ECOGRAFIA OSTETRICA

 

L'ecografia in gravidanza è tra gli esami indispensabili per fare diagnosi di fisiologia o patologia su feto, placenta, liquido amniotico e consente, in casi selezionati, l'analisi Doppler dei vasi sanguigni del cordone ombelicale e dell'utero.


Premessa

Ecografia del primo trimestre

Ecografia del secondo trimestre (ecografia morfologica)

Ecografia del terzo trimestre

Velocimetria Doppler

 

Rispetto all'ecografia di altri distretti corporei, l'ecografia ostetrica è sicuramente un esame molto complesso. Basti pensare che è l'ecografia, non di un organo, ma di un intero organismo e che oltretutto l'organismo fetale ha dimensioni molto piccole.

Inoltre è l'unica ecografia in cui non è possibile far muovere il soggetto da esaminare a seconda dell'esigenza dell'operatore. Ciò significa da un lato che la posizione e l'atteggiamento del feto non sempre risultano favorevoli all'esame; in più, il feto può effettuare imprevedibilmente movimenti, anche di continuo, che mettono alla prova la concentrazione e la sistematicità dell'operatore.

Un'ulteriore complicazione, rispetto ad altri tipi di ecografia, è rappresentata dalla "lontananza" della sonda ecografica esploratrice rispetto al corpo fetale, per via dell'interposizione dei tessuti materni, che determinano attenuazione, rifrangenza e diffrazione degli ultrasuoni, con scadimento variabile della qualità grafica (di definizione) delle immagini fetali.

 

Proprio perché l'ecografia ostetrica è probabilmente il tipo di ecografia più complesso, sarebbe logico che fosse riservata soltanto a pochi operatori certificati.

Invece la realtà dei fatti mostra che l'ecografia ostetrica viene eseguita anche da molti medici che non hanno in tal senso una specifica preparazione.

Vediamo come è possibile che ciò accada.

- La Legge italiana-

La più importante considerazione con cui iniziare è che in Italia non è mai stato previsto un accreditamento ufficiale ed obbligatorio degli ecografisti da attuarsi attraverso un training formativo specifico e documentato. Cioè significa che, allo stato attuale delle Leggi e delle regole che governano la professione medica, qualunque medico può comprare ed utilizzare un apparecchio ecografico anche senza aver mai eseguito un'ecografia in vita sua. E' chiaro che chi fa così o riesce a giungere solo a delle diagnosi superficiali o addirittura sbaglia diagnosi. Gli errori diagnostici ricadono poi naturalmente sui pazienti: ecco perché sarebbe auspicabile che esercitasse l'ecografia soltanto il personale medico in possesso di un training formativo specifico documentato.

Quando vi è questo tipo di vuoto normativo di solito le Società Scientifiche di settore elaborano delle Linee Guida per stimolare gli operatori a lavorare secondo uno standard prefissato (seguire questo standard non è però un obbligo di legge!).

- Le Linee Guida italiane -

La S.I.E.O.G. (Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica), che è la società scientifica di valore dominante per quanto riguarda l'ecografia ostetrica in Italia, ha pubblicato l’ultima edizione delle sue Linee Guida nel Dicembre 2002 con lo scopo di definire i parametri anatomici e funzionali da valutare nel corso delle ecografie ostetriche affinché l’ecografia possa dirsi “eseguita a regola d’arte”.

Tant’è vero che queste Linee Guida intendono rivolgersi non solo agli operatori ma anche alla popolazione femminile (a scopo informativo e divulgativo), nonché a magistrati, avvocati e assicuratori qualora debbano occuparsi di una disputa giudiziaria per presunto errore ecografico.

Il problema centrale è che le linee guida della S.I.E.O.G. sono poco severe perché non prescrivono di esaminare certi parametri ecografici che, sebbene siano difficili per un ecografista di poca esperienza, sono invece tranquillamente indagabili da parte di ecografisti più esperti.

 - Le Linee Guida inglesi -

Maggiormente severe sono al contrario le Linee Guida inglesi, emanate dal Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, alle quali io mi attengo al pari di altri esperti ecografisti. Queste linee guida raccomandano un tipo di ecografia molto approfondito ("optimal anomaly scan") a differenza delle linee guida italiane.

