SI FA A COLLE IL CRISTALLO ITALIANO! | ![]() |
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Viene
da Colle il 95 per cento dell’intera produzione di cristallo italiana,
tanto che la città Fra
le quattro aziende produttrici la Calp è quella dalle dimensioni più
grandi: da sola conta 720 dipendenti, e produce 60 milioni di pezzi
annui, per un fatturato di 183 miliardi. Le sue origini risalgono al
1951, quando si costituisce la società Calb: Cristalleria-Artistica-Lavorazione-Brevettate,
che inizia a produrre nel febbraio 1952. Nel
1959 nasce ed inizia a produrre la Cristalleria La Piana S.p.A. Nel 1967
si costituisce la Calp, Cristalleria Artistica La Piana S.p.A., che
inizia a produrre nel nuovo stabilimento nell’aprile 1970,
incorporando la produzione di Calb e della Cristalleria “La Piana”.
La ditta esporta i suoi 4 marchi ( Rcr, Primavera di cristallo, Da
Vinci, Capri Crystal) in tutto il mondo. Mentre
la Calp esegue lavorazione a livello industriale, le altre tre aziende,
hanno una produzione essenzialmente manuale. L’Arnolfo
di Cambio, nata nel 1963, è formata oggi da tre società: la Di Cambio,
per il marchio; la Compagnia Italiana del cristallo, per la
commercializzazione, la Duccio Disegna: per la produzione.Comprende 31
addetti e produce un fatturato per 8 miliardi. La
Colle Cristallerie, nata nel 1960 come Kristal Krislla, è stata
rilevata nel 1992 dal Gruppo Bormioli, del quale oggi rappresenta una
produzione di nicchia. Da lavoro a 32 addetti, più 14 come indotto, ed
ha un fatturato di 14 miliardi. La Vilca, nata nel 1960, è quella che può vantare una produzione esclusivamente manuale. Occupa 27 addetti, lavora annualmente 160 tonnellate di cristallo, con una produzione di circa 50mila pezzi, ed ha un fatturato di 4 miliardi. CRISTALLO: L'ORGOGLIO E LA MEMORIA. (Di Duccio Santini) Il museo del vetro e del cristallo di Colle vedrà la luce tra pochi mesi. Una apposita commissione, istituita dal Comune di Colle di Val d’Elsa, e alcuni professionisti esperti in varie discipline, ne stanno plasmando ormai gli ultimi dettagli. Prima di tutto
vorrei sottolineare cosa questo museo rappresenti per la nostra Città.
Credo di non sbagliare dicendo che rappresenta l’orgoglio, la memoria
e la gratitudine: L’orgoglio perché tutti i colligiani vanno fieri di
ciò che rappresenta oggi il cristallo di Colle nel mondo. La memoria
perché nessuno deve dimenticare chi, dalle origini ad oggi, ha saputo
inventare, fare, costruire intorno prima al vetro e poi al cristallo. La
gratitudine perchè è anche attraverso il vetro e il cristallo che
Colle è riuscita a crearsi una forte identità. Ma cosa si potrà vedere all’interno dello spazio museale? Il visitatore potrà seguire attraverso reperti, pezzi e documenti di grande interesse, ordinati con competenza e rigore scientifico, l’evolversi della vicenda storica del vetro di ieri al cristallo di oggi. Si potrà guardare dentro le viscere di un vero forno per la creazione di questa magica materia.Si potranno ammirare pezzi unici, riprodotti appositamente oggi, da antichi disegni, oggetti questi che anno richiesto, per la loro realizzazione, un autentico virtuosismo creativo. Andando oltre si potrà sapere e capire circa le tecniche di lavorazione e toccare gli strumenti e gli arnesi dei “maestri”. Continuando questo percorso conoscitivo saranno raccontati aneddoti e presentato il frasario e la terminologia di questo singolare e affascinante mondo. Una parte specifica sarà destinata ad uno