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L'esperienza milanese nel controllo dei serbatoi interrati

a cura del Dott. Paolo Jean
ASL Città di Milano - Servizio Igiene Ambientale

Le problematiche legate alla presenza di serbatoi interrati non sono solo quelle relative al pericolo di incendio ma anche quelle connesse col pericolo di inquinamento del sottosuolo.
L'articolo qui proposto ripercorre l'esperienza maturata dal Servizio di Igiene Ambientale dell'A.S.L. di Milano

Il problema della verifica della tenuta dei serbatoi interrati si è posto in termini di priorità a Milano nel 1975: le analisi dell'acqua emunta dall'Acquedotto Civico avevano evidenziato la presenza di solventi clorurati, a volte in concentrazioni molto elevate: oltre un terzo dei pozzi fu disconnesso dalla rete di distribuzione, in quanto le concentrazioni avevano superato i limiti indicativi allora vigenti.

Compito dell'allora Ufficio di Igiene comunale fu l'individuazione delle fonti di contaminazione, per la loro eliminazione e bonifica: fu svolta un'azione capillare a tappeto su tutta la città e furono individuate due principali cause dell'inquinamento: scarichi di residui di lavorazione in pozzi perdenti o comunque nel sottosuolo e perdite di solventi contenuti in serbatoi interrati.

Per quanto riguarda in particolare i serbatoi interrati, il problema più urgente era la verifica della tenuta, mediante idonee prove: l'unico riferimento normativo in materia era il Decreto Ministeriale del 1934 sugli oli combustibili che, per quanto riguarda le prove di tenuta, prescrive l'effettuazione sui serbatoi nuovi di test mediante pressatura ad una atmosfera relativa.

A partire dal 1975 tutto il parco serbatoi interrati ad uso industriale (con esclusione, quindi, dei serbatoi contenenti combustibili e carburanti) fu controllato mediante pressatura con acqua o aria (previo - ovviamente - svuotamento del serbatoio e bonifica): fu un impiego molto oneroso anche per le strutture di controllo, sia per il numero di serbatoi - circa 800 - sia perchè ogni prova richiedeva più sopralluoghi.

I risultati non delusero le attese ed oltre 40 serbatoi furono riscontrati avariati e rimossi dal terreno: fu calcolato in via prudenziale che questo intervento eliminava circa 1/3 del carico inquinante da solventi che allora perveniva in falda.

A quegli anni risalgono i primi tentativi di disciplinare sotto il profilo della tutela ambientale lo stoccaggio interrato di liquidi pericolosi: l'unica norma italiana infatti - come già ricordato, il D.M. del 1934 - era rivolta essenzialmente alla prevenzione di incendi o scoppi e solo marginalmente alla prevenzione di inquinamenti del sottosuolo.

Furono operate le prime ingiunzioni per la sostituzione dei serbatoi, in ciò dando un'interpretazione estensiva - e in effetti piuttosto tirata - delle vecchie norme del Regolamento di Igiene del 1901, che richiedeva l'ispezionabilità dei pozzi neri e delle "cisterne per gli scoli domestici e in genere per ogni materia fetente o che possa inquinare il sottosuolo …"; nell'attesa della realizzazione di interventi tanto radicali, si richiese l'effettuazione periodica di prove di tenuta; fu così che nel 1981 il sindaco di Milano emanò un'ordinanza che prescriveva ai detentori di serbatoi ad uso industriale il controllo annuale, sotto il controllo dell'Ufficio di Igiene e con modalità da concordare volta per volta, della tenuta dei serbatoi.

Queste prescrizioni - ed ovviamente altre cause più generali concomitanti - indussero molti detentori alla sostituzione dei serbatoi, tanto che da 800 sono calati agli attuali 271.

Nel 1996 si è realizzata l'iniziativa, sollecitata dal Dipartimento di Prevenzione delle UU.SS.LL.LL. di Milano, del censimento generale dei serbatoi interrati nel territorio cittadino: il censimento, condotto utilizzando la scheda a suo tempo predisposta dal Servizio Igiene Pubblica della Regione, ha riguardato tutti i serbatoi interrati, in uso o dismessi, presenti in insediamenti industriali, commerciali o civili: in base alle schede pervenute la situazione milanese è sintetizzata nei seguenti prospetti:
Il Dipartimento di Prevenzione di Milano ha inoltre svolto un'intensa attività di indirizzo e di elaborazione di linee-guida, anche per i problemi connessi ai serbatoi interrati: tra queste vanno annoverate l'elaborazione di criteri per le priorità negli interventi di progressivo ammodernamento del parco-serbatoi esistente, l'indicazione di procedure omogenee per la dismissione dei serbatoi e per le prove di tenuta.

