Quaderni di birdwatching Anno II - vol. 4 - ottobre 2000

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di Salvatore Grenci

        L'Aquila-Astore (Bonelli's Hawk Eagle) degli anglosassoni è forse la reliquia più importante della nostra avifauna e la Sicilia è la regione italiana nella quale è ancora possibile incontrarla. Poche sono, tuttavia, le zone che mantengono ancora le caratteristiche idonee al suo insediamento, in particolare la tranquillità. Si tratta, infatti, di quella che lo studioso da campo definirebbe "una bestiaccia", schiva, diffidentissima, pronta ad abbandonare sito e nido se qualcosa non gira per il verso giusto. Insomma, un animale che il naturalista deve seguire con la massima cautela e a debita distanza, soprattutto in alcuni periodi del suo ciclo riproduttivo (costruzione del nido, cova e allevamento dei pulcini nelle prime due settimane sono un periodo delicatissimo: basta un nulla e addio stagione). Con queste premesse, ci si aspetterebbe di incontrarla soprattutto nelle zone più impervie della regione. Siccome è la Sicilia, appunto, e non l'Oregon, l'Aquila di Bonelli (Hieraaetus fasciatus) è confinata sì nelle zone meno accessibili (citerò a tal proposito la riserva dello Zingaro in quanto ben protetta e soprattutto ben pubblicizzata a livello planetario…), con pareti a strapiombo e pendii fortemente inclinati, ma anche in aree relativamente frequentate dall'uomo e su pareti relativamente basse, purché tranquille e soprattutto adiacenti o poste all'interno di aree ricche di prede. Oltre alle pareti rocciose, gli altri "ingredienti" sono le aree aperte, prevalentemente aride, in genere da 400 a 1100 metri slm, talvolta a quote inferiori. Classici ambienti da Aquila di Bonelli sono la macchia mediterranea a gariga, o ancora le aree con rada copertura vegetale (prevalenti Leccio, Roverella e rimboschimenti a Conifere, purché non eccessivamente estesi e densi).

Femmina adulta di Aquila di Bonelli in volo
foto S. Grenci 2000

        L'attuale situazione (una quindicina di coppie nidificanti) sembrerebbe indicare una certa stabilità delle popolazioni, in passato fortemente decimate dalla riduzione dell'habitat, dalla progressiva antropizzazione e dal bracconaggio, principale, se non unica, causa di estinzione nella Sicilia orientale e sud-orientale e sulle Madonie. Cito in particolare la scomparsa da una piccola oasi lungo il fiume Imera, ricchissima di fauna e per questo meta preferita dei cacciatori, che quasi ogni anno hanno sistematicamente abbattuto uno o entrambi i componenti della coppia di Aquile che puntualmente si rigenerava grazie agli erratismi di subadulti da altri comprensori. Fino ad arrivare, ovviamente, alla totale estinzione. Sottolineo l'assoluta malafede alla base di queste scelleratezze venatorie, che spaziano dal classico "ci tiro o non ci tiro?" al non raro "aquilazzu si futtìu u cunigliu, e u cunigliu l'hannu ammazzari i cacciatura", sino ad arrivare agli abbattimenti su commissione, per rifornire il sempre florido mercato nero di collezionisti senza scrupoli. I cacciatori, i padroni del mondo…

        La relativa stabilità della popolazione siciliana è quindi dovuta, più che altro, alla scoperta di nuovi siti e all'eccellente successo riproduttivo. La Sicilia possiede, infatti, la più alta percentuale europea di involi di due giovani dallo stesso nido, e in particolare due coppie storiche mantengono questa produttività da diversi anni (e in due stagioni particolarmente felici tre giovani hanno lasciato il nido dopo due mesi di cure amorevoli e soprattutto conigli a volontà).

        L'incontro con l'Aquila di Bonelli è sempre emozionante: difficile confonderla con altri rapaci di taglia omologa, grazie alla colorazione biancastra delle parti inferiori e alla silhouette di volo. L'azione di caccia è oltremodo spettacolare, sia nelle picchiate velocissime a mo' di Pellegrino su uccelli di media taglia, sia nei brevi inseguimenti rasoterra di conigli. Si tratta, in genere, di brevi apparizioni, anche se va detto che al di fuori del periodo riproduttivo alcuni esemplari manifestano, per fortuna raramente, una strana curiosità nei confronti di eventuali intrusi umani. Nessuna tolleranza, invece, nei confronti di altri rapaci: oltre ai grossi nidi (a volte parecchi), infatti, uno dei migliori indicatori della presenza dell'Aquila di Bonelli sulla parete è l'assenza di altri rapaci di media taglia, che si guardano bene dall'incrociarla. Poiane incaute hanno corso seri pericoli, e persino il mobbing di Pellegrino e Lanario non riesce a sortire i consueti effetti: in quanto ad irascibilità l'Aquila di Bonelli non è seconda a nessuno. Solo il Gheppio e forse il Grillaio sono abbastanza tollerati.

