[Testo dell'articolo pubblicato sulla Rivista di illustrazione
romagnola La Piê (Anno 1979 - Numero 1)
con il titolo "Lezione di geografia"]
Quando sentì il mio accento, l'amico centromeridionale capì subito che ero nato a qualche grado di
latitudine più a nord di lui, ma siccome non riusciva a classificarmi né come
veneto né come brianzolo, esitò per qualche attimo ancora ed infine se ne uscì con la domanda di rito:
«Ma tu di dove sei?».
Cercai di darmi un contegno ed a stento riuscii a trattenere,
assieme ad alcune parolacce appropriate alla bisogna, il moto di stizza da cui fui mosso internamente;
perché se c'è una cosa che mi manda in bestia è sentirmi chiedere di dove sono. Come se non si dovesse
capire! Attesi perciò qualche istante e, cercando di apparire il più naturale possibile,
buttai lì la risposta a mezza voce:
«Sono romagnolo».
Lo vidi illuminarsi: aveva capito tutto.
Finalmente la sua affannosa ricerca mentale poteva fermarsi su un fotogramma geografico ben preciso,
tra i mille esplorati disperatamente fino a quel momento. Mi guardò con aria trionfante e dal modo
con cui mi parlò capii che stava tentando il tutto per tutto: cercava addirittura di indovinare
la città che mi aveva dato i natali.
«Di Modena?».
Soltanto il mio notevole grado di autocontrollo
mi consentì di sopportare senza danni apparenti lo sproloquio. Modena? Non poteva essere; evidentemente dovevo aver
risposto a voce troppo bassa oppure l'amico si era distratto.
Decisi di volgere la cosa allo scherzo e ribattei ridendo:
«Ma va là! Hai sempre voglia di scherzare! Lo sai benissimo
che Modena non è in Romagna!»
Credette che fossi io a scherzare e che volessi prendermi gioco di lui. Con
l'espressione più seria del mondo mi disse:
«Se non è Modena sarà Parma!».
«Ma la vuoi capire che né Modena né
Parma sono in Romagna?»
«Questa è bella! E Orietta Berti? Iva Zanicchi? Sono romagnole, no? Lo dice anche la tivù!».
E dire che negli anni della mia giovinezza ho creduto nella funzione formativa dell'ente televisivo! Ma è possibile
che propali tali menzogne?
«Ma che m'importa della tivù!»
Eppure era uno che aveva viaggiato! La sua professione
lo portava a frequenti viaggi in tutta Italia, dall'estremo nord all'estremo sud. Conosceva, per averli
visitati personalmente, monumenti e chiese di tutte le città, anche quelli meno toccati o addirittura ignorati dal grosso
flusso turistico.
Mi resi conto che i suoi viaggi lo portavano a gustare la bellezza dei luoghi in modo esteriore,
senza interesse per i problemi della popolazione, per la sua storia, la sua lingua e, perché no?, il suo orgoglio
campanilistico.
La situazione era imbarazzante. Io ribollivo di rabbia e lui, pur vedendo vacillare le sue solide
conoscenze geografiche, non voleva ammettere l'esistenza di lacune di questo genere. Alla fine fu lui a cedere:
«Allora toglimi una curiosità. Ma come si configura esattamente la Romagna? E' la parte a nord della via Emilia
o quella a sud?».
Mio Dio! Stavamo raggiungendo il fondo. In vita mia avevo sentito parlare di cisalpini e transalpini,
di cispadani e transpadani, mai di cisemiliani e transemiliani. Ed avrei creduto che solo una mente malata potesse
pensare di distinguere gli emiliani dai romagnoli utilizzando come linea di demarcazione la via Emilia.
Fu a questo punto che avvenne la trasformazione: l'impeto d'ira sbollì rapidamente, divenni calmissimo e mi sentii pervadere
da una benevola disposizione d'animo.
Perché forse non aveva tutti i torti. Se è vero che tutti i testi di
geografia elencano tra le altre una regione di nome Emilia-Romagna, nessuno di essi si preoccupa di definire con
esattezza l'identità dei due elementi della simbiosi, lasciando la maggioranza degli italiani nella più completa
ignoranza.
Né i romagnoli, restii come sono a parlare si sé e dei propri affari privati - e l'essere nati in una certa
regione anziché in un'altra è un affare personale e privatissimo! - hanno mai contribuito molto a chiarire il mistero.
A differenza dei bolognesi, che hanno sempre le due torri ed i tortellini (beati loro!) in bocca o dei milanesi,
che vi hanno invece il duomo e la Madunìna, o dei romani, che hanno il Colosseo e poi sanno tutto loro. E l'elenco
potrebbe continuare all'infinito.
«Amico mio, la via Emilia non separa gli emiliani dai romagnoli, bensì li
congiunge».
«??»
«Eh sì! Perché per andare dall'Emilia alla Romagna la via principale è proprio la vecchia
statale numero nove».
«Ma non hai risposto alla mia domanda. Allora dimmi: da quali province è formata?»
E come facevo a spiegargli che la Romagna più che una entità amministrativa, esprimibile in termini di agglomerato
di province, è una entità cultural-geografica particolarissima, che supera le barriere regionali?
«Se è questo che vuoi sapere, ti dirò che le province che hanno territori nell'area romagnola sono sette,
con l'aggiunta di uno stato estero: la Repubblica di San Marino».
Decisamente lo stavo disorientando: la sua espressione
rivelava chiaramente lo sbigottimento che lo aveva colto dopo la mia ultima affermazione.
«Vedi che avevo ragione io?
Come si possono trovare sette province da assegnare alla Romagna, se mi escludi Modena e Parma? O tu non me la racconti
giusta oppure i conti non tornano».
E fu così che, per fargli tornare i conti, gli spiegai tutto e gli dissi che la
Romagna era formata dai territori appartenenti alle province di:
- Ravenna, per intero;
- Forlì, per
intero;
- Ferrara, con il comune di Argenta;
- Bologna, con i comuni di Imola, Dozza, Borgo Tossignano, Castel del Rio;
- Pesaro, con il Montefeltro e cioè San Leo, Novafeltria, Gradara e Carpegna;
- Firenze, con i comuni di Palazzuolo,
Firenzuola e Marradi;
- Arezzo, con il comune di Badia Tedalda ed una porzione di quello di Sestino;
- più la
Repubblica di San Marino.
Alla fine eravamo entrambi stanchi, ma soddisfatti. E fu più per gentilezza nei suoi confronti, che per vera curiosità, che mi lasciai
sfuggire:
«E tu di dove sei?».
«Di Termoli».
«Ah! Abruzzese».
Sorrise di un sorriso bonario e spiegò tutto
d'un fiato:
«No, molisano. Perché Termoli si trova nella provincia di Campobasso, che assieme a quella di Isernia forma
appunto il Molise».
Mi sarei preso a schiaffi.