chi siamo
     la rivista
     la rivista: numero in corso
     la rivista: numeri precedenti
     la redazione
     le tariffe pubblicitarie
     per abbonarsi alla rivista
     i libri
     i convegni
     informazione tecnica
     collaboratori tecnici
     la normativa
     varie
     contattaci
     ritorna alla home page

Nuove regole nella prevenzione degli infortuni domestici

Luigi Caputo
Capo Sezione Prevenzione Infortuni e Igiene del Lavoro Direzione Provinciale del Lavoro di Lecce

In Italia avvengono annualmente (fonte ISTAT, 1990) circa tre milioni 301 mila infortuni domestici. Di questi, 8400 sono mortali con una frequenza di uno ogni ora. Se si considera che gli infortuni mortali sul lavoro (altra grave piaga sociale) sono circa 1200 ogni anno, si comprende la gravità e la vastità del triste e inaudito fenomeno.

Non sembrano pertanto inopportune alcune riflessioni e comparazioni tra queste due realtà, quella degli ambienti di lavoro e quella delle mura domestiche, così distanti ma, purtroppo, entrambe interessate da tali gravi eventi. Due mondi, questi, "apparenternente " distinti e diversi ai quali usualmente non si rivolge l'opportunità di raffrontarli tra loro ma che invece, ritengo, siano sotto il profilo dell'evento infortunio, interconnessi per una serie di osservazioni che spesso non si ha modo di formulare proprio per i diversi ed indipendenti spazi "stagni" che si suole loro assegnare.
Alcune domande che ritengo sia necessario preliminarmente porsi sono queste:
- lo studio del fenomeno infortunistico del lavoro e quello domestico ed i relativi interventi prevenzionistici possono attingere utilmente ad una stessa metodica?
- gli interventi normativi rivolti a prevenire gli incidenti ed a tutelare l'integrità psicofisica sia del lavoratore che del "cittadino" possono essere accomunati da una stessa tecnica legislativa?
Io credo che ad entrambe le domande possa rispondersi affermativamente.

Posso, ad ogni modo, condividere le spontanee riserve di chi è portato a sottolineare le diversità delle due realtà in argomento:

  • il luogo di lavoro che obbedisce a modelli organizzativi e disciplinari che scaturiscono dalla natura della prestazione lavorativa subordinata nella quale la parte "socialmente" debole, cioè il lavoratore dipendente o ad esso equiparato, è il destinatario di tutela i cui obblighi preminentemente ed in via prioritaria gravano sul datore di lavoro che è posto al vertice dell'impresa;
  • l'ambiente delle mura domestiche in cui l'evento infortunistico "sembra" possa accadere solo e sempre per pura "fatalità" non riuscendo comprensibile che chiunque (familiare adulto o minore che sia) possa aver disatteso oltre che norme di comune prudenza, disposizioni regolamentari o precauzioni "tecniche" che lo abbiano, di conseguenza, esposto al pericolo.

A tal proposito va considerato che alla base di un infortunio vi è sempre una errata valutazione umana e non la "fatalità"; da ciò deve derivare lo sforzo di tentare una corretta e completa valutazione di rischi che peraltro, e solo per gli ambienti di lavoro, è imposta dalla legge.
Solo in tempi remoti i concetti di "rischio", "fato", "volontà degli Dei" e simili erano strettamente collegati ed esprimevano l'imprevedibile, l'impenetrabile, l'imperscrutabile. L'evoluzione scientifica ha infatti insegnato che bisogna distinguere tra caso e caso e a calcolare la "probabilità" che è infatti un semplice rapporto cioè una frazione che reca al numeratore il numero dei casi favorevoli al verificarsi di un certo evento e al denominatore il numero dei casi possibili. L'esempio ricorrente è quello della probabilità che si ha lanciando un dado che è pari a 1 (uno è la faccia su cui si è puntato) diviso 6 (tante sono le facce del dado). Pari cioè al 16,6%.
Di fatto eventi sfavorevoli come la grandine, i sinistri automobilistici, gli incendi, sono così bene valutabili nella loro totalità, statisticamente, che le sagaci compagnie di assicurazione riescono a pesarli con la bilancia e poi a "scommettere" con i propri clienti, con risultati utili per questi ultimi e, miracolo economico, anche per le stesse assicurazioni.

