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Disposizioni in materia di superamento delle barriere architettoniche ed intersezioni con le norme di prevenzione incendi

a cura dell'Arch. Mario Abate
Ispettore Antincendi - Comando VV.F. - Milano

In Italia esiste da anni una abbondante normativa sul problema delle barriere architettoniche.
Dal canto loro le norme di prevenzione incendi prescrivono che le attività lavorative e gli edifici civili siano adeguati alle disposizioni sul superamento delle barriere architettoniche.
Ma il problema si acutizza durante il verificarsi di un'emergenza come, ad esempio, un incendio: in questo caso le vigenti disposizioni appaiono insufficienti e deve necessariamente subentrare una attenta valutazione dei rischi.

Su un quotidiano del 03/01/98 si leggeva la notizia seguente:
"Dramma in Belgio a Charleroi: un incendio scoppiato in una casa di riposo ha provocato la morte di quattro anziani ed il ferimento di altri cinque. Le fiamme sono divampate improvvisamente in una stanza e per i tre occupanti non vi è stato più nulla da fare. Un quarto ospite della casa di riposo, costretto su una sedia a rotelle, è morto soffocato dal fumo. Cinque anziani sono stati ricoverati in ospedale per bruciature e sintomi da asfissia. La causa dell'incendio è accidentale. "

Questa drammatica testimonianza ci porta a meditare sulle caratteristiche di sicurezza degli edifici che occupiamo.
Alcuni ambienti potrebbero infatti essere caratterizzati dalla presenza di persone che per qualsiasi motivo non si trovano in ordinarie condizioni di mobilità.
Si tratta, come è facile immaginare, di soggetti non nel pieno possesso delle capacità motorie comuni o che sono comunque penalizzati da qualsiasi forma di handicap, non ultimo quello derivante della età avanzata.

Ospedali, case di cura, case di riposo, ospizi ed altri edifici analoghi sono alcuni esempi di destinazioni d'uso dove il problema delle barriere architettoniche si somma e si interseca con quello della prevenzione incendi.
In questi casi infatti i criteri tecnici che usualmente si considerano per le vie di esodo, l'aerazione, le scale antincendio, le compartimentazioni, devono essere riesaminati riferendoli alla problematica di chi può non essere autosufficiente nell'esodo.

Come noto, esiste una normativa molto dettagliata in merito al superamento delle barriere architettoniche riferita sia agli edifici pubblici che agli edifici privati.
A tale normativa si riferisce il Ministero dell'Interno richiedendo, in materia di prevenzione incendi, che gli edifici, ove vi sia presenza di persone non abili, siano adeguati alle vigenti disposizioni relative al superamento delle barriere architettoniche.
Queste norme derivano da una analisi di problemi reali e concreti ma riferiti, però, a situazioni di ordinarietà e non a situazioni di emergenza.

In realtà una persona disabile che voglia recarsi all'esterno di un edificio può impiegare un certo tempo a percorrere un corridoio, oppure a farsi trasportare da una piattaforma elevatrice.
Quindi non si può pensare all'uso della piattaforma se l'esodo della persona non abile deve avvenire in condizioni di emergenza, ad esempio in presenza di fumo derivante da un incendio.
Allo stesso modo è spesso indispensabile, per gli ordinari spostamenti di anziani e disabili, l'uso degli ascensori. Ma gli ascensori potrebbero non essere disponibili in emergenza e come noto non si possono usare in caso di incendio (se non hanno particolari requisiti).
I rischi aumentano poi in tutte quelle attività che, a causa della presenza di barriere architettoniche, non consentono il transito già in situazioni ordinarie delle persone non autosufficienti.

Si cercherà in questi appunti di analizzare l'intersezione delle normative di prevenzione incendi da una parte e delle normative sulla eliminazione delle barriere architettoniche dall'altra.

Non è fuori luogo iniziare ricordando l'art. 3 della Costituzione italiana, che sancisce la sostanziale uguaglianza di tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro condizioni sociali e personali.

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese
."

Esaminiamo ora le norme in materia di superamento delle barriere architettoniche.

Si riporta di seguito, per comodità del lettore, l'elenco delle disposizioni emanate in materia:

Norme inerenti la eliminazione delle barriere architettoniche

- Circolare Ministero dei Lavori Pubblici del 29/1/67 n° 425
- Circolare Ministero dei Lavori Pubblici del 19/6/68 n° 4809
"Norme per assicurare la utilizzazione degli edifici sociali da parte dei minorati fisici e per migliorame la godibilità generale".

- Decreto Legge n° 5 del 30/01/1971
"Provvicienze in favore dei mutilati ed invalidi civili".

- Legge ordinaria del Parlamento n° 118 del 30/03/1971
"Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili".

- Decreto del Presidente della Repubblica n° 384 del 27/04/78
"Regolamento di attuazione dell'art. 27 della L. 30/03/71 n. 118, a favore dei mutilati e invalidi civili, in materia di barriere architettoniche e trasporti pubblici"
(abrogato dal successivo D.P.R. 503/96);
- Legge n° 41 del 28/02/86

"Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (Legge finanziaria 1986);

- Legge ordinaria del Parlamento n° 13 del 09/01/1989
"Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati".

- Decreto Ministro dei Lavori Pubblici n° 236 del 14/06/89
"Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica e sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche".

- Circolare Ministero dei Lavori Pubblici n° 1669 del 22/06/89
"Circolare esplicativa della Legge 09/01/89 n. 13".

- Legge n° 104 del 05/02/92
"Legge-quadro per l'assistenza l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate".

