Disposizioni
in materia di superamento delle barriere architettoniche ed
intersezioni con le norme di prevenzione incendi
a
cura dell'Arch. Mario Abate
Ispettore Antincendi - Comando VV.F. - Milano
In
Italia esiste da anni una abbondante normativa sul problema
delle barriere architettoniche.
Dal canto loro le norme di prevenzione incendi prescrivono
che le attività lavorative e gli edifici civili siano
adeguati alle disposizioni sul superamento delle barriere
architettoniche.
Ma il problema si acutizza durante il verificarsi di un'emergenza
come, ad esempio, un incendio: in questo caso le vigenti disposizioni
appaiono insufficienti e deve necessariamente subentrare una
attenta valutazione dei rischi.
Su
un quotidiano del 03/01/98 si leggeva la notizia seguente:
"Dramma in Belgio a Charleroi: un incendio scoppiato
in una casa di riposo ha provocato la morte di quattro anziani
ed il ferimento di altri cinque. Le fiamme sono divampate
improvvisamente in una stanza e per i tre occupanti non vi
è stato più nulla da fare. Un quarto ospite
della casa di riposo, costretto su una sedia a rotelle, è
morto soffocato dal fumo. Cinque anziani sono stati ricoverati
in ospedale per bruciature e sintomi da asfissia. La causa
dell'incendio è accidentale. "
Questa
drammatica testimonianza ci porta a meditare sulle caratteristiche
di sicurezza degli edifici che occupiamo.
Alcuni ambienti potrebbero infatti essere caratterizzati dalla
presenza di persone che per qualsiasi motivo non si trovano
in ordinarie condizioni di mobilità.
Si tratta, come è facile immaginare, di soggetti non
nel pieno possesso delle capacità motorie comuni o
che sono comunque penalizzati da qualsiasi forma di handicap,
non ultimo quello derivante della età avanzata.
Ospedali,
case di cura, case di riposo, ospizi ed altri edifici analoghi
sono alcuni esempi di destinazioni d'uso dove il problema
delle barriere architettoniche si somma e si interseca con
quello della prevenzione incendi.
In questi casi infatti i criteri tecnici che usualmente si
considerano per le vie di esodo, l'aerazione, le scale antincendio,
le compartimentazioni, devono essere riesaminati riferendoli
alla problematica di chi può non essere autosufficiente
nell'esodo.
Come
noto, esiste una normativa molto dettagliata in merito al
superamento delle barriere architettoniche riferita sia agli
edifici pubblici che agli edifici privati.
A tale normativa si riferisce il Ministero dell'Interno richiedendo,
in materia di prevenzione incendi, che gli edifici, ove vi
sia presenza di persone non abili, siano adeguati alle vigenti
disposizioni relative al superamento delle barriere architettoniche.
Queste norme derivano da una analisi di problemi reali e concreti
ma riferiti, però, a situazioni di ordinarietà
e non a situazioni di emergenza.
In
realtà una persona disabile che voglia recarsi all'esterno
di un edificio può impiegare un certo tempo a percorrere
un corridoio, oppure a farsi trasportare da una piattaforma
elevatrice.
Quindi non si può pensare all'uso della piattaforma
se l'esodo della persona non abile deve avvenire in condizioni
di emergenza, ad esempio in presenza di fumo derivante da
un incendio.
Allo stesso modo è spesso indispensabile, per gli ordinari
spostamenti di anziani e disabili, l'uso degli ascensori.
Ma gli ascensori potrebbero non essere disponibili in emergenza
e come noto non si possono usare in caso di incendio (se non
hanno particolari requisiti).
I rischi aumentano poi in tutte quelle attività che,
a causa della presenza di barriere architettoniche, non consentono
il transito già in situazioni ordinarie delle persone
non autosufficienti.
Si
cercherà in questi appunti di analizzare l'intersezione
delle normative di prevenzione incendi da una parte e delle
normative sulla eliminazione delle barriere architettoniche
dall'altra.
Non
è fuori luogo iniziare ricordando l'art. 3 della Costituzione
italiana, che sancisce la sostanziale uguaglianza di tutti
i cittadini, indipendentemente dalle loro condizioni sociali
e personali.
"Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà
e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti
i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale
del Paese."
Esaminiamo
ora le norme in materia di superamento delle barriere architettoniche.
Si
riporta di seguito, per comodità del lettore, l'elenco
delle disposizioni emanate in materia:
Norme
inerenti la eliminazione delle barriere architettoniche
-
Circolare Ministero dei Lavori Pubblici del 29/1/67 n°
425
- Circolare Ministero dei Lavori Pubblici del 19/6/68 n°
4809
"Norme per assicurare la utilizzazione degli edifici
sociali da parte dei minorati fisici e per migliorame la godibilità
generale".
- Decreto Legge n° 5 del 30/01/1971
"Provvicienze in favore dei mutilati ed invalidi civili".
- Legge ordinaria del Parlamento n° 118 del 30/03/1971
"Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5
e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili".
- Decreto del Presidente della Repubblica n° 384 del 27/04/78
"Regolamento di attuazione dell'art. 27 della L. 30/03/71
n. 118, a favore dei mutilati e invalidi civili, in materia
di barriere architettoniche e trasporti pubblici"
(abrogato dal successivo D.P.R. 503/96);
- Legge n° 41 del 28/02/86
"Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato" (Legge finanziaria 1986);
- Legge ordinaria del Parlamento n° 13 del 09/01/1989
"Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione
delle barriere architettoniche negli edifici privati".
- Decreto Ministro dei Lavori Pubblici n° 236 del 14/06/89
"Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità,
l'adattabilità e la visitabilità degli edifici
privati e di edilizia residenziale pubblica e sovvenzionata
e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle
barriere architettoniche".
- Circolare Ministero dei Lavori Pubblici n° 1669 del
22/06/89
"Circolare esplicativa della Legge 09/01/89 n. 13".
- Legge n° 104 del 05/02/92
"Legge-quadro per l'assistenza l'integrazione sociale
e i diritti delle persone handicappate".
- Decreto Legislativo del Governo n. 626 del 19/09/94
"Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,
89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE
riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute
dei lavoratori sul luogo di lavoro".
