Quaderni di birdwatching Anno III - vol. 5 - aprile 2001

Approfondimenti
Titolo
testo e tavole di Igor Festari

        IL LUÌ PICCOLO (Phylloscopus collybita) è sicuramente uno degli uccelli più comuni e meglio conosciuti del nostro continente; i suoi areali di nidificazione, svernamento e presenza migratoria interessano gran parte della regione Paleartica occidentale (Europa, Nord-Africa e Medio-Oriente). Tale modello di diffusione su vasta scala ha, però, favorito (a livello morfologico) lo sviluppo di un’ampia variabilità geografica; la presenza di numerose sottospecie, forme e varietà diverse, ha, infatti, complicato la vita di numerosi appassionati "birdwatchers", costituendo un vero e proprio rompicapo, e questo per intere generazioni!

        In questo articolo verranno trattate la distribuzione geografica, le caratteristiche morfologiche e le vocalizzazioni del:

  • Luì piccolo comune (collybita), compresi gli estremi di colorazione
  • Luì piccolo scandinavo (abietinus), compresi gli estremi di colorazione
  • Luì piccolo siberiano (tristis), compresa la forma intermedia fulvescens
  •         Infine, verrà anche considerata e discussa la possibilità di confusione con alcune specie molto simili, come il Luì iberico (Philloscopus brehmii), il Luì grosso (Philloscopus trochilus) ed il Luì bianco (Philloscopus bonelli).


     Tassonomia

            Fino a non molto tempo fa, era uso comune degli ornitologi considerare il taxon Phylloscopus collybita (Luì piccolo) come un gruppo polimorfico formato da 8-11 sottospecie. Il fatto che alcune di queste razze risultino fortemente isolate dal punto di vista geografico o differenziate morfologicamente e biologicamente (comportamento riproduttivo, emissioni sonore, ecc.) ha suscitato, più di recente, l’interesse di numerosi autori e tassonomisti; alcuni di questi, dopo lunghi anni di studio (comparazione dei reperti nelle collezioni museali, osservazioni sul campo, indagini sulle vocalizzazioni, analisi delle sequenze del DNA mitocondriale, ecc.), sono arrivati alla conclusione che tale complesso di forme debba comprendere, in realtà, non 1 ma 4 diverse specie.

            Secondo lo studio effettuato dall’equipe del tedesco Andreas Helbig, infatti, nella regione Paleartica occidentale (Europa, Nord-Africa e Medio-Oriente) troverebbero rifugio:

  • il Luì piccolo (Phylloscopus collybita), con 6 sottospecie: collybita, abietinus, tristis, brevirostris, caucasicus e menzbieri;
  • il Luì iberico (Phylloscopus. brehmii), monotipico (ossia senza sottospecie);
  • il Luì delle Canarie (Phylloscopus canariensis), con 2 sottospecie: canariensis ed exsul;
  • il Luì montano (Phylloscopus sindianus), con 2 sottospecie: sindianus e lorenzii.
  •         Tenendo poi conto di ulteriori studi compiuti in materia di Luì (ad es.: Stepanyan 1978, 1983), è necessario considerare la sottospecie caucasica di Ph. sindianus (quella presente nel Paleartico occidentale) come specie a sé stante; abbiamo così il Luì del Caucaso (Ph. lorenzii).

    Phylloscopus collybita
    Luì piccolo (Phylloscopus collybita collybita), autunno
    foto R. Garavaglia
     

            Infine, per quanto riguarda la razza siberiana tristis del Luì piccolo, il discorso si complica ulteriormente. Infatti, questa popolazione risulta, di norma, molto ben differenziata (sia morfologicamente che biologicamente) dalle restanti forme europee, facendo così pensare ad una lunga e completa speciazione; per contro, sembrerebbe però esistere, nella Russia europea, una fascia di presunta "intergradazione" tra questa e la sottospecie scandinava abietinus.

            In tale area vivrebbero esemplari intermedi nell’aspetto e perciò impossibili da riconoscere sul campo; in passato, questa popolazione promiscua veniva spesso attribuita ad una sottospecie differenziata (oggigiorno non più considerata come tale): fulvescens. Dato che, sia la reale natura di tali esemplari ("intermedi" tra sottospecie, "estremi" della forma tristis o semplici "ibridi"?) che la loro consistenza numerica (quanto sono comuni?) rimangono tutt’ora ignote, non si può escludere che in futuro, grazie a nuove ed approfondite indagini scientifiche, la sottospecie tristis possa assurgere allo status di specie separata: il Luì piccolo siberiano (Ph. tristis).

            Ai fini del presente articolo, le varie forme di Luì piccolo presenti con regolarità in Italia verranno considerate separatamente, e questo indipendentemente dal loro status tassonomico riconosciuto (vale a dire, specie effettive o semplici sottospecie).


     Distribuzione geografica

            Durante il periodo riproduttivo (da Aprile a Luglio), l’Europa occidentale (compresa l’Italia ed escluse la Penisola Iberica, la Grecia e le Isole mediterranee) costituisce l’areale del Luì piccolo comune (collybita). Procedendo verso nord-est, dalla Polonia orientale e Paesi Baltici attraverso la Penisola Scandinava e la Russia Europea, troviamo la forma nordica abietinus; la Polonia centro-occidentale, punto di contatto tra le due forme, è abitata da esemplari intermedi (frutto di intergradazione genetica).