CRITERI DI PRIORITÀ
A fronte del rilevantissimo numero di serbatoi e dell'ovvia impossibilità di interventi generalizzati, si sono individuati alcuni criteri fondamentali in base ai quali chiedere con gradualità al competente Settore comunale all'Ambiente la sostituzione; essi sono essenzialmente:
o ubicazione rispetto ai pozzi pubblici del Civico Acquedotto: in base al D.P.R. 236/1988 sono identificate delle zone di salvaguardia nell'intorno delle fonti di approvvigionamento dell'acqua potabile: zone di tutela assoluta (entro un raggio di 10 metri dal punto di captazione), zona di rispetto (entro un raggio, in linea generale, di 200 metri), zona di protezione (l'insieme del bacino imbrifero che alimenta la fonte di captazione): lo stesso Decreto indica alcune attività che non possono svolgersi ovvero svolgersi con limitazioni all'interno delle suddette zone, tra cui anche lo stoccaggio di sostanze pericolose;
o vetustà: è statisticamente provato che serbatoi con oltre 30 anni di vita operativa hanno elevate probabilità di presentare perdite significativamente importanti ai fini della tutela ambientale;
o contenuto: a fronte di taluni espliciti divieti già indicati dal legislatore (es. stoccaggi interrati di rifiuti tossico-nocivi) per i quali, ovviamente, è necessario comunque procedere all'adeguamento, per le altre sostanze la pericolosità è in funzione delle caratteristiche tossicologiche ed eco-tossicologiche, nonchè di taluni parametri chimico-fisici che ne determinano la mobilità ambientale: ad esempio, i solventi clorurati, per il loro elevato peso specifico, relativa solubilità in acqua, persistenza ambientale, sono indubbiamente molto pericolosi per la tutela del sottosuolo; così gli idrocarburi aromatici a minor peso molecolare (benzene, toluene, xileni) sono più pericolosi degli omologhi superiori, ecc.

In base ai sopraddetti criteri, si è convenuto di chiedere in prima battuta l'adeguamento dei serbatoi che sono ubicati nella zona di rispetto dei pozzi pubblici, installati prima del 1966, contenenti prodotti ad uso industriale classificati pericolosi ovvero benzine; solo per i serbatoi contenenti benzine, nell'ambito cittadino i provvedimenti riguardano 179 serbatoi; a seguito di ciò, il comune di Milano e le Associazioni di categoria (Unione Petrolifera e AssoPetroli) hanno firmato un accordo di programma per realizzare i conseguenti interventi senza provvedimenti ingiuntivi.

PROVE DI TENUTA
L'elevato potere inquinante delle sostanze normalmente contenute nei serbatoi comporta di riflesso la necessità di avere strumenti di controllo della loro tenuta particolarmente sensibili: la perdita giornaliera di un chilogrammo di solvente aromatico (grosso modo corrispondente a una goccia al minuto) che andasse a contaminare le acque sotterranee, può comportare la non potabilità di 100.000 mc di acqua, ben oltre un decimo del consumo giornaliero di una città come Milano.
Particolarmente efficace si è dimostrata la prova con sovrapressione con acqua, inizialmente condotta a 1 atm relativa e poi ridotta a 0.3 atm, con un tempo di osservazione di 24 ore; la prova pneumatica è accettata solo per serbatoi di ridotta capacità, con tempo di osservazione di 72 ore.

È inoltre accettata una prova elaborata da un gruppo a suo tempo costituito presso il Servizio Igiene Pubblica regionale ed in particolare dai Tecnici dell'Unità Operativa Impiantistica del PMIP di Milano, componenti del gruppo: essa si basa sulla misura differenziale dell'altezza del liquido contenuto nel serbatoio mediante asta metrata, con controllo contemporaneo della temperatura: è una metodica, come sanno gli addetti ai lavori, grossolana, ma se il tempo di osservazione è di qualche mese si ottengono livelli di rilevabilità di perdite sufficienti per liquidi non particolarmente pericolosi per l'ambiente-sottosuolo, quali gli oli combustibili e il gasolio; tale metodica è stata sviluppata pensando soprattutto alle miriadi di piccoli proprietari o amministratori di stabili, detentori di serbatoi contenenti gasolio non utilizzati per tutto il periodo estivo.

