Quaderni di birdwatching Anno III - vol. 5 - aprile 2001

Articolo originale
Titolo
di Armando Nappi

        PER CHI VA IN CAMPAGNA in cerca di uccelli ed altro, non è soltanto l’osservazione diretta degli animali a fornire la prova di determinate presenze faunistiche. Anche il reperimento delle loro tracce può dare importanti indicazioni indirette, ed è fonte, per chi le sa leggere, non solo di soddisfazioni personali ma anche di valide informazioni scientifiche.

        La conoscenza delle tracce deve far parte del bagaglio culturale del naturalista così come del birdwatcher, assieme e con pari dignità delle tecniche di identificazione delle specie.

Borra di Barbagianni
Borra di Barbagianni (Tyto alba) separata in pelo ed ossa e "ferri del mestiere"
foto di Ciro Prota

Borra di Civetta
Borra di Civetta (Athene noctua)
foto di Ciro Prota

        Tra le numerose tracce lasciate dagli uccelli ne esiste in particolare una peculiare, che da decenni attrae l’interesse degli studiosi: le borre.

        Gli uccelli, essendo privi di denti e quindi incapaci di masticare, devono ingoiare interi i loro pasti e il rigurgito delle parti indigeribili (ossa, peli, piume e penne, conchiglie, esoscheletri di insetti, lische di pesce, scaglie di rettili, frammenti vegetali ed altro ancora, a seconda della dieta) costituisce una buona soluzione al problema della loro eliminazione. E questa via viene sfruttata non solo dai rapaci, forse i più noti sotto questo aspetto, ma anche da aironi, cicogne, cormorani, gabbiani, sterne, limicoli, cuculi, gruccioni, martin pescatori, corvi, averle e anche piccoli passeriformi. La massa di sostanze indigeste viene compattata dai movimenti dello stomaco muscolare, per venire poi espulsa per via orale, sotto forma di una masserella appallottolata o cilindriforme denominata, appunto, borra.

        Avendo la possibilità e la pazienza di raccogliere le borre si può conoscere con precisione l’alimentazione dell’uccello e, se in alcuni casi è opportuno integrare i dati così ricavati con analisi delle feci, osservazioni dirette di caccia o raccolta di spiumate ed altri residui di predazione, in uccelli come i rapaci notturni lo studio dei contenuti delle borre soddisfa pienamente lo scopo e non solo.

        Nel caso, ad esempio, di molti strigiformi la preda elettiva è quell’insieme di piccoli ed elusivi e animali raggruppati sotto il termine di micromammiferi (talpe, toporagni, ghiri, arvicole, topi e ratti tanto per intenderci), che abbondano e proliferano tanto da costituire la base dell’alimentazione per molti predatori. Dall’analisi dei crani e dei denti estratti dalle borre è possibile identificare le specie di micromammiferi e, osservando in dettaglio alcuni caratteri, è possibile determinarne il peso o l’età. E’ stata proprio la constatazione dell’abbondanza di resti di micromammiferi nelle borre degli strigiformi che ha suggerito come una loro analisi scientifica potesse essere utile non solo allo studio dell’alimentazione dei rapaci notturni, ma anche e soprattutto a stimare quali e quanti micromammiferi frequentano il territorio di caccia e, quindi, realizzare un vero e proprio censimento faunistico. E non solo; i resti di micromammiferi sono utili anche per studi morfologici, biometrici ed analisi del DNA.

Perché produrre borre? Tanti vantaggi in una sola soluzione

Le borre si formano e vengono rigurgitate in conseguenza del permanere nello stomaco di sostanze indigeribili, delle quali l’uccello difficilmente può disfarsi in altro modo. Ma c’è anche qualche altro motivo che rende utile la loro produzione. Ad esempio, i rapaci tenuti in cattività e nutriti di carne senza ossa né peli o piume hanno problemi di rachitismo. Studiando gli Svassi maggiori Podiceps cristatus, è risultato che quando vengono emesse, le borre rimuovono i parassiti da stomaco ed esofago e che i parassiti sono più frequenti in uccelli i quali, a parità di dieta, non emettono borre. Inoltre, gli Svassi, per favorire la formazione delle borre, inghiottono in quantità le loro stesse piume; ma queste, vengono prima trattenute per un certo periodo nello stomaco, agendo da "filtro" per bloccare l’ingresso di parti dure o spinose nell’intestino.

Un po’ di vocaboli

Altri modi italiani di denominare le borre sono: "cure", "rigetti" o "boli"; sono però meno usati, perché hanno anche altri significati più noti. Termini stranieri, tanto per curiosità, sono: "Gewöllen" in tedesco, "pélotes" in francese, "pellets" in inglese ed "egagropilos" oppure "ovillas" in spagnolo.