            In Siberia, dal fiume Pechora e Monti Urali centrali (ad est del Luì piccolo scandinavo) al Lago Baikal e fiume Anadyr, nidifica la forma tristis. Ad ovest degli Urali si estende, invece, la stretta fascia di sovrapposizione (o possibile ibridazione) tra il Luì piccolo siberiano ed abietinus; l’esatta estensione di quest’area risulta poco conosciuta e, inoltre, appare piuttosto variabile di anno in anno.

            La distribuzione del Ph. brehmii è limitata essenzialmente alla Penisola Iberica e alla fascia costiera del Nord-Africa occidentale (Marocco, Algeria e Tunisia).

            Il Luì grosso, al contrario, risulta ampiamente diffuso in tutta l’Europa centro-settentrionale (principalmente a nord di Pirenei, Alpi e Balcani) ed in Siberia; procedendo dalle coste atlantiche verso est si incontrano 3 sottospecie gradualmente differenziate: la forma nominale trochilus (fino alla Polonia centrale e Romania settentrionale), la razza nordica acredula (dalla Polonia orientale e Penisola Scandinava al Fiume Jenisej, nella Siberia centrale) e quella asiatica yakutensis (ad est del Fiume Jenisej).

            Durante il periodo post-riproduttivo (da Settembre a Marzo), tutti i Luì piccoli dell’Europa settentrionale (abietinus) migrano verso sud per raggiungere le località di svernamento poste in area mediterranea o nell’Africa sub-sahariana (fascia del Sahel, dal Sènegal al Sudan) e Penisola Arabica; viceversa, gli esemplari dell’Europa centrale (collybita) sembrano comportarsi preferibilmente come stanziali o migratori a corto raggio, svernando nelle aree di nidificazione o poco più a sud, in habitat mediterraneo (più comunemente).

            Il Luì piccolo siberiano (tristis) risulta essenzialmente un migratore a lungo raggio, con il principale areale di svernamento in Asia meridionale (dal Medio-Oriente all’India).

            Fino ad alcuni anni orsono, era spesso considerato migratore irregolare o addirittura accidentale in Europa; più di recente, un sostanziale miglioramento delle capacità identificative degli osservatori ed il conseguente incremento delle segnalazioni hanno permesso di "promuovere" questo taxon allo status di migratore e svernante regolare (anche piuttosto comune), fino alle Isole Britanniche, in direzione ovest, e le coste del Mediterraneo occidentale, verso sud.

            Il Luì iberico ed il Luì grosso, infine, si comportano da veri e propri migratori instancabili, arrivando a svernare lungo le coste del Golfo di Guinea, in Ghana e Nigeria (Ph. brehmii), o addirittura fino al Sud-Africa (Ph. trochilus). In Europa, le segnalazioni invernali di queste specie risultano puramente occasionali e limitate alle coste atlantiche o all’area mediterranea; i Luì comunemente svernanti nella Spagna centro-meridionale ed in Nord-Africa, infatti, sembrerebbero appartenere alle forme settentrionali collybita/abietinus, mentre rarissime presenze invernali di Luì iberico sono state comprovate sulle isole Atlantiche (specialmente nell’arcipelago delle Canarie).

            L’Italia, in quanto posta al centro del Mediterraneo, ospita regolarmente tutte queste forme di Luì. Costituisce, infatti, un corridoio obbligato per quelle popolazioni migratrici che dall’Europa nord-orientale si spingono in Africa a trascorrere l'inverno; inoltre, rappresenta di per sé un’importante quartiere di svernamento per le popolazioni fenno-scandinave e centro-europee. Di recente, anche la forma siberiana tristis viene osservata con regolarità (sia durante i passi che nei mesi più freddi) nella parte centro-settentrionale del nostro paese.

            L’unico taxon nidificante in territorio italiano è il Luì piccolo comune (collybita), che predilige i boschi misti di latifoglie e conifere, nelle aree alto-collinari e montane (da 500 a 1700 m. s.l.m.).

            Durante la migrazione o l’inverno, tutte le forme trattate prediligono gli habitat silvani caratterizzati da una densa copertura arborea e da un fitto sottobosco; si adattano, però, ad ogni tipo di ambiente aperto (ampi parchi, giardini, arbusteti radi, giovani piantagioni, ecc.), sufficientemente vicini all’acqua e provvisti di zone adatte come nascondiglio (ad es.: siepi e boschetti di piante sempre-verdi).

     Descrizione generale dei Luì piccoli e principi di riconoscimento

            Prima di trattare a fondo gli aspetti salienti delle singole forme, vista l’estrema somiglianza esistente tra di esse, è importante fissare indelebilmente l’aspetto e le caratteristiche generali dei Luì piccoli.

            Si tratta, per l’appunto, di Passeriformi di piccole dimensioni (lunghezza totale: 10-11 cm; apertura alare: 15-20 cm) e strutturalmente compatti, con becco sottile ed appuntito, testa arrotondata, coda e proiezione delle primarie piuttosto lunghe ma variabili (più allungate che nel Regolo e Fiorrancino, specie altrimenti piuttosto simili). La tinta di base delle parti superiori è bruna (in primavera-estate) o bruno-olivacea (in autunno-inverno, dopo la muta post-riproduttiva); la colorazione delle parti inferiori è, invece, biancastra tendente al bruno ai lati del collo e sui fianchi, con l’aggiunta di una sfumatura verdastra, giallastra o grigiastra (evidente anche sul dorso) la cui presenza ed intensità variano geograficamente e servono d’ausilio nell’identificazione sottospecifica.