spazio fatto di cristallo che trasmetterà una grande suggestione a chi lo attraverserà. Ma come per un buon libro non è giusto svelare la trama per non togliere piacere al lettore, così non racconterò altro di questo museo a beneficio del futuro visitatore. Voglio solo aggiungere che questo spazio espositivo rappresenterà soltanto un punto di partenza, che poi deborderà all’esterno delle mura che lo contengono, si allargherà sulla città, nei negozi specializzati, nelle botteghe artigiane, nei laboratori, nelle molerie, fino alle fabbriche dove si produce il cristallo, per vivere dal vero quanto appreso all’inizio del cammino intorno al mondo del cristallo.L'ARTE DEL VETRO E DEL CRISTALLO Da antichi documenti si apprende che il vetro, come la carta, fu lavorato a Colle sin dal medioevo. Tuttavia, nel territorio circostante, sono stati ritrovati alcuni reperti di manufatti vitrei di epoca etrusca. I primi dati certi comunque risalgono al XV secolo: è del 1406 uno statuto in cui, nella rubrica inerente le gabelle e le tasse, si fa riferimento alle imposte dovute dai proprietari di forni nei quali si lavorava il vetro. “ Que gabelle solvatur de fornace bicheriorum Rubrica Bicchierarii qui in Colle vel curte fornacem fecerint de licentia generalis consilii terre collins solvant pro qualibet fornace bicheriorum qua fecerint dicto modo libras XV denariorum pro quolibet anno”Notizie certe
sulla esistenza di vetrerie in Colle hanno inizio sin dal XIV secolo,
quando Sembra che tale
iniziativa riscuotesse tale successo da rendere benemeriti i loro
fondatori. (......).Il “boom” si ebbe nell’Ottocento per
iniziativa di alcuni imprenditori francesi, i Mathis, i quali
ereditarono la “fornace” impiantata nell’antico convento
abbandonato degli agostiniani.Da allora il vetro per Colle divenne
un’arte tradizionale il cui sviluppo fu sempre crescente e assicurò
un posto di lavoro a innumerevoli famiglie.La ragione per la quale nella
nostra città si trovarono le condizioni più adatte per le vetrerie sta
forse nel fatto che, oltre alla comodità che offriva la via Romea per
il trasporto delle sabbie, erano alla portata di mano alcune materie
prime esistenti nella zona. L’abbondante
vegetazione offriva infatti, le diverse qualità di legno da ardere, sia
per l’alimentazione dei forni, sia per la produzione di alcune ceneri
dalle quali venivano ricavati ingredienti necessari alla composizione
del vetro; facile era l’approvvigionamento di un particolare tipo di
marmo, esistente in Montevasoni e di vicini sedimenti di sabbia silicea. Fin dai tempi più
lontani l’attività raggiunse un grado di perfezione tale da imporsi
in un raggio assai vasto. A Firenze, essendosi manifestate verso la fine
del secolo XVI preoccupazioni per la concorrenza industriale di altri
stati, fu promulgata dal Granduca l’ordinanza del 20 aprile 1577, per
abolire il “vetro fiorentino” nello stato fiorentino. Poiché allora
in Firenze non esistevano vetrerie per bicchieri e vasellame, ma era
solo Con il passare
del tempo le vetrerie colligiane non hanno mai conosciuto pause,
superando le inevitabili crisi e conservando un ruolo determinante in
tutta l’economia cittadina. La vetreria,
oltre dare lavoro ai vetrai, a coloro che operano all’interno della
fabbrica, dava e da lavoro ad altre centinaia di lavoratori fuori dalle
vetrerie: gli “arrotini”. L’arrotino o
molatore, che meglio converrebbe definire lo “scultore” del vetro,
arricchisce il vetro liscio, uscito dalla fabbrica, con pregevoli
