Quaderni di birdwatching Anno II - vol. 4 - ottobre 2000

Approfondimenti

Titolo
di Igor Festari

        La maggior parte dei birdwatchers, di norma, non considera le Oche problematiche dal punto di vista del riconoscimento sul campo. Si tratta, infatti, di uccelli di grandi dimensioni e, per questo, piuttosto evidenti e facili da identificare.

        Esiste però, come in tutte le cose, un’eccezione alla regola; in questo caso è rappresentata dalle Oche del gruppo "fabalis - serrirostris - brachyrhynchus", altresì chiamate, traducendo letteralmente dall’inglese, Oche "dei fagioli" (nome derivato dalla tipica predilezione, durante il periodo invernale, per i campi di ortaggi o stoppie).

        Tali Oche, infatti, oltre ad essere poco conosciute dal punto di vista tassonomico, costituiscono un classico gruppo di "specie problematiche" per quanto riguarda la distinzione specifica; l’effettiva difficoltà di riconoscimento è stata, inoltre, la principale causa dell’estrema scarsità di dati raccolti circa la loro distribuzione ed il reale status, in Europa ed, in particolare, in Italia.

        Con le seguenti note intendo trattare, brevemente ma in termini esaustivi, tutti i principali aspetti inerenti la tassonomia (ancora poco conosciuta e piuttosto controversa), la distribuzione, la fenologia e l’identificazione di questi interessanti e troppo sottovalutati anseriformi.

 NOTE TASSONOMICHE

        La scienza tradizionale considera il gruppo delle Oche "dei fagioli" ("Bean Geese") costituito da 2 sole specie: l’Oca zamperosee (Anser brachyrhynchus), monotipica, e l’Oca granaiola (Anser fabalis).

        Quest’ultima viene, da sempre, suddivisa in 2 gruppi sottospecifici (a seconda della morfologia, dell’etologia e delle preferenze ecologiche), per un totale di 5 razze: le oche granaiole della taiga, A. f. fabalis, A. f. johanseni e A. f. middendorffii e le oche granaiole della tundra, A. f. serrirostris e A. f. rossicus.

        A questo proposito, è interessante notare che esistono diverse teorie circa lo status e la sistemazione tassonomica dei due gruppi di Oche granaiole:

  1. secondo la proposta più antica (Naumann, 1842), le forme della taiga e quelle della tundra devono essere trattate come specie separate;
  2. una seconda corrente di pensiero (sviluppatasi all’inizio del ‘900) ipotizza l’esistenza di un’unica specie; in quest’ottica le diverse forme erano considerate semplici estremi del range di variazione individuale;
  3. nel 1951, infine, Delacour formulò una terza teoria che accettava l’esistenza delle 5 forme "eco-tipiche" (ossia evolutesi parallelamente alla variazione dell’habitat), riunite in una sola specie per via dell’esistente possibilità di ibridazione.

        Mentre la maggioranza degli autori, come già accennato, concorda nel ritenere ancora valida quest’ultima ipotesi, Huyskens, van Impe e van den Bergh, oltre che Sangster e Oreel (1996), hanno recentemente suggerito di mantenere separate in 2 specie monotipiche le forme esistenti: l’Oca granaiola della taiga (A. fabalis) e l’Oca granaiola della tundra (A. serrirostris).

        Questa decisione, motivata dall’ormai certa inesistenza di fatidiche popolazioni intermedie e dall’esistenza di notevoli differenze morfologiche e comportamentali, implicherebbe un maggiore stimolo nei confronti della conoscenza e della conservazione di questi taxa.

        Nell’ambito di questo articolo, le due summenzionate forme verranno considerate distinte almeno dal punto di vista dell’aspetto esteriore (senza preoccuparsi ulteriormente della loro reale posizione tassonomica); per questo motivo, verranno trattate separatamente ed allo stesso livello dell’Oca zamperosee.

 DISTRIBUZIONE GENERALE

        L’Oca zamperosee possiede areali assai ristretti. In epoca riproduttiva la si ritrova solo in Groenlandia centro-orientale, Is. Spitsbergen ed Islanda, dove frequenta la tundra artica; durante lo svernamento frequenta regolarmente solo le Isole Britanniche (Inghilterra, Irlanda ed alcune isole minori) e le coste del Mare del Nord (Olanda, Danimarca e Germania settentrionale). Risulta, inoltre, rara nel nord della Francia e Belgio, ed occasionale (da irregolare ad accidentale) nel resto d’Europa (a sud fino alle Isole Canarie, alla Spagna, all’Italia e alla Romania).