 

 - Conseguenze della scarsa severità delle Linee Guida italiane-

La naturale conseguenza del fare ecografie riferendosi ad uno standard esecutivo inferiore è di poter diagnosticare un numero pure inferiore di malattie e malformazioni fetali. Al contrario lo standard delle linee guida inglesi permette di ampliare il campo delle anomalie potenzialmente riconoscibili, soprattutto a livello cardiaco (cardiopatie congenite) e facciale (difetti come la labio-palatoschisi).

Lo standard esecutivo meno rigoroso fa anche sì che l’ecografia in gravidanza venga troppo spesso eseguita da operatori di esperienza limitata. Se ciò presenta il vantaggio di avere sul territorio un numero più elevato di ecografisti e quindi di soddisfare un numero elevato di richieste (come il nostro Servizio Sanitario necessita), il rovescio della medaglia è che la qualità esecutiva media delle ecografie ostetriche viene mantenuta più bassa.

Infatti non è certo infrequente osservare dei ginecologi eseguire alcune delle ecografie della gravidanza ma inviare poi le pazienti da un’altra parte al momento di eseguire l’ecografia più difficile e di maggiore responsabilità (la cosiddetta “ecografia morfologica”): questa purtroppo è una pratica che non garantisce assolutamente l’utenza della regola d’arte con cui siano state eseguite tutte le ecografie.

Infatti se un professionista non è in grado di eseguire tutti i tipi di ecografia della sua disciplina, come si fa ad essere sicuri che comunque sia in grado di eseguirne alcune?

A questo proposito si tenga conto che anche la semplice ecografia del primo trimestre può fornire dei dati rilevanti (datazione, normalità di certe parti anatomiche fetali già studiabili, normalità dell'utero e delle ovaie) che non è bene rischiare che vengano sbagliati. Anche l’ecografia del terzo trimestre non è certo banale poiché occorre procedere ad una rivalutazione morfologica delle parti fetali già esaminate nel secondo trimestre, cosa che è possibile soltanto ad un professionista che padroneggi interamente la materia.

- Il referto dell'ecografia ostetrica -

Ogni ecografia va sempre accompagnata da un referto scritto dettagliato, possibilmente redatto al computer per maggiore chiarezza.

Non basta dare le fotografie. Le fotografie non costituiscono il referto ecografico, perché dalle foto non si può risalire al referto come invece avviene per una radiografia!

La differenza rispetto ad una radiografia è che un'ecografia dura diversi minuti: ecco perché alcune foto non possono rappresentare l'intero esame.

Non solo: per correttezza e trasparenza il referto scritto e firmato va consegnato alla paziente e non trattenuto dal professionista.

Se volete potete approfondire, nella pagina web dedicata al Referto, il perché ogni paziente ha diritto alla consegna di un referto scritto.

 

In questa pagina utilizzerò il colore violetto per introdurre i paragrafi dove intendo evidenziare la discrepanza tra i parametri ecografici considerati sufficienti dalle linee guida della S.I.E.O.G., e quelli che io personalmente esamino e consiglio di esaminare in accordo con le Linee Guida inglesi, affinché l'ecografia ostetrica possa fornire un maggiore approfondimento che sicuramente ogni donna in gravidanza non potrà che gradire.

 

Nella pagina "L'ecografia ostetrica D.O.C." potete trovare delle tabelle di rapido confronto tra i parametri ecografici prescritti dalle linee guida S.I.E.O.G. e i parametri ecografici che invece io di regola prendo in esame e che rispecchiano le linee guida inglesi.

 

 La prima ecografia della gravidanza dovrebbe raggiungere i seguenti obiettivi.

1) Stabilire il numero dei feti, altrimenti le gravidanze gemellari potrebbero non essere riconosciute anche fino a metà della gravidanza. In caso di gravidanza gemellare è obbligatorio riconoscere il tipo di gemellarità (mono[zigote]coriale, bicoriale, monoamniotica, biamniotica ecc.) in base al numero delle placente e dei sacchi gestazionali. Si tenga presente che quest’ultima valutazione è possibile con completa attendibilità solo nelle prime settimane di gravidanza, mentre può risultare poco agevole o addirittura impossibile in epoche gestazionali successive.

