Quaderni di birdwatching Anno III - vol. 6 - novembre 2001

Hotspots
Titolo
di Ernesto G. Occhiato

        LA MAREMMA TOSCANA è uno di quei posti, assieme a pochi altri in Italia, che ogni appassionato naturalista ha sempre sognato di visitare, un giorno o l’altro, per la bellezza degli ambienti palustri spesso incontaminati o armonicamente modificati dall’uomo nel corso dei secoli, per il fascino romantico di paesaggi invernali resi opachi dalla bruma, dove la presenza discreta degli animali è possibile solo intuire o appena percepire, o per la solare forza di antichi pini domestici alla cui ombra riposano vacche dalle lunghe e curve corna. Ma, soprattutto, ad attrarre è la ricchezza e la diversità dell’avifauna legata ai vari ed ampi ecosistemi acquatici di questo luogo.

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Paesaggio a sud dell'Ombrone
        E’ veramente difficile selezionare alcune aree della Maremma toscana delle quali dare indicazioni sul "come, dove e quando" praticare il bird-watching. In questa serie di due articoli per esempio non prenderò in considerazione l’area di Bolgheri e di Orti-Bottagoni, a nord di Castiglione della Pescaia, il lago di Burano, a sud di Orbetello, e le valli dell’Albegna e del Fiora fino al Monte Labbro nell’interno, nonostante la loro importanza avifaunistica, ma mi focalizzerò sul cuore della Maremma costiera che comprende il padule di Castiglione della Pescaia, la foce del fiume Ombrone e gli stagni della Trappola e l’intero complesso della laguna di Orbetello e parte del Monte Argentario. In pratica cercherò di fornire una guida utile al visitatore che intenda passare due o tre giorni in provincia di Grosseto in modo che possa ottimizzare i tempi della visita, in funzione delle distanze, del periodo dell’anno e delle condizioni di luce e quindi incrementare le possibilità di incontro con tutte quelle specie di uccelli che scelgono questi luoghi per la nidificazione, lo svernamento o la sosta durante le migrazioni.


 Visita

        Sulla base della mia esperienza il seguente è il miglior approccio generale a questi luoghi se si ha a disposizione il fine settimana, ma variazioni sul tema sono necessari se si hanno in mente particolari specie di uccelli:

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        Primo giorno - Tutte le stagioni: visita mattutina nell’area di Marina di Alberese, comprendente le aree aperte nell’entroterra lungo il corso dell’Ombrone e la foce dello stesso seguendo il percorso A7 (da sud verso nord, quindi) del Parco Naturale dell’Uccellina, all’interno dei cui confini questa area si trova. In alternativa (soprattutto in inverno), visita alla foce del fiume Ombrone seguendo il percorso che segue le dune da nord a sud partendo da Principina a Mare. Poi visita pomeridiana (o serale) al Padule della Diaccia-Botrona (Castiglione della Pescaia).

        Secondo giorno - Laguna di Orbetello (ne parleremo nel prossimo numero). In inverno, visita mattutina alla diga di Orbetello, quindi area della Giannella (laguna e costa) per concludere la mattinata ed il primo pomeriggio all’Oasi WWF di Orbetello. Quindi visita serale al bosco della Patanella. Nei giorni in cui la caccia è chiusa è possibile sfruttare le ultime ore delle corte giornate invernali per una visita alla cosiddetta area dello Stagnino-stagnone, che è area aperta alla caccia. In primavera-estate e agli inizi dell’autunno visita mattutina allo "stagnetto" di Albinia e quindi Oasi WWF di Orbetello. Conclusione della mattinata e primo pomeriggio presso lo "Stagnino-stagnone". Sfruttando le lunghe giornate è possibile a questo punto (specie se si ha una sola giornata a disposizione) visitare un tratto del Monte Argentario oppure risalire verso nord seguendo la SS1 Aurelia e visitare una delle due aree menzionate in precedenza, ovvero foce dell’Ombrone o Diaccia-Botrona.


