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rock rebel
Oltrepassa ogni muro, sopravvive su ogni campo di battaglia e al più potente degli eserciti, colpisce senza sbagliare mai al cuore o dritto al cervello, e spesso è l’unica arma che rimane quando non si ha più niente.
Infallibile, incontrollabile, irreprimibile…la musica. E qua non si parla della musica di plastica delle charts internazionali, non è quella costruita a tavolino su richiesta del mercato discografico (che forse è addirittura deleterio per la musica stessa), il rebel rock, quello che dagli spiritual nelle piantagioni di cotone alle ballate operaie durante gli scioperi è sempre stato schierato accanto agli sfruttati, gli emarginati, gli scontenti che trasformavano in ritmo il battito rabbioso di un cuore ribelle. Musica nata dalla disperazione, musica diretta come un colpo di pistola, un proiettile di cruda realtà, una granata per far esplodere le fondamenta di una società dove non esiste più giustizia. Musica non più come svago ma come bollettino di guerra dei mali di quel sistema magari contro cui si scendeva in piazza nel ’68, racconti di periferia, di lotta per la sopravvivenza, di fatti su cui si preferiva tacere, davanti ai quali si chiudevano gli occhi (per paura o per menefreghismo), che venivano magistralmente raccontati da poeti-cantautori proletari a cui poi la storia ha dato ragione, e che ora sono le basi della musica moderna in Italia…La distruttiva irriverenza del punk per reagire alla perdita dei valori di una generazione che non poteva essere controllata altrimenti (la blank generation del ’77) in Inghilterra e un po’ in tutta Europa…Il rap dei ghetti neri in America dove quotidianamente la violenza e l’emarginazione si sostituiscono al pane sulla tavola per cena…Ma sotto l’onda uniformante della globalizzazione, in un epoca dove non c’è più spazio per l’autodeterminazione e l’indipendenza, questi canti multietnici soccombono, vengono sommersi dalla musica di massa che copre la rabbia e i problemi per creare quella rassicurante patina di tranquillità che piace tanto ai potenti. Sotto di essa, nascosto ma più vivo che mai, un secondo mondo brulicante di rabbia e disperazione, un mondo pronto ad esplodere perché non basta nasconderlo per distruggerlo, un mondo dove le urla di dolore diventano canti di lotta, tamburi di guerra, musica. La musica che oltrepassa i muri, che combatte, che non si arrende. ”dalle macerie della mia generazione si alzerà un pugno chiuso e una canzone…”

Alessandra Moccia

 

 

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Aggiornato il: 11 novembre 2001