            Le forme di questo gruppo si presentano, a colpo d’occhio, come uccelli dimessi e senza particolari segni distintivi, tranne che un evidente sopracciglio ed (occasionalmente) un accenno di barra alare, entrambi chiari e contrastanti col resto delle parti superiori marroncine o verdastre.

            Al contrario, un’osservazione prolungata e a distanza ravvicinata può rivelare, oltre alle sopracitate peculiarità, un anello orbitale chiaro, una stria oculare nerastra che si spinge dal bordo superiore delle guance alla base del becco (briglie), il centro delle terziarie e l’alula scure e contrastanti col resto del piumaggio, i bordi esterni delle penne (sia delle ali che della coda) giallo-verdastre ed il sottoala riccamente pigmentato di giallo; infine, il becco, l’iride e le zampe sono solitamente scure (da marrone-ambrato a nerastre), ad eccezione della base delle mandibole color paglierino e le suole dei "piedi" giallo vivo.

            Per quanto riguarda la muta, dobbiamo distinguere tra la muta autunnale (post-riproduttiva) e quella primaverile (pre-riproduttiva). La prima avviene principalmente in un periodo compreso tra la fine di Luglio e la metà di Settembre (in tutte le sottospecie), con il rinnovo totale delle piume del corpo e delle penne (muta completa); la seconda, invece, ha luogo durante periodi diversi a seconda della razza: Dicembre-Gennaio nel collybita, Gennaio-Febbraio nell’abietinus e Febbraio-Marzo nel tristis.

            Ne consegue che, alla fine dell’inverno, un piumaggio più vecchio, quindi più abraso e sbiadito, ricopre la forma siberiana, accentuandone l’aspetto scolorito e scialbo del piumaggio; al contempo, la maggioranza dei luì europei esibiscono, al contrario, un piumaggio nuovo, meno pallido e contrastante, facilitando così il riconoscimento di eventuali esemplari di origine orientale.

            Ai fini dell’identificazione sottospecifica, le caratteristiche sulle quali è necessario concentrarsi maggiormente sono (in ordine d’importanza):

  • Intensità della sfumatura presente sulle parti inferiori (da gialla a color camoscio).
  • Intensità e distribuzione della sfumatura presente sulle parti superiori (verde o grigiastra).
  • Disegno della testa; dimensioni e tinta del sopracciglio (da bianco a giallo-verdastro).
  • Presenza e dimensioni di una barra alare sulle copritrici maggiori.
  • Colorazione di becco e zampe (parti nude).
  •         Un’ulteriore caratteristica da appurare, ultima cronologicamente (in quanto piuttosto difficile da verificare su campo) ma non per importanza, è rappresentata dalle vocalizzazioni (canto, richiami di contatto e di allarme).


     Identificazione sottospecifica del Luì piccolo
     Luì piccolo comune (collybita)
    Phylloscopus collybita collybita, adulto in primavera
     
    Phylloscopus collybita collybita
    Phylloscopus collybita collybita, primavera, individuo con sopracciglio esteso - foto R. Garavaglia
     
    Phylloscopus collybita collybita
    Phylloscopus collybita collybita, primavera, individuo con sopracciglio quasi assente dietro l'occhio e colori spenti - foto R. Garavaglia
     

    Primavera-Estate

            Parti inferiori: dalla gola al sottocoda appare biancastro, ma profusamente soffuso (e striato) di giallo; tale colorazione si accentua, tendendo all’ocra acceso, verso i lati del petto ed i fianchi. Negli esemplari con piumaggio più abraso le parti inf. possono sembrare assai più pallide e nitide, ma sempre con un minimo di striature gialle (specialmente in corrispondenza del petto). Il sottoala è tinto di giallo intenso.

            Parti superiori: la colorazione base di testa, dorso ed ali è bruno-olivastra con una evidente sfumatura giallognola, solitamente più accentuata sul groppone; tale tonalità si ripete, ugualmente vistosa, sul margine delle penne (sia timoniere che remiganti) e delle copritrici dell’ala. Negli esemplari con piumaggio più abraso, la sfumatura gialla può risultare un po’ meno evidente.

            Disegno della testa: i toni scuri delle guance bruno-oliva (finemente macchiettate di ocra) e della stria oculare nerastra riprendono le tonalità cariche della nuca e del dorso; anche il sopracciglio, solitamente ben distinto ma sfumato di giallo-ocra (evidente soprattutto davanti agli occhi), e l’anello perioculare (anch’esso sfumato di giallastro) risultano poco contrastanti ed accentuano l’aspetto piuttosto uniforme tipico di questa sottospecie.

            Barra alare: in questa stagione, tale carattere risulta normalmente assente, anche negli esemplari con piumaggio fresco, appena mutato.

            Becco e zampe: il colore della parte terminale del becco e delle zampe varia dal bruno-ambrato al bruno-scuro, passando per il bruno-grigiastro; la base della mascella ed il "taglio" (bordino interno) di entrambe le mandibole sono, invece, giallastre. La suola dei "piedi" è giallo-brunastra (spesso aranciata), non molto nitida e, di norma, poco evidente.

            Vocalizzazioni: il canto primaverile risulta molto ben conosciuto dai frequentatori della montagna ed è, inoltre, pressochè inconfondile: una monotona serie di "CIF - CIAF - CIF - CIAF…. " (con tonalità leggermente discendente sulle sillabe "CIAF") ripetuta per circa 15-20 secondi che si conclude, poi, bruscamente. Più tardi, durante la primavera inoltrata e l’estate tale canto viene ripetuto, dagli esemplari impegnati nella difesa territoriale, con l’aggiunta di un breve nota introduttiva che risuona come un esile "TRR" o "TRET", oppure come un aspro e veloce "IRR-IRR". (Per i richiami, vd. Autunno-Inverno).


