CALCOLOSI DELLA COLECISTI E DELLE VIE BILIARI

 

CALCOLOSI DELLA COLECISTI

Introduzione ed epidemiologia

La calcolosi della colecisti (colelitiasi) ha una prevalenza del 10-15% nella popolazione adulta dei Paesi industrializzati. Il 75-80% dei calcoli della colecisti hanno il colesterolo come componente base (calcoli colesterinici).

 

Composizione dei calcoli

Nei Paesi occidentali prevalgono i calcoli di colesterolo (dove il colesterolo rappresenta almeno il 50% del contenuto). Oltre al colesterolo, in tutti i calcoli è comunque dimostrabile la presenza di vari altri componenti: fosfati, carbonato di calcio, bilirubinato, acido palmitico, fosfolipidi, glicoproteine e mucopolisaccaridi.

Solo nel 20% dei casi i calcoli biliari contengono colesterolo per meno di un terzo e sono prevalentemente formati da fosfato e carbonato di calcio: vengono chiamati calcoli pigmentari.

 

Composizione e significato della bile

La bile è una secrezione acquosa costituita da colesterolo, fosfolipidi (soprattutto lecitina), sali biliari, elettroliti, proteine e bilirubina, indispensabile alle prime fasi di digestione degli alimenti a livello del tratto gastroenterico superiore (per precisione nel duodeno, che è il primo tratto dell'intestino, subito dopo lo stomaco).

La bile viene prodotta nel fegato e in parte si raccoglie nella colecisti (detta anche cistifellea) per essere concentrata, prima di essere convogliata lungo le vie biliari (dotto epatico, dotto cistico, coledoco) ed essere liberata nel duodeno.

Nel duodeno, al termine della contrazione della colecisti, è possibile isolare una miscela di bile epatica, bile colecistica, succo pancreatico e, in minima parte, succo duodenale, tutti concorrenti al processo digestivo del cibo che ha superato lo stomaco.

 

Fattori predisponenti 

Età. La malattia è rarissima prima dell'adolescenza, ma aumenta progressivamente con l'età. Oltre i 70 anni, la prevalenza è del 20% negli uomini e del 35% nelle donne.

Familiarità. Il rischio di colelitiasi è più elevato nei figli di soggetti portatori della stessa malattia.

L'aumento del rischio è indipendente da altri fattori quali obesità, dieta ecc. a testimonianza di quanto siano rilevanti i fattori genetici nella patogenesi della colelitiasi.

Sesso femminile e gravidanza. Abbiamo già detto come la prevalenza della colelitiasi sia più che doppia nelle donne rispetto agli uomini. Gli ormoni femminili hanno effetti sia sulla secrezione di colesterolo biliare (con tendenza alla più rapida cristallizzazione del colesterolo nella colecisti) che sulla motilità colecistica (aumento della stasi biliare). Il progesterone, ad esempio, è in grado di inibire la motilità colecistica attraverso un effetto diretto sulla muscolatura dell'organo.

Detto ciò è comprensibile che la gravidanza rappresenti un'ulteriore fattore predisponente, vista la quota molto elevata di estrogeni e progesterone che caratterizza questa fase della vita della donna. In effetti in gravidanza vi è un frequente riscontro di "sabbia biliare" nella colecisti. La sabbia biliare è un deposito di cristalli di colesterolo, bilirubinato e sali di calcio, che può fare da precursore o da fattore di rischio per i calcoli biliari, anche se, in un'elevata percentuale di casi, si assiste alla scomparsa della sabbia nei mesi successivi al parto. Inoltre, la colelitiasi si forma in circa il 10% delle donne in puerperio per poi regredire spontaneamente nel 30% dei casi.

Farmaci. L'uso prolungato di estrogeni, come nel caso della terapia sostitutiva in donne in postmenopausa sembra aumentare di due volte il rischio di colelitiasi. Nei maschi sottoposti a terapia estrogenica come ormonoterapia del carcinoma prostatico è stato rilevato un frequente riscontro di colelitiasi colesterinica.

Anche i contraccettivi orali vanno considerati come potenziali fattori di rischio litogenico.

Obesità. E’ uno dei fattori di rischio più importanti per la colelitiasi.

Favorisce sia la sintesi dei calcoli di colesterolo sia la riduzione della motilità della colecisti.