A fronte dell'esigenza di avere comunque nei tempi più stretti una prima valutazione di eventuali perdite massicce, si è convenuto di accettare in via transitoria anche metodi più speditivi, purchè comunque potessero essere evidenziate perdite di almeno 2 litri giornalieri: è comunque del tutto auspicabile che al più presto si possa fare riferimento a metodiche ufficiali.

REGOLAMENTO LOCALE DI IGIENE
Al posto del già citato Regolamento del 1901, è vigente a Milano da circa 2 anni un nuovo testo che ricalca quello proposto da apposito gruppo di lavoro regionale; l'art. 2.2.7 riguarda espressamente tutti gli impianti di stoccaggio di liquidi che possono inquinare le acque sotterranee, impianti sia interrati che fuori terra; sono presi in considerazione tutti i punti di vulnerabilità, costituiti dal serbatoio stesso - ovviamente - ma anche dalle tubazioni annesse, dal pozzetto di accesso al passo d'uomo, dalle aree di carico-scarico; altri articoli fissano prescrizioni relative alle eventuali perdite da sistemi fognari (compresi quelli per le acque meteoriche di dilavamento) o da vasche o pozzetti interrati.
Il vigente testo dell'art. 2.2.7 è riportato in allegato, tenendo però presente che è stata avviata una rielaborazione alla luce sia dell'esperienza maturata sia, soprattutto, delle nuove disposizioni ministeriali e legislative.
Si danno innanzitutto le definizioni, riprese in larga misura dalle normative europee e statunitense, di:

  • impianto di stoccaggio: insieme dei contenitori di stoccaggio e delle tubazioni annesse;
  • impianto interrato: impianto di cui non sia direttamente e visivamente ispezionabile almeno il 90% della superficie esterna;
  • liquidi inquinanti: i liquidi che possono alterare le caratteristiche organolettiche e/o chimico-fisiche previste dalla legislazione sulle acque destinate al consumo umano.

Mentre per gli impianti fuori terra sono richiamate norme tecniche già in qualche misura presenti in leggi o regolamenti vigenti, innovativa invece è la disciplina prevista per i nuovi impianti interrati, così come sopra definiti: per essi viene prevista la visibilità-ispezionabilità indiretta mediante due soluzioni impiantistiche:
1. impianti collocati in bacini di contenimento, riempiti di materiale inerte drenante e corredati di sistema di convogliamento e rilevamento di liquidi infiltrati;
2. impianti a doppia parete, con controllo continuo e automatico, periodicamente verificato e collegato a sistemi di allarme sonoro e/o visivo, della tenuta dell'intercapedine.

Vengono inoltre prescritte norme riguardanti i pozzetti di accesso ai passi d'uomo dei serbatoi, che devono essere impermeabilizzati e a perfetta tenuta, e le aree di carico/scarico, che devono essere realizzate in modo da evitare contaminazioni del sottosuolo o dei recapiti di fognatura in caso di sversamenti, sgocciolamenti ecc.

IL CONTROLLO DEI SERBATOI INTERRATI
Per quanto riguarda i nuovi impianti, già si è detto del controllo richiesto per verificare la tenuta dell'intercapedine.
Per gli impianti interrati esistenti, il controllo della tenuta rappresenta un serio problema, anche per l'assenza di metodi ufficiali di riferimento: è senz'altro auspicabile che siano innanzitutto gli Enti di Normazione e Unificazione a farsi carico del problema, indicando una lista di metodiche di controllo: dovrà chiaramente riportare le procedure che devono essere seguite, campo di applicazione, limiti di rilevabilità, affidabilità, interferenze, tempi necessari e costi connessi ecc.
In mancanza e in attesa, si fa riferimento a test utilizzati all'estero, soprattutto negli Stati Uniti, ove EPA ha sviluppati un programma specifico nell'ambito del SuperFund, nonchè a metodiche che nel corso di oltre un ventennio di esperienza si sono man mano affinate e perfezionate.
Appare peraltro non condivisibile l'indicazione ministeriale di livelli di rilevabilità di 400 ml/ora: se è pur vero che riprende il limite indicato da EPA per la definizione di "Precision test", è pur altrettanto vero che EPA, a sua volta, non ha fatto che riprendere il limite indicato da NFPA, i Vigili del Fuoco degli Stati Uniti, contro il pericolo di scoppio/incendio: ai fini della tutela ambientale e soprattutto nella realtà lombarda tale limite è del tutto fuori luogo.
Appare peraltro anche più importante del controllo della tenuta, la verifica dello stato di contaminazione del terreno circostante e sottostante il serbatoio: ciò permette di accertare contaminazioni dovute anche alle altre possibili fonti, quali i pozzetti e le vasche: è anche auspicabile che, fino alla definitiva sostituzione dei serbatoi a parete semplice con quelli a doppia parete, sia predisposto un sistema di monitoraggio del sottosuolo, ad esempio mediante analisi del gas interstiziale, sostitutivo o integrativo del controllo di tenuta, che potrebbe essere eseguito con frequenze meno strette.