- Circolare n° 102/95 del 07/08/1995
"Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Prime
direttive per l'applicazione".
- Decreto del Presidente della Repubblica n° 503 del 24/07/96;
"Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere
architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici".
Con
la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 29/1/67
n. 425 viene posta per la prima volta l'attenzione sulla esigenza
di tenere conto, sia nelle progettazioni di natura urbanistica,
sia particolarmente in quelle di natura edilizia, del problema
delle cosiddette "barriere architettoniche".
Queste vengono definite come gli ostacoli che incontrano individui
fisicamente menomati a muoversi nell'ambito degli spazi urbani
e negli edifici: ostacoli costituiti essenzialmente da elementi
altimetrici che si incontrano lungo i percorsi (gradini, risalti,
dislivelli, scale, ecc.) ovvero da esiguità di passaggi
e ristrettezza di ambienti (strettoie, cabine di ascensori,
apertura di porte, ecc.).
La circolare afferma che allo scopo di eliminare al massimo
tali difficoltà, è opportuno che nelle progettazioni
si evitino, per quanto possibile, percorsi che presentino
siffatti inconvenienti, ovvero siano previsti percorsi appositi,
eventualmente in alternativa, che facilitino il movimento
degli spastici o delle persone comunque impedite o minorate.
Il problema in questione è affrontato per la prima
volta, e ciò è evidenziato anche dalla improprietà
dei termini con cui vengono definite le persone non abili.
Successivamente
viene promulgata, sempre dal Ministero dei Lavori Pubblici,
la Circolare del 19/6/68 n. 4809, inerente "Norme per
assicurare la utilizzazione degli edifici sociali da parte
dei minorati fisici e per migliorame la godibilità
generale".
Tale documento deve considerarsi come il primo strumento predisposto
per assicurare la utilizzazione degli edifici sociali da parte
di persone inabili e per migliorarne in generale la fruibilità.
In esso si prende atto che tale problematica interessa, nel
1968, circa otto milioni di cittadini, pari a circa il 15%
della popolazione italiana.
Le
indicazioni progettuali qui contenute, che hanno valore integrativo
e non sostitutivo delle altre disposizioni vigenti, sono riferite
a strutture edilizie a carattere collettivo, con particolare
riguardo al settore dell'edilizia sociale, sia alle nuove
costruzioni che alle costruzioni esistenti, nel caso che queste
ultime siano sottoposte a ristrutturazione.
Troviamo
nella Circolare 4809 prescrizioni in merito alla progettazione
e realizzazione di accessi, piattaforme di distribuzione,
scale, corridoi, passaggi, porte, pavimenti, ascensori. Tali
disposizioni verranno successivamente riprese da altre norme
attualmente vigenti.
Nel
1971 viene promulgata la Legge n° 118, inerente nuove
norme in favore dei mutilati ed invalidi civili.
All'art.
2 si afferma che:
"
Agli effetti della presente legge, si considerano
mutilati ed invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni
congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi
gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico
o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti
sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente
della capacità lavorativa non inferiore a un terzo
o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti
a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
Ai soli fini dell'assistenza socio-sanitaria e della concessione
dell'indennità di accompagnamento, si considerano mutilati
ed invalidi i soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano
difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni
proprie della loro ... età. "
È
importante notare come in questa norma, sia pure ai soli fini
dell'assistenza socio-sanitaria, i soggetti anziani vengono
equiparati a persone non abili.
Tale concetto è sicuramente da acquisire ai fini della
prevenzione incendi.
Infatti una persona anziana ed una persona non abile a causa
di un handicap specifico possono avere in comune la stessa
difficoltà a percorrere le vie di fuga in emergenza.
All'art.
27 la stessa Legge 118 stabilisce che:
"Per facilitare la vita di relazione dei mutilati
e invalidi civili gli edifici pubblici o aperti al pubblico
e le istituzioni scolastiche, prescolastiche o di interesse
sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in
conformità alla circolare del Ministero dei Lavori
Pubblici del 15 giugno 1968 (la circolare n. 4809 precedentemente
illustrata, n.d.r.) riguardante la eliminazione delle barriere
architettoniche anche apportando le possibili e conformi varianti
agli edifici appaltati o già costruiti all'entrata
in vigore della presente legge; ... in nessun luogo pubblico
o aperto al pubblico può essere vietato l'accesso ai
minorati; in tutti i luoghi dove si svolgono pubbliche
manifestazioni o spettacoli, che saranno in futuro edificati,
dovrà essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi
in carrozzella; gli alloggi situati nei piani terreni dei
caseggiati dell'edilizia economica e popolare dovranno essere
assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà
di deambulazione, qualora ne facciano richiesta".
Sembra
quindi che dal lontano 1971, grazie ad una Legge dello Stato,
le disposizioni della Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici
n. 4809 siano state elevate al rango di norma cogente, divenendone
obbligatorio il rispetto in base all'art. 27 della L. 118.
Dal 1971, perciò, i nuovi edifici a carattere pubblico
dovevano essere progettati e realizzati nel pieno rispetto
della suddetta circolare.
Come già detto il campo di applicazione della stessa
era quello delle nuove strutture edilizie a carattere collettivo.
Le regole di buona tecnica comunque potevano essere applicate,
come sottolineato dalla circolare stessa, anche all'edilizia
collettiva in generale, e all'edilizia residenziale.
D'altra
parte la Circolare 4809 sottolineava chiaramente che le prescrizioni
tecniche da essa dettate non escludevano soluzioni tecniche
più avanzate, ma dovevano al contrario essere intese
come stimolo per ulteriori progettazioni e realizzazioni di
mezzi ed accorgimenti di più elevato grado e contenuto
tecnico.
Il
successivo Decreto del Presidente della Repubblica n. 384
del 27/04/78 costituisce il regolamento di attuazione dell'art.
27 della L. 30/03/71 n. 118. Si riferisce alle strutture pubbliche
con particolare riguardo a quelle di carattere collettivo
e sociale di nuova costruzione (o comunque soggette a ristrutturazione).