Diete. A) Il rapido dimagrimento ottenuto con l'impiego di diete a basso contenuto calorico si è rivelato un chiaro fattore di rischio per calcolosi biliare in circa un terzo dei pazienti. Infatti se le calorie immesse nell'organismo sono scarse vi è come compenso un’aumentata secrezione di colesterolo nella bile; in più lo scarso stimolo prandiale porta ad una riduzione del meccanismo di contrazione colecistica con conseguente stasi biliare.B) Sembra inoltre che diete prive di fibre e ricche in carboidrati raffinati o ricche di grassi si associno ad elevato rischio di calcoli biliari. C) Al contrario vi sarebbe un effetto protettivo da parte delle diete vegetariane e di quel moderato consumo di alcool che giornalmente viene consigliato anche in altri ambiti della medicina. D) In pazienti che necessitano di nutrizione parenterale totale è frequente il riscontro di sabbia biliare con lo stesso meccanismo di stasi colecistica causato dallo scarso stimolo prandiale; in caso di dieta prolungata, può evolvere verso la colelitiasi o anche verso episodi di colecistite acuta alitiasica (senza calcoli).

Diabete. Nel diabete vi è una ridotta motilità colecistica e un aumento della secrezione biliare di colesterolo. Inoltre il diabete spesso si associa ad altri due importanti fattori di rischio quali obesità ed ipertrigliceridemia.

Lipidi sierici. un aumento del rischio di colelitiasi si osserva nell'ipertrigliceridemia. Non sembra invece che i livelli di colesterolemia totale siano direttamente correlati al rischio litogenico.

 

Sintomatologia

Circa il 70% dei pazienti colelitiasici sono asintomatici.

Il sintomo soggettivo più specifico di colelitiasi è il dolore, che viene definito dagli esperti come "dolore di intensità costante, che dura più di 15-30 minuti ma meno di 5 ore, di solito localizzato a livello dell'epigastrio e/o del quadrante addominale superiore destro, talvolta irradiato posteriormente. Quando è intenso il dolore può causare nausea, vomito e fenomeni vasomotori".

Definire accuratamente la durata del dolore è importante, per escludere la presenza di sintomi aspecifici (in genere di breve durata) o delle complicanze della colelitiasi (che sono caratterizzate dalla persistenza del dolore).

I calcoli della colecisti causano invece una colica biliare quando migrano nel dotto cistico o nelle vie biliari extraepatiche determinando spasmi dolorosi della via biliare come meccanismo di compenso alla sua ostruzione.

 

Diagnosi

La diagnostica per immagini è indispensabile per poter confermare il sospetto clinico di colelitiasi.

Ecografia

Rappresenta indubbiamente la tecnica di scelta per la diagnosi di colelitiasi a causa di numerosi vantaggi: è provvista di un'elevata accuratezza diagnostica che varia dal 90 al 95%, non espone il paziente a radiazioni, può essere impiegata per seguire nel tempo i soggetti a rischio. Inoltre, permette lo studio:

I calcoli sono generalmente visualizzati come una o più formazioni iperecogene contenute nel lume della colecisti: a volte galleggiano nella bile (se sono calcoli di colesterolo puro), altre volte sono adagiati in senso gravitario su una parete della colecisti, altre volte sono aderenti alle pareti della colecisti non necessariamente disposti in senso gravitario. Spesso si osserva il cosiddetto "cono d'ombra" distale (colonna priva di echi dietro al calcolo a causa di una completa riflessione degli ultrasuoni)

I calcoli si presentano mobili con le variazioni del decubito del paziente. L'ecografia permette di visualizzare già calcoli di 2-3 mm, sebbene non riesca a chiarire la composizione del calcolo (colesterolo puro, pigmenti, calcificazione).

Il quadro ecografico più frequente è quello in cui si osserva la contemporanea visualizzazione della colecisti e del/i calcolo/i con cono d'ombra distale. Aspetti ecografici meno frequenti consistono nella visualizzazione del calcolo con mancata visualizzazione del lume della colecisti o l’evidenziazione di calcoli senza cono d'ombra distale.

Immagini ecografiche di calcolosi della colecisti:

 

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Legenda: D1 e D2: due calcoli del fondo della colecisti, che misurano rispettivamente 8 mm e 7 mm.

Alcune volte i calcoli della colecisti si associano alla presenza di polipi della parete colecistica. In altri casi ancora, si riscontrano polipi ma non calcoli. Tutte queste situazioni vanno differenziate fra loro.