- Decreto Legislativo del Governo n. 626 del 19/09/94
"Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro".

- Circolare n° 102/95 del 07/08/1995
"Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Prime direttive per l'applicazione".

- Decreto del Presidente della Repubblica n° 503 del 24/07/96;
"Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici".

 

Con la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 29/1/67 n. 425 viene posta per la prima volta l'attenzione sulla esigenza di tenere conto, sia nelle progettazioni di natura urbanistica, sia particolarmente in quelle di natura edilizia, del problema delle cosiddette "barriere architettoniche".
Queste vengono definite come gli ostacoli che incontrano individui fisicamente menomati a muoversi nell'ambito degli spazi urbani e negli edifici: ostacoli costituiti essenzialmente da elementi altimetrici che si incontrano lungo i percorsi (gradini, risalti, dislivelli, scale, ecc.) ovvero da esiguità di passaggi e ristrettezza di ambienti (strettoie, cabine di ascensori, apertura di porte, ecc.).
La circolare afferma che allo scopo di eliminare al massimo tali difficoltà, è opportuno che nelle progettazioni si evitino, per quanto possibile, percorsi che presentino siffatti inconvenienti, ovvero siano previsti percorsi appositi, eventualmente in alternativa, che facilitino il movimento degli spastici o delle persone comunque impedite o minorate.
Il problema in questione è affrontato per la prima volta, e ciò è evidenziato anche dalla improprietà dei termini con cui vengono definite le persone non abili.

Successivamente viene promulgata, sempre dal Ministero dei Lavori Pubblici, la Circolare del 19/6/68 n. 4809, inerente "Norme per assicurare la utilizzazione degli edifici sociali da parte dei minorati fisici e per migliorame la godibilità generale".
Tale documento deve considerarsi come il primo strumento predisposto per assicurare la utilizzazione degli edifici sociali da parte di persone inabili e per migliorarne in generale la fruibilità. In esso si prende atto che tale problematica interessa, nel 1968, circa otto milioni di cittadini, pari a circa il 15% della popolazione italiana.

Le indicazioni progettuali qui contenute, che hanno valore integrativo e non sostitutivo delle altre disposizioni vigenti, sono riferite a strutture edilizie a carattere collettivo, con particolare riguardo al settore dell'edilizia sociale, sia alle nuove costruzioni che alle costruzioni esistenti, nel caso che queste ultime siano sottoposte a ristrutturazione.

Troviamo nella Circolare 4809 prescrizioni in merito alla progettazione e realizzazione di accessi, piattaforme di distribuzione, scale, corridoi, passaggi, porte, pavimenti, ascensori. Tali disposizioni verranno successivamente riprese da altre norme attualmente vigenti.

Nel 1971 viene promulgata la Legge n° 118, inerente nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili.

All'art. 2 si afferma che:
"… Agli effetti della presente legge, si considerano mutilati ed invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
Ai soli fini dell'assistenza socio-sanitaria e della concessione dell'indennità di accompagnamento, si considerano mutilati ed invalidi i soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro ... età
. "

È importante notare come in questa norma, sia pure ai soli fini dell'assistenza socio-sanitaria, i soggetti anziani vengono equiparati a persone non abili.
Tale concetto è sicuramente da acquisire ai fini della prevenzione incendi.
Infatti una persona anziana ed una persona non abile a causa di un handicap specifico possono avere in comune la stessa difficoltà a percorrere le vie di fuga in emergenza.

All'art. 27 la stessa Legge 118 stabilisce che:
"Per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche, prescolastiche o di interesse sociale di nuova edificazione dovranno essere costruiti in conformità alla circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 15 giugno 1968 (la circolare n. 4809 precedentemente illustrata, n.d.r.) riguardante la eliminazione delle barriere architettoniche anche apportando le possibili e conformi varianti agli edifici appaltati o già costruiti all'entrata in vigore della presente legge; ... in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l'accesso ai minorati; in tutti i luoghi dove si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli, che saranno in futuro edificati, dovrà essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi in carrozzella; gli alloggi situati nei piani terreni dei caseggiati dell'edilizia economica e popolare dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione, qualora ne facciano richiesta".

Sembra quindi che dal lontano 1971, grazie ad una Legge dello Stato, le disposizioni della Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 4809 siano state elevate al rango di norma cogente, divenendone obbligatorio il rispetto in base all'art. 27 della L. 118.
Dal 1971, perciò, i nuovi edifici a carattere pubblico dovevano essere progettati e realizzati nel pieno rispetto della suddetta circolare.
Come già detto il campo di applicazione della stessa era quello delle nuove strutture edilizie a carattere collettivo.
Le regole di buona tecnica comunque potevano essere applicate, come sottolineato dalla circolare stessa, anche all'edilizia collettiva in generale, e all'edilizia residenziale.

D'altra parte la Circolare 4809 sottolineava chiaramente che le prescrizioni tecniche da essa dettate non escludevano soluzioni tecniche più avanzate, ma dovevano al contrario essere intese come stimolo per ulteriori progettazioni e realizzazioni di mezzi ed accorgimenti di più elevato grado e contenuto tecnico.

Il successivo Decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 27/04/78 costituisce il regolamento di attuazione dell'art. 27 della L. 30/03/71 n. 118. Si riferisce alle strutture pubbliche con particolare riguardo a quelle di carattere collettivo e sociale di nuova costruzione (o comunque soggette a ristrutturazione).
Il decreto ripropone i contenuti della già citata circolare ministeriale 4809 del 19/06/68.
Il D.P.R. 384, recentemente sostituito dal successivo D.P.R. 503/96, definisce il concetto di edificio pubblico a carattere collettivo e sociale, specificando che è da intendersi tale qualsiasi costruzione avente interesse amministrativo, culturale, giudiziario, economico, sanitario, e comunque ogni edificio in cui si svolgono attività comunitarie o nei quali vengono prestati servizi di interesse generale.