Il decreto ripropone i contenuti della già citata circolare
ministeriale 4809 del 19/06/68.
Il D.P.R. 384, recentemente sostituito dal successivo D.P.R.
503/96, definisce il concetto di edificio pubblico a carattere
collettivo e sociale, specificando che è da intendersi
tale qualsiasi costruzione avente interesse amministrativo,
culturale, giudiziario, economico, sanitario, e comunque ogni
edificio in cui si svolgono attività comunitarie o
nei quali vengono prestati servizi di interesse generale.
È
interessante notare che l'art. 1 stabilisce, comunque, al
quarto comma che:
"Agli edifici già esistenti, anche se non ristrutturati,
dovranno essere apportate le possibili e conformi varianti".
Rimane
da definire cosa si intende per "variante possibile".
Molto
più categorico il disposto della successiva Legge n.
41 del 28/02/86: "Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato", che
all'art. 32, comma 20, afferma perentoriamente che:
"... non possono essere approvati progetti di costruzione
o ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi
alle disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica
27/04/78 n. 384 in materia di superamento delle barriere architettoniche.
Non possono altresì essere erogati dallo Stato o da
altri enti pubblici contributi o agevolazioni per la realizzazione
di progetti in contrasto con le norme di cui al medesimo decreto."
Si
sottolinea inoltre il contenuto del medesimo articolo al comma
21:
"Per gli edifici pubblici già esistenti non
ancora adeguati alle prescrizioni del Decreto del Presidente
della Repubblica 27/04/78 n. 384, dovranno essere adottati
da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione
delle barriere architettoniche entro un anno dalla entrata
in vigore della presente legge. "
Tale
frase ricorda molto da vicino i piani di adeguamento previsti
dal D.Lgs. 626/94, da realizzarsi ed attuarsi a seguito della
redazione della valutazione di rischio di cui all'art. 4 del
decreto medesimo.
Dal
1986 quindi, ed entro l'anno 1987, le amministrazioni dovevano
redigere ed attuare una precisa pianificazione dei lavori
necessari per garantire la conformità alle vigenti
disposizioni (D.P.R. 384/78) in materia di barriere architettoniche
degli edifici pubblici esistenti.
Detto ciò, arriviamo a quella che è sicuramente
la norma più conosciuta fra quelle inerenti le barriere
architettoniche: la Legge n. 13 del 09/01/89.
L'oggetto
della norma è: "Disposizioni per favorire il
superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche
negli edifici privati".
L'effetto
sortito a seguito della sua promulgazione è stato quello
di una maggiore diffusione della conoscenza del problema delle
barriere architettoniche, spostandosi il campo d'azione di
tale legge fin nell'intimità della privata abitazione.
La
suddetta norma stabilisce che i progetti di nuovi edifici
o di ristrutturazione di quelli esistenti devono essere redatti
in conformità alle prescrizioni di un emanando regolamento
di attuazione, il successivo D.M. 236/89.
La L. 13/89 stabilisce (art. 1) che la progettazione delle
nuove residenze o edifici privati deve comunque prevedere:
1 . accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi
per l'accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala;
2. idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole
unità immobiliari;
3. almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei
mezzi di sollevamento;
4. l'installazione, nel caso di immobili con più di
tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale
raggiungibile mediante rampe prive di gradini.
Il
successivo Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 236
del 14/06/89 riporta le:
"Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità,
l'adattabilità e la visitabilità degli edifici
privati e di edilizia residenziale pubblica e sovvenzionata
e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle
barriere architettoniche. "
Ai
sensi del D.M. 236/89 si intendono quali barriere architettoniche:
a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità
di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi
causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita
in forma permanente o temporanea;
b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda
e sicura utifizzazione di parti, attrezzature o componenti;
c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono
l'odentamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle
fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non
vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi. "
Nel
D.M. 236/89 troviamo un primo riferimento normativo che mette
in connessione il problema delle barriere architettoniche
con le tematiche antincendio.
All'art.
4.6 si afferma infatti che: "Qualsiasi soluzione
progettuale per garantire l'accessibilità o la visitabilità
deve comunque prevedere una adeguata distribuzione degli ambienti
e specifici accorgimenti tecnici per contenere i rischi di
incendio anche nei confronti di nersone con ridotta o impedita
capacità motoria o sensoriale.
A tal fine dovrà essere preferita, ove tecnicamente
possibile e nel rispetto delle vigenti normative, la suddivisione
dell'insieme edilizio in "compartimenti antincendio"
piuttosto che l'individuazíone di "sistemi di
via d'uscita" costituiti da scale di sicurezza non utilizzabili
dalle persone con ridotta o impedita capacità motoria.
La suddivisione in compartimenti, che costituiscono "luogo
sicuro statico" così come definito dal decreto
ministeriale 30 novembre 1983, recante "termini, definizioni
generali e simboli grafici di prevenzione incendi" pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 339 del 12 dicembre 1983, deve
essere effettuata in modo da prevedere ambienti protetti opportunamente
distribuiti ed in numero adeguato, resistenti al fuoco e facilmente
raggiungibili in modo autonomo da parte delle persone disabili,
ove attendere i soccorsi. "
Viene
chiaramente affermato che un percorso di esodo può
spesso essere troppo lungo per persone con ridotte capacità
motorie, e che una scala protetta dagli effetti dell'incendio,
che conferisce in genere all'edificio un discreto grado di
sicurezza, può essere addirittura inaccessibile per
una persona non abile.
Netta preferenza viene quindi espressa dalla norma per la
compartimentazione antincendio, cioè per la divisione
dell'edificio in vari settori mediante strutture e porte tagliafuoco
oltre le quali ripararsi ed attendere i soccorsi.
Il D.M. 236/89 considera tre livelli di fruibilità
dei luoghi:
-
accessibilità;
-
visitabilità;
-
adattabilità.
L'accessibilità
esprime il massimo grado di usabilità dell'immobile
da parte del soggetto non abile. Consente la fruizione completa
di tutti gli ambienti, in condizioni di autonomia.