DISMISSIONE DEI SERBATOI
Anche a seguito della metanizzazione della città, numerosi sono i serbatoi non più utilizzati e per i quali i proprietari o gli amministratori chiedeono chiarimenti circa le modalità di dismissione.
Già la Regione Lombardia aveva richiamato il rispetto di alcune norme di buona tecnica per tale operazione: il Dipartimento di Prevenzione ha elaborato un protocollo operativo che prevede come norma generale la rimozione del serbatoio (previa bonifica) e accertamenti diretti sull'eventuale contaminazione del terreno; in casi di impossibilità pratica della rimozione (ad es. per problemi di stabilità di strutture edilizie vicine) attestata da tecnico abilitato, dopo la bonifica del serbatoio comunque necessaria, si procede a verifiche circa la tenuta del serbatoio ovvero ad indagini ambientali diversificate in funzione del rischio, con riempimento finale del serbatoio con materiali inerti e sigillatura.
La dimissione va comunicata alla ASL: andranno inoltre comunicate anticipatamente le modalità di bonifica e di rimozione del serbatoio ed i relativi tempi, per eventuale controllo diretto; al termine degli interventi andranno comunicate e documentate le modalità di smaltimento dei rifiuti prodotti; in caso di accertato inquinamento, dovrà essere inoltrata la notifica prevista all'art. 17 D.L.vo 22/97.

ALLEGATO 1
DAL REGOLAMENTO DI IGIENE DEL COMUNE DI MILANO

art. 2.2.7 Stoccaggio di liquidi inquinanti
Fatte salve le prescrizioni del D.M. 31/7/1934, al fine di prevenire inquinamenti del suolo e del sottosuolo, i nuovi impianti per lo stoccaggio di liquidi inquinanti devono essere approvati dal Servizio n. 1 della USSL, sulla base di un progetto a firma di un tecnico abilitato.
I nuovi impianti devono rispettare le prescrizioni di seguito indicate, ferma restando l'ottemperanza alle norme vigenti, in particolare in materia di sicurezza (prevenzione incendi, misure contro l'accumulazione di cariche elettrostatiche, protezione elettrica, ecc).
Ai fini del presente regolamento, si intende per impianto l'insieme dei contenitori di stoccaggio e delle tubazioni annesse.
Si intende interrato l'impianto, o la parte dell'impianto, di cui non sia direttamente e visivamente ispezionabile almeno il 90% della superficie esterna; si intendono altresì interrati i contenitori verticali poggianti direttamente o tramite platea cementizia sul terreno in quanto non ispezionabili come precedentemente definito.
Si intendono liquidi inquinanti quelli che possono alterare le caratteristiche organolettiche e/o chimico-fisiche previste dalla normativa concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano.
Gli impianti devono avere caratteristiche di resistenza ed essere realizzati con materiali compatibili con le sostanze contenute e devono essere realizzati preferibilmente fuori terra.
I contenitori di stoccaggio devono essere collocati in uno o più bacini di contenimento a perfetta tenuta, di norma privi di condotti fissi di scarico, realizzati in materiale inattaccabile dalle sostanze stoccate ed aventi superfici lisce e impermeabili; ogni bacino di contenimento deve avere un volume utile almeno pari al 50% della capacità complessiva dei contenitori nello stesso collocati e, in ogni caso, almeno pari alla capacità del contenitore più grande.
Tutti i contenitori fissi di liquidi inquinanti aventi capacità superiore a 1000 litri devono essere dotati di opportuno dispositivo antitraboccamento, che limiti la possibilità di riempimento al 90% della capacità, nonchè di opportuno dispositivo di compensazione della pressione che eviti, nel rispetto altresì della vigente normativa in materia di inquinamento atmosferico, anomale condizioni di sovrapressione o di vuoto nelle fasi di trasferimento del liquido ovvero per variazioni di pressione o di temperatura.
È altresì ammessa la realizzazione di nuovi impianti parzialmente o totalmente interrati solo se rientrano nelle seguenti tipologie:
a) impianti collocati all'interno di bacini di contenimento riempiti di materiale inerte drenante e aventi caratteristiche di resistenza analoghe a quelle previste per i bacini fuori terra; il materiale di riempimento del bacino deve avvolgere tutte le superfici dell'impianto che non siano direttamente visibili; la pavimentazione del bacino deve inoltre presentare una pendenza minima del 2% per il collettamento di eventuali liquidi in un unico punto ove ne sia possibile la verifica; nel caso in cui parte dell'impianto non sia coperto dal materiale di riempimento il volume libero del bacino di contenimento deve essere almeno uguale al volume di liquido contenuto nella parte di impianto non coperta;
b) impianti a doppia parete, con controllo in continuo della tenuta dell'intercapedine mediante sovrapressione con gas inerti secchi ovvero depressione, ovvero mediante riempimento con liquido non corrosivo né congelabile nelle normali condizioni di esercizio. Il sistema di controllo deve essere collegato a un sistema di allarme sonoro e/o visivo e periodicamente verificato.