2) Datare con precisione la gravidanza, osservando se la misura del feto corrisponda a quella prevista sulla base dell'ultima mestruazione. Tale valutazione riveste notevole importanza al fine di ottenere un riferimento su cui basare il giudizio riguardante la crescita nelle fasi successive. Se la misura del feto differisce di almeno una settimana rispetto a quella prevista sulla base dell’ultima mestruazione, si effettua per convenzione una ridatazione ecografica della gravidanza, con spostamento in avanti o indietro dell’età gestazionale attuale e della data presunta del parto. Se però la misura del feto non differisce di almeno una settimana, bensì solo di pochi giorni, rispetto a quella attesa, non si deve effettuare alcuna ridatazione perché in tal caso la differenza può rappresentare la normale variabilità osservabile tra feti della stessa età e può anche non dipendere da un concepimento più anticipato o ritardato del previsto. Per un approfondimento su come si calcola effettivamente l’età gestazionale potete leggere la pagina di ECOGIN dedicata alla datazione.

3) Diagnosticare eventuali distacchi coriali od amnio-coriali (a volte si possono formare senza una sintomatologia di minaccia d'aborto) o diagnosticare un eventuale aborto interno (cioè con ritenzione asintomatica del feto), che è molto più frequente dell'aborto con espulsione del materiale non vitale e potrebbe restare non riconosciuto per diverse settimane.

4) diagnosticare alcune anomalie fetali già potenzialmente riconoscibili a quest'epoca (anencefalia, igroma cistico, difetti degli arti ecc.). Quest’ultima possibilità offerta dall’ecografia è quella solitamente meno sfruttata nella pratica clinica. Ciò dipende dal fatto che le linee guida italiane per l’ecografia ostetrica, redatte dalla S.I.E.O.G., non prescrivono alcun parametro anatomico fetale da dover studiare e riportare nel referto dell'ecografia del primo trimestre di gravidanza. Questa vergognosa limitazione in pratica "permette" agli operatori ecografisti di esimersi completamente dal valutare la morfologia fetale nel primo trimestre di gravidanza. Il che consente che tra gli operatori ve ne siano tanti ad avere un’esperienza ecografica limitata: il loro operato può quindi rivelarsi insufficiente o dannoso quando il caso clinico presenti particolarità e difficoltà “sui generis” (ad es. fibromi uterini, cisti ovariche, anomalie fetali). Al contrario le linee guida inglesi, più sopra citate, consigliano di eseguire la prima ecografia entro 15 settimane di gestazione proprio per includere le più evidenti malformazioni fetali nelle finalità esecutive di questa ecografia.

Anche l’ecografia ostetrica del primo trimestre andrebbe pertanto idealmente eseguita soltanto da parte di quegli ecografisti che siano in grado di eseguire anche tutte le altre ecografie della gravidanza, compresa la cosiddetta ecografia morfologica.

Foto esemplificative di ecografie del primo trimestre:

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In questa foto si può osservare un feto di 8 settimane nell'ambito di un fondo nero che rappresenta il liquido in cui è immerso. Sono ben riconoscibili la testa (parte più slargata a sinistra) e gli abbozzi degli arti (visibili come "gemme" nella parte intermedia e destra del corpo).

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Nella foto viene mostrato un feto a 11 settimane: head=testa; trunk=tronco; yolk sac = sacco vitellino (una struttura esclusiva del periodo embrionale che poi viene perduta).


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In questa foto, un feto a 11 settimane appare più grande del precedente solo in quanto ingrandito su schermo da parte dell'operatore: qui viene mostrata la misurazione del CRL (Crown-Rump Length, dal vertice della testa al sacro), che rappresenta la misura fondamentale dell'ecografia del I trimestre per datare la gravidanza. 


- La translucenza nucale -

E’ ormai ben noto che il rischio di avere un bambino affetto da un’anomalia cromosomica (come la sindrome di Down) è un numero conosciuto che aumenta all’aumentare dell’età materna.

Per sapere con certezza se un feto sia portatore di un’anomalia cromosomica, vi sono esami diagnostici come l’amniocentesi o il prelievo dei villi coriali, che purtroppo, essendo metodiche invasive, sono gravati da un certo rischio abortivo, sebbene non elevato (<1:100).

Un'indagine puramente ecografica che ha la stessa finalità e che può essere effettuata da un ecografista esperto tra 11 e 13 settimane di gravidanza, è la misurazione della cosiddetta "translucenza nucale", che equivale allo spessore dei tessuti superficiali della nuca del feto sulla linea mediana del collo. Alcuni studiosi hanno infatti riscontrato una correlazione tra l'ispessimento di tali tessuti e la presenza di anomalie cromosomiche.