 Gli ambienti, i percorsi e l'avifauna
 [1] Marina di Alberese e foce del fiume Ombrone

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I monti dell'Uccellina visti dalla strada per Marina di Alberese
        Quest’area si trova all’interno del Parco Naturale della Maremma, ed è racchiusa a sud dalle propaggini settentrionali dei Monti dell’Uccellina, con splendide formazioni rocciose, ricoperti soprattutto di lecci ed altre essenze della macchia mediterranea, e a nord dal corso del fiume Ombrone fino alla sua foce. Muovendosi da est verso la costa, seguendo cioè la strada che da Alberese conduce a Marina di Alberese passando per la Spergolaia (e che attraversa tutto questo territorio) il territorio è pianeggiante, all’inizio con coltivi e poi con estesi incolti lasciati al pascolo brado della vacche maremmane e dei cavalli, spesso interrotti da filari di pini domestici. In alcune aree, come le cosiddette Macchiozze, sono presenti per buona parte dell’anno degli estesi stagni che ospitano una delle più importanti popolazioni di Oche selvatiche svernanti in Italia. Proseguendo verso la costa la strada infine attraversa per circa 3 km un bosco di pini domestici per arrivare finalmente sulla spiaggia dove inizia il percorso che conduce alla foce dell’Ombrone.

        Conviene fare questo percorso la mattina presto quando c’è poco traffico, dato che lungo la strada per Marina di Alberese occorre fermarsi spesso per controllare gli incolti. In tarda mattinata poi, soprattutto nei festivi, il parcheggio di Marina di Alberese (a pagamento nei fine settimana, con biglietto acquistabile in loco oppure presso gli uffici del Parco ad Alberese) si riempie ed il percorso lungo la spiaggia per la foce dell’Ombrone diventa piuttosto affollato.

COME ARRIVARE

A Marina di Alberese ci si arriva lasciando l’Aurelia a sud di Grosseto in corrispondenza dell’abitato di S. Maria di Rispescia. Dopo circa 7-8 km si prende il bivio a destra per Marina di Alberese. Conviene cominciare a controllare i vari ambienti appena svoltati a sinistra in corrispondenza della Spergolaia. Da qui sono circa 7 km per la costa. Se si ha necessità di andare prima ad Alberese conviene lasciare l’Aurelia qualche km ancora più a sud.


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        Lungo la strada che porta dalla Spergolaia alla costa si possono fare diversi incontri: in inverno numerosissime sono le Pavoncelle ed i Chiurli negli incolti, mentre gruppi di Aironi guardabuoi speso accompagnano cavalli e vacche maremmane. Non è raro imbattersi anche in piccoli gruppi (spesso fino a 50-60 esemplari) di Pivieri dorati, soprattutto nell’estesa area spoglia ed incolta sulla destra della strada (andando verso il mare) immediatamente prima dell’inizio del bosco di pini domestici. Molto spesso è possibile osservare il Falco pellegrino a caccia dei numerosi Colombacci e Colombelle (queste ultime in stormi meno consistenti) presenti in zona e uno o due Smerigli all’inseguimento di passeriformi. Sempre in questa area, ma al di là dell’argine che si vede sulla destra, vi è l’area delle Macchiozze, per la cui visita è però necessario fornirsi presso gli Uffici del Parco del permesso di parcheggio (che non necessariamente viene dato, occorrono giustificati motivi, ma conviene tentare) lungo la sterrata che conduce all’argine stesso (qualche centinaio di metri subito dopo la curva a sinistra che immette nel lungo rettifilo finale).