Ecco un esempio di associazione tra calcoli e polipi della colecisti:

 

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Legenda: 1 polipi; 2 calcolo (con cono d'ombra posteriore); 3 setto intracolecistico.

Lo stesso caso in sezione trasversale:

 

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Legenda: 1 due calcoli; 2 polipi.

 

Radiografia

Ha un utilizzo limitato se eseguita da sola. Talvolta può dimostrare la presenza di calcificazioni a significare la presenza di calcoli parzialmente o totalmente calcifici, come i calcoli pigmentari.

 

Colecistografia orale

È un esame radiologico che consente di opacizzare la colecisti dopo assunzione (per bocca) di un mezzo di contrasto iodato. I calcoli appaiono come immagini radiotrasparenti nel contesto della colecisti opacizzata, che si muovono con i cambiamenti di decubito del paziente. Il riscontro di una colecisti opacizzata indica sia la pervietà del dotto cistico (che permette il passaggio del mezzo di contrasto) sia una buona capacità di concentrazione della bile (da parte della mucosa colecistica). La riduzione delle dimensioni della colecisti in corso di colecistografia dopo assunzione di un pasto grasso è indice di una buona contrazione del viscere. La mancata opacizzazione della colecisti ("colecisti esclusa") depone per l’ostruzione del dotto cistico e/o per una flogosi della parete colecistica. L'accuratezza della colecistografia nella diagnosi della colelitiasi (85-90%) è di poco inferiore a quella dell'ecografia. Bisogna comunque considerare che l'esame radiologico comporta maggiore fastidio per il paziente, richiede più tempo, può causare effetti indesiderati (nausea, diarrea, disuria) ed espone il paziente a radiazioni, per cui diventa improponibile in giovani donne, bambini e nel caso in cui vi sia bisogno di esami ripetuti nel tempo. La colecistografia orale conserva tuttavia un ruolo importante nella selezione di quei pazienti da trattare con terapia litolitica orale e/o litotripsia con onde d'urto extracorporee (ESWL).

 

Tomografia assiale computerizzata (TAC)

Presenta un'elevata sensibilità nella dimostrazione del grado di calcificazione dei calcoli colesterinici ma una bassa sensibilità per calcoli di colesterina pura (che non appaiono diversi dalla bile circostante.

I costi elevati della tecnica e l'esposizione del paziente alle radiazioni sconsigliano l'impiego della TAC su larga scala per la diagnosi routinaria di colelitiasi.

 

Terapia

Se il paziente è asintomatico, la condotta di ATTESA con rivalutazioni diagnostiche periodiche rimane la scelta migliore.

Vanno considerate eccezioni alla terapia d’attesa quelle condizioni di colecistolitiasi che, pur asintomatiche, costituiscono dei fattori di rischio per carcinoma colecistico: la presenza di colecisti "a porcellana" ed una colecisti completamente piena di calcoli o con almeno un calcolo di dimensioni superiori a 2.5-3 cm.

Inoltre vale la pena di asportare la colecisti calcolotica anche in caso di reperto occasionale durante una laparotomia eseguita per altro motivo.

Nella maggior parte dei casi sintomatici da avviare ad una cura, nelle eccezioni alla condotta di attesa appena descritte e naturalmente in caso di complicanze (colecistite) si applica senz’altro la TERAPIA CHIRURGICA che consiste nell’asportazione della colecisti (colecistectomia). Tale intervento è l’unico approccio veramente valido e radicale nella colelitiasi sintomatica anche perché è l’unico che consente di evitare le recidive.  

Al giorno d’oggi la tecnica chirurgica eminentemente utilizzata, praticabile nel 95% dei casi, è la colecistectomia per via laparoscopica, che, senza aprire la parete addominale (“a cielo coperto”), prevede l’impiego di un tubo a fibre ottiche inserito in sede ombelicale (che consente una videoscopia del campo operatorio) e l’introduzione videoguidata di due o più strumenti operatori in altri punti addominali per eseguire l’asportazione della colecisti.

Questo tipo di intervento non risulta praticabile in circa il 5% dei casi; in tali casi si rivela necessario convertire l’intervento in una classica colecistectomia laparotomica (cioè occorre aprire la parete addominale del paziente). Si tratta generalmente di pazienti obesi, o con aderenze, o con complicanze sottostimate (colecistite acuta ed empiema della colecisti).

