Gazzetta
Ufficiale n. 272 del 21-11-2000
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
CIRCOLARE
16 novembre 2000, n.14
Disposizioni
per il sostegno della maternita' e della paternita', nonche'
sull'assistenza a portatori di handicap, legge 8 marzo 2000,
n. 53, recante: "Disposizioni per il sostegno della maternita'
e della paternita', per il diritto alla cura e alla formazione
e per il coordinamento dei tempi delle citta'".
Alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Al Consiglio di Stato
Alla Corte dei conti
All'Avvocatura generale dello Stato
A tutti i Ministeri - Gabinetto - Direzione generale affari
generali e personale
Alle aziende ed amministrazioni autonome dello Stato
A tutti gli enti pubblici non economici
A tutte le regioni
A tutte le province
A tutti comuni
Alla Scuola superiore della pubblica amministrazione
All'A.R.A.N.
e,
per conoscenza:
Alla
Presidenza della Repubblica
Ai commissariati di Governo presso le regioni e province autonome
All'A.N.C.I.
All'U.P.I.
All'U.N.C.E.M.
Con
la legge 8 marzo 2000, n. 53, recante "Disposizioni per
il sostegno della maternita' e della paternita', per il diritto
alla cura e alla formazione per il coordinamento dei tempi delle
citta'", sono stati modificati ed aggiornati alcuni degli
istituti relativi al sostegno della maternita' e della paternita'
e per l'assistenza a portatori di handicap.
Le disposizioni legislative si pongono come obiettivi prioritari
la promozione di un maggiore equilibrio tra tempi di lavoro,
di cura, di formazione e di relazione, mediante l'istituzione
dei congedi dei genitori e l'estensione delle agevolazioni ai
genitori dei soggetti portatori di handicap.
In considerazione della delicatezza della materia trattata e
delle possibili difficolta' applicative della normativa in questione,
nonche' delle problematiche di cui lo scrivente Dipartimento
e' stato investito, si e' avvertita l'esigenza di predisporre
un documento che abbia funzione esplicativa del vigente quadro
normativo per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Le disposizioni della normativa in esame debbono applicarsi
tenendo conto di quanto affermato dall'art. 17, comma 3, del
medesimo testo di legge, e dai principi generali del decreto
legislativo n. 29/1993 sul rapporto sussistente fra legge e
contratto, i quali salvaguardano le condizioni di maggior favore
gia' disciplinate dai contratti collettivi nazionali di comparto
e rinviano a quelle che saranno successivamente adottate in
sede di contrattazione collettiva.
Per le fattispecie non contemplate dalla presente circolare
e non incompatibili con la disciplina del pubblico impiego,
si rinvia a quanto espresso, con riferimento al settore privato,
dall'Istituto nazionale della previdenza sociale con proprie
circolari n. 109 del 6 giugno 2000 (congedi parentali), n. 133
del 17 luglio 2000 (portatori di handicap), n. 152 del 4 settembre
2000 (opzione flessibilita' dell'astensione obbligatoria) nonche'
dal Ministero del lavoro con circolare n. 43 del 7 luglio 2000
(opzione flessibilita' dell'astensione obbligatoria), in quanto
frutto di un indirizzo concordato con le amministrazioni competenti.
Relativamente alle disposizioni di cui all'art. 4 della legge
8 marzo 2000, n. 53, si rinvia al decreto del 21 luglio 2000,
n. 278 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 ottobre
2000, n. 238) con il quale e' stato approvato il regolamento
recante disposizioni di attuazione concernenti congedi per eventi
e cause particolari.
Al riguardo si segnala che in merito all'interpretazione della
legge 8 marzo 2000, n. 53, effettuata dalla presente circolare,
sono stati acquisiti i pareri favorevoli, per quanto di competenza,
del Ministero del tesoro - Igop - e della Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento degli affari sociali.
1.
Congedi parentali.
1.1 L'art. 3, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, in materia
di congedi parentali, familiari e formativi, integra l'art.
1 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, attribuendo al genitore
lavoratore il diritto ad usufruire dell'astensione facoltativa
dal lavoro, ed il relativo trattamento economico, anche se l'altro
genitore non ne ha diritto.
1.2 L'art. 3, comma 2, del medesimo testo di legge modifica
l'art. 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, riconoscendo
ai genitori il diritto di astenersi dal lavoro, anche contemporaneamente,
nei primi otto anni di vita del bambino. Tale assunto trae convincimento
dall'avvenuta abrogazione, effettuata per il tramite dell'art.