        L’Oca granaiola della taiga nidifica nella fascia di foresta boreale di conifere, dalla Scandinavia all’est dell’Asia attraverso la Siberia centro-settentrionale. Nel Paleartico occidentale sverna regolarmente solo in Europa, con le maggiori concentrazioni presenti nella Svezia meridionale e le coste del Mar Baltico, dalla Polonia alla Danimarca. Raggiunge raramente anche l’Inghilterra meridionale ed il nord della Francia.

        L’Oca granaiola della tundra frequenta, durante la breve estate artica, l’estremo nord dell’Eurasia, dalla penisola di Kanin al Mare di Bering. La maggioranza dei migratori del Paleartico occidentale (passanti per la Russia europea) sverna in prevalenza nella piana austro-ungherese e nell’Europa orientale.

        Al contrario, le popolazioni più nord-occidentali (dopo aver raggiunto le aree di concentrazione dell’ex-Germania dell’est) si sparpagliano maggiormente nel resto del continente, dai Paesi-Bassi, Francia e Spagna ad ovest, fino all’Italia e Pannonia ad est. Questa forma risulta occasionale anche nelle Isole Britanniche e, a sud, sino al Nord Africa.

 DISTRIBUZIONE E STATUS IN ITALIA

        Per l’Italia vengono comunemente accettate 6 segnalazioni di Oca zamperosee, cinque delle quali effettuate nel XX secolo e comprese tra il 1971 ed il 1990. Tutti i casi accertati di presenza si riferiscono ad esemplari catturati (5) o osservati (1) durante i mesi invernali (da novembre a febbraio).

        E’ probabile che questi individui siano giunti nel nostro paese per "over-shooting" ossia saltando le aree di regolare svernamento e continuando il proprio viaggio diretti a più inusuali regioni meridionali (spinti, magari, da eventuali condizioni metereologiche avverse). Tale teoria è comprovata dalle date sopraelencate (sempre in ritardo rispetto alle concentrazioni invernali annualmente registrate nelle Isole Britanniche ed Olanda) e dalla lunga permanenza (da novembre alla primavera inoltrata) dell’ultimo esemplare osservato in Italia, nell’Oasi di Macchiatonda (Roma); proprio per via di questa segnalazione la specie appare nella check-list italiana come "svernante irregolare".

        Vista la notevole somiglianza tra questa specie e l’Oca granaiola della tundra, non è assolutamente da scartare l’ipotesi di una precedente sottostima, in Italia, di tale forma.

        L’Oca granaiola della tundra frequenta regolarmente il nostro paese durante le migrazioni (fine novembre-dicembre e febbraio-marzo) e nella stagione dello svernamento.

        Durante i passi, i gruppi possono percorrere notevoli distanze senza posarsi e nel caso di eventuali fermate, la loro durata è generalmente assai breve; in questi periodi stormi erratici fanno la loro comparsa sia lungo le aree costiere del Mar Tirreno e dell’Adriatico settentrionale che in zone umide interne del Nord-Italia. Nel meridione, la sua presenza risulta infrequente o accidentale (fino alla Sicilia e alle Isole Maltesi).

        Il nostro paese rappresenta un sito di svernamento regolare importante per un discreto contingente (500-5000 esemplari), in gran parte proveniente dall’Europa centrale. Fino al 1950 le maggiori concentrazioni invernali si trovavano in Puglia (nella zona del Tavoliere), ove erano presenti fino a 100.000 oche (contando anche le Oche selvatiche e le Oche lombardelle, in quantità nettamente dominanti). Da queste cifre si è passati a circa 2000 effettivi negli anni ’60 e 10-100 individui negli anni ’70-’80; oggigiorno tali quartieri meridionali hanno perso ogni importanza come sito di svernamento delle oche. Attualmente le aree di presenza più vitali per l’Oca granaiola della tundra, in Italia, sono la fascia lagunare veneto-friulana e l’Emilia-Romagna orientale (per un massimo di 6600 individui, presenti nel 1980 e 5500 nel 1987).