La colecistectomia laparoscopica è affidabile quanto la colecistectomia laparotomica, se eseguita da personale esperto; richiede ricoveri più brevi; provoca meno dolori e ha tempi di convalescenza più rapidi con ripresa più rapida dell’attività lavorativa; esita in un danno estetico da cicatrice molto limitato.

 

La TERAPIA MEDICA è proponibile solo nel 10-15% di pazienti sintomatici con colelitiasi non complicata, calcoli di tipo colesterinico non voluminosi, colecisti normofunzionante, pazienti che rifiutano l'intervento chirurgico o che presentano un elevato rischio operatorio a causa di altre condizioni cliniche associate.

Le opzioni attualmente disponibili (non necessariamente tutte nello stesso centro) includono:

a)       la terapia litolitica orale con acidi biliari idrofilici quali l’acido ursodesossicolico o analoghi.

Richiede calcoli radiotrasparenti (non calcificati) di diametro inferiore a 10 mm, pazienti non obesi con sintomatologia modesta.

Vi è un successo del 50-60% ma con recidive a 5 anni del 50-60%

b)       la litotrissia con onde d'urto extracorporee (ESWL) associata a terapia litolitica orale. Richiede la presenza di un calcolo unico, radiotrasparente, di diametro superiore a 5 mm ma inferiore a 30 mm, oppure di 2-3 calcoli radiotrasparenti di massa globalmente simile. Le onde d’urto devono poter essere indirizzate lungo tragitti che escludano tessuto polmonare od osseo. Non vi devono essere complicanze della colelitiasi. I risultati a volte scadenti, le recidive e le complicanze del trattamento ne hanno di molto ridotto i consensi.

      c)       la litolisi topica con solventi quali il metil-ter-butil etere (MTBE) dopo puntura percutanea transepatica. Viene       impiegata più che altro in pazienti sintomatici non altrimenti trattabili, con calcoli radiotrasparenti di diametro       superiore a 30 mm o in numero superiore a 3.

 

Complicanze della colelitiasi

Colecistite acuta

Il 90% delle colecistiti è di natura litiasica come complicanza della colelitiasi.

Se inizialmente la calcolosi della colecisti può procurare una semplice irritazione della colecisti con edema delle pareti, successivamente può sovrapporsi un’infezione da batteri provenienti dall’intestino, tanto che, in assenza di cure, il contenuto della colecisti può farsi francamente purulento (empiema della colecisti), fino ad un quadro di gangrena della parete, perforazione, fistolizzazione.

Clinicamente è presente un dolore acuto all'ipocondrio destro e/o all'epigastrio che si esacerba col respiro e con il movimento, talvolta irradiato alla spalla/scapola destra, che tende a persistere oltre 30-60 minuti, a differenza della colica biliare. Può essere presente febbre, solitamente non elevata (valori > 38,5°C dovranno indirizzare verso forme empiematose o gangrenose), nausea e vomito.

L'esame obiettivo potrà evidenziare alla palpazione superficiale i segni di una iperestesia e resistenza dei quadranti a destra e dell'epigastrio, sino al caratteristico segno di Murphy (arresto respiratorio alla palpazione del quadrante superiore destro dell'addome). Negli esami di laboratorio è presente una modesta leucocitosi neutrofila; possibile modesto aumento della bilirubina, fosfatasi alcalina e AST.

Utile eseguire l'ecografia addominale che potrà confermare la presenza di calcoli, un ispessimento della parete colecistica (>3-4 mm), un aumento di volume della colecisti, il possibile sviluppo di raccolte pericolecistiche (flemmone colecistico) e la presenza del segno di Murphy ecografico.

La terapia dovrà essere sia medica che chirurgica.

La terapia medica potrà risolvere l’acuzie in circa la metà dei pazienti, ponendoli a digiuno, posizionando un sondino nasogastrico,  somministrando liquidi, elettroliti, analgesici, antispastici ed antibiotici ad ampio spettro (es. cefalosporine, ampicillina). Per gli altri pazienti si impone la colecistectomia d'urgenza (entro le 72 ore dall'episodio acuto.

 

Colecistite cronica

La colecistite cronica può essere successiva ad una colecistite acuta o può insorgere in maniera insidiosa.

L'infiammazione causa la calcificazione della parete dell'organo e l'ulcerazione della mucosa con congestione della stessa ed infiltrazione linfocitaria; si associa sempre la presenza di calcoli e di bile torbida.