È interessante notare che l'art. 1 stabilisce, comunque, al quarto comma che:
"Agli edifici già esistenti, anche se non ristrutturati, dovranno essere apportate le possibili e conformi varianti".

Rimane da definire cosa si intende per "variante possibile".

Molto più categorico il disposto della successiva Legge n. 41 del 28/02/86: "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato", che all'art. 32, comma 20, afferma perentoriamente che:
"... non possono essere approvati progetti di costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi alle disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica 27/04/78 n. 384 in materia di superamento delle barriere architettoniche. Non possono altresì essere erogati dallo Stato o da altri enti pubblici contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti in contrasto con le norme di cui al medesimo decreto."

Si sottolinea inoltre il contenuto del medesimo articolo al comma 21:
"Per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati alle prescrizioni del Decreto del Presidente della Repubblica 27/04/78 n. 384, dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge. "

Tale frase ricorda molto da vicino i piani di adeguamento previsti dal D.Lgs. 626/94, da realizzarsi ed attuarsi a seguito della redazione della valutazione di rischio di cui all'art. 4 del decreto medesimo.

Dal 1986 quindi, ed entro l'anno 1987, le amministrazioni dovevano redigere ed attuare una precisa pianificazione dei lavori necessari per garantire la conformità alle vigenti disposizioni (D.P.R. 384/78) in materia di barriere architettoniche degli edifici pubblici esistenti.
Detto ciò, arriviamo a quella che è sicuramente la norma più conosciuta fra quelle inerenti le barriere architettoniche: la Legge n. 13 del 09/01/89.

L'oggetto della norma è: "Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati".

L'effetto sortito a seguito della sua promulgazione è stato quello di una maggiore diffusione della conoscenza del problema delle barriere architettoniche, spostandosi il campo d'azione di tale legge fin nell'intimità della privata abitazione.

La suddetta norma stabilisce che i progetti di nuovi edifici o di ristrutturazione di quelli esistenti devono essere redatti in conformità alle prescrizioni di un emanando regolamento di attuazione, il successivo D.M. 236/89.
La L. 13/89 stabilisce (art. 1) che la progettazione delle nuove residenze o edifici privati deve comunque prevedere:

1 . accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l'accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala;
2. idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità immobiliari;
3. almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento;
4. l'installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini.

Il successivo Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 236 del 14/06/89 riporta le:
"Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica e sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche. "

Ai sensi del D.M. 236/89 si intendono quali barriere architettoniche:

a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utifizzazione di parti, attrezzature o componenti;
c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l'odentamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi. "

Nel D.M. 236/89 troviamo un primo riferimento normativo che mette in connessione il problema delle barriere architettoniche con le tematiche antincendio.

All'art. 4.6 si afferma infatti che: "Qualsiasi soluzione progettuale per garantire l'accessibilità o la visitabilità deve comunque prevedere una adeguata distribuzione degli ambienti e specifici accorgimenti tecnici per contenere i rischi di incendio anche nei confronti di nersone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.
A tal fine dovrà essere preferita, ove tecnicamente possibile e nel rispetto delle vigenti normative, la suddivisione dell'insieme edilizio in "compartimenti antincendio" piuttosto che l'individuazíone di "sistemi di via d'uscita" costituiti da scale di sicurezza non utilizzabili dalle persone con ridotta o impedita capacità motoria.
La suddivisione in compartimenti, che costituiscono "luogo sicuro statico" così come definito dal decreto ministeriale 30 novembre 1983, recante "termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi" pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 339 del 12 dicembre 1983, deve essere effettuata in modo da prevedere ambienti protetti opportunamente distribuiti ed in numero adeguato, resistenti al fuoco e facilmente raggiungibili in modo autonomo da parte delle persone disabili, ove attendere i soccorsi.
"

Viene chiaramente affermato che un percorso di esodo può spesso essere troppo lungo per persone con ridotte capacità motorie, e che una scala protetta dagli effetti dell'incendio, che conferisce in genere all'edificio un discreto grado di sicurezza, può essere addirittura inaccessibile per una persona non abile.
Netta preferenza viene quindi espressa dalla norma per la compartimentazione antincendio, cioè per la divisione dell'edificio in vari settori mediante strutture e porte tagliafuoco oltre le quali ripararsi ed attendere i soccorsi.
Il D.M. 236/89 considera tre livelli di fruibilità dei luoghi:

  • accessibilità;
  • visitabilità;
  • adattabilità.

L'accessibilità esprime il massimo grado di usabilità dell'immobile da parte del soggetto non abile. Consente la fruizione completa di tutti gli ambienti, in condizioni di autonomia.

La visitabilità rappresenta invece una accessibilità limitata a parte dell'immobile; la persona non abile può accedere agli spazi di relazione ed almeno ad un servizio igienico di ogni unità immobiliare. Per spazi di relazione si intendono gli spazi di soggiorno o pranzo di un alloggio e gli spazi dei luoghi di lavoro, di servizio e di incontro.

L'adattabilità è il livello più basso di fruibilità per l'handicappato. Anzi, è una non fruibilità, costituendosi unicamente di una previsione progettuale di trasformazione. L'adattabilità è quindi una accessibilità potenziale, ma non in atto. Consiste nella concreta possibilità di modificare gli spazi a costi accettabili, qualora questi debbano essere usati da una o più persone non abili.

