervento urgente di disostruzione di un alveo che minacciava la sua proprietà: un giro interminabile da Provincia ad Autorità di Bacino, a Comunità montana a Genio Civile a Forestale. Ognuno indica l’ufficio appresso. Alla fine chiami un escavatore e da cittadino modello diventi abusivo e illegale. Ma risolvi il problema.

Politiche ambientali, dunque, ma anche ingegneria istituzionale. Se no la nostra resta la Regione in cui un’Autorità d’Ambito (ATO 1) che la legge Galli costituisce per riformare il sistema dei consorzi acquedottistici, non riesce neanche a nascere per l’interdizione del potente consorzio Calore Irpino che da questa Autorità dovrebbe essere disciolto.

Infine gli aspetti organizzativi.

L’obiettivo assunto dal coordinamento nazionale è di chiudere la campagna di tesseramento a marzo 2001 portando gli iscritti a 10.000. E’ un obiettivo che richiede una forte mobilitazione. La Campania può essere all’altezza di questo obiettivo, puntando ad avvicinarsi, con l’organizzazione di una Autonomia tematica in ogni Provincia, alla quota dei 1000 iscritti.

Per ottenere ciò è necessario uno sforzo considerevole da parte di tutti i compagni. Non sarà semplice, ma non c’è da scoraggiarsi. Ogni volta che incontriamo gente nuova, ragazzi, donne, professionisti, lavoratori, ci rendiamo conto di quanta disponibilità ci sia a dare credito a chi si interessa seriamente delle questioni ambientali. Ambiente è una parola d’ordine straordinaria, a condizione che ci si lavori su seriamente, che non la si usi per mera speculazione. E’ necessario che chi ti ascolta capisca che su questi temi ci stai lavorando con passione e impegno. E che ti occupi di ambiente per occuparti di politica, con la P maiuscola, di quella politica che è volontà di dare risposta ai bisogni e di comporre i conflitti, com’è antica ragion d’essere di chi milita in questo partito.

 

 

 

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