Quaderni di birdwatching Anno III - vol. 6 - novembre 2001

Reale e Virtuale
Titolo
Testo e foto di Giorgio Paesani

                IL BIRDWATCHER non smette mai di esercitare il proprio hobby, anche perché, fortunatamente, la "materia prima" non manca e quasi ogni ambiente presenta possibilità di osservazioni interessanti.

        Viene quasi spontaneo, però, cercare di adattare il proprio ambiente "quotidiano" alle esigenze del birdwatching cercando di migliorarlo e renderlo appetibile a quante più specie possibile.

        E’ quello che ho cercato di fare "migliorando" il giardino di casa mia all’Isola d’Elba.

        Devo affermare che, onestamente, "madre Natura" mi ha messo in una posizione vantaggiosa, ma un conto è beneficiare dell’apparizione fugace di qualche rarità di passo, un altro è cercare di "fermare" i viaggiatori allettandoli con possibilità di sosta, di svernamento o nidificazione.

 L'esistente

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Bacche di Alaterno
        Come ogni progettazione che si rispetti, la mia è partita dall’analisi dell’esistente, che non era poco. Le caratteristiche principali del mio giardino sono l’esistenza di una lunga siepe di essenze miste, a preponderanza di Lentisco, ma con la presenza di Alaterno, Leccio, Cisto di due specie, Rovo, Erica arborea, Ginestra, Olivo.

        Davanti alla siepe corre la parte "aperta" del giardino con alcuni alberi da frutto disposti a filare o sparsi, mentre al margine a valle del terrazzamento c’è l’altra siepe, molto più arida, con preponderanza di Lentisco ma presenza anche di Fico d’India, Arundo donax e Rovo. Davanti casa una ventina di Pini domestici disposti a "F", altri alberi da frutto, oleandri e i miei adorati Fichi.

        La "perla" botanica del mio giardino è un lentisco dalla accertata età di almeno 120 anni!!

 Le specie bersaglio

        Non disponendo di mezza isola ma di un piccolo giardino, ho dovuto darmi delle priorità, scegliendo quelle specie che, per esigenze e rarità, potessero beneficiare del mio "verde privato". La scelta è ricaduta, in una prima fase, principalmente su Averla Piccola, Usignolo e Torcicollo, tutte e tre nidificanti nella zona, ma con esigenze in parte molto diverse. Già che c’ero ho studiato il modo di attrarre e osservare meglio tutto il resto dei visitatori, temporanei, stagionali o permanenti. Ho così dovuto diversificare il mio giardino.

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Il nido artificiale utilizzato dal Torcicollo

        L’Usignolo preferisce i luoghi umidi e ombrosi; lasciando crescere selvaggiamente il filare di meli e albicocchi paralleli alla siepe lato-monte, ho creato un tunnel ombroso e ricco di foglie cadute, l’ideale per il cantore della notte. In questi anni ha costruito il nido preferibilmente nella siepe o alla base di essa, nell’erba alta e, in un caso, nei giaggioli!

        La parte aperta del giardino rappresenta un buon territorio di caccia per l’Averla piccola, a patto di fornire adeguati posatoi di osservazione e delle buone possibilità di nidificazione. Per i primi, mi è bastato mantenere alcuni rami secchi "panoramici", riguardo alle possibilità di nidificazione erano garantite dalla siepe di Lentisco. Solitamente l’averla caccia ad una certa distanza dal nido, rendendosi quasi invisibile, le cose cambiano quando i piccoli sono cresciuti e prossimi all’involo, allorché gli adulti vincendo ogni timidezza, difendono il nido allarmando alla presenza degli umani e attaccando gatti, serpenti e altri predatori.

        Il Torcicollo, invece, l’ho attratto posizionando alcuni nidi artificiali, tre sui pini e uno su un vecchissimo Prunus corroso dalle larve. Ha sempre preferito i nidi posizionati sui tronchi di pino, occupandone uno e svuotando gli altri del contenuto, vivo o morto che fosse. A causa di questa antipatica abitudine, ho dovuto posizionare il nido sul Prunus molto in basso, al fine da renderlo sgradito al Torcicollo ma fruibile per cince e per lo Scricciolo, che altrimenti non avrebbero potuto nidificare da maggio in poi. Il Torcicollo è estremamente schivo e mal sopporta la presenza dell’uomo, durante l’allevamento dei piccoli è bene tenersi a distanza: una prolungata assenza dei genitori dal nido potrebbe provocare l’attacco delle formiche e la morte dei piccoli.