17, comma 4, della legge 3 marzo 2000, n. 53, dell'art. 7 della
legge 9 dicembre 1977, n. 903, il quale riconosceva al lavoratore
padre il diritto ad usufruire dell'astensione facoltativa, in
alternativa alla lavoratrice madre.
1.3 Alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione
obbligatoria dal lavoro, compete un periodo continuativo o frazionato
di astensione dal lavoro pari a sei mesi; lo stesso diritto
e' riconosciuto anche al padre lavoratore a partire dalla nascita
del bambino, facendo salve le disposizioni di cui al successivo
punto 1.6.
1.4 Le astensioni dal lavoro dei genitori non possono complessivamente
eccedere il limite di dieci o undici mesi.
1.5 Entrambi i genitori possono beneficiare individualmente
di un'astensione facoltativa, da fruirsi entro il compimento
dell'ottavo anno di vita del bambino, della durata massima di
sei mesi, ovvero, se il padre lavoratore usufruisca di un periodo
non inferiore a tre mesi, il proprio diritto viene elevato da
sei a sette, elevando, in tal modo, il relativo limite complessivo
di astensione facoltativa da dieci ad undici mesi.
1.6 La novita' della norma risiede nella circostanza che entrambi
i genitori possono utilizzare detta astensione facoltativa fino
al compimento dell'ottavo anno di vita del bambino anche contemporaneamente
ed in particolar modo il padre lavoratore la puo' utilizzare
anche durante i tre mesi di astensione obbligatoria post-partum
della madre e durante i periodi nei quali la madre beneficia
dei riposi orari di cui all'art. 10 della legge 30 dicembre
1971, n. 1204.
1.7 Il periodo complessivo di astensione facoltativa cui hanno
diritto i genitori lavoratori non puo' eccedere, come detto,
il limite complessivo di dieci mesi, salvo quanto previsto nel
successivo capoverso.
1.8 Se il padre si e' astenuto per un periodo non inferiore
a tre mesi, ed intenda fruire di un ulteriore periodo, il limite
complessivo delle mensilita' spettanti alla coppia e' di undici
mesi.
1.9 Nell'ipotesi in cui vi sia un solo genitore, il periodo
di astensione facoltativa da usufruire continuativamente o in
modo frazionato, non puo' essere superiore a dieci mesi. Detta
ipotesi puo' verificarsi in caso di morte di un genitore, di
abbandono del bambino da parte di un dei due genitori, ovvero
di affidamento del figlio ad uno solo dei genitori, quando cio'
risulti da un provvedimento formale. Per l'elevazione del congedo
sino a dieci mesi, si considera anche la situazione in cui il
genitore che accudisce il bambino a titolo esclusivo si sia
verificata successivamente alla fruizione del periodo massimo
(sei mesi da parte della madre e sette mesi da parte del padre),
ma nel calcolo dei dieci mesi complessivi debbono essere computati
tutti i periodi fruiti precedentemente da parte di entrambi
i genitori.
1.10 Si sottolinea in questa sede che a beneficio della lavoratrice
madre, o, in alternativa, al lavoratore padre, genitori di bambini
portatori di handicap si continua ad applicare la disposizione
di cui all'art. 33, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n.
104, che attribuisce agli stessi il diritto di prolungare il
periodo di astensione facoltativa fino al terzo anno di vita
del bambino. Il predetto diritto si coniuga con l'astensione
facoltativa, cosi' come delineata dalla legge di modifica in
questione, ossia con la possibilita' di usufruire dell'astensione
facoltativa fino al compimento dell'ottavo anno di vita del
bambino, nel caso in cui il genitore che lo richieda, abbia
usufruito della propria parte nei primi tre anni di vita del
bambino. Il prolungamento previsto dall'art. 33, comma 1, inizia
a decorrere una volta trascorso il periodo corrispondente alla
durata massima dell'astensione facoltativa ordinaria spettante
al richiedente. Detto periodo puo' essere effettivamente utilizzato,
ovvero, a scelta del richiedente medesimo, fruito nel periodo
compreso tra il terzo e l'ottavo anno di vita del bambino. Utili
esemplificazioni al riguardo, possono essere rinvenute nella
circolare I.N.P.S. n. 133 del 17 luglio 2000.