Dove trovare le borre

All’interno di casolari e alla base di cave o pareti rocciose per quanto riguarda i rapaci in particolare; al di sotto dei nidi (e anche al loro interno), alla base di posatoi abituali, garzaie e dormitori.

Come raccoglierle

È preferibile sistemarle in bustine singole. Se si raccolgono abitualmente in un posto preciso, può essere utile disporre dei fogli di cellophane sulla superficie dove le si trova di solito. Se, in uno stesso sito, si rinvengono con regolarità buoni quantitativi di borre durante l’anno e per più anni, è possibile effettuare le cosiddette analisi stagionali o annuali. Ovviamente la prima raccolta, "raccolta zero", non è databile, per le successive invece, se fatte mensilmente non c’è problema.

Non solo micromammiferi

È fuori discussione l’utilità delle borre degli strigiformi per il censimento dei micromammiferi, ma non finisce qui. In Francia, tra resti di prede trovati assieme alle borre di Gufo reale è stata riscoperta la Lucertola ocellata Lacerta lepida sulle Hautes-Alpes nel 1986, mai più rinvenuta dopo il primo esemplare catturato nel 1895, e sono stati segnalati per la prima volta il Gufo di palude Asio flammeus nel 1986 sui calanchi di Marsiglia e il Granchio d’acqua dolce Potamon ibericum nel 1990 a Causse de la Selle, dipartimento dell’Hérault, poco più a nord dell’areale noto fino ad allora.

        Pur se è diventato uno dei principali metodi di censimento dei micromammiferi, l’analisi delle borre non manca di problemi operativi: ad esempio gli scarsi quantitativi di materiale che ci si trova a disposizione, la possibile selezione operata da parte del predatore nel catturare solo particolari specie di micromammiferi (da questo punto di vista, il campionatore più efficace è il Barbagianni Tyto alba), la digestione di parte delle ossa o la rottura selettiva dei crani più piccoli, la differente distribuzione geografica di micromammifero e rapace, il rinvenimento all’interno delle borre di micromammiferi estranei alla località di raccolta (ad esempio per catture effettuate durante erratismi o migrazioni) e l’assenza di strigiformi nell’area che si vuole studiare o, ancora, la semplice difficoltà di reperimento delle borre. Per fortuna, i casi in cui il metodo risulta efficace sono comunque molto numerosi.

        Detto tutto questo, andiamo un po’ a vedere come, un volta trovata una borra, si possa risalire alla specie che l’ha prodotta. Iniziamo da quelle degli strigiformi da noi più comuni.

        Il primo indizio deve venire dall’aspetto e dalle dimensioni. Nel Barbagianni le borre sono da ellittiche a cilindriche, coperte da un velo di un muco nero quando sono appena emesse (dimensioni medie: 50 x 27 x 22 mm). L’Assiolo Otus scops produce, come ci si può aspettare, borre molto piccole e sfaldabili (20-35 x 10-12 mm) e piccole sono anche quelle della Civetta Athene noctua, delle quali generalmente almeno un’estremità è appuntita (20-40 x 10-20 mm). Al contrario, quelle del Gufo reale Bubo bubo hanno dimensioni di tutto rispetto (2-6 x 13-18 cm). Nel caso dell’Allocco Strix aluco, si presentano solitamente grigiastre e di aspetto "terroso" (30-70 x 18-30 mm), mentre quelle del Gufo comune Asio otus, anch’esse grigiastre, hanno aspetto più "attorcigliato" (20-70 x 14-27 mm).

        Così come per l’identificazione degli uccelli, esistono dei testi che fungono da guide per il riconoscimento delle borre. Comunque, in questo caso, non è sempre sufficiente basarsi sull’aspetto esterno. La cosa più sicura rimane sempre quella di accertarsi di quali uccelli frequentano il posatoio alla cui base sono state raccolte le borre.

         È poi necessario analizzarne il contenuto, verificando lo stato di conservazione degli avanzi di predazione e classificare le prede. Ad esempio, le borre di Civetta e Assiolo contengono molti più avanzi di insetti rispetto a quelle degli strigiformi più grossi, mentre i crani delle prede dell’Allocco si presentano più frammentati rispetto a quelli contenuti nelle borre di altri gufi. Le borre dei rapaci notturni in genere sono più ricche in ossa rispetto a quelle di rapaci diurni, aironi e cicogne, a causa di una differente forza corrosiva dei succhi gastrici.

        Attenzione poi a non confondersi con gli escrementi. Come quelli della Volpe Vulpes vulpes nei quali pure sono presenti pelo e ossa e che sono particolarmente attorcigliati, con una o entrambe le estremità appuntite (così come anche in certe borre), e con i residui alimentari paralleli all’asse maggiore (nelle borre non sempre), sono lasciati di solito in punti ben evidenti, perché hanno una funzione di marcatura del territorio e, se freschi, emettono un odore del tutto caratteristico. O ancora gli escrementi del Riccio Erinaceus europaeus, i quali risultano allungati, attorcigliati e più resistenti.