    Phylloscopus collybita collybita, adulto/1° inverno in autunno
     

    Autunno-Inverno

            Parti inferiori: dalla gola al sottocoda, biancastre striato di giallino (come nel periodo riproduttivo, ma mediamente più sfumato di ocra); tale colore tende al giallo-olivaceo o all’ocra vivo verso i lati del petto ed i fianchi (un po’ più intenso rispetto al periodo riproduttivo).

            Parti superiori: come nel periodo riproduttivo, ma generalmente più soffuso di giallo-olivastro (avente, però, tendenza al grigiastro con l’abrasione del piumaggio).

            Disegno della testa: come in periodo riproduttivo; solo il sopracciglio, di norma, tende a farsi più pallido e biancastro (con il giallo concentrato nel tratto frontale, davanti agli occhi), man mano che l’usura del piumaggio avanza.

            Barra alare: la presenza di una sfumatura bianco-giallastra o color ocra sul bordino esterno delle copritrici maggiori (più chiara che in primavera-estate), pur non creando l’effetto di una vera e propria barra alare, può talvolta contrastare lievemente con il colore di fondo dell’ala (bruno-olivastra).

            Becco e zampe: come in periodo riproduttivo.

            Vocalizzazioni: il verso più tipico del Luì piccolo comune, al di fuori del periodo riproduttivo, è sicuramente il richiamo di contatto e d’allarme, ripetuto spesso durante la migrazione e lo svernamento; questo risuona come un morbido e malinconico "HUUìT", "UìT" o "UìD", con evidente accento "crescente" sulla "i". (Per il richiamo degli esemplari intergradanti con abietinus, vd. quest’ultimo).

            RIASSUNTO: in generale, questa razza possiede un aspetto uniforme con le parti superiori verdastre e quelle inferiori soffuse di ocra-giallastro; anche il disegno facciale piuttosto omogeneo e le parti nude (becco e zampe) brunastre tendono ad omogeneizzarsi cromaticamente col resto del piumaggio che, in definitiva, manca di veri e propri contrasti.


     Luì piccolo scandinavo (abietinus)

    Primavera-Estate

            Parti inferiori: identiche a quelle di collybita negli individui più scuri (provenienti, generalmente, dall’area di intergradazione centro-europea). Al contrario, gli esemplari più tipici (della Scandinavia e della Russia occidentale) esibiscono una colorazione bianca alquanto più pallida e contrastante, senza un’evidente sfumatura giallastra, su gola, petto, ventre e sottocoda (quest’ultimo sempre giallo-ocra nel Luì piccolo comune). Gli unici settori sfumati di giallino (piuttosto difficili da rilevare sul campo) sono i fianchi ed i lati del petto; da ciò ne deriva che in questa forma le parti inferiori appaiono, di solito, uniformemente chiare e molto contrastanti con il tono brunastro del dorso, delle ali e della coda.

    Phylloscopus collybita abietinus, adulto in primavera (individuo tipico)
     
    Phylloscopus collybita abietinus
    Phylloscopus collybita abietinus, primavera
    foto R. Garavaglia
     

            Parti superiori: la colorazione-base delle parti superiori è, abitualmente, appena più chiara di quella presente nel collybita. Tuttavia, la maggiore differenza riscontrabile sta nell’evidente tonalità grigia del dorso, della nuca e del vertice (parte sommitale della testa), che impartisce all’animale un’apparenza più "fredda" e meno vivace. Inoltre, negli esemplari tipici, il groppone è di un giallastro pallido e smorto (poco contrastante con il resto delle parti superiori bruno-grigiastre).

            Disegno della testa: come in collybita ma con guance leggermente più chiare ed olivacee. Il sopracciglio, praticamente privo di pigmentazione fulva, è spesso lungo e ben marcato (più contrastante con le parti superiori, rispetto alle popolazioni meridionali).

            Barra alare: questa sottospecie condivide con il Luì piccolo comune l’assenza di barra alare, ma può occasionalmente mostrare una sfumatura ocra-grigiastra o bianco-verdastra sul bordino esterno delle copritrici maggiori (in grado di trarre in inganno l’osservatore, specialmente nel caso di individui particolarmente pallidi).

            Becco e zampe: negli esemplari tipici, il becco appare (sul campo) uniformemente grigio-oscuro o nerastro anche se la base della mandibola inferiore è, normalmente, giallastra; anche le zampe appaiono piuttosto scure (da marrone a nerastre). Diversamente, gli esemplari provenienti dall’Europa centrale, in quanto intermedi, esibiscono una colorazione delle parti nude più simile a quella di collybita.

            Vocalizzazioni: il canto territoriale è esattamente identico a quello di collybita. (Per i richiami, vd. Autunno-Inverno).

            Altre caratteristiche: l’identificazione "in mano" (ossia di esemplari catturati per scopi scientifici) del Luì piccolo scandinavo può essere facilitata dalle dimensioni mediamente superiori rispetto al collybita (ad es.: l’ala misura nel maschio 61-68 mm. e nella femmina 56-62 mm., contro i 57-64 mm. del maschio ed i 53-61 mm. della femmina, nel Luì piccolo comune). Anche la struttura può aiutare: la 2° primaria risulta, nella razza scandinava, leggermente più lunga o uguale alla 7° primaria; nel collybita, invece, è solitamente più corta, accentuando l’effetto arrotondato dell’ala (tipico di uccelli stanziali o migratori a corto raggio).