In pratica si esegue l’ecografia e si misura la “translucenza”. Questa misura viene poi elaborata da un apposito software statistico il quale ricalcola il rischio “personalizzato” di avere un feto affetto da anomalia cromosomica, modificando in più o in meno il rischio di base dato dall’età materna.

Va sottolineato che questo esame fornisce solo una miglior probabilità e non una certezza diagnostica; tuttavia, a differenza degli esami invasivi, è una comoda aggiunta, priva di rischi, alla usuale ecografia del terzo mese.

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Nella foto si osserva la tecnica di misurazione della translucenza nucale: impiego della sonda transvaginale, ingrandimento dell'immagine del profilo fetale e cursori posizionati nel punto di massimo spessore nucale (mm 2.4 in questo caso).

Nelle linee guida della S.I.E.O.G. si legge che la translucenza nucale va riservata ad «operatori accreditati presso Società Scientifiche nazionali o internazionali, i quali abbiano ricevuto un adeguato training teorico e pratico e siano sottoposti a controlli periodici di qualità».

Alla luce di tutto quanto affermato sopra nella Premessa, quello che non mi convince proprio per niente è che questa affermazione della S.I.E.O.G. venga riservata soltanto alla translucenza nucale, mentre secondo me andrebbe applicata all'intera ecografia ostetrica e, in senso lato, a tutti i tipi di ecografia medica.

 

E' l'esame che, oltre alla biometria (misurazione delle parti corporee fetali), si incentra sulla disamina accurata della morfologia del feto e dei suoi annessi (placenta e funicolo), Essa dovrebbe idealmente prevedere la valutazione di tutti gli organi ecograficamente studiabili al fine di rilevarne eventuali anomalie (malformazioni).

Purtroppo, come via via illustrerò, le Linee Guida della S.I.E.O.G. non prescrivono la valutazione di alcune porzioni dell'anatomia fetale che invece a mio avviso sarebbe bene valutare in tutti i casi.

Dal punto di vista pratico ciò si traduce nel fatto che quando una donna in attesa si recherà presso un Istituto, un ambulatorio o uno studio per eseguire un'ecografia ostetrica, otterrà con maggiori probabilità un'ecografia sufficiente (stando alle Linee Guida), ma al tempo stesso insufficiente (se paragonata ad un'ecografia eseguita da un operatore che di norma supera le Linee Guida).

L'epoca gestazionale ideale per eseguire l'ecografia del secondo trimestre è, a mio modo di vedere, intorno alle 21 settimane. Generalmente le prescrizioni e i conseguenti invii delle pazienti per tale esame avvengono in prevalenza a 19-20 settimane.

Le linee guida S.I.E.O.G. prescrivono tra 19 e 21 settimane.
Farò alcune precisazioni, guardando l'argomento con un taglio inusuale o spesso omesso, per spiegare perché ritengo importante che l'ecografia sia preferenzialmente eseguita verso le 21 settimane piuttosto che a 19 o 20.

1) La legge 194/1978 prevede la possibilità di interrompere la gravidanza entro il 180° giorno (25 settimane e 5 giorni) di età gestazionale per riconosciuta anomalia del concepito che possa mettere a rischio la salute (fisica o mentale) della madre. Se non esistesse questa legge, l'età gestazionale ideale alla quale eseguire la valutazione della morfologia fetale sarebbe intorno a 25 o 26 settimane. Difatti, a quest'epoca, gli organi fetali sono un po' più voluminosi e quindi meglio e più facilmente esaminabili rispetto alle settimane precedenti; tra l'altro alcune anomalie (come ad esempio l'atresia duodenale) possono non essere ancora manifeste a 23-24 settimane. Per esigenze di legge, invece, occorre anticipare l'ecografia di qualche settimana affinché, in caso di riscontro patologico, vi sia tempo sufficiente per completare le procedure diagnostiche e le procedure d'ufficio e giungere all'aborto "terapeutico" entro l'epoca prescritta.

2) Vi sono donne sulle quali l'ecografia riesce meglio e donne sulle quali l'ecografia riesce peggio (con una visualizzazione più scadente) a seconda dell'"ecogenicità" dei tessuti incontrati dagli ultrasuoni in andata e ritorno dalla sonda ecografica verso il feto. Ad esempio il tessuto adiposo sottocutaneo e intrapelvico rappresenta un fattore a volte nettamente limitante la buona visualizzazione delle strutture da indagare. La cattiva ecogenicità tessutale può essere compensata, almeno in parte, da dimensioni fetali maggiori, dove anche una settimana in più può essere rilevante nel migliorare la riuscita dell'esame.