incisioni, ora ornati geometrici, ora con ornati di fantasia. Troppi sarebbero,
ad elencarli tutti,i nomi degli “arrotini” che non solo a Colle
fecero parlare di sé e che riuscirono con la loro capacità e con il
loro astro a trasformare un bicchiere o una bottiglia, un vaso in
preziose opere d’arte( come Mario e Edoardo Salvi e Nello Cigni, che
hanno trasmesso tesori di esperienza e di geniale abilità alle
generazioni odierne). Le botteghe di
tali artigiani erano per la maggior parte situate nella contrada detta
“Agli arrotini”, sulla strada che congiunge Pieve in Piano con via
Oberdan, dove la sempre generosa “gora” offriva l’energia per i
movimenti dei torni. Nel 1873 erano
attive in colle due vetrerie condotte dal “maestro” boemo Giovan
Battista Schimidt, nel 1921 il colligiano Modesto Boschi riuscì a
riunire in un’unica società le vetrerie esistenti in Colle e la sua
conduzione fu così abile che il complesso, negli anni successivi,
raggiunse il massimo della sua ascesa. Nello stabilimento trovarono
lavoro, fino al secondo conflitto mondiale, ben 520 dipendenti tra
uomini e donne e si produssero centinaia di migliaia di pezzi, che
furono molati da una vera e propria miriade di piccoli artigiani. Negli anni che
seguirono il conflitto mondiale, pur restando il nome “Vetrerie
Modesto Boschi”, il complesso fu rilevato da una nuova società per
azioni, si incrementò ancora, fino a raggiungere nel 1951, 625
dipendenti.Ma i criteri di innovazione non si improntarono né cercarono
di adeguarsi alle nuove più progredite tecniche, i vecchi sistemi di
conduzione evidentemente non corrispondevano più ai tempi né venivano
accettati dalle più qualificate maestranze. L’intero
sistema economico cittadino subì un durissimo colpo, gli operai, forti
della loro capacità e doti di iniziativa dettero vita a nuove vetrerie.
Sorse per prima la V.I.T.A.C. poi altre ne seguirono: la V.A.V., la
C.A.L.B., la CRISTALLERIA ARNOLFO DI CAMBIO, la V.I.L.C.A., la KRISLA ed
altre.... Riprese a
lavorare anche “La Fabbrichina”, con il nome “La Piana” e la ex
- Vetreria Boschi- riaprì i cancelli, rilevata dalla Cooperativa, sotto
il nome “Esercizio M.Boschi C.L.V.B.”. E’ da segnalare
il patrimonio tecnico e professionale, espresso dal lavoro colligiano
nel vetro, e l’opera di Giovan Battista Rolandi, che lavora in
Francia, a Palermo, a Milano, a Murano e di Modesto Boschi che dirige
vetrerie a Milano, S.Giovanni Valdarno, Firenze, Figline, Colle. La lavorazione a
mano, di alto livello professionale, è oggi assai ridotta, sostituita
da quella automatica e semiautomatica: presse,soffiati a fermo e a
soffio girato, scalottatrici a freddo, ribruciatori, saldanti operano un
processo dal forno di fusione al fondo linea, cui segue l’immagazzinaggio. La percentuale
del 24% di piombo è stato ottenuto progressivamente: dal 14-15% del
1946 (nella “La Fabbrichina” della “Boschi”) si giunge, solo nel
1963, agli attuali procedimenti compositivi e di affinamento. Con le sue
cristallerie, Colle ha acquistato tale rinomanza da venire definita la
“Capitale del cristallo” o per chi lo preferisce la “Boemia
d’Italia”. TUTTI GLI ANNI A COLLE DI VAL D’ELSA VIENE ORGANIZZATA LA “MOSTRA DEL CRISTALLO”, OSPITATA IN CASTELLO NEI TRE PRIMI WEEK DI SETTEMBRE , PRENDENDO IL NOME DI “CRISTALLO TRA LE MURA”. (“CRYSTAL INSIDE THE WALLS”). LA MOSTRA VIENE VISITATA TUTTI GLI ANNI DA MIGLIAIA DI TURISTI. IMMAGINI