    Phylloscopus collybita abietinus, adulto/1° inverno in autunno (individuo tipico)
     

    Autunno-Inverno

            Parti inferiori: negli esemplari tipici, in prevalenza bianche con una leggerissima sfumatura ocra-giallastra frequentemente presente sui fianchi e, più raramente, sui lati del petto; tendenzialmente poco più pallido che in primavera-estate, ma assai più chiaro rispetto alla maggioranza dei collybita centro-europei (sia in piumaggio riproduttivo che invernale)!

            Parti superiori: leggermente più smorte che durante i mesi caldi; presentano poco pigmento giallo-olivastro apparendo, perciò, prevalentemente bruno-ocracee sfumate di grigio (in special modo la testa e la nuca). Il groppone verdastro risulta meno intenso che in primavera-estate, mentre i bordini esterni gialli delle remiganti e delle timoniere (difficili da rilevare sul campo) costituiscono la porzione più vivacemente colorata dell’intero animale.

            Disegno della testa: come in periodo riproduttivo; in media, il lungo sopracciglio (che tende con l’abrasione a farsi ancor più pallido e biancastro) risulta assai contrastante con il resto delle parti superiori e, quindi, molto ben evidente sul campo.

            Barra alare: (vd. primavera-estate)

            Becco e zampe: (vd. primavera-estate)

            Vocalizzazioni: mentre gli esemplari intermedi con il collybita (provenienti dalle aree d’intergradazione del centro-Europa e della Scandinavia meridionale) emettono il classico "HUUìT" o "UìD" malinconico di questa forma, i tipici individui nord-orientali possono utilizzare un verso più alto e trillato del tipo "PIIU", "SUI" o "CIT", piuttosto monocorde e, generalmente, con un’inflessione discendente verso la fine.

            RIASSUNTO: riassumendo, la razza abietinus si presenta, durante l’autunno-inverno, come una versione più sbiadita e livida del Luì piccolo comune, a causa della prevalenza dei toni bruno-fosco ed ocra-grigiastro (con il pigmento giallo pressochè assente), e per il biancore delle parti inferiori. La muta primaverile tendenzialmente tardiva rispetto a quella del collybita può accentuare, durante i mesi di Gennaio e Febbraio, tale impressione di estremo pallore, a causa della maggiore vecchiaia ed abrasione del piumaggio (N.B.: l’argomento "muta" risulta tutt’ora poco conosciuto, specialmente per quanto riguarda le popolazioni più settentrionali di abietinus, ed è trattato in modo alquanto contraddittorio, nella letteratura scientifica del passato).

            Non dobbiamo, però, dimenticarci che queste sottospecie tendono (in Europa centrale, punto di contatto dei loro areali di nidificazione) ad intergradare geneticamente e, quindi, morfologicamente; tenendo, poi, conto che si tratta di uccelli che presentano un’elevata variabilità individuale (evidente anche all’interno di una popolazione limitata), è facile intuire che solo gli esemplari più tipici ed estremi potranno essere identificati, con certezza, sul campo.


     Luì piccolo siberiano (tristis)

    Primavera-Estate

            Parti inferiori: essenzialmente bianche (al più, soffuse di grigio slavato), con una lieve sfumatura color crema-giallastra occasionale sui fianchi. Le uniche tracce di giallo presenti sull’intero animale sono confinate alle copritrici del sottoala. Può occasionalmente accadere che tali piume, normalmente celate, siano visibili sul bordo esterno dell’ala chiusa, nell’animale posato; in questi casi, si tratterà dell’unico sprazzo di "colore" visibile in un contesto altrimenti piuttosto smorto e scolorito.

            Alcuni esemplari, caratterizzati dal piumaggio particolarmente chiaro, possono mancare totalmente del giallo nel sottoala; lo Svensson (autore di un testo per il riconoscimento dei passeriformi, divenuto la "bibbia" degli inanellatori) considera questi rari mutanti come appartenenti alla varietà ‘axillaris’ (l’uso della quale è, ormai, completamente decaduto).

            Parti superiori: gli esemplari tipici hanno le parti superiori bruno-grigiastre, caratterizzate da tonalità piuttosto fredde e dalla quasi totale mancanza di pigmento verde. Gli individui dalla livrea più vistosa (forma fulvescens), invece, pur conservando la classica colorazione di fondo bruno-grigiastra presentano spesso una diffusa sfumatura olivacea, più marcata sul groppone e sulle copritrici delle ali; la tinta dei bordini esterni di remiganti e timoniere, ricalca questa colorazione verdolina creando, di conseguenza, un leggero contrasto tra queste ed il resto delle parti superiori.

            In ogni caso, il centro delle terziarie è colorato di un bruno piuttosto scuro (visibile anche da una certa distanza, in contrapposizione al dorso chiaro e slavato), mentre il bordino esterno grigiastro è, al contrario, sottile e generalmente poco appariscente.

