Favola del non acquisto

“Ecco, da qui li puoi vedere, amico mio” – disse Reginaldo, cabrando verso destra. Volavano sulla periferia della grande città. In basso ampie zone abbandonate si alternavano a inaspettati nugoli di umani. Come un fluido che ha trovato il suo letto o uno sciame che punta verso il prato si dirigevano verso enormi casermoni mentre altri ne uscivano, tornando ciascuno verso la sua scatola metallica. Lì si rinchiudeva e formava con altre scatole un serpente urlante. Abdullah volava volentieri con Reginaldo. Si sentiva affine a lui – certo – quanto un genio delle fiabe arabe poteva esserlo a un genio europeo e occidentale come Reginaldo. Li accomunava un problema: le fiabe impolverivano sotto le televisioni, abbandonate a casa e surrogate da centri commerciali, parchi a tema, fast – food, videogiochi. “Siamo arrivati al punto – affermò Reginaldo, scansando un airbus – che da tempo alcuni personaggi sotto la mia giurisdizione hanno perso il durlimbatar!”. Per poco Abdullah non centrò in pieno uno stormo di piccioni obesi: “Per tutte le mille e una notte. Vuoi dire che non si ricordano più di essere personaggi delle favole?”. Reginaldo scese in picchiata; in un silenzio che valeva più di qualsiasi ammissione.

Atterrarono a una lega (misura classica per chi vive nelle favole) dal centro commerciale “Opulent”. Spiarono dalla siepe che lo circondava. Un bambino chiedeva l’elemosina con un cartello in mano. “Vedi quello?” bisbigliò Reginaldo “è pollicino”.

“Non ci posso credere”.

“Ti dico che è lui, i genitori non erano riusciti a farlo smarrire in mille boschi, è bastata mezza giornata in un centro commerciale e non trovava più la strada di casa. Le briciole le hanno scopate via i commessi”..

“Ce ne sono tanti conciati come lui?”. Reginaldo annuì gravemente e rimase in silenzio. Poi ad un tratto si illuminò: “Ho ancora una speranza però” disse concitatamente. “E quale? – interloquì Abdullah – Sai che per restituire a tutti il durlimbatar devi stendere sul mondo una rete di stelle della prima sera? Quelle che sorgono solo se molti umani pensano insieme a qualcosa di molto benigno?”.

Reginaldo sorrise trionfalmente e tirò fuori un giornale. “Leggi qui” disse.

“Lo sai che capisco solo l’arabo e il culculir di noi geni”.

“Vedi che serve studiare le lingue. C’è scritto che oggi è la Giornata del non acquisto: ci pensi, oggi la gente non deve comprare niente! E può pensare a tutto il resto, gli amici, le cose belle, le favole… Guarda! C’è già la prima stella…”.fu divertente. Reginaldo pescava le stelle, Abdullah le intrecciava con un filato di pura fantasia. Quando fu abbastanza grande la lanciarono con la testa tra le nuvole, come tradizione voleva, in un gesto solenne e con un solo grido “DURLIMBATAR”.

“Funzionerà?” chiese Reginaldo con ansia.

“Stiamo a vedere”.

Si accomodarono su un cirro.

La Bella Addormentata stava prendendo la solita dose di Tavor. Per non sbagliarsi dormiva con due gocce di Valium. Da quando il suo principe l’aveva mollata per una sciacquetta che aveva visto dormire in una pubblicità non ci stava più dentro. Il durlimbatar la sorprese con le pastiglie in mano e la bocca aperta. Sentì che doveva uscire immediatamente.

Hansel e Gretel erano lì per addentare l’ennesimo cheeseburgher. Un brutto giorno erano usciti dalla casetta di marzapane dove per l’ennesima volta avevano bruciato la strega e ne avevano trovata una peggiore. Si chiamava Bulimia; li aveva sedotti con un pagliaccio e mille colori. Seduti al McDonald’s gustavano la loro maledizione a strati, con il ketchup.

Greta sentì il dulimbatar mentre intingeva una patatina nella senape. Si alzarono.