 Gli assi nella manica

        Per attrarre quanti più uccelli possibile nel mio giardino ho, ovviamente, dovuto studiarne le esigenze.

        In nessun libro di birdgardening ho trovato scritto che una pianta fenomenale per attrarre i silvidi e il Pigliamosche è l’Alaterno (o "legno puzzo", perché emette un fumo puzzolente, se bruciato), le sue bacche estive integrano la dieta degli insettivori durante le giornatacce tardo primaverili. Ben lo sa il muro di casa mia, nel tratto adiacente al nido pluriennale di Pigliamosche. I giovani silvidi appena involati, ancora piuttosto incapaci e alle prese con la siccità estiva, ne fanno autentiche scorpacciate ed è possibile osservarli con relativa facilità.

        L’altro asso nella mia manica è il Fico. In settembre, col passo dei silvidi in pieno culmine, i suoi frutti polposi e zuccherini si spaccano in due cotti dal sole e gonfiati dalle prime piogge (naturali o artificiali) e sono una attrattiva fenomenale. I rami distanziati e la massiccia presenza di mosche lo rendono un buon territorio di caccia per insettivori quali il Pigliamosche, le Balie e i Codirossi.

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La conca piena d'acqua che ha permesso   
la sosta anche del
Cannareccione   

        Il colpo basso, invece, è la "conca" piena d’acqua. La conca è un enorme vaso di terracotta al quale ho turato lo scarico e l’ho riempito d’acqua. Per evitare affogamenti di uccelli, insetti o piccoli mammiferi, ho piantato al suo interno un poco di Cannuccia che, ogni 5/6 anni, devo decimare per evitare che riempia tutto il recipiente. Per la cronaca, nel maggio di alcuni anni fa un Cannareccione vi sostò alcune ore in cerca di insetti in una pausa del suo viaggio migratorio. Lo stesso ambiente è sfruttato dalla Raganella (Hyla arborea sarda). In piena siccità estiva una fonte d’acqua è fondamentale e garantisce osservazioni numerose e facili.

        Il vero colpaccio, però, mi è riuscito quest’anno: ho lasciato colpevolmente semiaperta la finestrella del vecchio pollaio, in realtà volevo che ci nidificasse il Barbagianni ma lo ha battuto l’Assiolo, portando avanti con successo la nidificazione.

 Vivi e lascia vivere

        Lo confesso, sono totalmente negato come giardiniere, perciò ho scelto di tagliare il meno possibile e ciò ha fatto sì che casa mia venisse quasi inghiottita dalla vegetazione: i rami dell’albicocco sono per lo più sopra il tetto, l’edera ha risalito la grondaia finendo per otturarla, il pitosforo riempie di fiori secchi prima e di foglie poi, le due tettoie.

        In compenso tutto questo piace assai alla fauna, non solo alata. Ospiti graditi sono i gechi, sia la Tarantola muraiola (Tarentola mauritanica) che il Geco verrucoso (Hemidactylus turcicus) e fino al boom dei cinghiali, ospiti fissi erano il riccio e il rospo spinoso e ogni tanto appariva qualche testuggine.