            Disegno della testa: il "pattern" facciale è sicuramente uno dei caratteri più notevoli di questa sottospecie. La linea oculare e le "briglie" (porzione compresa tra la base del becco e l’occhio) sono molto scure, nere, e ben delineate; le guance sono caratterizzate da una sfumatura castana o, addirittura, rossiccia, più o meno evidente a seconda dello stato di conservazione e del grado di abrasione del piumaggio. Il sopracciglio, inoltre, è solitamente bianco (al massimo bianco sporco o color crema) e molto appariscente, potendo continuare per un bel pezzo dietro all’occhio, in direzione della nuca. Infine, anche l’anello perioculare manca completamente dei pigmenti verdi e giallastri ma, a differenza del precedente carattere, appare spesso marcatamente soffuso di ocra-brunastro (risultando, perciò, assai meno evidente che in collybita ed abietinus).

            Barra alare: il bordino chiaro sulle copritrici maggiori dell’ala risulta abbastanza marcato, tanto da formare una barra alare biancastra, lunga, sottile e ricurva. Per questo motivo è spesso necessario distinguere gli esemplari più marcati dal Luì verdastro (Ph. trochiloides viridanus), nidificante dalla Scandinavia alla Siberia occidentale; quest’ultimo, però, oltre ad avere la barra alare più corta, spessa e diritta, appare generalmente assai diverso dal punto di vista morfologico: più scuro e verdastro sopra, più contrastante inferiormente e sulla testa e con le parti nude (becco e zampe) marroncino chiaro o giallastre.

            Becco e zampe: sia il becco che le zampe appaiono, sul campo, uniformemente nere o nerastre anche se, in realtà, è presente una piccola area giallo-rosata alla base della mandibola inferiore e le "suole" dei piedi sono tinte di giallo-brunastro.

            Vocalizzazioni: il canto territoriale di questa forma è assolutamente distintivo e molto diverso da quello delle due sottospecie precedenti. E’ infatti costituito da un alto e squillante chiacchericcio, piuttosto fluente e poco schematico, all’interno del quale è comunque possibile riconoscere delle frasi ripetute ad intervalli regolari; tale prolungato trillo è stato descritto, a seconda dei casi, come un "SUITSIT - SUITSI - UWITS - SITSI - UWITS" oppure come un "CS - CS - SIUI - SIUI - SIUI - CIUI - CS - C" di base con numerose variazioni sul tema.

            Tale canto sembrerebbe avere ben poca importanza per il riconoscimento di questa razza in Italia (frequentata soprattutto durante l’inverno), se non che può venire occasionalmente emesso da certi migratori tardivi (fine Febbraio - Marzo) o, addirittura, da alcuni individui svernanti.

            Altre caratteristiche: strutturalmente la razza siberiana tristis assomiglia al Luì piccolo comune e differisce, invece, dall’abietinus per via delle minori dimensioni e per la lunghezza della 2° primaria, generalmente minore della 7°.

    Autunno-Inverno

            Parti inferiori: (vd. primavera-estate)

            Parti superiori: negli individui tipici, il dorso, la nuca ed il vertice appaiono (rispetto al periodo riproduttivo) un po’ più chiari e grigiastri, mentre il groppone ed il bordino delle remiganti e timoniere possono assumere una colorazione ocra-pallido (mai verdasta o giallastra) piuttosto contrastante con il resto delle parti superiori. Anche gli esemplari estremi (fulvescens) appaiono, in questo periodo, un poco più pallidi e slavati, oltre che assai più grigiastri, rispetto ai mesi caldi.

            Disegno della testa: (vd. primavera-estate)

    Phylloscopus collybita tristis
    Phylloscopus collybita tristis inanellato a Candia (TO) da Luca Biddau il 21/10/2000 - foto G. Corna
     

            Barra alare: la presenza di una barra alare biancastra sul bordo delle copritrici maggiori diviene ancora più evidente con l’insorgere della livrea autunnale, successiva alla muta post-riproduttiva (vale a dire dopo il mese d’Agosto); tale carattere va man mano sfumando e, poi, scomparendo con l’avanzare dell’inverno, conseguentemente all’abrasione del piumaggio.

            Becco e zampe: (vd. primavera-estate)

            Vocalizzazioni: di gran lunga più importante del canto territoriale, ai fini dell’identificazione sottospecifica, è il richiamo di contatto e d’allarme. Questo risuona come un alto e lamentoso (da qui il nome "tristis") cinguettio monosillabico: "SIIP" o "PIIP", simile al pipilo di un pulcino impaurito o al richiamo insistente di un Ciuffolotto (ma più alto di tono). Un suono simile viene occasionalmente emesso da certi abietinus, anche se in una versione solitamente più penetrante e tendente al bisillabo; in questi casi, è spesso impossibile riconoscere con sicurezza la razza d’appartenenza di tali esemplari, se non grazie ad uno scrupoloso studio di tutti i caratteri (concentrandosi in special modo su quelli più peculiari, come ad es.: la sfumatura gialla sul sopracciglio e sulle parti inferiori del Luì piccolo scandinavo o le guance soffuse di castano del Luì piccolo siberiano), compresa la più ampia gamma possibile di vocalizzazioni.


    Phylloscopus collybita tristis, adulto/1° inverno in autunno (individuo tipico)
     
    Phylloscopus collybita tristis, adulto/1° inverno in autunno (forma fulvescens)
     

            RIASSUNTO: in definitiva, questa sottospecie appare alquanto chiara ed appariscente nell’aspetto (più di ogni collybita e di buona parte degli abietinus svernanti o di passo nel nostro paese); è, infatti, caratterizzata dall’avere la totalità delle parti inferiori ed il sopracciglio biancastri e fortemente in contrasto con il resto del piumaggio.