2.
Congedo dei genitori per malattia del bambino.
2.1 Per le malattie di ciascun bambino fino al terzo anno di
eta', ad entrambi i genitori, anche adottivi o affidatari, alternativamente,
e' riconosciuto il diritto di astenersi dal lavoro.
2.2 Si applica in materia la disciplina della contrattazione
collettiva dei singoli comparti, quanto alla retribuibilita'
di assenze per malattie del bambino fino a tre anni.
2.3 Invece per i bambini di eta' compresa fra i 3 e gli 8 anni,
tale diritto e' di cinque giorni lavorativi annui non retribuiti
per ciascun genitore, alternativamente, il cui limite massimo
fruibile complessivamente ad opera di entrambi i genitori, e'
di dieci giorni e non trasferibili all'altro genitore.
2.4 Per la concessione dei congedi in questione, retribuiti
e non retribuiti, la lavoratrice madre o il lavoratore padre
sono tenuti a presentare un certificato medico rilasciato da
uno specialista del Servizio sanitario nazionale, ovvero con
esso convenzionato, comprovante la malattia del bambino, unitamente
ad una dichiarazione, rilasciata ai sensi dell'art. 4, della
legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'altro genitore
non usufruisca, contemporaneamente, del medesimo beneficio concesso
per lo stesso motivo.
2.5 La malattia del bambino che comporta il ricovero ospedaliero,
debitamente documentato, interrompe l'eventuale fruizione delle
ferie in godimento da parte del genitore.
2.6 Il genitore che si assenta non e' tenuto ad essere reperibile
nelle fasce orarie che riguardano esclusivamente il controllo
della malattia del lavoratore.
3.
Periodi di riposo durante il primo anno di eta' del bambino.
3.1 Altra importante innovazione e' stata introdotta dall'art.
3, comma 3, della legge 8 marzo 2000, n. 53, che ha modificato
l'art. 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, prevedendo
il raddoppiamento dei periodi di riposo nel caso di parto plurimo
e la possibilita' di utilizzare le ore aggiuntive anche dal
padre lavoratore.
3.2 Come e' noto le lavoratrici madri hanno diritto, nel primo
anno di vita del bambino, a due periodi di riposo durante la
giornata, pari ad un'ora ciascuno, anche cumulabili, a condizione
che l'orario di lavoro sia almeno di sei ore; nell'ipotesi di
orario inferiore, tale periodo si riduce ad un'ora di riposo.
3.3 Con la citata legge n. 53, nell'ipotesi di parto plurimo
e fermo restando il requisito dell'orario di lavoro giornaliero
di almeno sei ore, i periodi di riposo sono elevati a quattro
ore, a prescindere dal numero dei gemelli, e le due ore aggiuntive
potranno essere utilizzate anche dal padre, anziche' solo dalla
madre.
3.4 I periodi di riposo sono considerati ore lavorative agli
effetti della durata del rapporto, della retribuzione e non
riducono le ferie.
4.
Trattamento economico.
4.1 Le lavoratrici madri, durante tutto il periodo di astensione
obbligatoria dall'impiego, in applicazione dei contratti collettivi,
hanno diritto all'intera retribuzione fissa mensile, nonche'
al relativo trattamento accessorio.
4.2 Nel periodo di astensione facoltativa, cosi' come previsto
dalle singole disposizioni della contrattazione collettiva di
comparto, i primi trenta giorni per madre e padre lavoratore,
fruibili anche frazionatamente, sono retribuiti per intero,
ad eccezione dei compensi per lavoro straordinario ed a particolari
indennita' legate all'effettiva prestazione lavorativa, non
riducono le ferie e sono valutati agli effetti dell'anzianita'
di servizio.
4.3 Da un'interpretazione letterale dei contratti collettivi
nazionali di comparto e delle disposizioni della normativa analizzata
in questa sede, si ritiene che il trattamento economico applicabile
nei successivi cinque mesi di astensione facoltativa, sia la
retribuzione degli stessi al 30%, solo per i primi tre anni
di vita del bambino mentre per i restanti quattro/cinque mesi
si riconosce il diritto all'astensione dei genitori lavoratori
senza retribuzione.
4.4 Tale disposizione non si applica nell'ipotesi in cui contrattualmente
siano disciplinate condizioni di maggior favore per il lavoratore
e qualora il reddito individuale dell'interessato sia 2,5 volte
l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione
generale obbligatoria; in quest'ultimo caso si applica l'art.