3) Capita abbastanza frequentemente di osservare che a 19 o 20 settimane il feto abbia un atteggiamento di marcata flessione (testa flessa sul torace, colonna curva, cosce flesse sull'addome...) che può rendere difficile lo studio di tutti gli organi fetali in una sola seduta. A 21 settimane è tipico riscontrare che certi atteggiamenti in flessione si siano risolti, a favore di una maggior "distensione" del corpo fetale che facilita l'ecografia.

Queste considerazioni consentono di concludere, a mio avviso, che l'età gestazionale appropriata per l'ecografia del secondo trimestre debba essere intorno a 21 piuttosto che intorno a 19 o a 20 settimane: nel momento in cui si è ancora tranquillamente in tempo ad espletare le eventuali procedure per un aborto "terapeutico", non si ottiene alcun vantaggio ad anticipare maggiormente l'epoca dell'esame. Anzi si determina soltanto un sovraccarico di spese e di perdite di tempo per il Servizio Sanitario e/o per la paziente quando l'epoca troppo precoce costringa ad una seconda seduta ecografica per rivalutazione ulteriore.

Biometria

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Come si evince dalla foto, le dimensioni fetali a 20 settimane sono ben maggiori di quelle del feto di 11 settimane visto in precedenza: da quest'epoca in avanti lo studio ecografico del feto procede per singole porzioni corporee esaminate in successione e non può più limitarsi ad una visione globale del feto.


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La foto sopra mostra la misurazione del diametro biparietale (BPD, biparietal diameter), il parametro biometrico fondamentale al di là del I trimestre. Esso rappresenta la distanza fra una tempia e l'altra del feto.


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Nella stessa scansione del BPD si misura la circonferenza cranica.


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Quindi si passa alla misura della circonferenza addominale, al livello dello stomaco (in fotografia è la bolla nera all'interno del corpo fetale) e della vena ombelicale. La misura della circonferenza addominale a 21 settimane è riferimento indispensabile per valutare l'accrescimento fetale nel III trimestre. Difatti i ritardi di accrescimento o, al contrario, la crescita del feto al di sopra dei valori normali si annunciano fin dall'inizio proprio con variazioni della circonferenza addominale che cambia le sue proporzioni accrescitive (percentile di crescita) rispetto alle età gestazionali precedenti; essa assume cioè delle dimensioni che si scostano significativamente da quanto poteva essere previsto sulla base della crescita osservata nelle fasi precedenti.

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Successivamente la biometria fetale richiede per completezza la misurazione delle principali ossa lunghe, femore e omero (vedi le due foto sopra).

La misurazione dell'omero non rientra nelle linee guida della S.I.E.O.G., probabilmente perché tale misurazione contribuisce, insieme ad altri parametri anatomici, a stimare il rischio di sindrome di Down (usando allo scopo specifiche tabelle o software) e tale stima non rientra nell'ecografia ostetrica di primo livello individuata dalle linee guida.


Morfologia

Come già detto, l'ecografia del secondo trimestre è incentrata sulla valutazione della morfologia e struttura degli organi fetali.
Occorre, a tale riguardo, che l'operatore proceda ben concentrato, con estrema sistematicità e logica topografica, attraverso le scansioni lungo il corpo fetale, al fine di non tralasciare nulla di ciò che è tecnicamente indagabile e, al tempo stesso, di ottenere questo risultato con buona rapidità.


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Incominciando dalla testa fetale, si valutano dapprima le strutture endocraniche: ad esempio nella foto viene mostrata quella particolare scansione che consente la visualizzazione accurata del cervelletto (la struttura a forma di binocolo) e dello spessore della plica nucale (il corrispettivo della traslucenza nucale che abbiamo visto nel I trimestre). Altri reperti importanti in questo ambito sono la simmetria dei due emisferi cerebrali a cavallo della linea mediana (visibile anch'essa nella foto, orientata orizzontalmente) e l'assenza di dilatazioni a carico dei cosiddetti "trigoni" che corrispondono ai ventricoli laterali contenenti il liquido cerebro-spinale (per escludere un'idrocefalia).

In seguito si passa alla valutazione del massiccio facciale con le orbite, il naso e, da non trascurare, il palato duro (vedi foto sotto: l'arco palatino),

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e le labbra (nella foto sotto LS = labbro superiore) per escludere una labio-palatoschisi.