La
visitabilità rappresenta invece una accessibilità
limitata a parte dell'immobile; la persona non abile può
accedere agli spazi di relazione ed almeno ad un servizio
igienico di ogni unità immobiliare. Per spazi di relazione
si intendono gli spazi di soggiorno o pranzo di un alloggio
e gli spazi dei luoghi di lavoro, di servizio e di incontro.
L'adattabilità
è il livello più basso di fruibilità
per l'handicappato. Anzi, è una non fruibilità,
costituendosi unicamente di una previsione progettuale di
trasformazione. L'adattabilità è quindi una
accessibilità potenziale, ma non in atto. Consiste
nella concreta possibilità di modificare gli spazi
a costi accettabili, qualora questi debbano essere usati da
una o più persone non abili.
Ai
fini della prevenzione incendi ovviamente non ci interessiamo
della adattabilità. Potremmo accontentarci del requisito
della visitabilità. In un edificio visitabile la persona
non abile può arrivare fino e non oltre le parti comuni.
Allo stesso modo in caso di emergenza non sarà impedito
il percorso inverso, quello di esodo verso luogo sicuro.
L'art.
3 comma 3 del D.M. 236/89 stabilisce:
"Devono inoltre essere accessibili:
b) gli ambienti destinati ad attività sociali, come
quelle scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali, sportive;
c) gli edifici sedi di aziende o imprese soggette alla normativa
sul collocamento obbligatorio..."
In particolare in base al D.M. 236/89 un locale sede di riunioni
o spettacoli si considera visitabile se almeno una zona destinata
al pubblico, oltre ad un servizio igienico, sono accessibili.
Al contrario gli spazi di relazione e dei servizi previsti
non possono non essere fruibili.
Le
sedi di attività ricettive quali alberghi, ecc. sono
considerate visitabili se tutte le parti comuni ed almeno
un certo numero di stanze e di spazi all'aperto sono accessibili.
Nei luoghi destinati allo svolgimento di funzioni religiose,
deve essere accessibile almeno una zona riservata ai fedeli
per determinare la condizione di visitabilità dell'intero
locale.
Allo stesso modo in tutti gli spazi di relazione aperti al
pubblico bisogna garantire la accessibilità ai luoghi
stessi e ad un servizio igienico.
È
evidente quindi che la situazione migliore per un edificio
dove possono trovarsi degli handicappati è la accessibilità,
cioè la completa ed indipendente fruibilità
di tutti gli spazi.
Tuttavia,
come precedentemente affermato, può essere accettabile,
ai fini antincendio il requisito della visitabilità.
Il controllo della conformità alle norme sul superamento
delle barriere architettoniche spetta al Sindaco. Questi deve
verificarne il rispetto prima di rilasciare licenza di abitabilità
o di agibilità (ai sensi dell'art. 221 del R.D. 1265
del 27/7/34).
Al Sindaco spetta pure la concessione di deroghe negli interventi
di ristrutturazione, che potranno essere accordate unicamente
in caso di dimostrata impossibilità tecnica a realizzare
le prescrizioni di legge.
Le deroghe sono concesse dal Sindaco in sede di provvedimento
autorizzativo previo parere favorevole dell'Ufficio tecnico
o del Tecnico incaricato dal Comune per l'istruttoria dei
progetti.
Abbiamo
visto come il problema principale delle barriere architettoniche
nella prevenzione incendi coincida sostanzialmente con la
necessità di garantire l'esodo ai non abili. Si esamineranno
quindi di seguito i principali requisiti dei percorsi di esodo
in base alle prescrizioni del D.M. 236/89.
VIE
DI ESODO
I corridoi devono avere una larghezza minima sufficiente
a consentire il transito agevole della sedia su ruote.
Devono presentare andamento quanto più possibile continuo
e con variazioni di direzione ben evidenziate. Tutte le variazioni
di livello devono essere superate mediante rampe.
Come
prescritto dall'art. 13 del D.P.R. 547/55, nei luoghi di lavoro
le porte di emergenza devono in via generale aprire nel verso
dell'esodo.
Anche qualora un ambiente non si configurasse come luogo di
lavoro, ma all'interno dello stesso vi fossero delle persone
alle quali è necessario assicurare l'esodo, vi sarebbe
la medesima necessità di far aprire le porte delle
uscite di emergenza nel verso dell'esodo.
In
base al disposto dell'art. 8.1.1 del D.M. 236/89 le porte
devono avere luce netta di accesso di almeno cm. 80.
Tale larghezza coincide con quella minima prescritta dall'art.
14 del D.P.R. 547/55. Art. 14 del D.P.R. 547/55:
"a)
quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta
avente larghezza minima di m 0, 80;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente
ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale
deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di
m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente
ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale
deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di
m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che
si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente
ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta
alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere
dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo
avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente
ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati lìmitatamente
all'eccedenza rispetto a 100. "
Si
sottolinea come una porta tagliafuoco larga 120 centimetri,
costituita da una sola anta e provvista di molla di richiusura,
potrebbe costituire un ostacolo per una persona non abile,
se la molla è troppo efficiente. La porta dovrà
quindi essere apribile esercitando una pressione non superiore
a kg. 8. L'eventuale maniglione antipanico dovrà essere
installato alla consueta altezza di cm. 90.
Nel
caso di porte ubicate lungo le vie di esodo che non si aprano
nel senso di uscita, occorrerà valutare attentamente
la dimensione degli spazi antistanti le porte, allo scopo
di consentire le necessarie manovre da effettuarsi da parte
di chi si muove su una sedia a ruote.
Sono al bando saracinesche a rullo, porte scorrevoli verticalmente
e porte girevoli su asse centrale.
Le porte vetrate dovranno essere facilmente individuabili
mediante l'apposizione di opportuni segnali. Possono essere
ammesse le porte ad apertura automatica elettrica, purchè
in caso di assenza di corrente queste si aprano automaticamente
oppure possano essere aperte comunque a spinta nel verso dell'esodo.
Inoltre, verificandosi una emergenza qualsiasi, è necessario
un comando in grado di garantire comunque l'apertura, ubicato
in prossimità della porta stessa.
Importantissima la segnalazione dello stesso con opportuna
cartellonistica, altrimenti ne si invalida la installazione.