        Lo status dell’Oca granaiola della taiga nel nostro paese rimane un vero mistero: cercando e ricercando in letteratura, infatti, non mi è assolutamente riuscito di trovare alcuna citazione inerente alla presenza della forma nominale a sud delle Alpi. Gli unici dati facenti riferimento all’Anser fabalis svernante in Italia si riferiscono in realtà, pur non dichiarandolo apertamente, alla forma rossicus "della tundra" (l’unica forma regolarmente presente da noi e, da sempre, considerata come una delle sottospecie di Oca granaiola).

        Stando così le cose, possiamo con sicurezza affermare che l’Oca granaiola della taiga non migra regolarmente attraverso la penisola italica e che non vi si ferma a svernare, anche se non mi sento di escludere l’eventale presenza di occasionali individui, magari imbrancati in stormi di Oca granaiole della tundra.

 DESCRIZIONE

        Gli uccelli trattati in questo articolo raggiungono dimensioni medie (l’Oca zamperosee; 60-75 cm. lungh. totale), medio-grandi (l’Oca granaiola della tundra; 65-80 cm. lungh. totale) e grandi (l’Oca granaiola della taiga; 75-85 cm. lungh. totale).

        Tutte 3 le specie mostrano la classica struttura da oca con collo allungato, testa più o meno arrotondata, corpo grande e massiccio; il becco e le zampe sono generalmente corti e robusti. L’Oca zamperosee è la più piccola e tozza mentre la Oca granaiola della taiga è la più grande e slanciata; la Oca granaiola della tundra ha dimensioni più o meno intermedie, ma si avvicina di più alla struttura della prima (l’adattamento evolutivo ad un habitat riproduttivo simile, la tundra, ha causato l’insorgenza di tale parallelismo morfologico).

        Non è sempre possibile riconoscere queste specie basandosi esclusivamente sul colore del piumaggio (anche se l’Oca zamperosee possiede alcuni caratteri diagnostici); in generale presentano una colorazione di base bruno-grigiastra (più saturata di marrone che nell’Oca selvatica) con dorso, testa e fianchi notevolmente più scuri delle parti inferiori (tale contrasto non è mai così pronunciato nelle altre specie del genere Anser). La tinta delle parti nude (becco e zampe) rappresenta un buon metodo di riconoscimento preliminare: l’Oca zamperosee, infatti, le ha sempre rosate o color carnicino-violaceo, mentre le oche granaiole possiedono estremità sempre aranciate (salvo possibili mutazioni genetiche).

        In una piccola percentuale di individui (10-15% circa) di tutte 3 le forme, possono essere presenti delle evidenti aree di piume bianche alla base del becco, la cui distribuzione varia da individuo ad individui e che, nei casi estremi, possono essere tanto vaste da creare possibili confusioni con individui di Oca lombardella.

 IDENTIFICAZI0NE

        Il maggiore problema che ci si trova ad affrontare è l’identificazione dell’Oca zamperosee dall’Oca granaiola della tundra; riconoscere l’Oca granaiola della taiga dalle due specie precedenti, al contrario, è molto più banale ed immediato di quanto si possa pensare.

 Identificazione dell’Oca granaiola della tundra e dell’Oca zamperosee

        DIMENSIONI E STRUTTURA GENERALE: entrambe le specie sono medio-piccole, tozze e compatte. L'Oca granaiola della tundra è in media più grande dell'Oca zamperosee, con il collo altrettanto corto (in proporzione) ma più spesso e meno gracile, esattamente come il becco e le zampe. L’effettiva differenza di dimensioni tra le due oche è resa, però, meno evidente dall’estrema somiglianza delle proporzioni generali.

        Anche se la testa risulta essere un poco più massiccia nell'Oca granaiola della tundra, la caratteristica forma arrotondata con fronte alta (distintiva rispetto all'Oca granaiola della taiga) è tipica di entrambe queste forme.

        BECCO: pur non esistendo una differenza paragonabile a quella visibile tra le oche granaiole (vd sotto), la struttura del becco può servire egregiamente come carattere distintivo tra la "serrirostris" e la "brachyrhynchus": la prima, infatti, possiede il becco più massiccio del gruppo, con la base molto alta, la mascella assai spessa (in proporzione alla mandibola sovrastante) ed il bordo superiore diritto o addirittura convesso (accentuando così l’aspetto massiccio e "schiacciato" della testa); in corrispondenza della metà del becco, inoltre, i bordi delle mandibole sono arcuate tanto da mettere in mostra le lamelle interne e da creare, così, una tipica espressione "digrignante" (presente anche nell’Oca delle nevi).