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Giovani di Aquila di Bonelli al nido prossimi all'involo - foto S. Grenci 2000

        Sugli aspetti della biologia in Sicilia, riporto brevemente alcuni dati: parate nuziali a partire da dicembre, nidificazione in genere da metà febbraio (lo stesso nido può essere utilizzato più anni consecutivi, anche se in genere si verifica una rotazione), involo dei giovani da fine maggio al 20-25 giugno. Pur essendo più adatta alla cattura di uccelli, l'Aquila di Bonelli deve l'elevato successo riproduttivo in Sicilia alla disponibilità di conigli selvatici, che pur presenti in percentuali più basse costituiscono gran parte della biomassa alimentare (sino al 70%, dati inediti, Di Vittorio et alii in stampa). Il Colombo Columba livia, selvatico e in forme semidomestiche, e la Taccola Corvus monedula sono gli uccelli catturati con maggior frequenza. Tra i resti rinvenuti personalmente sui posatoi, cito anche la Cornacchia grigia Corvus corone, il Colombaccio Columba palumbus e, caso raro ma forse non unico, un volpacchiotto di circa tre-quattro mesi. Ho osservato anche il trasporto al nido del Biacco Coluber viridiflavus var. carbonarius e di un grosso Ratto (probabilmente Rattus rattus).

        Notevoli i problemi connessi alla sua conservazione in Sicilia, ultimo bastione della specie dopo la progressiva rarefazione o scomparsa nelle residue aree peninsulari e in Sardegna. La pressione antropica sulle aree occupate ha raggiunto livelli intollerabili, lo stesso vale per quella venatoria, che, aldilà degli episodi di bracconaggio, sottrae preziose risorse alimentari all'aquila e ne provoca spesso l'allontanamento nella fase delicata della scelta del nido. Si aggiunga ancora la brusca modificazione delle tipologie dei sistemi agricoli: l'agricoltura tradizionale, diversificata, con rotazioni colturali, oliveti, mandorleti, ecc. è spesso rimpiazzata da coltivazioni intensive o addirittura da colture protette, vere e proprie sterilizzazioni del territorio (che per inciso ha provocato la scomparsa dell'Assiolo, dell'Upupa e della Civetta da interi comprensori). Anche le periodiche epidemie di mixomatosi e necrosi emorragica di intere popolazioni di coniglio selvatico possono indirettamente riflettersi sull'andamento della stagione riproduttiva, e sembrerebbero la causa del "riposo" forzato di alcune coppie negli anni di particolare virulenza. Quanto detto, inoltre, a proposito del Capovaccaio e dei lavori forestali è applicabile anche ad alcuni siti occupati dall'Aquila di Bonelli. Cito un caso, in piena riserva naturale, dove un meraviglioso vallone, un vero e proprio serbatoio di conigli, battuto molto spesso dal rapace, mostra una fila ordinata di buche nelle quali verranno presto impiantate le solite conifere (se non eucalipti) da rimboschimento. Una zona, precisiamo, assolutamente stabile e privo di movimenti franosi.

        Gli stessi siti ricadenti in zone protette hanno sofferto altri problemi, per esempio l'eccessiva invadenza di turisti ed escursionisti, tra le cause della mancata nidificazione delle Aquile in un'area protetta della Sicilia Occidentale. Va anche detto, comunque, che in condizioni ecologiche vicine all'optimum e con disturbo assente o moderato, le Aquile di Bonelli vivono senza particolari problemi. In un'area dei Sicani addirittura due coppie convissero sulla stessa parete per qualche anno, a poche centinaia di metri di distanza, mentre un'area della Sicilia meridionale attualmente ospita due coppie distanti tre chilometri scarsi in linea d'aria. Ma si tratta di eccezioni purtroppo sempre più rare, e molti siti potenzialmente idonei al suo insediamento o al suo ritorno (per esempio le spettacolari "Cave" della Sicilia sudorientale) vengono regolarmente disertati per le ragioni esposte in precedenza.


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