Non tutti, infatti, potrebbero capire che si tratta di uno
sgancio di emergenza preposto all'apertura della porta.
PAVIMENTI
I pavimenti dovranno essere quanto più possibile
complanari. Eventuali differenze di livello dovranno essere
contenute entro il massimo di cm. 2,5. Diversamente dovranno
essere raccordate mediante rampe di pendenza quanto più
modesta possibile.
Eventuali
grigliati a pavimento dovranno avere dimensione delle maglie
tale da non costituire ostacolo o pericolo rispetto a ruote,
bastoni di sostegno, ecc.
Gli zerbini dovranno essere incassati.
ARREDI
FISSI
Ovviamente gli arredi fissi non dovranno costituire ostacolo
od impedimento all'esodo. Tale regola vale indipendentemente
dalla presenza di persone non abili. Tutti i sistemi di apertura
e chiusura, se automatici, dovranno essere temporizzati in
modo da consentire un agevole passaggio anche ai disabili
su sedia a ruote.
COMANDI
IMPIANTISTICI DI EMERGENZA
Tutti gli impianti dovranno essere corredati da comando
di emergenza ubicato altimetricamente e piani metricamente
in maniera opportuna, in posizione protetta, visibile e raggiungibile
anche da persona con ridotte capacità motorie. I comandi
di emergenza dovranno essere perfettamente segnalati da cartellonistica
conforme alle prescrizioni del D.Lgs. 493/96.
Lo stesso discorso vale per gli attuatori di allarme.
Gli apparecchi elettrici, i quadri generali, le valvole ed
i rubinetti di arresto, i campanelli di allarme e i citofonici
dovranno essere posti ad una altezza compresa tra 40 e 140
cm., perfettamente segnalati.
In
generale, come d'altronde prescritto al punto 4.3 del D.M.
236/89:
"
ogni situazione di pericolo deve essere resa
immediatamente avvertibile anche tramite accorgimenti e mezzi
riferibili sia alle percezioni acustiche che a quelle visive."
SCALE
Le porte di apertura verso la scala dovranno avere uno
spazio antistante di opportuna profondità. I gradini
delle scale dovranno avere pedata antisdrucciolevole. I corrimano
dovranno essere funzionali e realizzati con materiale resistente
e non tagliente; eventualmente fosse necessario dovranno essere
installati su entrambi i lati della scala.
La larghezza delle rampe e dei pianerottoli dovrà permettere
il passaggio contemporaneo di due persone ed il passaggio
agevoie di una barella, con una inclinazione massima del 15%
sull'asse longitudinale.
Per le nuove costruzioni è sicuramente da considerarsi
una larghezza di almeno mt.1,20.
La scala dovrà avere una pendenza limitata e costante
per l'intero sviluppo della scala.
La lunghezza delle rampe dovrà essere contenuta; diversamente
la si dovrà interrompere con un ripiano in grado di
arrestare la caduta del corpo umano.
Le rampe delle scale dovranno essere facilmente percepibili
anche per i non vedenti.
Un segnale a pavimento (fascia di materiale diverso o comunque
percepibile anche per i non vedenti), situato almeno a 30
cm. dal primo e dall'ultimo scalino, dovrà indicare
l'inizio e la fine della rampa.
Il parapetto che costituisce difesa verso il vuoto dovrà
avere una altezza minima di mt. 1,00 ed essere inattraversabile
da una sfera di diametro di cm. 10.
RAMPE
La pendenza delle rampe non dovrà superare l'8%.
Potranno essere ammesse pendenze superiori, nei casi di adeguamento,
rapportate allo sviluppo lineare effettivo della rampa.
ASCENSORE
L'ascensore dovrà avere la cabina di dimensioni
sufficienti a contenere una o più persone su sedia
a ruote.
Il sistema di apertura delle porte dovrà essere dotato
di idoneo meccanismo per l'arresto e l'inversione della chiusura
in caso di ostruzione del vano porta.
I tempi di apertura e di chiusura delle porte dovranno assicurare
un agevole e comodo accesso della persona su sedia a ruote.
Il pianerottolo di sbarco dell'ascensore dovrà avere
le dimensioni necessarie a consentire le manovre di una sedia
a ruote.
Dovranno essere previsti dispositivi luminosi per i sordi
ed acustici per i ciechi.
Le porte dovranno rimanere aperte per almeno 8 secondi ed
il tempo di chiusura non dovrà essere inferiore a 4
secondi.
L'arresto ai piani dovrà avvenire con autoliveliamento
con tolleranza massima di 2 centimetri.
Lo stazionamento della cabina ai piani di fermata dovrà
avvenire con porte chiuse.
La bottoniera di comando interna ed esterna dovrà avere
i bottoni ad una altezza massima compresa tra 1, 10 e 1,40
m.
Nell'interno della cabina, oltre al campanello di allarme,
dovrà essere posto un citofono ad altezza compresa
tra 1, 10 m. e 1,30 m. e una luce d'emergenza con autonomia
minima di 3 ore.
I pulsanti di comando dovranno prevedere la numerazione in
rilievo e le scritte con traduzione in Braille: in adiacenza
alla bottoniera esterna dovrà porsi una placca di riconoscimento
di piano in caratteri Brailie.
Si dovrà prevedere la segnalazione sonora dell'arrivo
al piano e, ove possibile, l'installazione di un sedile ribaltabile
con ritorno automatico.
Nelle
strutture ricettive ubicate in edifici aventi altezza antincendio
superiore a 54 m. dovranno essere previsti "ascensori
antincendio" da poter utilizzare, in caso di incendio,
nelle operazioni di soccorso.
Tale tipo di ascensori dovranno essere inoltre previsti in
tutte quelle circostanze in cui sia necessario disporne durante
l'emergenza a causa, ad esempio, della presenza di allettati.
In questo caso il dimensionamento delle cabine degli ascensori
antincendio non potrà essere casuale o comunque derivante
solo da quanto stabilito dalle norme specifiche in materia
di ascensori o di barriere architettoniche: al contrario la
dimensione di ogni cabina di ascensore antincendio dovrà
essere valutata in considerazione del numero delle cabine
antincendio disponibili, del numero di persone da trasportare
in emergenza e del numero di viaggi che si intendono effettuare
per completare l'esodo degli occupanti in un tempo ragionevole.
