Tenuta e edifici poderali
La Fratta è formata oltre che dagli edifici padronali sopra descritti da numerosi ed ampi fabbricati adibiti alle varie funzioni della vasta tenuta agricola che i Gori Pannilini vi istituirono. Gran parte di questi gravitano tutti attorno alla villa o sono dislocati nel sito del vicino ed antico borgo medievale della Fratta documentato fin dal secolo xii come possesso dei Pecorai o Monaceschi che dettero i natali al noto condottiero Ghino di Tacco. Precise indicazioni sullo sviluppo della tenuta agricola, che riteniamo avvenuto nel corso del xvii secolo, sono fornite dal Gherardini (A.S.S., ms. D.82 c. 210-211) il quale nel 1676 scriveva che la tenuta della Fratta, «consiste in venti poderi, diciassette dei quali sono sotto la cura spirituale della Collegiata di San Martino e di San Costanzo a Torrita e tre sotto la cura di S. Lucia e della Pieve.... di Sinalunga».
Diversamente nella denunzia della proprietà fondiaria del 1692 risultano attinenti della tenuta soltanto quattordici poderi intestati ad Augusto Gori (S. Pietro, S. Giacomo Minore, S. Giovanni, S. Tommaso, S. Bartolomeo, S. Giovanni, S. Andrea, S. Giacomo Maggiore, S. Mattia, S. Filippo, Redentore, S. Simone, S. Maria e S. Paolo) mentre in nota all’elenco si dice che questa famiglia possedeva nel 1746 anche i poderi S. Mattia e Portone (L. Bonelli Conenna, 1990, p. 144).
Verso la metà del secolo successivo lo storico Pecci conferma l’esistenza dei venti poderi ed aggiunge che «dodici di quei poderi, nominati col nome ciascuno di uno de dodici Apostoli, formano tutto il villaggio...» (A.S.S., ms. D. 69, c. 156). Questi ultimi fino a qualche tempo fa erano identificati sui prospetti dalle formelle scolpite raffiguranti appunto i Santi Apostoli, ed oggi purtroppo scomparse (ne resta una soltanto con l’immagine di S. Maria murata all’esterno).
Queste dodici case coloniche sono riunite in due ampi fabbricati, a sviluppo longitudinale, situati sui lati opposti della strada. Appaiono caratterizzati da una lunga ed ininterrotta successione di arcate a tutto sesto in mattoni a formare un lungo porticato entro il quale si dispongono gli accessi alle abitazioni e ai locali di stalle e magazzini a piano terra. I prospetti di questi fabbricati si compongono secondo rispondenze simmetriche, con arcate a tutto sesto separate da cornici marcapiani e lesene su entrambi i piani che risaltano, per l’adozione del mattone sulle superfici ad intonaco bianco e creano un continuo gioco di rispondenze euritmiche.
Nella mappa del Catasto Leopoldino del 1820 ca. oltre alle abitazioni coloniche sono segnalati due tinaie, case, un granaio, un forno, arsenale e gallinaio, varie capanne.
L’insieme di questi fabbricati formano quindi un complesso di vaste proporzioni, realizzato secondo criteri funzionali, e costituisce per questo un caso pressoché unico nel quadro dell’architettura rurale del xvii secolo e non trova confronti neppure in Valdichiana dove simili complessi agricoli sono diffusi. L’eccezionalità della Fratta è data soprattutto dalla uniformità dei caratteri architettonici che documentano come questa sia il frutto di un progetto unitario dovuto ad un artista che si ispirò ai modelli ‘colti’ dell’architettura fiorentina del Cinquecento rappresentata soprattutto dalle ville medicee. Essa è inoltre rappresentativa della penetrazione e dello sviluppo di una cultura architettonica, quella rurale, che ebbe proprio in Valdichiana le espressioni più alte.

LA FRATTA

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