        Da alcuni anni, però, i cinghiali sono aumentati a dismisura e, soprattutto nei mesi estivi, quando nella macchia c’è pochissimo da mangiare e intorno alle case ci sono gli alberi da frutto carichi di leccornie, sono ospiti fissi del mio giardino. Ho lungamente temuto per la sorte del nido di usignolo, che nidifica pressoché a terra, ma nei tre anni consecutivi nei quali l’ho potuto identificare le cose sono sempre andate lisce, perfino quando ha osato nidificare sotto ai meli…

        Onestamente non saprei dare consigli a chi si trovasse ad avere il mio stesso problema, se non quello di provare a fare come faccio io: lasciare la frutta caduta dagli alberi a terra (tranne quella raccolta per mangiarla) e un po’ di cibo per gatti avanzato ai mici di casa (che non gradiscono ma si adeguano). L’alternativa sarebbero le reti, ma io provo un’atavica repulsione per le recinzioni…

        Altro ospite nobile e pericoloso, per gli uccelli, è la Martora: nei mesi autunnali e invernali caccia i ratti sui rami dei pini davanti casa, nel cuore della notte, con inseguimenti spettacolari che terminano con grida strazianti e tonfi di corpi caduti al suolo. Insieme con il Pellegrino è l’ultimo baluardo all’invasione delle Tortore dal collare, sintomo di una urbanizzazione inarrestabile.

 Gli errori da evitare

        La presenza di fauna cosiddetta "minore", come insetti e altri invertebrati, costituisce il fondamento di qualsiasi buon giardino da birdwatching, perciò ho adottato tutta una serie di precauzione per garantirne la presenza.

        Prima situazione a rischio: lo sfalcio del prato. I moderni decespugliatori a filo di nylon, facilissimi da usare, poco costosi e assai efficienti, al loro passaggio maciullano qualsiasi forma di vita vegetale e animale. Ogni volta che sono costretto a procedere al taglio dell’erba -non ho coraggio a definirlo prato, perché c’e di tutto, dal lichene alle orchidee selvatiche-, esamino attentamente la zona da rasare, prima a distanza per scoprire eventuale andirivieni di uccelli, poi nel particolare, segnando con cannucce e rametti le posizioni delle orchidee e delle altre essenze utili o preziose (elicriso, nipitella ecc.), inoltre prelevo le eventuali chiocciole, ricoverandole temporaneamente in un secchio. Alla fine delle operazioni preliminari il "prato" sembra un campo minato appena prima delle operazioni di bonifica. Dopo il taglio, rimangono alcune zone "protette", (dove crescono le essenze da tutelare e dove libero le chiocciole fatte prigioniere) che procedo a ripulire a mano, lasciando però l’erba alta alcuni centimetri.

        Seconda situazione a rischio: la combustione degli sfalci e delle potature. Le potature e lo sfalcio accumulato durante le operazioni di gestione del giardino solitamente vengono bruciate immediatamente o, più spesso, qualche tempo dopo, una volta seccate. Capita sovente che esse rimangano tutta l’estate, accumulate nell’attesa che cessi la situazione di "massima pericolosità" per gli incendi boschivi e con essa il divieto di accendere fuochi. Durante questi periodi, le cataste diventano rifugio ideale per rettili, insetti e invertebrati, che in esse trovano rifugio, nutrimento e un microclima favorevole; bruciarle sarebbe come appiccare fuoco ad un albergo. Prima di procedere le metto semplicemente "sottosopra", rovesciandole e sparpagliandole, provocando la fuga dei vertebrati e mettendo allo scoperto le chiocciole che rimuovo a mano, poi riaccumulo il tutto e appicco il fuoco da un lato per consentire a qualche insetto di fuggire dall’altro.

        Questi sono i "trucchi" con i quali cerco di rendere il mio giardino luogo di comodo birdwatching, mi rendo conto che forse non rispettano i canoni della praticità e dell’estetica comunemente condivisi, ma vedere, come mi è capitato quest’anno, la Balia dal collare cacciare sotto i pini (un maschio in livrea, roba da documentario) o l’Assiolo posato a meno di un metro da me (arrabbiatissimo perché ne imitavo il canto a voce), ripaga delle mille attenzioni, degli sforzi e di qualche sorrisetto ironico dei vicini.

        A proposito dei vicini, i miei non hanno ancora scoperto come ho fatto a far sparire gli afidi dagli oleandri, senza fare niente, mentre loro sono costretti ad irrorarli di veleni assortiti; quando me lo chiedono rispondo "è stata Sylvia…", omettendo di aggiungere "melanocephala", "atricapilla" e "cantillans"!

        Il prossimo anno lo spiego anche a loro.


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