Le caratteristiche tecniche di un ascensore antincendio sono
sostanzialmente le seguenti:
-
Le strutture del vano corsa e del locale macchinario dell'ascensore
antincendio dovranno possedere caratteristica di resistenza
al fuoco pari almeno a REI 120.
-
L'accesso allo sbarco dei piani dovrà avvenire da
filtro a prova di fumo di resistenza al fuoco REI 120.
-
L'accesso al locale macchinario dovrà avvenire direttamente
dall'esterno o tramite filtro a prova di fumo, realizzato
con strutture di resistenza al fuoco REI 120;
-
Gli ascensori dovranno disporre di doppia alimentazione
elettrica, una delle quali di sicurezza.
-
In caso d'incendio si dovrà realizzare il passaggio
automatico da alimentazione normale ad alimentazione di
sicurezza, e la manovra degli ascensori antincendio dovrà
essere riservata agli addetti all'emergenza appositamente
incaricati ed ai vigili del fuoco.
-
I montanti dell'alimentazione elettrica normale e di sicurezza
del locale macchinario dovranno essere protetti contro l'azione
del fuoco e tra di loro nettamente separati.
-
Gli ascensori dovranno essere muniti di un sistema citofonico
tra cabina, locale macchinario e pianerottoli.
-
Gli ascensori antincendio inoltre devono avere il vano corsa
ed il locale macchinario distinti dagli altri ascensori.
I
servoscala e le piattaforme elevatrici non sono azionabili
in emergenza.
Come già detto non sono quindi da prendere in considerazione
come sistemi di trasferimento degli handicappati durante l'attuazione
del piano di evacuazione.
SPAZI
CALMI
In base al punto 4.6 del D.M. 236/89, occorre:
"... prevedere ambienti protetti opportunamente distribuiti
ed in numero adeguato, resistenti al fuoco e facilmente raggiungibili
in modo autonomo da parte delle persone disabili, ove attendere
i soccorsi".
Tale "ambiente protetto" ricorda la definizione
di "spazio calmo" di cui al D.M. 09/04/94 (la nota
regola tecnica sugli alberghi):
"... spazio calmo: luogo sicuro statico contiguo e
comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito.
Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità
delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire
la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità
motorie in attesa dei soccorsi".
Il
piano di emergenza dell'attività dovrà illustrare
in maniera chiara e dettagliata come si intende garantire
la incolumità e l'esodo dei non abili dai piani superiori
in caso di incendio, e quanti addetti sono necessari per svolgere
tale mansione.
Proseguendo
nell'esame delle disposizioni normative che regolano l'argomento
delle barriere architettoniche, prendiamo in considerazione
la Legge n. 104 del 05/02/92 "Legge-quadro per l'assistenza,
l'ntegrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
"
Particolarmente significativo l'art. 23, che pone una sanzione
amministrativa a carico dei gestori di alberghi ed altri pubblici
esercizi che eventualmente discriminino persone portatrici
di handicap:
"
Chiunque nell'esercizio delle attività
di cui all'art.5 primo comma, della legge 17/5/1983, n. 217
(imprese turistiche, quelle che svolgono attività di
gestione di strutture ricettive ed annessi servizi turistici,
n. d. r.) o di altri pubblici esercizi, discrimina persone
handicappate è punito con la sanzione amministrativa
del pagamento di una somma da lire un milione a lire dieci
milioni e con la chiusura dell'esercizío da uno a sei
mesi".
Il
successivo articolo 24 riprende tutta la legislazione in materia
(da noi precedentemente illustrata) ribadendone la cogenza
nella realizzazione di edifici pubblici e privati:
"
1) Tutte le opere edilizie riguardanti edifici
pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili
di limitare l'accessibilità e la visitabilità
di cui alla legge 09/01/1989, n. 13, e successive modificazioni,
sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui
alla legge 30/01/1971, n. 118, e successive modificazioni,
al regolamento approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 27/04/1978, n. 384, alla citata legge n. 13 del
1989, e successive modificazioni, e al citato decreto del
Ministro dei Lavori Pubblici 14/06/1989, n. 236.
5) Nel caso di opere pubbliche, l'accertamento di conformità
alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere
architettoniche spetta all'Amministrazione competente, che
ne dà atto in sede di approvazione del progetto.
".
Viene
qui ribadito che gli uffici tecnici dell'amministrazione appaltante
devono effettuare i controlli della corrispondenza dei progetti
degli edifici alle norme in materia di superamento delle barriere
architettoniche. È responsabilità del sindaco
accertare, prima del rilascio del certificato di agibilità
o di abitabilità, la conformità dell'immobile
alle disposizioni vigenti.
La legge 104/92 afferma perentoriamente che tutte le opere
realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico
in difformità alle disposizioni in materia di eliminazione
delle barriere architettoniche e nelle quali le difformità
siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera
da parte delle persone handicappate, sono dichiarate inabitabili
e inagibili.
Il
progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico
degli accertamenti per l'agibilità o l'abitabilità
ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza sono
considerati direttamente responsabili. Essi sono puniti con
l'ammenda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione
dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso
da uno a sei mesi.
Anche
il Decreto Legislativo n° 626 del 19/09/94, relativamente
ai luoghi di lavoro, si occupa specificamente di barriere
architettoniche, all'art. 30, affermando che: "
i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto,
se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap."
Tale obbligo vige "per le porte, le vie di circolazione,
le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati
od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap".
La
disposizione inerente l'adeguamento dei luoghi di lavoro non
si applica "ai luoghi di lavoro già utilizzati
prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate
misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione
dei servizi sanitari e di igiene personale. "
Tale
formulazione dell'art. 30 del D.Lgs. 626/94 appare discutibile.
Da una parte vige l'obbligo di garantire anche ai non abili
la possibilità di fruire degli spazi di lavoro, dall'altra
tale possibilità viene meno per le aziende preesistenti
ad una certa data.
