Quaderni di birdwatching Anno II - vol. 4 - ottobre 2000

Editoriale
Titolo

di Luciano Ruggieri

XXI secolo alle porte, è prassi fare bilanci.

La Lista Rossa delle specie minacciate di estinzione in Italia è stata pubblicata recentemente a cura della LIPU & WWF. La Lista delinea, in un quadro di luci e di ombre, una situazione sostanzialmente critica, in quanto ben il 48,4 % delle 250 specie nidificanti in Italia sono considerate "a rischio" e l’80% di queste appartengono ai non-passeriformi.

Questo numero di Quaderni di birdwatching è stato dedicato ad illustrare più in dettaglio lo status di quelle specie il cui stato di conservazione è risultato negli ultimi vent’anni (1981-1998), completamente nullo o del tutto negativo: Moretta tabaccata, Aquila di Bonelli, Capovaccaio, Lanario e Pernice di mare.

Discutere sui problemi di conservazione di queste specie è uno specchio fedele dei problemi di gestione dell’ambiente del nostro paese: non a caso sono tutte specie tipiche di ambienti mediterranei, i più minacciati dal degrado spesso irreversibile di alcune aree del nostro Meridione.

E purtroppo, le cause sono sempre le stesse di vent’anni fa: edilizia selvaggia, bracconaggio, distruzione dei siti di nidificazione, collezionismo. A questa disamina abbiamo voluto aggiungere il Chiurlottello, che non è mai stato un nidificante in Italia, ma che rappresenta il simbolo di tutte quelle specie destinate irrimediabilmente all’estinzione senza aver mai potuto intraprendere alcuna misura di protezione efficace.

"E al birdwatcher tutto questo interessa?" ci si potrebbe chiedere.

Questa domanda affiora periodicamente in seno ai circoli più elitari del mondo conservazionistico italiano: che il birdwatcher non faccia conservazione, anzi che sia un elemento di disturbo da evitare e da isolare.

Ritengo invece che, in questi vent’anni, sia stata data poca importanza alle potenzialità che un movimento di birdwatching potrebbe avere sulla salvaguardia di alcune specie in pericolo critico in Italia.

In una situazione, come quella italiana, in cui l’interesse per la biologia dell’avifauna selvatica è ridotto a pochi istituti di ricerca e a un paio di benemerite associazioni di volontariato, in questa specifica e anomala situazione, dove il reperimento di risorse umane e finanziarie per progetti di conservazione a largo respiro è spesso molto difficile o pura utopia, il birdwatcher incarna spesso sia la figura dell’appassionato che al tempo stesso del tecnico disponibile a lavorare sul campo.

Sappiamo esattamente quante coppie di Aquile di Bonelli sopravvivano in Sardegna? NO. E chiedetevi ora quanti birdwatchers ci siano in Sardegna, e quanti di questi si avventurino in lande montuose e solitarie.

Capovaccaio e Lanario sono specie diffidenti, difficili da osservare a meno di dedicarvisi per intere giornate. Abbiamo un numero sufficiente di ornitologi e ricercatori per monitorare piccole popolazioni disperse su territori vastissimi? Purtroppo NO.

E’ certo che non si può sperare di salvare l’Aquila di Bonelli con la forza dei soli binocoli. Servono appoggi politici, finanziamenti, coordinamento degli sforzi e obiettivi da perseguire.

Ma non è il caso di andare troppo lontano e aspettare che la coscienza ambientale in Italia a livello politico cambi e che si possano attuare tutti in una volta quei progetti di conservazione che giacciono nei cassetti da anni. Non si può aspettare ancora, ma bisogna agire subito, utilizzando ora le risorse disponibili perché altri 20 anni non trascorrano inutilmente.

All’estero, associazioni di birdwatchers rappresentano una grande risorsa umana e hanno dato prova di poter validamente sostituirsi agli organismi centrali nella salvaguardia di alcune specie minacciate. Nel Regno Unito i progetti di conservazione non sono solo una prerogativa della Royal Society for Protection of Birds (RSPB), ma localmente, ogni club gestisce i siti migliori nella propria contea con criteri conservazionistici. E lo stesso accade in altri paesi europei, come l’Olanda.

Ma a parte l’impegno protezionistico che può essere una qualità innata solo del birdwatcher più sensibile, ritengo fermamente che il birdwatching sia conservazione comunque, a qualsiasi livello, anche se non si sta osservando la specie rara o minacciata. Anzi, è proprio dall’osservazione delle specie comuni che si gettano le basi per un futuro migliore, di maggior rispetto dell’ambiente e della biosfera, perché sono le specie comuni a essere influenzate da quelle piccole ma irreversibili modificazioni ambientali che si verificano sotto i nostri occhi e di cui spesso non ci rendiamo neanche conto. Intendo dire la costruzione di un nuovo condominio al posto dell’ambiente prativo o del coltivo, l’abbattimento del filare di alberi secolare, l’innalzamento del livello del bacino idroelettrico che spazza via il canneto, senza citare gli avvelenamenti subdoli da parte di contaminanti chimici che noi non avvertiamo, ma di cui gli uccelli possono essere un valido indicatore biologico.

Penso che il birdwatching sia conservazione quando significa sostenibile fruizione di un ambiente naturale protetto, perché visitare un'area naturale per fare birdwatching significa comunque darle un valore e un'importanza che non sono relativi, ma assoluti. Perché una foresta vergine senza una comunità di uccelli io non riesco a concepirla, una riserva naturale integrale senza uccelli è di significato relativo, perché una montagna senza aquile è solo nuda roccia, la campagna senza allodole una landa silenziosa.

Un mondo senza uccelli, non è un mondo.

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