Ai fini della prevenzione incendi ovviamente non ci interessiamo della adattabilità. Potremmo accontentarci del requisito della visitabilità. In un edificio visitabile la persona non abile può arrivare fino e non oltre le parti comuni. Allo stesso modo in caso di emergenza non sarà impedito il percorso inverso, quello di esodo verso luogo sicuro.

L'art. 3 comma 3 del D.M. 236/89 stabilisce:
"Devono inoltre essere accessibili:
…………

b) gli ambienti destinati ad attività sociali, come quelle scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali, sportive;
c) gli edifici sedi di aziende o imprese soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio..."
In particolare in base al D.M. 236/89 un locale sede di riunioni o spettacoli si considera visitabile se almeno una zona destinata al pubblico, oltre ad un servizio igienico, sono accessibili. Al contrario gli spazi di relazione e dei servizi previsti non possono non essere fruibili.

Le sedi di attività ricettive quali alberghi, ecc. sono considerate visitabili se tutte le parti comuni ed almeno un certo numero di stanze e di spazi all'aperto sono accessibili.
Nei luoghi destinati allo svolgimento di funzioni religiose, deve essere accessibile almeno una zona riservata ai fedeli per determinare la condizione di visitabilità dell'intero locale.
Allo stesso modo in tutti gli spazi di relazione aperti al pubblico bisogna garantire la accessibilità ai luoghi stessi e ad un servizio igienico.

È evidente quindi che la situazione migliore per un edificio dove possono trovarsi degli handicappati è la accessibilità, cioè la completa ed indipendente fruibilità di tutti gli spazi.

Tuttavia, come precedentemente affermato, può essere accettabile, ai fini antincendio il requisito della visitabilità.
Il controllo della conformità alle norme sul superamento delle barriere architettoniche spetta al Sindaco. Questi deve verificarne il rispetto prima di rilasciare licenza di abitabilità o di agibilità (ai sensi dell'art. 221 del R.D. 1265 del 27/7/34).
Al Sindaco spetta pure la concessione di deroghe negli interventi di ristrutturazione, che potranno essere accordate unicamente in caso di dimostrata impossibilità tecnica a realizzare le prescrizioni di legge.
Le deroghe sono concesse dal Sindaco in sede di provvedimento autorizzativo previo parere favorevole dell'Ufficio tecnico o del Tecnico incaricato dal Comune per l'istruttoria dei progetti.

Abbiamo visto come il problema principale delle barriere architettoniche nella prevenzione incendi coincida sostanzialmente con la necessità di garantire l'esodo ai non abili. Si esamineranno quindi di seguito i principali requisiti dei percorsi di esodo in base alle prescrizioni del D.M. 236/89.

VIE DI ESODO
I corridoi devono avere una larghezza minima sufficiente a consentire il transito agevole della sedia su ruote.
Devono presentare andamento quanto più possibile continuo e con variazioni di direzione ben evidenziate. Tutte le variazioni di livello devono essere superate mediante rampe.

Come prescritto dall'art. 13 del D.P.R. 547/55, nei luoghi di lavoro le porte di emergenza devono in via generale aprire nel verso dell'esodo.
Anche qualora un ambiente non si configurasse come luogo di lavoro, ma all'interno dello stesso vi fossero delle persone alle quali è necessario assicurare l'esodo, vi sarebbe la medesima necessità di far aprire le porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo.

In base al disposto dell'art. 8.1.1 del D.M. 236/89 le porte devono avere luce netta di accesso di almeno cm. 80.
Tale larghezza coincide con quella minima prescritta dall'art. 14 del D.P.R. 547/55. Art. 14 del D.P.R. 547/55:

"a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0, 80;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati lìmitatamente all'eccedenza rispetto a 100. "

Si sottolinea come una porta tagliafuoco larga 120 centimetri, costituita da una sola anta e provvista di molla di richiusura, potrebbe costituire un ostacolo per una persona non abile, se la molla è troppo efficiente. La porta dovrà quindi essere apribile esercitando una pressione non superiore a kg. 8. L'eventuale maniglione antipanico dovrà essere installato alla consueta altezza di cm. 90.

Nel caso di porte ubicate lungo le vie di esodo che non si aprano nel senso di uscita, occorrerà valutare attentamente la dimensione degli spazi antistanti le porte, allo scopo di consentire le necessarie manovre da effettuarsi da parte di chi si muove su una sedia a ruote.
Sono al bando saracinesche a rullo, porte scorrevoli verticalmente e porte girevoli su asse centrale.
Le porte vetrate dovranno essere facilmente individuabili mediante l'apposizione di opportuni segnali. Possono essere ammesse le porte ad apertura automatica elettrica, purchè in caso di assenza di corrente queste si aprano automaticamente oppure possano essere aperte comunque a spinta nel verso dell'esodo. Inoltre, verificandosi una emergenza qualsiasi, è necessario un comando in grado di garantire comunque l'apertura, ubicato in prossimità della porta stessa.
Importantissima la segnalazione dello stesso con opportuna cartellonistica, altrimenti ne si invalida la installazione. Non tutti, infatti, potrebbero capire che si tratta di uno sgancio di emergenza preposto all'apertura della porta.

PAVIMENTI
I pavimenti dovranno essere quanto più possibile complanari. Eventuali differenze di livello dovranno essere contenute entro il massimo di cm. 2,5. Diversamente dovranno essere raccordate mediante rampe di pendenza quanto più modesta possibile.