Il che non è comunque accettabile, laddove il mancato
adeguamento possa configurare effettivo pericolo in situazioni
di emergenza.
Peraltro il decreto stabilisce che deve comunque garantirsi
la "mobilità" dei non abili.
Quindi,
sempre e comunque, bisognerà prevedere i necessari
adeguamenti. Ma che cosa vuol dire garantire la mobilità?
La mobilità può ragionevolmente corrispondere
alla "visitabilità" del luogo di lavoro,
intesa nell'accezione di cui al già citato D.M. 236/87,
riferita alle parti comuni dell'edificio ed ovviamente al
posto di lavoro del non abile.
Ovviamente dovrà pure garantirsi la "mobilità"
del non abile verso l'uscita in caso di emergenza, al pari
di tutti gli altri lavoratori, indipendentemente dagli adeguamenti
strutturali che ciò può comportare.
Non può d'altra parte ignorarsi il disposto dell'art.
34 del D.P.R. 547/55, vigente nei luoghi di lavoro da circa
44 anni, e che non pone alcuna distinzione fra lavoratori
abili e non abili:
"deve essere assicurato, in caso di necessità,
l'agevole e rapido allontanamento dei lavoratori dai luoghi
pericolosi".
Non solo. Sino a che i luoghi di lavoro non vengono adeguati
da tale punto di vista, il datore di lavoro dovrà adottare
tutte le misure alternative necessarie a garantire un livello
di sicurezza equivalente (art. 31 comma 3 D.Lgs. 626/94).
Predisporre misure alternative in attesa della realizzazione
dei lavori di adeguamento significa sostanzialmente redigere
un valido piano di emergenza e renderlo operativo.
Alla
stessa logica conclusione arriva anche la Circolare Ministeriale
102/95, che commentando il D.Lgs. 626/94 afferma:
"Per quanto concerne le specifiche disposizioni (articolo
30 commi 4,5 e 6) dettate a tutela dei lavoratori portatori
di handicap si precisa che, ferma restando l'applicazione
delle disposizioni concernenti l'abbattimento delle barriere
architettoniche (D.P.R. n. 384/78, Legge n. 13/89 e relativo
regolamento di attuazione approvato con D.M. n. 236/89, Legge
n. 104/92), esse devono essere attuate effettivamente presenti
detti lavoratori.
Inoltre, ove si rendessero necessarie, nei casi suddetti,
le misure di cui al comma 6, relative ai luoghi di lavoro
già utilizzati prima del l° gennaio 1993, esse
dovranno essere adottate nei tempi congrui alla realizzazione
degli interventi necessari. "
l
tempi congrui alla realizzazione degli interventi sono senz'altro
quelli tecnici strettamente necessari alla effettuazione dei
lavori.
Nel
1996 viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale S.O. n°
227 del 27/09/1996 il D.P.R. n° 503 del 24/07/96, "Regolamento
recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche
negli edifici, spazi e servizi pubblici. "
Tale regolamento abroga e sostituisce le disposizioni del
già citato D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384. Il campo
di applicazione della norma è simile a quello dell'abrogato
D.P.R. 384/78: è infatti quello degli edifici e spazi
pubblici di nuova costruzione, ancorché di carattere
temporaneo, e quello degli edifici esistenti qualora sottoposti
a ristrutturazione.
Le regole tecniche si applicano altresì agli edifici
e spazi pubblici sottoposti a qualunque altro tipo di intervento
edilizio suscettibile di limitare l'accessibilità e
la visitabilità, così come intese dalla L. 13/89,
almeno per la parte oggetto dell'intervento stesso.
Sono inoltre oggetto della norma gli edifici e spazi pubblici
in tutto o in parte soggetti a cambiamento di destinazione
se finalizzati all'uso pubblico, nonché ai servizi
speciali di pubblica utilità quali tranvie, filovie,
linee automobilistiche e metropolitane.
Pur valendo per le nuove costruzioni e per le ristrutturazioni
di quelle esistenti, la norma stabilisce comunque che:
"Agli edifici e spazi pubblici esistenti, anche se
non soggetti a recupero o riorganizzazione funzionale, devono
essere apportati tutti quegli accorgimenti che possono migliorame
la fruibilità sulla base delle norme contenute nel
presente regolamento."
E che:
"In attesa del predetto adeguamento ogni edificio
deve essere dotato, entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente regolamento, a cura dell'amministrazione
pubblica che utilizza l'edificio, di un sistema di chiamata
per attivare un servizio di assistenza tale da consentire
alle persone con ridotta o impedita capacità motoria
o sensoriale la fruizione dei servizi espletati,"
L'art.
13 del D.P.R. 503/96 "Norme generali per gli edifici",
rimanda alle disposizioni tecniche previste dal già
illustrato D.P.R. 236/89:
"Negli edifici pubblici deve essere garantito un livello
d'accessibilità degli spazi interni tale da consentire
la fruizione dell'edificio sia al pubblico che al personale
in servizio, secondo le disposizioni di cui all'art. 3 del
decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n.
236".
Interessante,
per quanto ci compete, il disposto del comma 5 dell'art. 13,
il quale stabilisce che nella applicazione di norme "concernenti
specifici settori, quali sicurezza, contenimento consumi energetici,
tutela ambientale, ecc., devono essere studiate o adottate,
nel rispetto di tali normative, soluzioni conformi alle disposizioni
del presente regolamento".
L'art.
18 del D.P.R. 503/96 è inerente ai raccordi con la
normativa antincendio, però rimanda interamente a quanto
già riportato in materia dal D.P.R. 236/89 al punto
4.6. già illustrato.
"Per i raccordi con la normativa antincendio, ferme
restando le disposizioni vigenti in materia di sistemi di
via d'uscita, valgono le norme stabilite al punto 4.6 del
decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n.
236."
All'art.
23 il D.P.R. 503/96 si parla delle barriere architettoniche
negli edifici scolastici:
"Gli edifici delle istituzioni prescolastiche, scolastiche,
comprese le università e delle altre istituzioni di
interesse sociale nel settore della scuola devono assicurare
la loro utilizzazione anche da parte di studenti non deambulanti
o con difficoltà di deambulazione."
e che:
"Nel caso di edifici scolastici a più piani
senza ascensore, la classe frequentata da un alunno non deambulante
deve essere situata in un'aula al pianterreno raggiungibile
mediante un percorso continuo orizzontale o raccordato con
rampe."