Ora, se nel rischio professionale il limite cui si deve tendere è lo zero sappiamo che in pratica questa eventualità non è puramente teorica: ad esempio, se sostituiamo una sostanza tossica - come il classico fosforo giallo - con una sostanza non tossica - come il fosforo rosso - noi abbiamo azzerato il rischio. Tornando alla fattispecie delle mura domestiche, ciò che in genere ci si dimentica è che l'abitazione della famiglia moderna è divenuta una sorta di azienda industriale in cui i rischi "professionali" non si contano. L'intossicazione ossicarbonica, ad esempio, colpisce più in ambiente domestico che in ambiente metallurgico. Anche altri rischi si sprecano nelle nostre case: ad esempio, irritanti come l'acido muriatico e altri acidi minerali e veleni come la trielina e altri solventi possono vantare una presenza nettamente inferiore a quella dell'industria chimica, non inferiore però a quella di altri ambienti produttivi industriali; addirittura i rischi da sensibilizzanti (detersivi in particolare) non hanno nulla da invidiare, come frequenza, all'edilizia (cemento) o alle industrie manifatturiere (resine sintetiche ecc.). L'elettrocuzione, poi, è un infortunio che statisticamente risulta enormemente più frequente nelle case moderne che nelle centrali o nelle stazioni, o nelle cabine elettriche. Indubbiamente tale variegata casistica o peculiarità degli infortuni domestici merita attenzioni e specifici studi statistici propri di più opportune sedi, solo se si tiene presente che tali incidenti stimati, come già detto, approssimativamente in 8400 vittime ogni anno in Italia hanno quali soggetti neonati, bambini, adolescenti, adulti (donne in particolare), persone anziane e come luogo ogni ambiente del sito domestico (dal giardino alla cucina, dalla soffitta al soggiorno).

La casistica sottolinea che le case in genere sono progettate ed arredate senza che siano tenuti in debito conto taluni problemi della sicurezza anche se, fortunatamente, vi è una certa tendenza a conciliare i criteri di eleganza, di funzionalità e di comfort con quelli della sicurezza.
Detta tendenza, però, si ritiene debba essere favorita e in certi casi imposta dalle leggi.
Le case più vecchie con scale consumate e senza ringhiera, con cucine e bagni molto piccoli, ad esempio, sono certamente più pericolose delle case nuove che hanno una disposizione più razionale degli ambienti e che consentono una sistemazione adeguata di sanitari e di elettrodomestici.
Una considerazione, comunque, ritengo di determinante importanza nell'analisi del fenomeno che qui ci impegna, va rivolta in ordine al fatto che la mortalità derivante da incidenti domestici è seconda soltanto a quella per incidenti stradali ma è comunque superiore (addirittura) a quella degli incidenti sul lavoro che, come già accennato, pur rappresentano ancora una piaga sociale cui però fa riscontro la particolare attenzione del legislatore con l'introduzione del modello organizzativo della sicurezza sui luoghi di lavoro di cui al D.Lgs. 626/94 che ha recepito i principi normativi comunitari.