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All'interno delle orbite ossee è possibile accertare indirettamente la presenza degli occhi  grazie alla visualizzazione dei 4 muscoli oculomotori che vi si inseriscono (essi formano il circolino bianco indicato da una freccina nella foto seguente):

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Pensate che le linee guida S.I.E.O.G. non prescrivono né la valutazione del palato, né la valutazione del naso e delle labbra, né la valutazione della presenza dei muscoli oculomotori (e quindi degli occhi!) all'interno delle orbite ossee. Mi sembra un peccato che tali linee guida "consentano" di lasciarsi sfuggire (oltre a maggiori anomalie della faccia che fanno parte di quadri sindromici) delle anomalie come la labioschisi e la palatoschisi che, anche se non compromettono la vita del neonato, hanno comunque un impatto emotivo notevole sulla famiglia non preventivamente avvertita della presenza dell'anomalia nel nascituro.

 

Scendendo lungo l'asse corporeo fetale si osserva la tipica ristrettezza del collo (dove si devono escludere masse deformanti, rare ma gravi) e si giunge alla visualizzazione dei cingoli scapolari dai quali si seguono le tre porzioni degli arti superiori (braccio, avambraccio e mano) per confermarne l'integrità.

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Nel torace l'organo più rilevante è il cuore, per parlare del quale occorrerebbe un intero sito.

La S.I.E.O.G., nelle sue linee guida considera sufficiente la valutazione della posizione del cuore (sito cardiaco sinistro) e la cosiddetta scansione "4 camere" anche quando presa semplicemente nel suo orientamento "apicale": come nella foto sopra che mostra i due atri e i due ventricoli separati fra loro dai setti interatriale e interventricolare e dalle valvole atrio-ventricolari, strutture tutte che nel complesso creano una struttura a croce, ben riconoscibile nella foto.


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In realtà la scansione "apicale" presenta un grosso limite nella valutazione dell'integrità del setto interventricolare (e il 60% delle anomalie cardiache sono difetti del setto interventricolare!). In quest'altra foto si osserva la scansione "4 camere trasversa" nella quale si può osservare che il setto interventricolare è disposto orizzontalmente (nella foto precedente è obliquo) ed appare (per una questione fisica di diversa angolatura degli ultrasuoni) più spesso che nella foto precedente. Tale scansione "trasversa" appare pertanto migliore di quella "apicale" per la valutazione del setto e non dovrebbe, a mio avviso, essere omessa, in una ecografia ostetrica del II o del III trimestre. Oppure, alternativamente, si dovrebbe aggiungere, ad una scansione "4 camere apicale", la scansione "asse lungo ventricolo sinistro" qui di seguito illustrata.


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Le linee guida S.I.E.O.G. non includono neppure la valutazione degli efflussi arteriosi dal cuore (arteria aorta e arteria polmonare). Invece la loro ricerca può contribuire ad escludere altre anomalie cardiache, oltre a migliorare la valutazione dell'integrità del setto interventricolare. Pertanto ritengo che tutte le volte che sia possibile debbano essere evidenziati anche gli efflussi arteriosi dal cuore. Nella foto sopra viene mostrato ad esempio l'efflusso dell'aorta nella scansione che è detta "asse lungo del ventricolo sinistro" (VS = ventricolo sinistro; V = valvola aortica; A = aorta ascendente).

 

Un'altra valutazione cardiovascolare, non prescritta dalle linee guida S.I.E.O.G., ma importante tutte le volte che si riesca a fare (quasi sempre!) è la visualizzazione dell'arco aortico, dell'aorta discendente e delle arterie del collo fetale, che si diramano dall'arco aortico.

Nella foto sotto è mostrato un esempio di questa visualizzazione completa: come potete vedere l'arco aortico + aorta discendente hanno l'aspetto di un manico d'ombrello.

 

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All'altezza del cuore, l'esame ecografico contempla anche l'esclusione della presenza di un versamento pericardico, o di una patologia dei polmoni o di un versamento pleurico.

E' sempre al livello topografico cardiaco e poco più inferiormente che si valuta l'integrità del diaframma per escludere un'erniazione dei visceri addominali (ad esempio lo stomaco) nel torace.

Confrontandoci sempre con le linee guida S.I.E.O.G. la diagnosi ecografica delle ernie diaframmatiche non è prevista da queste linee guida.