        L'Oca zamperosee, al contrario, possiede un becco più sottile con mandibola inferiore mediamente sottile (digrigno assente o appena abbozzato) e bordo superiore diritto (o, al più, leggermente concavo); l’aspetto generale è quello di un becco corto e triangolare, assai piccolo in proporzione alla testa.

        La colorazione del becco (e delle zampe) è, ovviamente, il carattere distintivo per eccellenza: rosa nella "brachyrhynchus" ed arancione nelle granaiole. Per quanto riguarda il disegno e la distribuzione dei colori l’Oca zamperosee mostra tutta la vasta gamma di variabilità vista precedentemente per l’Oca granaiola della taiga, anche se la frequenza delle varianti è diversa; in generale, infatti sono più comuni gli estremi scuri (come nell'Oca granaiola della tundra).

Oca zamperosee (Anser brachyrhynchus)
testa piccola e rotonda, becco minuto e zampe corte rosate; il dorso è sfumato di grigio - foto L. Ruggieri
Oca zamperosee (Anser brachyrhynchus)
gran contrasto tra il petto chiaro e la piccola testa scura - foto L. Ruggieri

        PIUMAGGIO: la colorazione dell’Oca zamperosee è unica e costituisce la caratteristica distintiva più evidente sul campo. Le parti superiori sono grigio-brunastre ed il petto color camoscio sbiadito, assai più chiari e pallidi della testa e del collo (bruno scuro) e dei fianchi (bruno-grigiastro scuro). Le granaiole mancano dei toni grigi in ogni parte del piumaggio e mostrano meno contrasto tra il petto e (specialmente) il dorso con la testa ed i fianchi.

        In volo (quando le differenze strutturali vengono meno) le differenze cromatiche sono ancora più evidenti: l'Oca zamperosee ha le ali bicolori con le copritrici grigio chiare molto contrastanti con le remiganti nerastre; il groppone bianco, inoltre, contrasta meno con la parte inferiore della schiena ed il dorso (che sono grigiastre e pallide).

        L’Oca granaiola della tundra (come anche quella della taiga) appare molto più scura in volo, con le ali uniformemente marrone nerastre ed un netto contrasto tra il groppone bianco ed il dorso bruno scuro.

        VOCE: la voce di queste specie differisce nettamente da quella dell’Oca granaiola della taiga (vd sotto); le differenze tra i versi di contatto (frequentemente emessi in volo) delle due forme, però, sono meno evidenti ed il loro riconoscimento basato sulle vocalizzazioni richiede una certa di esperienza.

        Sia l’Oca granaiola della tundra che l’Oca zamperosee, infatti, emettono richiami alti ed acuti (meno nasali delle altre specie di Oca); la prima produce, solitamente, un "ak-ak" o "aik-aik" poco bisillabico e rilassato, mentre l'Oca zamperosee è caratterizzata da un "wenk wenk" o "iank iank" con frasi ben staccate, altisonanti e pronunciate in tono quasi "agitato".

Oca granaiola della tundra
(Anser (fabalis) serrirostris rossicus)
massiccia, collo corto e testa grossa e tonda; il becco è tipicamente scuro con barra arancione e base alta - foto L. Ruggieri
Oca granaiola della tundra
(Anser (fabalis) serrirostris rossicus)
da notare il dorso scuro come i fianchi ed il lieve contrasto tra il petto chiaro ed il resto del piumaggio - foto L. Ruggieri

 Identificazione dell’Oca granaiola della taiga

        DIMENSIONI E STRUTTURA GENERALE: avendo dimensioni simili all’Oca selvatica, risulta notevolmente maggiore (del 25%) di qualsiasi Oca zamperosee ed in media più grande dell'Oca granaiola della tundra (anche se, tra queste due forme, esiste un minimo di sovrapposizione nelle misurazioni).

Oca granaiola della taiga (Anser f. fabalis): grossa e slanciata, testa triangolare e becco allungato e sottile; il colore di quest’ultimo rientra nell’estremo scuro del "range" di variabilità - foto L. Ruggieri
        Le proporzioni generali sono inconfondibili per via delle zampe, del collo e del becco piuttosto snelli ed allungati (che la fanno assomigliare, strutturalmente, ad un Oca del Canada). La forma della testa costituisce un ottimo carattere distintivo in quanto risulta meno arrotondata e più triangolare, con la fronte degradante; il collo, inoltre, appare più lungo e sottile rispetto a quello delle altre due specie (che è corto, spesso e tozzo).