Peter Pan firmava autografi ai piedi della grande ruota. A Gardaland per 25mila lire si poteva seguire un bell’inseguimento tra pirati e la combriccola di Peter sull’Isola che non c’è. Era finito lì tempo fa, per colpa dell’inquinamento luminoso. Aveva saltato la seconda stella a destra e ora vendeva la storia della sua vita come lavoratore stagionale, per qualche centinaio di migliaia di lire al mese. Si dice che una volta avesse tentato il suicidio – una volta perlomeno era caduto dall’ottovolante – ma qualcuno giurava si fosse buttato con le braccia spalancate come se credesse di poter volare. Sentì la polverina magica sulle mani. “Qualcuno ci crede ancora”, fu il suo primo pensiero.

Cenerentola usciva proprio allora da Gucci. Solo in quei momenti era felice.. La vita di corte, o meglio quella della sposa di un principe pieno di titoli inutili e amanti, insieme alla quotidianità silenziosa in una casa enorme in via della Spiga l’aveva depressa a tal punto che lo shopping era l’estremo rimedio per trovare una parvenza di felicità. E durava lo spazio in cui frusciava la carta di credito. Il durlimbatar la sorprese mentre consegnava pacchi alla sua colf filippina.

“L’amore non si compra” si ripeteva Biancaneve passeggiando sulla circonvallazione. Il mondo dorato in cui l’aveva portata il principe l’aveva rovinata. Prima la cocaina, poi qualche scappatella e il principe aveva abbandonato a se stessa la più bella del reame. Nel cinema, se si esclude qualche datato filmetto porno come “Biancaneve sotto i nani” non aveva sfondato e la disperazione l’aveva portata a vendere il suo corpo. Poi, all’improvviso anche lei seppe cosa doveva fare.

E molti altri come loro

La città era in fermento: molti si erano incontrati vicino ai simulacri del consumo per “non acquistare” nulla. Ma si chiedevano: come farlo capire a tutti? All’improvviso arrivò Cenerentola, vestita da punkabestia e con miriadi di borse, scarpe e vestiti.

Gridò a tutti: “pensate a quante cose inutili abbiamo a casa. Perché non ce le regaliamo a vicenda?”. Un’ovazione salutò la proposta. Tutti corsero a casa e in pochi minuti si scatenò un grande mercato del dono. Tutti regalavano le cose che non gli servivano più a chi ne aveva bisogno. E mentre si scambiavano cose la gente si conosceva e nascevano nuove amicizie. Persone si aggiungevano a persone.

Hansel e Gretel ballonzolarono fuori dal McDonald’s. “Bruciamolo!” gridarono “Ci fanno mangiare cose di cui non abbiamo bisogno”. La gente stessa li indusse a più miti consigli. Tutti insieme si sedettero ai tavoli del fast food e, incuranti delle proteste dei proprietari, si misero a farsi gli affari propri, a chiacchierare e a sorridersi, a giocare a scacchi o a carte. Gli hamburger sfrigolavano e nessuno li mangiava. Quando furono stanchi radunarono la gente. “Se andate a casa vedrete che in frigo c’è più che a sufficienza per far mangiare voi e i vostri amici. Invitateli a mangiare qualcosa di buono qui in piazza”. L’entusiasmo fece cascare il pupazzo di Ronald McDonald’s. Così fecero, ed erano tanti che dopo un’ora il rumore delle ganasce si sentiva fino ai quinti piani. La Bella Addormentata e Biancaneve giravano abbracciate con un cartello appeso al collo:”Non comprate, baciate” e distribuivano baci e mele a belli e brutti. Peter Pan e i suoi amici entrarono al Blockbuster con un manipolo cittadini e provvisti di polverina magica cominciarono a girare in volo per tutto il negozio sfilando da sotto il naso ai clienti le loro videocassette. Mastro Geppetto scappato dalla casa Ikea per falegnami, appena arrivato si mise ad insegnare alla gente come recuperare i vecchi mobili e usare il materiale di recupero.. Il brutto anatroccolo, ormai cigno, lasciò in volo il finto laghetto di Milano 2. Il pifferaio magico girava per il centro della città seguito dai carrelli di cento supermercati, in fila come un serpente argentato. E la gente dietro, ballando. La piccola fiammiferaia, venuta da un campo rom, regalava i suoi fiammiferi e si scaldava insieme a Pollicino. E ogni fiammifero era un sogno.

A notte migliaia di fiammelle erano accese.

“Bello” disse Reginaldo seduto sul cirro. Abdullah annuì.

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