Contrariamente allo specifico rilevamento statistico dell'INAIL riguardante gli infortuni sul lavoro, nel nostro Paese è solo all'inizio - a differenza dei paesi europei - un sistema di rilevamento capiliare degli "incidenti in casa", da anni caldeggiato dalle associazioni dei consumatori e finalizzato all'individuazione, su base statistica delle fonti di maggior pericolo domestico e dei conseguenti piani di prevenzione.
A tale carenza sta sopperendo il Ministero della Sanità e, in particolare, l'istituto Superiore di Sanità che, da alcuni anni, ha avviato il "progetto SISI" (Studio italiano sugli incidenti). È stato questo il primo studio rivolto a censire statisticamente tutti gli incidenti (stradali, domestici, e in altri ambienti), prefiggendosi lo scopo di servire da modello di rilevamento e da base per attività di informazione e prevenzione.
Su tale fronte va senz'altro segnalata la costituzione a Torino di un osservatorio sugli incidenti domestici annunziata nel 1997 dal Procuratore di Torino, dott. Guariniello che, sul tema della sicurezza degli elettrodomestici, in particolare, chiede che venga attuato un programma di informazione dei consumatori.
Tale attenzione e sensibilità sempre presente, invece, nella legislazione della sicurezza del lavoro è stata ribadita nel citato D.Lgs. 626/94, prevedendo addirittura, con l'art.29, che l'INAIL e l'ISPESL, oltre alle rilevazioni statistiche sugli infortuni e malattie professionali, indicano una conferenza permanente di servizio rivolta oltre che alla verifica dell'adeguatezza di sistemi di prevenzione ed assicurativi anche allo studio ed alla proposta di soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.
La normativa sulla sicurezza del lavoro nel nostro Paese vanta remote radici risalendo al regolamento generale emanato con il Regio Decreto n° 230 del 18 giugno 1899 che conteneva appena quindici articoli indicanti solo principi ed obiettivi di sicurezza.
Bisognerà poi arrivare agli anni '50 perché con lo sviluppo della politica sociale, oltre ad estendere la disciplina della prevenzione su qualsiasi settore del lavoro, fosse accolto un principio etico per il quale l'uomo si ponesse al centro della vita sociale.
Il fine della prevenzione viene a fondarsi non solo sulla preoccupazione del venire meno, in caso di infortunio, del flusso di reddito, ma sulla tutela della personalità fisica e morale del lavoratore.
Nel 1978, poi, la Legge 833 di riforma sanitaria nei suoi obiettivi "altisonanti" si prefigge la prevenzione delle malattie e degli infortuni in senso "globale" cioè in ogni ambito di vita e di lavoro.
Viene, in tal modo, ad essere "frantumata" l'ispezione del lavoro trasferendo le competenze in materia di vigilanza sulla sicurezza e l'igiene del lavoro dell'Ispettorato del lavoro alle Unità sanitarie locali, operando in tal modo una sorta di sanitarizzazione della prevenzione infortuni.
È notorio il travagliato iter del nuovo sistema di controlli e di vigilanza che ha ritardato a decollare per le carenze funzionali e organizzative del sistema sanitario.

Le UU.SS.LL., infatti, si rivelano organizzazioni istituzionalmente e per vocazione protese alla salute del "cittadino" e non esclusivamente a quella del "lavoratore" che necessita invece di controlli squisitamente ed essenzialmente "tecnici".
Il modello normativo dei nostri giorni, infine, quello voluto dal D.Lgs. 626/94, rispecchia la concezione prevenzionistica europea che ritoccando appena la previgente normativa (degli anni 50), quella della cosiddetta "prevenzione tecnologica oggettiva", si prefigge il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori in ogni luogo di lavoro.
A tale evoluzione normativa non ha fatto riscontro nel tempo un pari flusso regolamentare per la prevenzione degli infortuni domestici con le conseguenti differenze di incidenza del fenomeno nei due settori, a differenza di quanto, normativamente, veniva realizzato all'estero.
Già nel 1980, infatti, la Gran Bretagna istituiva un sistema di sorveglianza sugli infortuni domestici denominato "HASS HOME ACCIDENT SURVEILLANCE SYSTEM" il cui metodo di indagine è stato poi adottato quasi integralmente dalla CEE.
In un anno furono analizzati oltre 80.000 casi. Un ispettore del lavoro inglese incaricato di esaminare la sicurezza di alcune case private, concluse l'indagine affermando che se avesse dovuto applicare gli stessi criteri adottati in fabbrica, avrebbe dovuto far sgombrare le abitazioni e chiuderle perché piene di pericoli. Negli Stati Uniti e nel Giappone da numerosi anni, si censiscono statisticamente e scientificamente gli infortuni domestici sia studiando i prodotti ad uso e consumo sia prendendo in esame i casi mortali segnalati da medici anche sotto altre cause (fratture del femore, arresto cardiaco, blocco renale, ecc.).

In particolare negli USA sin dal 1972 veniva istituito il NEISS (Sistema nazionale di sorveglianza elettronica) articolato su 119 ospedali con servizi di urgenza ed un sistema analogo esiste in Inghilterra sin dal 1977.

In Giappone vi sono 176 punti di rilevamento di tali incidenti. In Svezia il Comitato per la prevenzione degli incidenti nell'infanzia risale al 1954 e in Francia i messaggi pubblicitari nelle riviste di arredamento da tempo mettono la voce sicurezza al primo posto dei requisiti del mobile offerto al consumatore.

La CEE nel 1982, rilevando che negli stati membri ogni anno si verificano circa trentamila morti e quattro milioni di feriti, riformulava la proposta del 1978 di istituire una Commissione delle Comunità Europee di informazione sugli infortuni domestici, con particolare riguardo ai prodotti che li hanno causati e nel 1986 il "Progetto casa sicura" coinvolgeva studiosi, operatori e produttori a livello europeo.