Soluzioni tecniche e impiantistiche diverse potranno essere adottate previa approvazione del Servizio n. 1 della USSL.
I pozzetti di contenimento dei passi d'uomo per l'accesso ai serbatoi interrati devono presentare caratteristiche di intaccabilità e impermeabilità analoghe a quelle previste per i bacini di contenimento.
I pavimenti, i cortili, i piazzali ove si effettua carico e scarico di liquidi inquinanti devono essere impermeabilizzati e dotati di sistemi di contenimento di eventuali perdite nonchè di opere indipendenti di convolgimento e smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio, nel rispetto delle vigenti normative in materia di rifiuti e inquinamento idrico.
Gli impianti interrati devono inoltre essere adeguatamente protetti dalle sollecitazioni meccaniche trasmesse qualora l'area sovrastante sia accessibile al passaggio di veicoli.
Gli impianti esistenti devono adeguarsi alle prescrizioni relative agli impianti nuovi, per quanto tecnicamente possibile,entro un periodo stabilito dal Sindaco su parere del Servizio n. 1 della USSL, in relazione al rischio ambientale connesso con lo stato di conservazione dell'impianto, alla natura dei liquidi contenuti, alle risultanze delle prove di tenuta, nel rispetto comunque delle seguenti indicazioni:
a) lo stoccaggio di rifiuti speciali e di liquidi classificati tossici e corrosivi dalle vigenti normative in materia di imballaggio ed etichettatura, è consentito solo in impianti aventi le caratteristiche previste per quelli nuovi;
b) non è di norma consentito lo stoccaggio di liquidi inquinanti in contenitori che, per ragioni tecnologiche, siano tenuti in sovrappressione ovvero in tubazioni in cui il trasferimento del liquido avviene a mezzo di pressione, senza che gli impianti abbiano le caratteristiche previste per quelli nuovi;
c) è consentito lo stoccaggio di liquidi inquinanti in impianti interrati a parete semplice e privi dei bacini di contenimento previsti per i nuovi impianti interrati purchè il responsabile dell'impianto documenti che lo stesso è stato installato da non più di 20 anni qualora contenga liquidi classificati nocivi o irritanti e da non più di 30 anni negli altri casi e che non sussistano particolari rischi ambientali.

Tutti gli impianti esistenti con le suddette caratteristiche vanno comunque sottoposti a prova di tenuta da effettuarsi con frequenza almeno annuale, secondo le modalità indicate dalle USSL, ivi compresa la possibilità di autocertificazione, previa presentazione alla stessa USSL di una relazione esplicativa sulla scelta del metodo.
Frequenze diverse, comunque non oltre 5 anni, potranno essere previste solo realizzandosi specifiche opere di prevenzione, protezione o controllo, quali sistemi di protezione catodica, prove strutturali, pozzi spia.
È fatto obbligo ai responsabili degli impianti esistenti di fornire, su richiesta della USSL, la descrizione delle caratteristiche costruttive e d'uso.
Per l'esercizio di impianti nuovi interrati dovrà pervenire alla USSL dichiarazione del costruttore e/o installatore ovvero tecnico abilitato che l'impianto è stato realizzato in conformità al progetto approvato.
È fatto obbligo ai responsabili degli impianti di stoccaggio di comunicare, entro 15 giorni, alla USSL l'avvenuta cessazione d'uso.

 



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