            Per quanto riguarda, invece, la colorazione delle parti superiori è possibile distinguere due casi ben differenziati: l’individuo tipico e l’estremo "sgargiante" di colorazione (forma fulvescens).

            Nel primo caso, gli esemplari "classici" possiedono dorso, nuca e vertice di color ocra-grigiastro o bruno spento. Gli individui della varietà fulvescens, invece, pur assomigliando in tutto e per tutto ai tipici tristis, mostrano, in più, una discreta sfumatura verdastra evidente sul groppone e sulle ali, ma che spesso si diffonde lievemente anche sul sopracciglio, sui fianchi ed i lati del petto.

            Lo Svensson (che nella sua "bibbia dell’inanellatore" ha trattato diffusamente il problema dell’identificazione di queste forme), sostiene che debbano essere riconosciuti come "tipici" tristis solo quegli individui senza la minima traccia di pigmento giallo o verdastro, sia superiormente che inferiormente (tranne che il sotto-ala) e che ci si debba, invece, riferire a tutti gli altri esemplari col nome di var. ‘fulvescens’, var. ‘sub-tristis’ o, addirittura, ibrido ‘tristis x abietinus’. E’ vero, però, che quasi tutti gli autori odierni - compreso lo stesso Svensson - concordano sempre più nel considerare questi individui come appartenenti al normale "range" di variabilità del Luì piccolo siberiano; questo sarebbe testimoniato dall’esistenza di un vasto numero di esemplari dall’aspetto intermedio e dalle vocalizzazioni esattamente identiche a quelle dei classici tristis (fatto che sembrerebbe escludere un’introgressione genetica da parte dell’abietinus, con il quale peraltro potrebbe comunque ibridarsi, limitatamente alle aree di sovrapposizione territoriale).


     Altre specie simili
     Luì bianco (bonelli)

             Per quanto si tratti di una specie piuttosto variabile nell’aspetto, suddivisa in due popolazioni discrete (la bonelli, caratteristicamente brunastra e dalla distribuzione occidentale, e la orientalis, tipica della penisola balcanica e con più grigio sulle parti superiori), solitamente non dà grossi problemi d’identificazione, soprattutto se confrontata con i Luì piccoli.

            La generale assenza di evidenti sfumature giallo-verdastre dal piumaggio del Luì bianco (in particolare sulle parti inferiori), ne rende praticamente impossibile la confusione con la forma centro-europea collybita e con gli esemplari più vividi di abietinus; maggiori probabilità di confusione subentrano, al contrario, con i Luì piccoli scandinavi più orientali e con gli esemplari della sottospecie siberiana tristis (caratterizzati, in entrambe i casi, dall’aspetto pallido e smorto).

            In questi casi particolari, gli elementi che rendono il Luì bianco assolutamente distintivo sono: una struttura più slanciata e meno tozza (ali, becco e coda più lunghi; testa proporzionalmente più piccola), un disegno facciale meno contrastante (anello periorbitale quasi invisibile; linea oculare sfumata o assente; copritrici auricolari chiare come la nuca e non più scure) e due evidenti pannelli giallo-verdastri, uno sull’ala (formato dai margini chiari delle remiganti) e l’altro ai lati della coda (bordi delle timoniere).

            Strutturalmente, il Luì bianco differisce dal Luì piccolo nell’avere la 6° primaria con smarginatura del bordo esterno assente (nella orientalis) o meno marcata di quella presente sulla 5°, la 4° e la 3° primaria (nella bonelli), a differenza del Luì piccolo dove la 6° primaria è sempre evidentemente smarginata; inoltre, la distanza tra le punte della 1° e della 2° primaria equivale a 23-28 mm. in collybita, contro i 25-34 mm. del bonelli.

            Il canto del Luì bianco è costituito da un trillo monotono ed insignificante, del tipo "CII - CI - CI - CI - CI", piuttosto corto e simile a quello emesso dal Verdone o dallo Zigolo muciatto; per questo motivo, tale canto differisce da quello di tutte le altre specie del genere Phylloscopus e quindi anche da quello del Luì piccolo.

            Il richiamo di contatto, invece, varia geograficamente: la forma occidentale bonelli emette un "TUI - II" o "PUU - IT" chiaramente bisillabico (ricorda il verso del Luì grosso, ma suona più lungo e leggermente più acuto) senza alcun dubbio differente dai richiami tipici del Luì piccolo; la popolazione balcanica orientalis, invece, è caratterizzata da un sommesso "CIP" o "ZIP" (monosillabico), simile al pipilo di un pulcino di Passero; da non confondere con il verso del Luì piccolo siberiano (anch’esso corto e pigolante, ma dal tono più discendente)


     Luì grosso (trochilus)

            Generalmente difficile da distinguere dal Luì piccolo, questa specie risulta anche caratterizzata da una grandissima variabilità morfologica.

    Phylloscopus trochilus
    Luì grosso (Phylloscopus trochilus), primavera
    foto R. Garavaglia
     

            Le tre sottospecie esistenti, infatti, costituiscono le tappe fondamentali di un cline genetico che prevede, avanzando da sud-ovest verso nord-est, la diminuzione dei pigmenti giallo-verdastri ed il conseguente aumento dei toni grigi e marroni; tale "trend" inizia nell’Europa centro-occidentale con la forma nominale trochilus (dalle parti superiori verdi e quelle inferiori soffuse di giallo vivo), continua attraverso la Scandinavia e la Russia europea con la forma intermedia acredula (più chiara, olivacea e smorta), per poi terminare in Siberia con la sottospecie yakutensis (grande, marrone-grigiastra sopra e biancastra sotto). Questo modello di differenziazione ricalca piuttosto fedelmente quello visto in precedenza per il Luì piccolo, con il passaggio graduale tra le popolazioni europee vivacemente colorate e quelle siberiane pallide e sbiadite.