Va dato atto, comunque, che negli ultimi anni il nostro Paese ha colmato grosse lacune legislative nel campo della qualità dei prodotti (qualità divenuta sinonimo di sicurezza).
La certificazione della qualità, l'attestazione cioè per mezzo di un certificato e/o di un marchio che un prodotto, un servizio o il sistema-qualità di un'azienda è conforme ai requisiti stabiliti da una norma tecnica, è finalmente in continua evoluzione.
Il valore della normativa tecnica va considerato anche ai fini della responsabilità legale da prodotto difettoso (in virtù del D.P.R. 21 maggio 1988, n. 224) che ricade sul produttore nel caso di eventuali danni a terzi.
Altra tappa importante è stata rappresentata dall'emanazione della Legge 5 marzo 1990, n° 46, contenente norme sulla sicurezza degli impianti, destinata col suo vasto campo di applicazione ad aumentare principalmente la sicurezza degli impianti tra le pareti domestiche combattendo il fenomeno dell'abusivismo degli installatori che è stato la causa di sciagure di ancora recente cronaca, rappresentato da centinaia e centinaia di improvvisati riparatori che si cimentavano con tubature ed allacciamenti vari senza possedere i minimi requisiti di conoscenza tecnica. Oggi, questa legge identifica le persone abilitate all'installazione ed alla manutenzione degli impianti, siano essi a gas o elettrici o di altro tipo, installati in casa con obbligo di rilasciare una dichiarazione di conformità al committente, previo il possesso di specifici requisiti tecnico-professionali dell'impiantista.
In armonia con questa ottica tesa ad estendere così come negli ambienti di lavoro anche negli ambienti domestici idonee garanzie di tutela fisica sono anche e soprattutto:

- il D.Lgs. n° 313 del 27/9/91 che recepisce la direttiva CEE n° 88/378, sulla sicurezza dei giocattoli;
- il Decreto del Ministero dell'Interno 16 febbraio 1982 concernente la determinazione e l'estensione delle attività (anche a carattere "domestico") soggette alle visite di prevenzione incendi;
- la Legge n° 10/1991 ed il D.P.R. n° 412/1993 che hanno regolato la materia della sicurezza per gli impianti di riscaldamento istituendo l'obbligo del libretto d'impianto o di centrale e coinvolgendo quali soggetti responsabili, a seconda dei casi, singoli utenti o amministratori di condomini, salvo delega a soggetto esterno definito dalla legge "terzo responsabile".