Clinicamente il paziente lamenta senso di distensione addominale, nausea e dolore sia a livello dell'ipocondrio destro che in regione scapolare o sottosternale; il vomito è raramente presente e l'epigastralgia aumenta dopo pasto.

Nella diagnosi è importante raccogliere un'anamnesi dettagliata. Una radiografia può mostrare la presenza di calcificazioni, ma la tecnica più importante è senza dubbio l'esame ecografico alla ricerca dei calcoli e dei classici segni di fibrosi della parete.

La terapia elettiva è la colecistectomia.

 

Carcinoma della colecisti

E’ un tumore raro (0,40% e 1% nei pazienti senza e con colelitiasi, rispettivamente) e la sua l'incidenza annuale nei colelitiasici non supera lo 0,9 per mille. Sebbene la colelitiasi sia presente in circa i 2/3 dei pazienti con carcinoma della colecisti, non vi è a tutt'oggi alcuna sicura relazione causa-effetto tra le due condizioni, se si considera la prevalenza assai più elevata della colelitiasi rispetto al tumore.

Gli studi epidemiologici non indicano la necessità di effettuare una colecistectomia "profilattica" nel paziente colelitiasico asintomatico per l’eventuale prevenzione del cancro colecistico.

Eccezioni in questo senso possono essere rappresentate:

Il cancro colecistico è appannaggio dell'età adulta-avanzata (>50-60 anni).

La presentazione clinica è quella di un dolore all'ipocondrio destro in un paziente generalmente con colelitiasi, a cui si aggiungono segni di allarme quali perdita di peso, astenia e febbricola.

L'ecografia potrà dimostrare la presenza di una o più masse in sede colecistica senza cono d'ombra posteriore, associata o meno a colelitiasi. Con lo stesso esame sono inoltre esplorabili altre sedi vicine (fegato, linfonodi ecc.). Anche la TAC ha un'accuratezza diagnostica elevata come l'ecografia (60-79%). Essa è utile per la stadiazione del tumore in eventuale associazione con la risonanza magnetica e la laparotomia.

La terapia è radicale solo quando il tumore non ha oltrepassato la parete colecistica, ma circa il 50% dei pazienti presenta già metastasi al momento della diagnosi. La prognosi è pertanto generalmente infausta con una mortalità del 75% entro un anno.

 

   

LITIASI DELLE VIE BILIARI

 

Si tratta principalmente di una litiasi del coledoco (leggi colèdoco) cioè della calcolosi dell’ultimo tratto della via biliare principale, che sbocca nel duodeno per portarvi la bile necessaria ai processi digestivi.

 

Epidemiologia

Nella maggior parte dei casi (70%) la litiasi delle vie biliari deriva da una colelitiasi; in un 30% circa dei casi si tratta di calcoli che originano nel coledoco.

La presenza di uno o più calcoli nelle vie biliari è riscontrabile in circa il 10-15% dei portatori di calcoli della colecisti.

 

Patogenesi e Fisiopatologia

Come abbiamo detto, nel 70% dei casi la litiasi delle vie biliari avviene perché uno o più calcoli presenti nella colecisti si portano nelle vie biliari attraverso il dotto cistico (il dotto escretore della colecisti). La migrazione nelle vie biliari dipende dalle dimensioni del calcolo e dal calibro del dotto cistico e del coledoco. In seguito, i calcoli possono accrescersi all'interno delle vie biliari e determinare ostruzione, oltre a facilitare la migrazione di altri calcoli.

Nel restante 30% dei casi è possibile che i calcoli si formino direttamente nelle vie biliari, in genere a causa della presenza di un'ostruzione parziale (calcolo residuo, stenosi traumatiche, colangite sclerosante o anomalie biliari congenite).

In ogni caso, l'ostruzione determinata dai calcoli nelle vie biliari è in genere parziale e intermittente poiché il calcolo esercita un'azione a valvola all'estremità inferiore del colecodo. Quando l'ostruzione diviene completa si rendono evidenti i segni clinici e biochimici di colestasi, cioè dolore (colica biliare), febbre, ittero e aumento della bilirubina, fosfatasi alcalina e transaminasi.

La stasi biliare ostruttiva predispone all'infezione (colangite) da parte di batteri intestinali. La colangite può diffondersi ai dotti biliari intraepatici e, nelle infezioni gravi e prolungate, possono osservarsi ascessi epatici. Il germe più comunemente responsabile delle infezioni delle vie biliari è l'Escherichia coli. Altri batteri potenzialmente responsabili sono Klebsiella, Streptococco, Bacteroides e Clostridium.

