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Considerazioni giuridiche relative al tetto di radiofrequenza compatibile con la salute umana

Giulio Benedetti
Magistrato


Dal 2 gennaio 1999 il legislatore, con il D.M. 10/09/1998 n. 381, ha stabilito i limiti ai tetti di radiofrequenza in modo che siano compatibili con la salute umana. Il presente articolo esamina il testo della norma ed i relativi risvolti giuridici.

Il 2/1/1999 è entrato in vigore il Decreto del Ministero dell'Ambiente del 10/9/98 n. 381 (Gazzetta Ufficiale 3/11/1998 n. 257) contenente norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana. Il testo normativo è rivoluzionario poiché pone il nostro paese all'avanguardia nella regolamentazione della cosiddetta "antenna selvaggia": infatti tale proliferazione disordinata ha provocato vivo allarme nella pubblica opinione in ordine alle conseguenze delle radiofrequenze sulla pubblica salute. Il decreto fissa (art.1) i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz. Tuttavia i limiti di esposizione non si applicano ai lavoratori esposti per ragioni professionali, nè agli elettrodotti (che funzionano a frequenze più basse: 50 60 Hz), nè alla corrente elettrica domestica (disciplinata da altre norme). L'art. 3 e l'allegata tabella 1 stabiliscono i valori limite di esposizione, mediati su un'area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti, stabilendo che nel caso di campi elettromagnetici generati da più sorgenti, la somma dei relativi contributi normalizzati, definiti nell'allegato B, deve essere minore dell'unità.
Particolarmente significativi per la tutela della salute umana dai campi elettromagnetici sono i limiti stabiliti (art.4), negli edifici adibiti a permanenza di persone non inferiore a 4 ore (dunque negli edifici abitati) di 6 V/m (Valore efficace di intensità di campo elettrico) per il campo elettrico di 0,016 Ampere per metro per il campo magnetico, intesi come valori efficaci e, per frequenze comprese tra 3 Mhz e 300 Ghz, 0.10 w/mq per la densità di potenza dell'onda piana equivalente. D'altra parte il decreto afferma (art. 4 comma primo), saggiamente, che gli interessi in gioco devono essere contemperati, ovvero che la progettazione e la realizzazione di tali sistemi fissi deve avvenire in modo da produrre i valori di campo magnetico più bassi possibile, compatibilmente con la qualità del servizio svolto dal sistema al fine di minimizzare l'esposizione della popolazione.
Indubbiamente il decreto determina i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento di impianti dalla data di entrata in vigore, vale a dire dal 2/1/999, ma i predetti valori, non essendo prevista una norma che sani la situazione precedente, si riferiscono anche agli impianti installati ed in funzione prima del 2/1/1999.
Pertanto al fine di effettuare la bonifica degli impianti già esistenti e che non rispettano i limiti dell'art. 4, è prevista una procedura di adeguamento. Infatti (art. 4 comma 3), fatte salve le attribuzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, le regioni e le province autonome disciplinano:

  • l'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il rispetto dei limiti previsti dall'art. 3 e dei valori previsti dall'art. 4 comma 2;
  • il raggiungimento di eventuali obbiettivi di qualità;
  • le attività di controllo e vigilanza per quanto attiene all'identificazione degli impianti e delle frequenze loro assegnate.