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Gruccioni, comunissimi lungo la strada per
Marina di Alberese

        Alle Macchiozze, d’inverno, è sicura la presenza delle Oche selvatiche (almeno 800 negli ultimi anni), assieme a qualche rara Oca lombardella. Possibile lo svernamento anche di una o due Gru. Sono comuni alle Macchiozze le varie anatre di superficie, i Chiurli e le Pavoncelle, i Falchi di palude, le Albanelle reali e folti stormi di Gabbiani reali mediterranei e Gabbiani comuni. Nel periodo estivo cambia completamente il tipo di avifauna presente e, oltre a varie specie di silvidi che trovano rifugio nella macchia, arrivano uccelli solari come il Gruccione (ubiquitario), la Ghiandaia marina (osservabile sicuramente nella zona di confine tra il bosco di pini domestici e l’area aperta a circa 3 km dalla costa), l’Upupa, il Cuculo dal ciuffo, il Biancone, il Lodolaio e l’Averla cenerina. Avendo la pazienza di controllare le aree adatte è possibile scorgere anche l’Occhione, che nidifica con qualche coppia nell’area. Durante i periodi di passo si possono incontrare numerosi passeriformi come la Balia nera, il Canapino maggiore (quest’ultimo soprattutto in maggio), lo Stiaccino (quest’ultimo, spesso, veramente comune) ed il Culbianco.

        Lasciata la macchina al parcheggio di Marina di Alberese si prosegue a piedi lungo un percorso parallelo alla riva, su di un argine ormai danneggiato dal moto ondoso che in circa 40 minuti porta alla foce del fiume Ombrone. In inverno e durante i periodi di passo conviene controllare il mare, dato che è sempre possibile la presenza della Strolaga mezzana in questa area, oltre a stormi molto consistenti (a volte fino a migliaia di esemplari) di Berta minore mediterranea. A marzo fino agli inizi di aprile, stormi di Marzaiole volano nervosamente sul mare verso nord. Le Sule sono osservabili durante l’inverno. Nel periodo estivo, gruppi meno numerosi di Berta maggiore si avvicinano spesso alla costa.

        Arrivati alla foce dell’Ombrone, dove sono onnipresenti i Beccapesci (e spesso qualche lontano Labbo) conviene controllare per bene la costa alla ricerca del Voltapietre e del Piovanello tridattilo e poi dirigersi a destra verso un ponticello (durante il breve tratto che porta al ponticello è possibile l’incontro con la Magnanina) dal quale si domina una estesa area pianeggiante limitata a sinistra dall’argine di un canale, di fronte dalla macchia e dal bosco di pino domestico e a destra dalla stradella asfaltata che conduce indietro verso la strada che porta a Marina di Alberese. In questa zona quasi sicuramente d’inverno è presente un gruppo di una cinquantina di Pivieri dorati, mentre durante il periodo primaverile-estivo la ricerca della Ghiandaia marina, del Cuculo dal ciuffo (soprattutto nel mese di aprile per quest’ultimo) e dell’Occhione può essere fruttuosa. La Calandrella è un comune nidificante. Dal ponticello a questo punto si raggiunge l’Ombrone e pochi metri più avanti c’è un capanno dal quale si possono controllare le rive del fiume e i campi intorno. Diverse specie di limicoli, fra i quali l’Albastrello, possono essere osservati nei periodi giusti dal capanno, e nei campi intorno in inverno, molte Oche selvatiche vengono a nutrirsi o riposare. Per dirigersi verso il ponticello e poi visitare il capanno, in teoria, occorre munirsi di un biglietto d’ingresso presso gli uffici del Parco, ma fino alla foce dell’Ombrone la visita è libera. E’ quasi inutile dire che in un’area come questa (includendo anche il tratto di costa a nord dell’Ombrone, che verrà trattato più avanti) può capitare qualunque rarità, ad esempio fra i rapaci l’Aquila di mare, che qualche volta ha svernato in zona, e l’Aquila minore; fra i passeriformi cito solo il recente avvistamento di Luì pallido nella macchia presso il ponticello alla fine del percorso per la foce dell’Ombrone.


 [2] Principina a Mare e foce del fiume Ombrone

        Questo percorso che conduce da nord alla foce del fiume Ombrone è un po’ più lungo rispetto al precedente (circa un’ora e mezzo) e parte dall’abitato di Principina a Mare.