Altra possibile complicanza secondaria alla presenza di calcoli incuneati nel coledoco è la pancreatite, acuta e cronica, indotta da un meccanismo di reflusso (irritativo e a contenuto infetto) dalla papilla di Vater (duodeno) a ritroso lungo il dotto pancreatico.

 

Sintomatologia e Diagnosi

a)    La coledocolitiasi può restare asintomatica fino a quando l’ostruzione della via biliare non sia completa e duratura.

Quando diventi sintomatica, la coledocolitiasi può manifestarsi:

b)       più semplicemente, con segni di stasi biliare (dolore, ittero);

c)       in modo più imponente, con segni di stasi biliare + infiammazione acuta sovrapposta (colangite acuta) con la classica triade di ittero, dolore, febbre (triade di Charcot) e leucocitosi neutrofila nella formula leucocitaria;

d)       in modo subdolo, con segni di pancreatite acuta da ostruzione del dotto pancreatico da parte del calcolo.

 

L'ittero colestatico è di solito modesto, specie nei casi di ostruzione incompleta.

Il dolore insorge in circa il 70-75% dei pazienti: è più spesso la tipica colica biliare che necessita di terapia analgesica. La sede elettiva del dolore è ai quadranti addominali alti, a destra (ipocondrio destro) o al centro (epigastrio); il dolore tende tuttavia ad irradiarsi al dorso ed alla scapola destra; il dolore è in genere associato a nausea e vomito. Alla visita vi è dolore alla palpazione dell'epigastrio e dell’ipocondrio destro.

In caso di colangite acuta la febbre insorge piuttosto rapidamente, a volte con brividi.

È consigliabile ripetere frequentemente le emocolture con antibiogrammi durante i periodi febbrili. Talvolta possono emergere germi insoliti, come lo Pseudomonas.

Gli esami ematochimici confermano i segni della stasi biliare (aumento della fosfatasi alcalina, della gamma-glutamil-transpeptidasi, della bilirubina coniugata e delle transaminasi).

In caso di ostruzione del dotto pancreatico principale, l'amilasi può aumentare rapidamente e notevolmente: la pancreatite acuta che così insorge può assumere l'aspetto di una forma edematosa (generalmente autolimitantesi) o di una più grave forma necrotico-emorragica.

 

Tra le indagini strumentali nel sospetto della litiasi delle vie biliari e delle sue complicanze, la semplice radiografia dell’addome potrà mostrare la presenza di calcoli radiopachi in colecisti o nel coledoco.

L'ecografia, in caso di ittero ostruttivo, può essere molto utile per dimostrare una stasi biliare poiché permette di rilevare una dilatazione del coledoco e, successivamente, delle vie biliari intraepatiche. L'entità e la distribuzione della dilatazione delle vie biliari dilatazione dipendono dal grado dell’ostruzione e dal tempo trascorso dal suo instaurarsi: può non essere rilevata anche fino a 48 ore da un’ostruzione completa. Inizialmente sarà possibile visualizzare solo un aumento di calibro del coledoco, seguito, in caso di ostruzione persistente, da una progressiva dilatazione delle vie biliari intraepatiche dall'ilo verso l’interno del fegato.

 

La dilatazione biliare facilita la visualizzazione ecografica del calcolo responsabile, soprattutto se il calcolo non è incuneato all’estremo distale del coledoco, dove i gas duodenali pongono delle difficoltà alla trasmissione degli ultrasuoni.

Per questo motivo, la sensibilità diagnostica dell'ecografia riguardante calcoli che si trovano all'estremità terminale del coledoco è scarsa (50-60% circa) e quindi un reperto ecografico negativo in presenza di sintomi e segni suggestivi non può escludere una coledocolitiasi distale.

La presenza dei calcoli potrà essere allora dimostrata con la colangio-pancreatografia retrograda endoscopica (ERCP).

 

Terapia

Il tipo di intervento chirurgico (elettivo o d'urgenza, classico o endoscopico) dipende da vari fattori quali le condizioni cliniche, l'età del paziente, la disponibilità di strumentazione adeguata e l'esperienza degli operatori.

La terapia medica si impone per trattare la componente colangitica e prevede digiuno, idratazione, riequilibrio elettrolitico ed energica terapia antibiotica per via sistemica.

 

 

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