Allorquando l'attività di vigilanza individui, all'interno di zone abitative o in sedi di attività lavorative per lavoratori non professionalmente esposti o nelle zone comunque accessibili alla popolazione, il superamento dei limiti predetti e previsti dall'art. 3 o dall'art. 4 comma 2, le regioni o le province autonome emettono delle prescrizioni di adeguamento ai limiti onerando con indicazione, nelle relative ordinanze contingibili ed urgenti, delle modalità (conformi all'allegato C del decreto) e dei tempi di opera i titolari degli impianti all'esecuzione delle azioni di risanamento.
Le conseguenze giuridiche dell'inottemperanza all'ordinanza regionale o provinciale autonoma di risanamento possono essere penali. Invero, a seguito dell'entrata in vigore del D.M. 1998/381, le ordinanze di adeguamento consistono in provvedimenti legalmente dati dall'autorità per ragioni di sicurezza pubblica e di igiene e la loro inottemperanza, ai sensi dell'art. 650 c.p., è punita con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 400.000. Se il trasgressore dimostrerà di avere evitato, attraverso la sollecita adozione del piano di adeguamento ingiuntogli nell'ordinanza emessa dalla regione o dalla provincia autonoma, la permanenza delle conseguenze dannose o pericolose del reato, potrà estinguere (pertanto evitando ogni conseguenza penale) il reato, ai sensi dell'art. 162 bis c.p., con il pagamento, prima dell'apertura del dibattimento o prima del decreto di condanna, di una somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione oltre le spese del procedimento.
Ben più complesso è il problema inerente alla configurabilità di una responsabilità penale del titolare dell'impianto per lesioni colpose (art. 590 c.p. che punisce con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire un milione nei casi di lesione grave con la reclusione da uno a sei mesi o la multa da lire 400.000 a 2 milioni e nel caso di lesione gravissima con la reclusione da tre mesi a due anni o con la multa da lire 1 milione a lire 4 milioni chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale) cagionate nell'utente dal superamento dei valori limite di esposizione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei istemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra i 100 kHz e 300 GHz. Infatti il superamento dei valori limite previsti dall'art. 3 e dall'art. 4 comma 2 del D.M. 1998/381 non è sufficiente per realizzare l'elemento oggettivo del reato previsto dall'art. 590 c.p., poichè per la configurabilità della predetta norma penale occorre dimostrare, attraverso i dettati dell'arte medica, il nesso di causalità tra l'esercizio irregolare dell'impianto e la patologia incorsa alla parte lesa. In parole semplici occorre dimostrare davanti al giudice che l'esercizio dell'impianto fa male alla salute del cittadino. Tale prova non è facile poiché, a causa della novità della materia trattata, attualmente la dottrina medica non ha raggiunto il grado di evidenza scientifica, sia pure controverso ed aperto al dibattito internazionale ed accademico, tale da dimostrare nè le patologie causate nell'uomo nei primati o negli animali dall'esposizione alla radiofrequenza, nè i limiti oltre i quali le stesse compaiono nell'uomo, nè il rapporto di causalità esistente tra l'esposizione a radiofrequenza e la malattia nel corpo e nella mente umana.
Le più significative conseguenze giuridiche del D.M 1998/381 per la tutela del consumatore appaiono assicurate nel diritto civile. Invero l'art. 2050 del codice civile, disciplinante la responsabilità per l'esercizio di attività pericolose, afferma: "chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento se non prova di non aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno". A tal proposito osservasi che lo stesso D.M. 1998/381 allorquando definisce agli articoli 3 e 4 comma 2 i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi, operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra i 100 kHz e 300 GHz, implicitamente stabilisce che qualora dette attività, nel loro esercizio, superino i predetti valori limite, in tal caso le stesse consistono nelle attività pericolose, previste dall’art. 2050 c.c., per loro natura o per la natura dei mezzi adoperati. Pertanto, in tali ipotesi, le associazioni riconosciute degli utenti e dei consumatori ai sensi degli articoli 3 e 5 della legge 30/7/1998 n. 281, al fine di assicurare la tutela della salute degli utenti, saranno legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi, richiedendo al giudice competente:

  • di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;
  • di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate;
  • di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.

In ogni caso, per evitare inutili ed onerosi provvedimenti giudiziari, l’art. 3 comma 2 della legge 1998/281 consente alle associazioni dei consumatori di attivare, prima del ricorso al giudice, la procedura di conciliazione dinanzi alla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura competente per territorio a norma dell’art. 2, comma 4, lettera a) della legge 29/12/1993 n. 580 con l’avvertenza che la procedura è , in ogni caso, definita entro 60 giorni.
In relazione all’art. 2050 c.c. occorre ricordare che l’onere della prova è invertito (rispetto al giudizio ordinario nel quale l’attore deve provare che il convenuto ha cagionato il danno) in quanto, poichè esercitano un’attività pericolosa, sarà onere degli esercenti degli impianti irregolari di radiofrequenza dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno, ovvero di avere rispettato, nell’esercizio degli impianti, i limiti previsti dagli articoli 3 e 4 comma 2 del D.M. 1998/381.
Infine gli utenti e le loro associazioni potranno, eventualmente, promuovere nei confronti degli esercenti degli impianti di radiofrequenza:
le azioni di denunzia di nuova opera (art.1171 c.c.), entro un anno dall’inizio della nuova opera, e di denunzia di danno temuto (art. 1172 c.c.) per quanto riguarda i danni cagionati dall’installazione di nuove antenne o impianti sulle loro abitazioni o in prossimità delle stesse; le richieste al giudice dei provvedimenti di urgenza, ai sensi dell’art. 700 del codice di procedura civile che, richiesti da chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per fare valere i loro diritti in forma ordinaria questi siano minacciati da un pregiudizio imminente o irreparabile, appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito.

 



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