Come già detto anche nel caso in cui l'ascensore fosse
effettivamente disponibile, sarà sempre buona norma
ubicare le persone non abili al piano terreno, non essendo
generalmente l'ascensore utilizzabile in emergenza.
Lo stesso criterio vale ad esempio per le attività
ricettive: siccome in nessun luogo può essere rifiutato
l'accesso ad una persona non abile, se ne ricava che tali
attività (anche ai fini della conformità al
D.M. 09/04/94, vigente per le attività ricettive in
materia di prevenzione incendi) devono essere adeguate alle
norme in materia di barriere architettoniche almeno per la
parte di edificio dove si prevede l'alloggiamento delle persone
non abili. Dovrà pertanto garantirsi l'alloggiamento
di tali individui ai piani quanto più prossimi al terreno,
e garantirne comunque l'esodo in caso di necessità
mediante la squadra di emergenza.
Concludiamo
l'esame delle norme vigenti in materia di barriere architettoniche
con il recente D.M. 10/03/98, il cui contenuto era stato sia
pure per grandi linee anticipato dalla Circolare del Ministero
dell'interno P1564/4146 del 29/08/95.
Il suddetto decreto, in linea con la filosofia del D.Lgs.
626/94, costituisce la logica e necessaria intersezione tra
le norme sulle barriere architettoniche e le norme di prevenzione
incendi.
Infatti al punto 1.3 inerente gli obiettivi della valutazione
dei rischi di incendio, stabilisce che:
"La valutazione dei rischi di incendio deve consentire
al datore di lavoro di prendere i provvedimenti che sono effettivamente
necessari per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e
delle altre persone presenti nel luogo di lavoro.
La valutazione del rischio di incendio tiene conto:
del numero di persone presenti, siano esse lavoratori dipendenti
che altre persone, e della loro prontezza ad allontanarsi
in caso di emergenza ".
ed al punto 1.42:
"
Occorre tuttavia considerare attentamente
i casi in cui una o più persone siano esposte a rischi
particolari in caso di incendio
A titolo di esempio
si possono citare i casi in cui:
- siano presenti persone la cui mobilità, udito o vista
sia limitata;
- siano presenti persone che possono essere incapaci di reagire
prontamente in caso di incendio o possono essere particolarmente
ignare del pericolo causato da un incendio, poiché
lavorano in aree isolate e le relative vie di esodo sono lunghe
e di non facile praticabilità".
Il
decreto considera come luoghi a rischio di incendio elevato
quei locali ove, indipendentemente dalla presenza di sostanze
infiammabili e dalla facilità di propagazione delle
fiamme, le limitazioni motorie delle persone presenti rendono
difficoltosa l'evacuazione in caso di incendio.
A tal fine il datore di lavoro dovrà individuare le
necessità particolari dei lavoratori e delle altre
persone disabili comunque presenti nelle fasi di pianificazione
delle misure di sicurezza antincendio e delle procedure di
evacuazione.
Per il decreto sono persone disabili anche le persone anziane,
le donne in stato di gravidanza, le persone con arti fratturati
ed i bambini.
Inoltre:
"Nel predisporre il piano di emergenza, il datore
di lavoro deve prevedere una adeguata assistenza alle persone
disabili che utilizzano sedie a rotelle ed a quelle con mobilità
limitata.
Gli ascensori non devono essere utilizzati per l'esodo, salvo
che siano stati appositamente realizzati per tale scopo.
Quando non sono installate idonee misure per il superamento
di barriere architettoniche eventualmente presenti oppure
qualora il funzionamento di tali misure non sia assicurato
anche in caso di incendio, occorre che alcuni lavoratori,
fisicamente idonei, siano addestrati al trasporto delle persone
disabili. "
Per
quanto concerne l'assistenza alle persone con visibilità
o udito menomato o limitato, viene affermato che:
"Il datore di lavoro deve assicurare che i lavoratori
con visibilità limitata, siano in grado di percorrere
le vie di uscita.
In caso di evacuazione del luogo di lavoro, occorre che lavoratori,
fisicamente idonei ed appositamente incaricati, guidino le
persone con visibilità menomata o limitata. Durante
tutto il periodo dell'emergenza occorre che un lavoratore,
appositamente incaricato, assista le persone con visibilità
menomata o limitata.
Nel caso di persone con udito limitato o menomato esiste la
possibilità che non sia percepito il segnale di allarme.
In tali circostanze occorre che una persona appositamente
incaricata, allerti l'individuo menomato."
Viene
ribadito che per quanto riguarda l'utilizzo di ascensori le
persone disabili possono utilizzare un ascensore solo se è
predisposto per l'evacuazione o se è un ascensore antincendio,
ed inoltre tale impiego dovrà avvenire solamente sotto
il controllo di personale pienamente a conoscenza delle procedure
di evacuazione.
Con il D.M. 10/03/98 si concludono questi appunti. Il decreto
costituisce un logico cappello a tutte le disposizioni illustrate,
stabilendo che, al di là di qualsiasi legge, occorre
armarsi di buon senso e sforzarsi di valutare tutte le situazioni
di difficoltà per anziani e disabili, ricordando ancora
una volta che un edificio conforme alle norme sulle barriere
architettoniche, e quindi perfettamente fruibile in situazioni
ordinarie, potrebbe non essere adeguato a garantire l'esodo
in caso di emergenza incendio.
Occorre
quindi un attento esame dei problemi importati dalla presenza
di persone non abili e la tempestiva adozione dei necessari
provvedimenti di adeguamento, perchè tutto ciò
che la struttura di un edificio non è in grado di garantire
durante un incendio, dovrà necessariamente essere garantito
dagli addetti all'emergenza nei ristretti tempi operativi
che spesso un incendio lascia a disposizione.
Diversamente, continueremo a leggere di disgrazie come quella
avvenuta in Belgio a Charleroi.
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