COME ARRIVARE

Principina a Mare si raggiunge facilmente lasciando l’Aurelia a Grosseto sud, si prosegue per Grosseto e infine, giunti alla periferia sud di Grosseto si trovano le indicazioni per Principina a Mare (ca. 15 km da Grosseto). Giunti a Principina si parcheggia sul piazzale in fondo al rettifilo, a poche decine di metri dalla linea di costa. Quindi si raggiunge a piedi la duna e si prosegue verso sud.

        La parte iniziale del percorso segue una stretta fascia dunale che divide la battigia da una serie di stagni (gli stagni della Trappola, appunto) circondati da una folta macchia e da boschi di pino domestico. A metà percorso circa il panorama si apre su un’ampia area pianeggiante, di solito allagata d’inverno e asciutta d’estate per concludersi alla foce del fiume. Sicuramente questo è il percorso più bello dal punto di vista naturalistico e paesaggistico.

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Giovane di Fenicottero s'invola dagli stagni della Trappola
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Giovane Pellegrino in caccia presso la foce dell'Ombrone
        Tra le dune, soprattutto nella prima parte del percorso, ormai da alcuni anni sverna una piccola popolazione di (10-12 esemplari) di Zigolo golarossa, che dalla Siberia giunge in questi luoghi per passare i mesi freddi (l’altra popolazione svernante nota è fra le dune di Viareggio-Bocca di Serchio).Più comune è lo Zigolo nero ed abbondanti sono i fringillidi come Fringuello, Verdone e Cardellino che formano qui stormi numerosi. Fra gli altri passeriformi che scelgono di svernare lungo questo tratto di costa sicuramente vale la pena di citare la Pispola e lo Spioncello. Raramente, capita di osservare anche lo Zigolo delle nevi nei mesi invernali. Numerose sono le Cappellacce e nella macchia è praticamente impossibile non osservare la Magnanina, che qui è veramente comune. Sempre nel periodo invernale, negli stagni della Trappola è facile osservare molte Oche selvatiche, molti Fenicotteri e gruppi consistenti (fino a cento individui) di Chiurli. Le specie più abbondanti sono tuttavia le anatre di superficie, prima di tutto Germani reali, e poi centinaia e centinaia di Fischioni ed Alzavole che fanno la spola fra gli stagni ed il mare, accompagnati dai Mestoloni e dai meno comuni Codoni e Canapiglie. Fra i rapaci ancora il Falco di Palude, l’Albanella reale, il Falco pellegrino e lo Smeriglio e fra i notturni, forse il Gufo di palude. Di recente un giovane esemplare di Lanario ha scelto questa area per svernare, seminando spesso lo scompiglio fra Chiurli ed Alzavole. Giunti nella zona della foce occorre concentrarsi sulle lingue di sabbia accarezzate dal mare, dove numerosi limicoli sono presenti, fra i quali il Fratino, il Corriere grosso e la Pivieressa e spesso il Piovanello tridattilo. Molto spesso capita di osservare anche piccoli gruppi di Beccacce di mare. Nel periodo estivo il Fratino vi nidifica e non è raro osservare anche Sterne comuni e Fraticelli, soprattutto da quando questi hanno cominciato a nidificare nella laguna di Orbetello.