Infine è necessario un cenno al recente D.P.R. 24/7/1996, n° 459 contenente il regolamento per l'attuazione della "direttiva macchine".
Detto ultimo provvedimento ha quale effetto principale quello di obbligare gli stati membri dell'Unione Europea, e quindi tutti i fabbricanti aventi sede nella CEE, al rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza (RES).
Solo la conformità a questi requisiti dichiarata e marchiata CE può consentire, dal 21 settembre 1996, la libera circolazione sul mercato comunitario del prodotto macchina, ricomprendendo una planetaria gamma di prodotti che vanno, ad esempio, dal macina-caffè o qualsiasi altro elettrodomestico all'impianto o macchina tecnologicamente più sofisticati.
Particolare significato ed innovazione assumono in particolare le vigenti norme che estendono talune regole della sicurezza del lavoro alla realtà condominiale, ad esempio l'individuazione del "datore di lavoro" nella figura dell'amministratore del condominio che diviene responsabile dell'assolvimento degli obblighi di formazione e informazione da effettuarsi nei confronti dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato (artt. 1, co. 3, 21 e 22 del D.Lgs. n° 626/94 ), come chiarito dalla circolare del Ministero del Lavoro n° 28 del 5/3/1998. Inoltre detto amministratore riveste la figura di committente privato in caso di affidamento in appalto (ad esempio nella sfera degli adempimenti connessi con la realizzazione di opere e di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione) di lavori edili o di genio civile rientranti nel campo di applicazione della normativa prevenzionistica di cui al D.Lgs. n° 494/96. Ai sensi di detto provvedimento (decreto cantieri), infatti, specifiche responsabilità contravvenzionali sono previste anche a carico del committente (art.20).
Ma il raccordo più significativo tra la sfera domestica e la sfera lavorativa con le regole proprie del lavoro subordinato è testimoniato dal recente disegno di legge in avanzato iter legislativo al Senato, sull'estensione obbligatoria dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro alle casalinghe.
A parte le considerazioni favorevoli che non possono non essere espresse per tale giusta e civica estensione di tutela, si ritiene che detto obbligo assicurativo costituirà un prezioso deterrente, con le campagne di sensibilizzazione all'uopo già programmate, agli effetti delle finalità prevenzionistiche che non sono state mai disgiunte nella tradizione del nostro sistema giuridico dalle previsioni di tutela assicurativa.
In definitiva, l'evoluzione normativa testé analizzata tende indubbiamente ad eliminare le barriere dell'estensione dei principi di tutela fra mondo del lavoro e ambiente domestico. È giusto quindi che le esperienze della casistica delle due realtà trovino integrazione e sinergia tra di loro.
Perché, ad esempio, non si deve auspicare che cosi come ormai previsto per ogni luogo di lavoro, a tutela dei dipendenti, non si porti il civico impegno della ricognizione e della valutazione dei rischi in ogni abitazione?
Il conseguente "piano domestico" delle misure di sicurezza attuabili e migliorabili non sarebbe un ottimo punto di partenza e di riferimento?
Son convinto, comunque, che al progresso normativo debba accompagnarsi ogni impegno civico finalizzato al promuovimento della cultura della sicurezza anche "domestica" mediante azioni di informazione e di educazione che partano dai banchi di scuola e continuino in una permanente campagna sociale promossa dalle associazioni poste a tutela dei consumatori, aperta al contributo e alla partecipazione delle istituzioni pubbliche, delle strutture sanitarie e dei singoli cittadini.

Fonte: L. Caputo, Prevenzione degli infortuni sul lavoro - Evoluzione normativa e riflessi sull'infortunistica domestica, in Terra d'Otranto, n. 4/1997.

Tavola 1

FONTI NORMATIVE SULLA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI DOMESTICI

L. 23/12/1978, n. 833
(artt.11-2-20)
Salvaguardia e controllo dei fattori di nocività e pericolosità negli
ambienti di vita e di lavoro mediante il Servizio Sanitario Nazionale
L. 1/3/1968, n. 186 Regola dell'arte nella produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici
L. 18/10/1977, n. 791 Garanzie di sicurezza del materiale elettrico
D.M. 16/2/1982

Certificato di prevenzione incendi

D.P.R. 24/5/1988, n. 224 Responsabilità legale da prodotto difettoso
L. 5/3/1990, n. 46 Sicurezza degli impianti
D.Lgs. 27/9/1991, n. 313 Sicurezza dei giocattoli
L. n. 10/91
D.P.R. n. 412/93
Sicurezza degli impianti di riscaldamento
D.P.R. 24/7/1996, n. 459 Sicurezza delle macchine

 

 

Tavola 2

PRINCIPALI INIZIATIVE DI PROPAGANDA E DI ORGANIZZAZIONE A CARATTERE NAZIONALE ED INTERNAZIONALE

NAZIONE

ANNO OGGETTO

SVEZIA

1954 Istituzione del Comitato per la Prevenzione degli Incidenti nell'infanzia

USA

1972 Istituzione del "Neiss"
(Sistema nazionale di sorveglianza elettronica - con servizi di urgenza articolati su 119 ospedali)

GIAPPONE

1972

Rilevamento di Incidenti Domestici (con 176 postazioni)

 

GRAN BRETAGNA

1980

Istituzione del
"Hass Home Accident Surveillance System"
(Sistema di sorveglianza sugli infortuni domestici)

CEE 1982

Istituzione (già proposta nel 1978) della "Commissione
delle Comunità Europee di Informazione sugli Infortuni
Domestici"

CEE 1986 Varo del "Progetto Casa Sicura"
ITALIA 1995 Elaborazione del "Progetto Sisi" dell'istituto Superiore di Sanità (Studio italiano sugli incidenti - 1° censimento statistico)
ITALIA 1997 Istituzione dell'Osservatorio sugli Incidenti Domestici (Torino)

 



     chi siamo          la rivista          i libri          i convegni          informazione tecnica          collaboratori tecnici          normativa          varie          contattaci          ritorna alla home page
web design