Eventuali grigliati a pavimento dovranno avere dimensione delle maglie tale da non costituire ostacolo o pericolo rispetto a ruote, bastoni di sostegno, ecc.
Gli zerbini dovranno essere incassati.

ARREDI FISSI
Ovviamente gli arredi fissi non dovranno costituire ostacolo od impedimento all'esodo. Tale regola vale indipendentemente dalla presenza di persone non abili. Tutti i sistemi di apertura e chiusura, se automatici, dovranno essere temporizzati in modo da consentire un agevole passaggio anche ai disabili su sedia a ruote.

COMANDI IMPIANTISTICI DI EMERGENZA
Tutti gli impianti dovranno essere corredati da comando di emergenza ubicato altimetricamente e piani metricamente in maniera opportuna, in posizione protetta, visibile e raggiungibile anche da persona con ridotte capacità motorie. I comandi di emergenza dovranno essere perfettamente segnalati da cartellonistica conforme alle prescrizioni del D.Lgs. 493/96.
Lo stesso discorso vale per gli attuatori di allarme.
Gli apparecchi elettrici, i quadri generali, le valvole ed i rubinetti di arresto, i campanelli di allarme e i citofonici dovranno essere posti ad una altezza compresa tra 40 e 140 cm., perfettamente segnalati.

In generale, come d'altronde prescritto al punto 4.3 del D.M. 236/89:
"… ogni situazione di pericolo deve essere resa immediatamente avvertibile anche tramite accorgimenti e mezzi riferibili sia alle percezioni acustiche che a quelle visive."

SCALE
Le porte di apertura verso la scala dovranno avere uno spazio antistante di opportuna profondità. I gradini delle scale dovranno avere pedata antisdrucciolevole. I corrimano dovranno essere funzionali e realizzati con materiale resistente e non tagliente; eventualmente fosse necessario dovranno essere installati su entrambi i lati della scala.
La larghezza delle rampe e dei pianerottoli dovrà permettere il passaggio contemporaneo di due persone ed il passaggio agevoie di una barella, con una inclinazione massima del 15% sull'asse longitudinale.
Per le nuove costruzioni è sicuramente da considerarsi una larghezza di almeno mt.1,20.
La scala dovrà avere una pendenza limitata e costante per l'intero sviluppo della scala.
La lunghezza delle rampe dovrà essere contenuta; diversamente la si dovrà interrompere con un ripiano in grado di arrestare la caduta del corpo umano.
Le rampe delle scale dovranno essere facilmente percepibili anche per i non vedenti.
Un segnale a pavimento (fascia di materiale diverso o comunque percepibile anche per i non vedenti), situato almeno a 30 cm. dal primo e dall'ultimo scalino, dovrà indicare l'inizio e la fine della rampa.
Il parapetto che costituisce difesa verso il vuoto dovrà avere una altezza minima di mt. 1,00 ed essere inattraversabile da una sfera di diametro di cm. 10.

RAMPE
La pendenza delle rampe non dovrà superare l'8%. Potranno essere ammesse pendenze superiori, nei casi di adeguamento, rapportate allo sviluppo lineare effettivo della rampa.

ASCENSORE
L'ascensore dovrà avere la cabina di dimensioni sufficienti a contenere una o più persone su sedia a ruote.
Il sistema di apertura delle porte dovrà essere dotato di idoneo meccanismo per l'arresto e l'inversione della chiusura in caso di ostruzione del vano porta.
I tempi di apertura e di chiusura delle porte dovranno assicurare un agevole e comodo accesso della persona su sedia a ruote.
Il pianerottolo di sbarco dell'ascensore dovrà avere le dimensioni necessarie a consentire le manovre di una sedia a ruote.
Dovranno essere previsti dispositivi luminosi per i sordi ed acustici per i ciechi.
Le porte dovranno rimanere aperte per almeno 8 secondi ed il tempo di chiusura non dovrà essere inferiore a 4 secondi.
L'arresto ai piani dovrà avvenire con autoliveliamento con tolleranza massima di 2 centimetri.
Lo stazionamento della cabina ai piani di fermata dovrà avvenire con porte chiuse.
La bottoniera di comando interna ed esterna dovrà avere i bottoni ad una altezza massima compresa tra 1, 10 e 1,40 m.
Nell'interno della cabina, oltre al campanello di allarme, dovrà essere posto un citofono ad altezza compresa tra 1, 10 m. e 1,30 m. e una luce d'emergenza con autonomia minima di 3 ore.
I pulsanti di comando dovranno prevedere la numerazione in rilievo e le scritte con traduzione in Braille: in adiacenza alla bottoniera esterna dovrà porsi una placca di riconoscimento di piano in caratteri Brailie.
Si dovrà prevedere la segnalazione sonora dell'arrivo al piano e, ove possibile, l'installazione di un sedile ribaltabile con ritorno automatico.