 [3] Diaccia-Botrona

        L’antico lago Prile, già conteso in epoca etrusca tra le città di Roselle e Vetulonia, era una vasta laguna separata dal mare da un tombolo lungo diversi chilometri. Col progressivo chiudersi del tombolo la laguna divenne una palude di acqua dolce (sia per il deposito dei fanghi e detriti trasportati dal fiume Bruna, sia per la mancanza di lavori di mantenimento) di notevole estensione, ricca in canneti. Questi permettevano, fino a pochissimi anni fa, la presenza di numerose coppie di Tarabuso. Il padule della Diaccia-Botrona, residuo di quell’antico lago, localizzato nei pressi di Castiglione della Pescaia, a nord di Grosseto, ha purtroppo visto negli ultimi anni la propria rapida trasformazione in laguna salata (e con questa la quasi totale scomparsa del Tarabuso come nidificante, così come dell’Airone rosso), a causa dell’immissione di acque reflue di origine marina da parte di un impianto per l’allevamento del pesce. Il padule della Diaccia-Botrona, che ha una estensione di circa 1300 ettari, è ora caratterizzato da ampi tratti di acqua libera e da estesi salicornieti, soprattutto nella parte più meridionale, che ha carattere salmastro ed alino, ma nelle zone dove vi è un maggior afflusso di acque dolci (soprattutto nella parte nord del padule dove scorrono il fiume Bruna ed un canale ad esso parallelo, il Molla) lembi abbastanza consistenti di canneto ancora resistono. Il confine nord del padule è costituito dall’argine che costeggia la strada provinciale che congiunge Grosseto e Castiglione della Pescaia, ad ovest e a sud l’estesa pineta di Castiglione della Pescaia, ad est estesi campi coltivati.

        Tre sono i percorsi che consentono la visita del padule: il primo parte da Casa Ximenes (o Casa Rossa), un vecchio edificio a tre grandi arcate munito di cateratte costruito dall'Ing. Ximenes fra il 1766 e il 1768, durante i lavori di bonifica della zona voluti dal Granduca Pietro Leopoldo per regolare il deflusso delle acque della palude ed impedire il riflusso dell'acqua marina; gli altri due partono dalle zona di Badiola, lungo il confine nord del padule.

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COME ARRIVARE

Per raggiungere Casa Ximenes, da Castiglione della Pescaia, proseguire verso sud fino a superare con un ponte stradale il fiume Bruna e dirigersi immediatamente a sinistra appena attraversato il ponte (ci sono comunque le indicazioni). Dopo circa 1 km si raggiunge Casa Ximenes.

        Durante il percorso prestate attenzione ai gabbiani sul Bruna, fra i quali spesso si possono osservare gli Zafferani. Arrivati a Casa Ximenes ci si può fermare sopra il ponticello attiguo ad essa e da lì controllare con il cannocchiale la parte occidentale e meridionale del padule, quindi si può proseguire a piedi seguendo il facile sentiero che dal ponticello raggiunge la macchia di pini domestici e quindi muoversi in direzione est verso l’impianto di allevamento del pesce. Nella limitrofa pineta Le Marze vi è una importante garzaia, con Garzette soprattutto (fino a un massimo di 138 coppie) ed Aironi cenerini. Nella prima parte del percorso, le acque basse della palude consentono la presenza di numerosi limicoli, mentre nella fascia di confine con il bosco di pino domestico nel periodo estivo si può osservare la Ghiandaia marina e, molto più difficilmente, il Cuculo dal ciuffo. Nel cielo è facile osservare il Biancone, alla ricerca di bisce.

        Sicuramente, però, il percorso più interessante è quello che segue l’argine meridionale del canale Molla, che scorre quasi parallelo al Bruna (il canale Molla divide la Botrona, compresa fra il fiume Bruna e il canale stesso, dalla Diaccia). Per arrivare all’inizio del percorso occorre proseguire da Castiglione verso Grosseto, seguendo l’argine nord del Bruna, fino ad arrivare, dopo circa 6 km, al ponticello che sulla destra permette di superare il Bruna (in corrispondenza di un bar-ristorante sulla sinistra). Si supera questo ponticello, si prosegue lungo la sterrata fino a superare con un secondo ponticello il canale Molla e quindi si parcheggia. Si risale a piedi verso destra il sentiero che costeggia il canale fino ad affacciarsi sul padule. Tutto l’argine può essere percorso, teoricamente, fino a casa Ximenes. Guardando a sinistra vi è l’area più estesa, salmastra, a destra invece canneti, zone allagate, incolti e coltivi. Il Fenicottero è ormai una presenza costante della palude, con centinaia di individui che si concentrano nella parte centrale della Diaccia e può essere osservato per tutto l’anno. Come già detto, le specie più tipicamente legate ad ambienti d’acqua dolce come Tarabuso, Tarabusino e Airone rosso sono ormai scomparsi come nidificanti, ma gli ultimi due sono osservabili durante i passi ed il primo ha una consistente popolazione svernante nel padule e può essere facilmente avvistato.