15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, cosi' come modificato
dall'art. 3, comma 4, della legge 8 marzo 2000, n. 53.
4.5 Anche nell'ipotesi in cui entrambi i genitori fruiscano
del medesimo beneficio, il numero massimo dei giorni retribuiti
per intero non puo' essere superiore a trenta.
4.6 Il trattamento economico cosi' definito si applica anche
nei confronti dei genitori adottivi o affidatari.
5.
Congedo dei genitori adottivi o affidatari (preaffidamento ovvero
affidamento temporaneo).
5.1 Il comma 5 dell'art. 3 della citata legge 8 marzo 2000,
n. 53, non distingue fra le ipotesi contenute nella legge 9
dicembre 1977, n. 903 (Adozione nazionale), e la diversa fattispecie
disciplinata dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476 (Adozione
internazionale), prevedendo genericamente che il diritto ad
astenersi facoltativamente dal lavoro possa essere esercitato
nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare,
ove il minore abbia un'eta' compresa fra i sei ed i dodici anni.
Si ritiene, stante la portata della norma, che il diritto dei
genitori adottivi od affidatari all'astensione facoltativa dal
lavoro possa applicarsi ad entrambe le fattispecie.
5.2 In particolare, per i genitori adottivi o affidatari di
bambini fino ad otto anni di eta', il diritto ad astenersi dal
lavoro, puo' essere esercitato in qualunque momento rispetto
alla data di inserimento del bambino nella famiglia. Tra i sei
e gli otto anni di eta' del bambino, detti genitori hanno, infatti,
la possibilita' di richiedere, cumulativamente, l'astensione
sia entro i tre anni dall'ingresso del bambino nella famiglia
sia in qualunque momento dall'ingresso stesso, essendo applicabile
anche la disposizione valida per i genitori naturali di bambini
fino ad otto anni d'eta'.
5.3 Qualora il bambino, alla data della decorrenza giuridica
del provvedimento di adozione o di affidamento, abbia tra i
sei ed i dodici anni di eta', l'astensione facoltativa puo'
essere fruita solo entro tre anni dall'ingresso in famiglia
e la durata massima dell'astensione e' di sei mesi ciascun genitore
(ovvero sette mesi per il padre) se questa e' individuale, mentre
rimane inalterato il limite complessivo dei dieci/undici mesi
per la coppia, sempre che il diritto all'astensione sia esercitato
sino ai quindici anni d'eta' dell'adottato o dell'affidato.
6.
Astensione obbligatoria.
6.1 Continuano ad applicarsi le disposizioni relative ai periodi
di astensione obbligatoria, ai sensi e per gli effetti dell'art.
4, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
in virtu' del quale e' vietato adibire al lavoro le donne nei
due mesi antecedenti la data del parto; nell'ipotesi di parto
verificatosi dopo la data presunta, nel periodo intercorrente
fra la data effettiva e quella presunta; ed, infine, nei tre
mesi successivi al parto.
6.2 Tale previsione normativa e' stata resa piu' elastica dall'art.
12 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che ha introdotto l'art.
4-bis della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, in applicazione
del quale le lavoratrici hanno facolta' di astenersi dal lavoro
a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei
quattro mesi successivi al medesimo, dietro presentazione di
certificato medico, rilasciato da specialista del Servizio sanitario
nazionale ovvero con esso convenzionato, e dal medico competente
ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di
lavoro, ove previsto, con i quali si attestino che l'opzione
espressa dalla lavoratrice madre, non arrechi pregiudizio alla
salute della gestante e del nascituro.
7.
Parti prematuri.
7.1 L'art. 11 della legge 8 marzo 2000, n. 53, ha integrato
il testo dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
prevedendo l'ipotesi di parto prematuro, cioe' del parto avvenuto
in data anteriore rispetto a quella presunta, risultante dal
certificato medico di gravidanza.
7.2 In virtu' della nuova disciplina, nel caso di parto anticipato,
i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto
sono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria post-partum,
che decorre dal giorno successivo all'evento, ai sensi dell'art.
6 del regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971,
n. 1204 (decreto del Presidente della Repubblica n. 1026/1976),
restando salvo, comunque, il limite complessivo di cinque mesi.