Nelle strutture ricettive ubicate in edifici aventi altezza antincendio superiore a 54 m. dovranno essere previsti "ascensori antincendio" da poter utilizzare, in caso di incendio, nelle operazioni di soccorso.
Tale tipo di ascensori dovranno essere inoltre previsti in tutte quelle circostanze in cui sia necessario disporne durante l'emergenza a causa, ad esempio, della presenza di allettati.
In questo caso il dimensionamento delle cabine degli ascensori antincendio non potrà essere casuale o comunque derivante solo da quanto stabilito dalle norme specifiche in materia di ascensori o di barriere architettoniche: al contrario la dimensione di ogni cabina di ascensore antincendio dovrà essere valutata in considerazione del numero delle cabine antincendio disponibili, del numero di persone da trasportare in emergenza e del numero di viaggi che si intendono effettuare per completare l'esodo degli occupanti in un tempo ragionevole.
Le caratteristiche tecniche di un ascensore antincendio sono sostanzialmente le seguenti:

  • Le strutture del vano corsa e del locale macchinario dell'ascensore antincendio dovranno possedere caratteristica di resistenza al fuoco pari almeno a REI 120.
  • L'accesso allo sbarco dei piani dovrà avvenire da filtro a prova di fumo di resistenza al fuoco REI 120.
  • L'accesso al locale macchinario dovrà avvenire direttamente dall'esterno o tramite filtro a prova di fumo, realizzato con strutture di resistenza al fuoco REI 120;
  • Gli ascensori dovranno disporre di doppia alimentazione elettrica, una delle quali di sicurezza.
  • In caso d'incendio si dovrà realizzare il passaggio automatico da alimentazione normale ad alimentazione di sicurezza, e la manovra degli ascensori antincendio dovrà essere riservata agli addetti all'emergenza appositamente incaricati ed ai vigili del fuoco.
  • I montanti dell'alimentazione elettrica normale e di sicurezza del locale macchinario dovranno essere protetti contro l'azione del fuoco e tra di loro nettamente separati.
  • Gli ascensori dovranno essere muniti di un sistema citofonico tra cabina, locale macchinario e pianerottoli.
  • Gli ascensori antincendio inoltre devono avere il vano corsa ed il locale macchinario distinti dagli altri ascensori.

I servoscala e le piattaforme elevatrici non sono azionabili in emergenza.
Come già detto non sono quindi da prendere in considerazione come sistemi di trasferimento degli handicappati durante l'attuazione del piano di evacuazione.

SPAZI CALMI
In base al punto 4.6 del D.M. 236/89, occorre:
"... prevedere ambienti protetti opportunamente distribuiti ed in numero adeguato, resistenti al fuoco e facilmente raggiungibili in modo autonomo da parte delle persone disabili, ove attendere i soccorsi".
Tale "ambiente protetto" ricorda la definizione di "spazio calmo" di cui al D.M. 09/04/94 (la nota regola tecnica sugli alberghi):
"... spazio calmo: luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi".

Il piano di emergenza dell'attività dovrà illustrare in maniera chiara e dettagliata come si intende garantire la incolumità e l'esodo dei non abili dai piani superiori in caso di incendio, e quanti addetti sono necessari per svolgere tale mansione.

Proseguendo nell'esame delle disposizioni normative che regolano l'argomento delle barriere architettoniche, prendiamo in considerazione la Legge n. 104 del 05/02/92 "Legge-quadro per l'assistenza, l'ntegrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. "
Particolarmente significativo l'art. 23, che pone una sanzione amministrativa a carico dei gestori di alberghi ed altri pubblici esercizi che eventualmente discriminino persone portatrici di handicap:
"… Chiunque nell'esercizio delle attività di cui all'art.5 primo comma, della legge 17/5/1983, n. 217 (imprese turistiche, quelle che svolgono attività di gestione di strutture ricettive ed annessi servizi turistici, n. d. r.) o di altri pubblici esercizi, discrimina persone handicappate è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire dieci milioni e con la chiusura dell'esercizío da uno a sei mesi".

Il successivo articolo 24 riprende tutta la legislazione in materia (da noi precedentemente illustrata) ribadendone la cogenza nella realizzazione di edifici pubblici e privati:
"…
1) Tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l'accessibilità e la visitabilità di cui alla legge 09/01/1989, n. 13, e successive modificazioni, sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla legge 30/01/1971, n. 118, e successive modificazioni, al regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27/04/1978, n. 384, alla citata legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni, e al citato decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 14/06/1989, n. 236.
5) Nel caso di opere pubbliche, l'accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta all'Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto.
".

Viene qui ribadito che gli uffici tecnici dell'amministrazione appaltante devono effettuare i controlli della corrispondenza dei progetti degli edifici alle norme in materia di superamento delle barriere architettoniche. È responsabilità del sindaco accertare, prima del rilascio del certificato di agibilità o di abitabilità, la conformità dell'immobile alle disposizioni vigenti.
La legge 104/92 afferma perentoriamente che tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità alle disposizioni in materia di eliminazione delle barriere architettoniche e nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate, sono dichiarate inabitabili e inagibili.

Il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità o l'abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza sono considerati direttamente responsabili. Essi sono puniti con l'ammenda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi.

Anche il Decreto Legislativo n° 626 del 19/09/94, relativamente ai luoghi di lavoro, si occupa specificamente di barriere architettoniche, all'art. 30, affermando che: "… i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap."
Tale obbligo vige "per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap
".

La disposizione inerente l'adeguamento dei luoghi di lavoro non si applica "ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale. "

Tale formulazione dell'art. 30 del D.Lgs. 626/94 appare discutibile. Da una parte vige l'obbligo di garantire anche ai non abili la possibilità di fruire degli spazi di lavoro, dall'altra tale possibilità viene meno per le aziende preesistenti ad una certa data.
Il che non è comunque accettabile, laddove il mancato adeguamento possa configurare effettivo pericolo in situazioni di emergenza.
Peraltro il decreto stabilisce che deve comunque garantirsi la "mobilità" dei non abili.