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Volo di Spatole sulla Diaccia-Botrona
        Resistono ancora (e sono abbastanza comuni) i passeriformi di canneto come la Cannaiola ed il Cannareccione e, seguendo l’argine, è facile incontrare anche il Forapaglie castagnolo. Ancora comune è il Falco di palude e da qualche anno ha cominciato a nidificare il Cavaliere d’Italia. Naturalmente, la Diaccia-Botrona è importante soprattutto per l’avifauna svernante: alcune centinaia di Oche selvatiche sono ormai regolari ogni inverno, le anatre di superficie sono veramente abbondanti, soprattutto Fischione, e poi Alzavola, Germano reale e Mestolone. La Volpoca è anch’essa presente in numero cospicuo. Molto spesso è presente anche il Fistione turco, anche se in pochissimi esemplari. Importante è la presenza dell’Airone bianco maggiore normalmente presente in diverse decine di esemplari, dell’Airone guardabuoi e della Spatola, anche se quest’ultima non è mai così comune come nella vicina laguna di Orbetello. Qualche Gru sverna ormai regolarmente, allontanandosi solo per la ricerca del cibo. Lo Smeriglio lo si osserva spesso d’inverno sorvolare a gran velocità e a bassa quota i campi e le acque della zona.

        La Diaccia-Botrona ospita poi uno dei più importanti roost italiani conosciuti di Albanella reale (fino a un massimo di 85 ind.). Queste (e i Falchi di palude) possono essere osservate all’imbrunire dirigersi verso i canneti compresi fra il canale Molla e il fiume Bruna. Di recente, però, forse per via di un incendio che ha bruciato i canneti, le albanelle sono state viste dirigersi in una zona limitrofa all’Isola Clodia, il piccolo promontorio che, nei pressi della Badiola, sovrasta la palude. Molte specie di limicoli svernano alla Diaccia-Botrona, soprattutto Chiurli, Pettegole e Pavoncelle, sebbene, come ovvio, i numeri più importanti si riscontrano durante i periodi di passo. Combattenti e Pittime reali, Piovanelli, Piovanelli pancianera, Piovanelli maggiori, Gambecchi e il più raro Gambecchio nano, Totani mori, Pantane, Piro piro boscherecci e Albastrelli, Pivieresse e Corrieri grossi sono tutti più o meno facilmente osservabili in primavera o autunno. Di passo, sebbene più rare, le Pernici di mare e fra i rapaci, in maggio, i Falchi cuculi. Tra i passeriformi, d’inverno è molto comune il Migliarino di palude, assieme a Pispole e a Spioncelli.

        Un secondo percorso interessante all’interno della palude, o meglio ai suoi confini, è quello che conduce dall’abitato della Badiola fino in cima all’Isola Clodia. Dal punto in cui si era lasciata la macchina, anziché seguire a destra il Molla, continuare diritti fino all’abitato, superarlo e risalire la collinetta. Da lassù vi è una splendida visuale del padule e dei campi circostanti e volendo, si può poi ridiscendere e proseguire seguendo l’argine che delimita ad est l’area.


Indirizzi Utili

  • Ente Parco della Maremma, Località Pianacce, 58010 Alberese (GR), tel. 0564-407111, fax. 0564 407292
  • Centro Informazione di Alberese, Piazza del Combattente, 58010 Alberese (GR), tel. 0564 407098, fax. 0564 407278
  • Ringraziamenti

    Desidero ringraziare Roberto Garavaglia per aver preparato le cartine, Fabio Mirandola e Claudia Valoriani per la scansione delle diapositive e Matteo Lausetti per i dati forniti.

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