7.3 La lavoratrice e' tenuta a presentare, entro trenta giorni,
il certificato attestante la data del parto ovvero la dichiarazione
sostitutiva.
7.4 Quanto detto, applicabile, in conformita' a quanto previsto
dall'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, a decorrere
dall'entrata in vigore della legge medesima.
7.5 Per le ipotesi non direttamente contemplate dall'esaminando
testo di legge, si rinvia a quanto sara' previsto in sede di
contrattazione collettiva, ai sensi e per gli effetti dell'art.
17 della legge medesima.
8.
Astensione dal lavoro del padre lavoratore.
8.1 Dall'art. 13 del provvedimento di legge analizzato e' stato
modificato l'art. 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, mediante
l'introduzione dell'art. 6-bis, il quale attribuisce al padre
lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro nei primi tre
mesi dalla nascita del figlio in caso di morte o di grave infermita'
della madre, ovvero di abbandono, nonche' in ipotesi di affidamento
esclusivo del bambino al padre.
8.2 In tali fattispecie spetta l'intera retribuzione e debbono
essere debitamente documentate ovvero, nel caso di abbandono,
deve essere resa una dichiarazione ai sensi e per gli effetti
dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
8.3 E' stato altresi' inserito l'art. 6-ter della legge 9 dicembre
1977, n. 903, il quale estende i periodi di riposo di cui all'art.
10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, anche al padre lavoratore,
qualora sia il solo genitore affidatario, ovvero se la lavoratrice
madre, benche' lavoratrice dipendente, non intenda avvalersi
di detto beneficio, nonche' nell'ipotesi in cui la madre non
eserciti un'attivita' lavorativa dipendente.
9.
Permessi per l'assistenza a portatori di handicap e per i lavoratori
portatori di handicap.
9.1 Il legislatore del provvedimento in questa sede analizzato,
ha inteso ampliare le agevolazioni previste dall'art. 33 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104 "Legge-quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate"
a beneficio di coloro i quali prestano assistenza continuativa
in via esclusiva a portatori di handicap in situazioni di gravita'.
9.2 L'assistenza continuativa in via esclusiva prestata al familiare
disabile, non convivente, deve essere interpretata nel senso
che il lavoratore che intenda avvalersi di detto beneficio,
sia l'unico soggetto in grado di assicurare, sulla base del
soddisfacimento di un criterio logistico e nell'arco temporale
di riferimento, il proprio supporto nei confronti del portatore
di handicap.
9.3 Il dipendente che intenda avvalersi dei benefici in questione,
oltre a produrre la certificazione medica di cui all'art. 4
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, attestante lo stato di
handicap grave di cui e' affetto il familiare disabile, deve
rendere una dichiarazione, anche autocertificata, con la quale
attestare il possesso delle prescritte condizioni.
9.4 Per quanto attiene alla fruizione dei permessi mensili di
cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
giova sottolineare che continuano ad essere retribuiti, ai sensi
e per gli effetti della legge 27 ottobre 1993, n. 423, che ha
modificato in sede di conversione l'art. 3-ter del decreto-legge
27 agosto 1993, n. 324. In riferimento al trattamento giuridico
ed economico, si rinvia alla contrattazione collettiva di comparto.
9.5 Ai fini del trasferimento del lavoratore dipendente nella
sede dove risiede il disabile cui deve essere assicurata assistenza
continuativa, non e' piu' elemento vincolante il requisito della
convivenza con il portatore di handicap.
9.6 I permessi retribuiti di cui all'art. 33, comma 6, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono concessi al dipendente esso
stesso disabile, alternativamente, sulla base delle reali necessita'
che lo stesso intende soddisfare.
9.7 Lo scrivente Dipartimento, in passato, si e' pronunciato
con propri pareri, dando un'interpretazione letterale dell'art.
33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, intendendo
cosi' agevolare la condizione dei lavoratori portatori di handicap,
mediante la concessione cumulativa dei benefici di cui ai commi
2 e 3 del medesimo articolo di legge.
9.8 Con l'intervento del legislatore, che ha modificato tale
disposizione della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ponendo in
essere un'interpretazione autentica della stessa, non vi sono
dubbi sulla fruibilita' alternativa, anche frazionata, dei benefici
in questione.
9.9 Per quanto non modificato dalla legge n. 53/2000, continuano
ad applicarsi le istruzioni precedentemente diramate.
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