        Senza dilungarmi eccessivamente, riporto in una tabella i caratteri per riconoscere le borre dei "non-strigiformi" il cui campo è davvero affascinante e ancora pieno di sorprese! Ciò che bisogna sempre tenere presente è che, nell’ambito di una stessa specie, c’è variabilità in forma, dimensioni, colore e contenuto delle borre, fattori che vanno accuratamente considerati prima di spingersi nell’identificazione del proprietario, e che questa non è sempre possibile.

        In definitiva l’argomento "borre" è uno dei tanti esempi di come, pur essendo importante dedicarsi ad aspetti specifici del mondo naturale, è bene avere sempre una visione generale perché, ad esempio, anche settori disciplinari apparentemente differenti come l’ornitologia e la teriologia (studio dei mammiferi) si rivelano inaspettatamente connessi.


Tab. 1: Principali caratteristiche delle borre di "non-strigiformi"
(da dati in Brown et al., 1989 e 1996)
Svassi Consistono di ossa di pesce e resti di insetti. Contengono grandi quantità di penne.
Avvoltoi, rapaci diurni e aquile Forma e dimensione dei rigetti variano notevolmente con la specie. Coesive, dense, contenenti principalmente peli e penne, con soltanto piccoli frammenti di ossa.
Falchi veri Simili, per molti aspetti, a quelle degli altri rapaci diurni. Coesive, dense, costituite da minuscoli frammenti di ossa, matrice di pelo e penne, squame di lucertola; sono presenti resti di artropodi e lombrichi.
Lodolaio Sebbene sia un falco vero, le borre tendono ad essere lasse, leggere, arrotondate e non coesive, costituite quasi interamente da rigetti di insetti.
Aironi Coesive, dense e contenenti principalmente pelo con poche ossa o altri resti di pesci.
Gabbiani In genere non compatte, consistono di vari vegetali, invertebrati, vertebrati e resti inorganici.
Limicoli Piccole, di forma varia ma in genere non molto coesive. Consistono di resti di invertebrati e, in ambiente costiero, una matrice e la parte dura di invertebrati marini. In alcune specie presentano un rivestimento di muco.
Cuculo Piccole e compatte. In certi periodi dell’anno l’elemento principale del cibo sono i bruchi pelosi e i peli vengono rigurgitati come borre assieme con altre parti dure di invertebrati.
Martin pescatore Accumuli mal formati di ossa di pesci, scaglie e muco, spesso grandi in proporzione alle dimensioni dell’uccello. Spesso si rinvengono disgregate.
Averle Piccole, assai dense, allungate e coesive. Contengono piccoli frammenti di vertebrati e invertebrati.
Corvidi Coesive o fragili e con un’ampia varietà di piccoli frammenti consistenti in resti di piccoli mammiferi, uccelli, invertebrati, gusci d’uovo, vermi e vari tipi di materiali vegetali; frequenti i sassi.

Piccoli passeriformi onnivori (es. Pettirosso e Fringuello)

Piccole borre irregolari che contengono insetti e resti vegetali. Assai difficili da identificare e a volte confondibili con gli escrementi.

Borre di Barbagianni Borre di gabbiani
Variabilità nella forma e nelle dimensioni in borre di Barbagianni (Tyto alba) raccolte nel comune di Gesualdo (AV). In questa specie le borre notturne sono di dimensioni più piccole
(disegni di Armando Nappi)

Borre di:
1 -
Gabbiano comune (Larus ridibundus) con lische di pesche (a), semi di bacche (b), coleotteri (c) e resti vegetali (d);
2 -
Gavina (Larus canus) con lische di pesce (a), noccioli di ciliegie (b) e coleotteri (c);
3 -
Gabbiano reale (Larus argentatus) con resti di pulcino di Gavina con l’anello di marcatura (a), conchiglie di mitili (b) e glume di cereali (c)
(da Bang, 1993 ridisegnato)


Borre di rapaci Borre
Borre di:
1 -
Gufo reale (Bubo bubo);
2 -
Allocco (Strix aluco);
3 -
Gufo comune (Asio otus);
4 -
Assiolo (Otus scops);
5 -
Lodolaio (Falco subbuteo)
6 -
Poiana (Buteo buteo);
7 -
Gheppio (Falco tinnunculus);
8 -
Gipeto (Gypaetus barbatus) con visibili zoccoli di ungulati
(disegni di Armando Nappi)

Borre di:
1 -
Airone cenerino (Ardea cinerea);
2 -
Cicogna bianca (Ciconia ciconia);
3 -
Martin pescatore (Alcedo atthis);
4 -
Averla maggiore (Lanius excubitor);
5 -
Corvo imperiale (Corvus corax) con resti di bacche (a) e granaglie (b)
(disegni di Armando Nappi)


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