Quindi, sempre e comunque, bisognerà prevedere i necessari adeguamenti. Ma che cosa vuol dire garantire la mobilità?
La mobilità può ragionevolmente corrispondere alla "visitabilità" del luogo di lavoro, intesa nell'accezione di cui al già citato D.M. 236/87, riferita alle parti comuni dell'edificio ed ovviamente al posto di lavoro del non abile.
Ovviamente dovrà pure garantirsi la "mobilità" del non abile verso l'uscita in caso di emergenza, al pari di tutti gli altri lavoratori, indipendentemente dagli adeguamenti strutturali che ciò può comportare.
Non può d'altra parte ignorarsi il disposto dell'art. 34 del D.P.R. 547/55, vigente nei luoghi di lavoro da circa 44 anni, e che non pone alcuna distinzione fra lavoratori abili e non abili:
"deve essere assicurato, in caso di necessità, l'agevole e rapido allontanamento dei lavoratori dai luoghi pericolosi".
Non solo. Sino a che i luoghi di lavoro non vengono adeguati da tale punto di vista, il datore di lavoro dovrà adottare tutte le misure alternative necessarie a garantire un livello di sicurezza equivalente (art. 31 comma 3 D.Lgs. 626/94).
Predisporre misure alternative in attesa della realizzazione dei lavori di adeguamento significa sostanzialmente redigere un valido piano di emergenza e renderlo operativo.

Alla stessa logica conclusione arriva anche la Circolare Ministeriale 102/95, che commentando il D.Lgs. 626/94 afferma:
"Per quanto concerne le specifiche disposizioni (articolo 30 commi 4,5 e 6) dettate a tutela dei lavoratori portatori di handicap si precisa che, ferma restando l'applicazione delle disposizioni concernenti l'abbattimento delle barriere architettoniche (D.P.R. n. 384/78, Legge n. 13/89 e relativo regolamento di attuazione approvato con D.M. n. 236/89, Legge n. 104/92), esse devono essere attuate effettivamente presenti detti lavoratori.
Inoltre, ove si rendessero necessarie, nei casi suddetti, le misure di cui al comma 6, relative ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del l° gennaio 1993, esse dovranno essere adottate nei tempi congrui alla realizzazione degli interventi necessari
. "

l tempi congrui alla realizzazione degli interventi sono senz'altro quelli tecnici strettamente necessari alla effettuazione dei lavori.

Nel 1996 viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale S.O. n° 227 del 27/09/1996 il D.P.R. n° 503 del 24/07/96, "Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici. "
Tale regolamento abroga e sostituisce le disposizioni del già citato D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384. Il campo di applicazione della norma è simile a quello dell'abrogato D.P.R. 384/78: è infatti quello degli edifici e spazi pubblici di nuova costruzione, ancorché di carattere temporaneo, e quello degli edifici esistenti qualora sottoposti a ristrutturazione.
Le regole tecniche si applicano altresì agli edifici e spazi pubblici sottoposti a qualunque altro tipo di intervento edilizio suscettibile di limitare l'accessibilità e la visitabilità, così come intese dalla L. 13/89, almeno per la parte oggetto dell'intervento stesso.
Sono inoltre oggetto della norma gli edifici e spazi pubblici in tutto o in parte soggetti a cambiamento di destinazione se finalizzati all'uso pubblico, nonché ai servizi speciali di pubblica utilità quali tranvie, filovie, linee automobilistiche e metropolitane.
Pur valendo per le nuove costruzioni e per le ristrutturazioni di quelle esistenti, la norma stabilisce comunque che:
"Agli edifici e spazi pubblici esistenti, anche se non soggetti a recupero o riorganizzazione funzionale, devono essere apportati tutti quegli accorgimenti che possono migliorame la fruibilità sulla base delle norme contenute nel presente regolamento."
E che:
"In attesa del predetto adeguamento ogni edificio deve essere dotato, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, a cura dell'amministrazione pubblica che utilizza l'edificio, di un sistema di chiamata per attivare un servizio di assistenza tale da consentire alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale la fruizione dei servizi espletati,"

L'art. 13 del D.P.R. 503/96 "Norme generali per gli edifici", rimanda alle disposizioni tecniche previste dal già illustrato D.P.R. 236/89:
"Negli edifici pubblici deve essere garantito un livello d'accessibilità degli spazi interni tale da consentire la fruizione dell'edificio sia al pubblico che al personale in servizio, secondo le disposizioni di cui all'art. 3 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236".

Interessante, per quanto ci compete, il disposto del comma 5 dell'art. 13, il quale stabilisce che nella applicazione di norme "concernenti specifici settori, quali sicurezza, contenimento consumi energetici, tutela ambientale, ecc., devono essere studiate o adottate, nel rispetto di tali normative, soluzioni conformi alle disposizioni del presente regolamento".

L'art. 18 del D.P.R. 503/96 è inerente ai raccordi con la normativa antincendio, però rimanda interamente a quanto già riportato in materia dal D.P.R. 236/89 al punto 4.6. già illustrato.
"Per i raccordi con la normativa antincendio, ferme restando le disposizioni vigenti in materia di sistemi di via d'uscita, valgono le norme stabilite al punto 4.6 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236."