DELLA VECCHIA LAVORAZIONE Immagini della vecchia lavorazione manuale, l’unità di produzione del vetro era la “piazza” (lo spiazzo antistante la bocca del forno a bacino), che per il bicchiere a calice, tipico della vetreria colligiana, era costituita, su tre banchi, da 10-12 persone, con mansioni ad un tempo diverse ( il maestro soffiatore, gli attaccagambi, gli attaccapiedi). Questi erano alcuni degli arnesi tipici: canna per soffiare ( a cui il bicchiere restava attaccato fino alla fine della lavorazione), pinza ( preparava per la soffiatura l’impasto incandescende del vetro), mòllere (tranciavano l’impasto durante la soffiatura della paraison e tiravano il gambo), legno (per modellare il piede), forbici (per tagliare la calotta), forcella (con cui l’operaio portantino recava il bicchiere nel forno della tempera). La “tempera”, questo forno, lungo diversi metri, contiene un nastro scorrevole sul quale vengono appoggiati gli oggetti; un sistema elettronico regola la temperatura interna in modo che si abbassi gradatamente, per cui l’oggetto, nell’arco di cinque ore, passa sul nastro scorrevole attraverso varie temperature fino a giungere a zero gradi. In questo modo l’oggetto si ridimensiona gradualmente trovando il giusto calore. Se si lasciasse raffreddare a temperatura ambiente, il cristallo scoppierebbe perché le molecole che lo compongono si restringono troppo in fretta. BORENO CIGNI,
uno degli ultimi “veri” incisori su cristallo di Colle di Val
d’Elsa, figlio “ Come uomo mi sento realizzato, faccio un lavoro che amo, nel quale ho progredito passo dopo passo, maturando nel tempo con il grosso contributo che mi ha dato mio padre (Nello Cigni). Un’eredità che cerco di arricchire attraverso l’esperienza, un’arte che mi ha donato tante soddisfazioni morali e che, vivendo di modestia, mi dà il gusto della felicità, anche perché non ho mai gestito la politica dell’invidia”. UN MUSEO PER RICORDARE, ... UN MUSEO PER CONOSCERE La perizia ordinata dal dal Tribunale di Siena nel 1885 sulla “Cessata lavorazione del cristallo nella fabbrica Schmid”, ci fornisce alcuni elementi storici di grande valore, di una struttura racchiusa entro un alto recinto, confinante con via dei Fossi, via Pieve in Piano, cartiera Ceramelli e via Nuova Provinciale Maremmana, su di una superficie di oltre 12.000 metri quadrati. All’interno di questa struttura vi era una sezione “primitiva” impiantata nel 1820 dal vetraio Francois Mathis che occupava quasi tutti i locali un tempo destinati a monastero dei padri Agostiniani, ora parrocchia di Sant’Agostino, mentre l’ingresso della fornace si trovava sul lato destro della facciata della Chiesa omonima. La “sezione moderna”, del tutto indipendente da quella “primitiva”, era invece stata eretta “in solida e durevole muratura” da Giovan Battista Schimid intorno al 1865, creando in questo modo la struttura di quella che negli anni Venti del secolo scorso, con poche modifiche ed ammodernamenti, diventerà la vetreria Boschi. Oggi, paradossalmente ci permette di riconoscere con chiarezza la sezione “primitiva”, altrettanto non consente per quella “moderna”, perduta purtroppo in epoca recente. Di quest’ultima infatti nulla rimane. Nulla se non la memoria, che torna a rivivere con la costruzione del Museo del Cristallo, proprio in quell’area ed intorno ai ruderi di quella ciminiera. Un ulteriore motivo per essere orgogliosi di questo prossimo arrivo, che sin da ora invitiamo, prima di tutto i cittadini di Colle di Val d’Elsa, a conoscere ed amare.
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