        BECCO: l’esame della struttura del becco rende immediata la distinzione dell’Oca granaiola della taiga dalle altre due forme. Sia l’Oca granaiola della tundra che l’Oca zamperosee possiedono, infatti, un becco corto e caratterizzato dalla base alta che ne accentua lo spessore; l'Oca granaiola della taiga, invece, possiede un becco ben più lungo e sottile, con la mascella lineare (molto meno cospicua della mandibola sovrastante) ed un’evidente concavità del bordo superiore (che assieme al profilo dolcemente decrescente della fronte, contribuisce nel dare alla testa un’aspetto allungato).

        La colorazione aranciata del becco è utilissima per distinguerla dall'Oca zamperosee (che possiede becco e zampe carnicine), ma costituisce, al contrario, un carattere troppo variabile per poter essere utilizzato, da solo, nel confronto con l'Oca granaiola della tundra.

        Tra quest’ultima e l'Oca granaiola della taiga, infatti, esiste sovrapposizione quasi completa nel disegno del becco (contrariamente a ciò che pensavano e scrivevano gli autori "antichi").

        Ciò che varia è la quantità e la distribuzione dei colori (nero ed arancione) del becco. In base a quanto detto, possono essere descritte 3 varianti ricorrenti:

  • l’estremo scuro (col becco essenzialmente nero e l’arancione localizzato unicamente in una sottile banda subterminale, posta cioè vicino alla punta),
  • l’estremo chiaro (col becco quasi tutto arancione ed il nero presente solo alla base, in punta e lungo i margini delle mandibole),
  • il tipo intermedio (con la punta e la metà basale del becco nere e la metà distale, fino alla narice, arancione).

        L’unica differenza tra le due specie è la frequenza di ciascuna variante:

  • nell’Oca granaiola della taiga, il 60% degli esemplari mostra l’estremo chiaro di colorazione del becco, il 30% sono del tipo intermedio e solo il 10% dell’estremo scuro;
  • nell’Oca granaiola della tundra, invece, il 60% degli esemplari possiede il becco all’estremo scuro di colorazione ed il restante 40% del tipo intermedio (nessuna "serrirostris" ha il becco estremamente chiaro come nelle tipiche "fabalis", salvo nel caso di una possibile anomalia genetica).

        Da questi dati è possibile notare che, se usata con prudenza ed esperienza, la colorazione del becco può fungere da ottimo carattere identificativo ausiliario. E’ da tener presente, inoltre, che, vista la grande variabilità, è assolutamente normale osservare nello stesso gruppo (monospecifico) esemplari con differente colorazione del becco.

        PIUMAGGIO: non esiste alcuna differenza di colorazione apprezzabile tra le due "Oca granaiole"; si distingue bene, al contrario, l'Oca zamperosee per la tinta delle parti superiori e delle ali e per l’aspetto in volo (vd sopra).

        VOCE: L’Oca granaiola della taiga produce assai raramente vocalizzazioni, tranne che sul territorio di nidificazione. Nel caso in cui dovesse emettere un richiamo di contatto, questo risuonerebbe come un basso, nasale e disillabico "gank-gank" oppure "hang-hang", (assai più raramente un monosillabico "gang").

Oca granaiola della taiga (Anser f. fabalis): dimensioni simili a quelle dell’Oca selvatica (Anser anser, a destra) ma un po’ più slanciata con zampe più lunghe, collo "da giraffa" evidente (qui retratto in posizione di riposo), becco più sottile ed allungato; anche se prevalentemente in muta, il piumaggio è scuro senza toni di grigio - foto L. Ruggieri


Oca zamperosee
normale normale rarissima


Oca granaiola della tundra
normale rara rarissima


Oca granaiola della taiga
normale normale rara


disegni © di M. Lausetti, 2000


 ULTERIORI PROBLEMI DI RICONOSCIMENTO
 Aberrazioni cromatiche

        Tutte le tre forme trattate possono essere soggette a mutazioni che si rifletto sull’aspetto esteriore e, specialmente, sulla colorazione delle estremità nude.

        Alcuni vecchi autori (Scott, 1956; Olgivie, 1978) fanno riferimento alla possibilità di Oche zamperosee con zampe arancioni (circa 1 su 1000).