All'art. 23 il D.P.R. 503/96 si parla delle barriere architettoniche negli edifici scolastici:
"Gli edifici delle istituzioni prescolastiche, scolastiche, comprese le università e delle altre istituzioni di interesse sociale nel settore della scuola devono assicurare la loro utilizzazione anche da parte di studenti non deambulanti o con difficoltà di deambulazione."
e che:
"Nel caso di edifici scolastici a più piani senza ascensore, la classe frequentata da un alunno non deambulante deve essere situata in un'aula al pianterreno raggiungibile mediante un percorso continuo orizzontale o raccordato con rampe."
Come già detto anche nel caso in cui l'ascensore fosse effettivamente disponibile, sarà sempre buona norma ubicare le persone non abili al piano terreno, non essendo generalmente l'ascensore utilizzabile in emergenza.
Lo stesso criterio vale ad esempio per le attività ricettive: siccome in nessun luogo può essere rifiutato l'accesso ad una persona non abile, se ne ricava che tali attività (anche ai fini della conformità al D.M. 09/04/94, vigente per le attività ricettive in materia di prevenzione incendi) devono essere adeguate alle norme in materia di barriere architettoniche almeno per la parte di edificio dove si prevede l'alloggiamento delle persone non abili. Dovrà pertanto garantirsi l'alloggiamento di tali individui ai piani quanto più prossimi al terreno, e garantirne comunque l'esodo in caso di necessità mediante la squadra di emergenza.

Concludiamo l'esame delle norme vigenti in materia di barriere architettoniche con il recente D.M. 10/03/98, il cui contenuto era stato sia pure per grandi linee anticipato dalla Circolare del Ministero dell'interno P1564/4146 del 29/08/95.
Il suddetto decreto, in linea con la filosofia del D.Lgs. 626/94, costituisce la logica e necessaria intersezione tra le norme sulle barriere architettoniche e le norme di prevenzione incendi.
Infatti al punto 1.3 inerente gli obiettivi della valutazione dei rischi di incendio, stabilisce che:
"La valutazione dei rischi di incendio deve consentire al datore di lavoro di prendere i provvedimenti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e delle altre persone presenti nel luogo di lavoro.
……
La valutazione del rischio di incendio tiene conto:
……
del numero di persone presenti, siano esse lavoratori dipendenti che altre persone, e della loro prontezza ad allontanarsi in caso di emergenza
".
ed al punto 1.42:
"… Occorre tuttavia considerare attentamente i casi in cui una o più persone siano esposte a rischi particolari in caso di incendio … A titolo di esempio si possono citare i casi in cui:
……
- siano presenti persone la cui mobilità, udito o vista sia limitata;
……
- siano presenti persone che possono essere incapaci di reagire prontamente in caso di incendio o possono essere particolarmente ignare del pericolo causato da un incendio, poiché lavorano in aree isolate e le relative vie di esodo sono lunghe e di non facile praticabilità
".

Il decreto considera come luoghi a rischio di incendio elevato quei locali ove, indipendentemente dalla presenza di sostanze infiammabili e dalla facilità di propagazione delle fiamme, le limitazioni motorie delle persone presenti rendono difficoltosa l'evacuazione in caso di incendio.
A tal fine il datore di lavoro dovrà individuare le necessità particolari dei lavoratori e delle altre persone disabili comunque presenti nelle fasi di pianificazione delle misure di sicurezza antincendio e delle procedure di evacuazione.
Per il decreto sono persone disabili anche le persone anziane, le donne in stato di gravidanza, le persone con arti fratturati ed i bambini.

Inoltre:
"Nel predisporre il piano di emergenza, il datore di lavoro deve prevedere una adeguata assistenza alle persone disabili che utilizzano sedie a rotelle ed a quelle con mobilità limitata.
Gli ascensori non devono essere utilizzati per l'esodo, salvo che siano stati appositamente realizzati per tale scopo.
Quando non sono installate idonee misure per il superamento di barriere architettoniche eventualmente presenti oppure qualora il funzionamento di tali misure non sia assicurato anche in caso di incendio, occorre che alcuni lavoratori, fisicamente idonei, siano addestrati al trasporto delle persone disabili.
"

Per quanto concerne l'assistenza alle persone con visibilità o udito menomato o limitato, viene affermato che:
"Il datore di lavoro deve assicurare che i lavoratori con visibilità limitata, siano in grado di percorrere le vie di uscita.
In caso di evacuazione del luogo di lavoro, occorre che lavoratori, fisicamente idonei ed appositamente incaricati, guidino le persone con visibilità menomata o limitata. Durante tutto il periodo dell'emergenza occorre che un lavoratore, appositamente incaricato, assista le persone con visibilità menomata o limitata.
Nel caso di persone con udito limitato o menomato esiste la possibilità che non sia percepito il segnale di allarme. In tali circostanze occorre che una persona appositamente incaricata, allerti l'individuo menomato
."

Viene ribadito che per quanto riguarda l'utilizzo di ascensori le persone disabili possono utilizzare un ascensore solo se è predisposto per l'evacuazione o se è un ascensore antincendio, ed inoltre tale impiego dovrà avvenire solamente sotto il controllo di personale pienamente a conoscenza delle procedure di evacuazione.
Con il D.M. 10/03/98 si concludono questi appunti. Il decreto costituisce un logico cappello a tutte le disposizioni illustrate, stabilendo che, al di là di qualsiasi legge, occorre armarsi di buon senso e sforzarsi di valutare tutte le situazioni di difficoltà per anziani e disabili, ricordando ancora una volta che un edificio conforme alle norme sulle barriere architettoniche, e quindi perfettamente fruibile in situazioni ordinarie, potrebbe non essere adeguato a garantire l'esodo in caso di emergenza incendio.

Occorre quindi un attento esame dei problemi importati dalla presenza di persone non abili e la tempestiva adozione dei necessari provvedimenti di adeguamento, perchè tutto ciò che la struttura di un edificio non è in grado di garantire durante un incendio, dovrà necessariamente essere garantito dagli addetti all'emergenza nei ristretti tempi operativi che spesso un incendio lascia a disposizione.
Diversamente, continueremo a leggere di disgrazie come quella avvenuta in Belgio a Charleroi.

 



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