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Nella foto sopra: CO = cordone ombelicale; VO = vena ombelicale (dopo l'ingresso nell'addome); S = stomaco; * = reni; C = colonna vertebrale (in sezione trasversa).

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Nella foto sopra: CO = cordone ombelicale; V = vescica urinaria; C = colonna vertebrale (in sezione trasversa).

Procedendo per scansioni prossime a quella già vista a proposito della misura della circonferenza addominale, si valutano i due reni, lo stomaco, il fegato, la colecisti e, scendendo ancora, le anse intestinali e la vescica urinaria (vedi le due foto sopra).
Un'altra osservazione obbligatoria è rappresentata dalla ricerca dell'integrità della parete addominale anteriore, intorno al punto di attacco del cordone ombelicale, che può costituire a volte una porta erniaria per i visceri addominali.


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Esattamente nel punto centrale della foto sopra si osserva l'uscita del cordone ombelicale dalla superficie addominale: esso sembra costituito da filamenti su fondo piuttosto scuro, poiché (vedi il capitolo "aspetti generali") è un organo a densità piuttosto bassa essendo costituito da vasi sanguigni e dalla sostanza gelatinosa che li riveste. Da notare che il cordone ombelicale, nei suoi rapporti con la parete addominale è ben visibile anche nelle due foto precedenti.
Del funicolo ombelicale si può accertare che possieda tre vasi (due arterie e una vena), poiché il funicolo a due vasi (una sola arteria e la vena) si associa, fino al 20% dei casi, ad altre anomalie fetali. Invece le linee guida S.I.E.O.G. non prescrivono la ricerca dei tre vasi ombelicali.

Nella foto qui sotto potete osservare il caso normale di un funicolo con tre vasi: sotto alla scritta "3 VASI" vi è una sezione trasversale del cordone ombelicale in cui si osservano due "buchini" piccoli e un "buco" più grosso (disposti un po' come gli occhi e la bocca di una zucca di Halloween): questi rappresentano rispettivamente le due arterie ombelicali e la vena ombelicale.

 

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Nella foto sotto invece vi è il caso (parafisiologico o patologico) di un funicolo con due vasi: la freccia indica il cordone ombelicale che, al contrario del precedente, ha soltanto un'arteria ombelicale sovrapposta alla vena.

 

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Un esame accurato merita poi la colonna vertebrale che va osservata in tre scansioni: longitudinale, trasversale e coronale. La sezione trasversale è già stata mostrata nelle foto precedenti accanto ai visceri addominali. Mostriamo di seguito le scansioni longitudinale

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e coronale.

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In pratica, la scansione longitudinale corrisponde al guardare la colonna di lato (di profilo), mentre la scansione coronale corrisponde al guardare la colonna frontalmente dal di dietro, difatti si osservano ai lati anche le coste a livello toracico.
Occorre comunque precisare che i difetti del tubo neurale (spina bifida, meningocele-mielomeningocele) sono fortunatamente rari, soprattutto nella nostra popolazione, mentre ad esempio sono più frequenti nelle popolazioni nordeuropee, in particolare nei celtici.

Le linee guida S.I.E.O.G. prevedono, tra le scansioni della colonna, la sola scansione longitudinale. Diciamo che può essere sufficiente ma che non si sa mai: alcune volte in ecografia ciò che non si vede in una scansione si vede in un'altra scansione e viceversa.

Giunti alle ossa iliache (bacino) si procede infine alla valutazione degli arti inferiori (coscia, gamba, piede) e tra le gambine........cosa ci sarà, per la gioia di mamma e papà?....


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........il pene di un maschietto (parte centrale/destra della foto sopra)..........


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.........o la vulva di una femminuccia (a destra dell'asterisco, al centro della foto).

In seguito si provvederà a valutare l'inserzione della placenta (foto sotto, indicata dalle P, mentre A = avambraccio ed M = mano), poiché una sua inserzione bassa (verso il collo dell'utero anziché verso il fondo) potrebbe poi rivelarsi una placenta previa nel terzo trimestre e consigliare il ricorso al taglio cesareo programmato.

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Infine si darà un rapido sguardo alle pareti uterine, soprattutto quando occorra ricontrollare dei fibromi visti, per esempio, nel corso dell'ecografia del primo trimestre.