        Un caso altrettanto eclatante, e ben più risaputo, è quello dell’ "Oca di Sushkin o Anser sushkini"; questa, in realtà, non è nient’altro che una variante teratologica di oca granaiola con becco e zampe rosa carnicino, anticamente considerata e descritta come una specie a parte. La frequenza di tale aberrazione (possibile sia nell'Oca granaiola della taiga che in quella della tundra) è, comunque, bassissima e la probabilità di osservare un tale esemplare in natura è irrisoria.

        Nell’identificare le Oche "dei fagioli" in Italia (dove l'Oca zamperosee e l'Oca granaiola della taiga sono rarissime) è comunque necessario tenere presente ogni possibile complicazione.

 Altre specie di Oche (Anser sp)

        L’Oca selvatica (Anser anser, specialmente la sottospecie occidentale anser e le popolazioni intergradanti centroeuropee, più scure e marroni della forma orientale) può essere confusa, da lontano, con l’Oca granaiola della taiga. La prima, però, manca completamente di contrasto tra testa/collo e parti inferiori; possiede inoltre becco più grosso ed evidente (senza evidenti aree nere) ed il collo altrettanto lungo ma più spesso e "muscoloso" (tanto che la testa appare piccola in proporzione; nell'Oca granaiola della taiga, invece, la testa rotonda spicca tantissimo sul collo sottile e "da giraffa").

        L’Oca lombardella (Anser albifrons), specialmente il giovane (senza il bianco sulla faccia), ha dimensioni e struttura piuttosto simili all’Oca zamperosee, dalla quale, però, si distingue facilmente per il becco ocraceo, le zampe arancioni e la colorazione bruna (non grigiastra superiormente) molto meno contrastante. Anche l’Oca granaiola della tundra può trarre in inganno dal punto di vista strutturale, ma presenta il becco sempre più scuro dell'Oca lombardella (che l’ha tutto ocraceo o camoscio-rosato, con il nero solo sulla punta ed i bordi delle mandibole) e maggior contrasto nel piumaggio. L’Oca granaiola della taiga, infine, assomiglia all'Oca lombardella nell’avere becco prevalentemente arancione con poco nero, ma risulta notevolmente più grande e con proporzioni assai differenti.

        Gli adulti e, specialmente, gli immaturi di albifrons possono essere confusi con quegli esemplari di oche "dei fagioli" che presentano macchie bianche alla base del becco (vd sopra). Questi, però, si distinguono facilmente in base alle caratteristiche di colorazione e struttura sopraelencate.


  Oca zamperosee Oca granaiola della tundra Oca granaiola della taiga
Struttura generale Piccola e gracile; collo corto e sottile; testa tonda e piccola; zampe corte e tozze Medio-piccola, tozza e robusta; collo corto e spesso; testa tonda e grossa; zampe corte Grande e slanciata; collo lungo e "da giraffa"; testa lunga e a triangolo; zampe lunghe
Struttura del becco Piccolo, spesso e triangolare; mascella sottile e mandibola superiore diritta Corto e spesso; mascella grossa con "digrigno" e mandib. sup. convessa e tozza Lungo e sottile; mascella lineare e mandibola sup. concava
Colore del becco Rosa con base, punta e bordi delle mandibole neri Quasi tutto nero con banda arancio (raram. + chiaro) Variabile (da tutto arancione con bordi neri a molto scuro)
Piumaggio Contrasto tra petto crema e dorso grigio chiari con la testa e i fianchi scuri Tutta marrone scura (compreso il dorso); tenue contrasto col petto chiaro Tutta marrone scura (compreso il dorso); tenue contrasto col petto chiaro
Voce Alto, squillante, e bisillabico "wenk-wenk" Alto (+ calmo), meno bisillabico "ank-ank" Basso, nasale e bisillabico "gank-gank"

Bibliografia

  • Cramp S., Simmons K.E.L., 1977, The Birds of the Western Paelartic vol. I; Divers to Ducks. Oxford University Press
  • Harris A., Tucker L., Vinicombe K., 1989, The Macmillan Guide to Bird Identification. London
  • van Impe J., 1980, Ecologie et ethologie des oies des moissons "Anser fabalis fabalis" et "Anser fabalis rossicus", Gerfaut, 70
  • Madge S., Burn H., 1988, Wildfowl. Bromley
  • Sangster G., Oreel G., 1996, Progress in Taxonomy of Taiga and Tundra Bean Geese. Dutch Birding, 18

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