            L’evidente parallelismo nella colorazione di queste due specie, ne renderebbe praticamente impossibile il sicuro riconoscimento su basi cromatiche, se non fosse per alcune differenze generali, quali la macchiettatura scura evidente sulle guance e le zampe rosate (piuttosto chiare) del Luì grosso. Strutturalmente, quest’ultimo risulta leggermente più grande, con ali più lunghe e testa piccola in proporzione al corpo; inoltre, risulta leggermente meno attivo dei Luì piccoli, che hanno la regolare abitudine di "sbattere" su e giù la coda, e possiede un volo più ondulato e potente (paragonabile a quello di un Pigliamosche e dovuto alle lunghe ali appuntite).

            La differenza strutturale più evidente risiede nella smarginatura della 6° primaria, sempre presente in collybita ed assente, invece, nel Luì grosso.

            Anche le vocalizzazioni sono piuttosto peculiari: il canto di questa specie è una serie di frasi ripetute (formate da 2 - 5 note trillate simili) immerse in un chiacchericcio piuttosto variato ed in crescendo, simile a quello di un Fringuello maschio; l’ultima "strofa" suona spesso come uno sfumato "SUI - SUITIV".

            Il richiamo, infine, è piuttosto simile a quello del Luì bianco: un netto "UU - IIT" che differisce, però, dal verso del Luì piccolo comune nell’essere nettamente disillabico, relativamente più basso e meno enfatico.

     Luì iberico (brehmii)

            Questa forma endemica del bacino mediterraneo occidentale (Penisola Iberica e Nord Africa, ad est fino alla Tunisia) ha vissuto una serie di recenti vicissitudini dal punto di vista tassonomico: fino a qualche tempo fa, infatti, era considerata una semplice sottospecie del Luì piccolo (vista l’estrema rassomiglianza esteriore), mentre oggigiorno, grazie ai risultati di alcuni lunghi studi sull’argomento, viene trattata più o meno comunemente come specie separata.

            Il riconoscimento sul campo di questo taxon, però, è ancora allo stadio embrionale e necessita di ulteriori ricerche; per quanto riguarda la distinzione dal Luì piccolo comune gli unici dati ricavabili dalla letteratura ornitologica sono i seguenti:

  • il sopracciglio e le parti inferiori (tranne il mento ed il ventre biancastri) sono, di norma, visibilmente soffusi di giallo vivo o giallo canarino; è possibile, però, confonderlo con esemplari particolarmente vivaci di collybita;
  • le parti superiori sono basilarmente bruno-olivacee con un’evidente e vivida sfumatura verde-giallastra o verde-ocracea (meno grigia o brunastra che in collybita ed abietinus) la quale, unitamente al colore delle parti inferiori, conferisce a questa forma una colorazione generale simile a quella di un Luì verde piuttosto sbiadito o di un Luì grosso;
  • la tinta delle parti nude (zampe color ambra o rosate; becco giallastro con punta e culmine scuri), la misura delle ali (con proiezione delle primarie molto marcata) e la forma del becco (lungo, sottile ed appuntito) esaltano ulteriormente la rassomiglianza con il Luì grosso.
  •         Dal punto di vista strutturale, i caratteri principali che consentono di distinguere il Luì iberico dal Luì piccolo sono:

  • la lunghezza della 5° primaria, in collybita è uguale alla 3° ed alla 4° mentre in brehmii è nettamente minore di queste ultime (enfatizzando, così, la forma appuntita e meno arrotondata dell’ala);
  • la lunghezza della 2° primaria, in collybita è minore o uguale alla 7° mentre in brehmii è decisamente maggiore (più simile, perciò, alla 6° primaria);
  • la proiezione delle primarie (che nel collybita equivale, più o meno, alla metà delle terziarie), nel brehmii sembrerebbe essere proporzionalmente più lunga ed evidente (uguale a tre/quarti delle terziarie o uguale a queste ultime) rispetto alla maggioranza dei Luì piccoli (carattere utile anche sul campo);
  •         Le vocalizzazioni, infine, risultano ben distinte da quelle del Luì piccolo e costituiscono uno dei caratteri principali (e più sicuri) sui quali basare l’identificazione: il canto territoriale del Luì iberico manca delle note "CIF" e "CIAF", componenti essenziali in quello del Luì piccolo, ed è caratterizzato da una struttura piuttosto variata e complessa; è costituito, infatti, dal susseguirsi di 3 serie ("strofe") di 3 o + note, del tipo "(CI - CI - CI) - (ZUI - ZUI - ZUI) - (GIU - GIU - GIU)", che presenta un chiaro andamento discendende (dalla prima strofa, alta, all’ultima, più bassa) ed un netto aumento di velocità (le ultime note sono pronunciate più speditamente delle altre). Tale insieme produce un effetto generale simile a quello del canto del Fringuello (compreso un numero variabile di corte note introduttive del tipo "CEP" o "GIP"). Anche il richiamo di contatto risulta generalmente distintivo: una nota nasale (e piuttosto vibrata) del tipo "Pìì-U", che presenta una chiara flessione discendente verso la fine (vagamente simile al verso malinconico e ripetitivo di un lontano Ciuffolotto).


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