Viene eseguita solitamente fra 30 e 34 settimane di età gestazionale.
L'importanza di questa ecografia risiede in primo luogo nella biometria fetale. Come già detto in precedenza, le misure dei fondamentali parametri (diametro biparietale, circonferenza cranica, circonferenza addominale, femore) vengono messe a confronto con quelle rilevate nel II trimestre al fine di escludere una patologia dell'accrescimento fetale, sia nel senso di un ritardo (iposviluppo) sia nel senso di un eccesso (macrosomia).
L'eventuale riscontro di una patologia dell'accrescimento richiede la rivalutazione ecografica seriata con velocimetria Doppler (vedi oltre) associata, nei casi più impegnativi, all'approfondimento clinico e strumentale (monitoraggio del battito cardiaco fetale) in ambiente ospedaliero.

Collateralmente alla biometria fetale, nell'ecografia del terzo trimestre non bisogna perdere di vista, ancora una volta, la morfologia fetale. Vi sono infatti anomalie fetali che compaiono per la prima volta in questo periodo: sono molte volte già presenti da tempo ma si manifestano in modo sufficientemente diagnosticabile soltanto nel terzo trimestre.

Ecco dimostrato, come vi ho detto più sopra nella Premessa, perché è scorretto chiamare l'ecografia ostetrica del secondo trimestre "ecografia morfologica": perché tutte le ecografie ostetriche (in ogni trimestre) dovrebbero prevedere l'esame della morfologia fetale. Ogni ecografia ostetrica deve essere anche un'ecografia morfologica: diffidate di ogni imitazione.

Velocimetria Doppler

E' una metodica non di routine (ma da riservare ai casi a rischio) che permette di valutare le qualità di flusso ematico nei vasi sanguigni. Il vaso da studiare viene "campionato" da un fascio ultrasonico che viene rielaborato graficamente sul monitor in forma d'onda che rappresenta la velocità del sangue nel tempo nel punto vascolare studiato.
Applicando tale metodica ai vasi fetali, ai vasi del cordone ombelicale e alle arterie uterine materne è possibile rendersi conto se ad un difetto di accrescimento fetale si associ una compromissione dell'emodinamica (e quindi dell'ossigenazione) a causa di aumentate resistenze al flusso ematico verso il feto.


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Nella metà sinistra della foto sopra si osserva un box tratteggiato all'interno del quale vi è un cursore (posto su una linea verticale a punti distanziati): tale cursore è posizionato su un tratto di cordone ombelicale, cioè sta "campionando" i vasi ombelicali. Nella metà destra della foto si osservano le forme d'onda risultanti da tale campionamento: sopra la linea di base si osserva un flusso continuo (senza picchi d'onda) che corrisponde al segnale della vena ombelicale (nelle vene non esiste polso); sotto la linea di base si osservano i tipici picchi d'onda sistolici delle arterie ombelicali in una situazione emodinamica normale. In questo caso si osservano entrambi i segnali (venoso e arterioso), poiché evidentemente il cursore sta campionando a cavallo di entrambi i tipi di vaso che decorrono ravvicinati.

Nelle foto successive, si osserverà invece il solo segnale arterioso, che comunque è quello che ha valore diagnostico nei casi a rischio.


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L'altra differenza rispetto alla prima foto è l'impiego del colore. Nulla cambia per quanto riguarda le forme d'onda, mentre si può notare come il cordone ombelicale sotto il cursore sia colorato in rosso-blu alternati fra loro. Il colore non è altro che la rappresentazione grafica del sangue che scorre nei vasi ombelicali: due colori, poiché si tratta dei flussi arterioso e venoso che vanno in direzioni opposte; alternati, in quanto ciò riflette il tipico intreccio a spirale dei vasi ombelicali.
In sostanza, l'impiego del colore (non essenziale per eseguire uno di questi esami) consente più che altro di riconoscere i vasi da campionare più rapidamente e con maggiore precisione topografica.

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Infine, è possibile effettuare delle misurazioni qualitative sulle onde Doppler ottenute come sopra. La forma d'onda viene ritracciata nel suo profilo in modalità automatica o manuale e un software interno esprime tale profilo matematicamente con dei rapporti di velocità detti "indici velocimetrici" (PI o Pulsatility Index, RI o Resistance Index e S/D o Systole/Diastole). Praticamente questi indici qualitativi sono una conferma matematica di una morfologia normale o patologica dell'onda, già valutata ad occhio dall'operatore esperto.


 

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