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Il D.Lgs. 758/94:problematiche operative del meccanismo sanzionatorio

Pierguido Soprani
Magistrato

1. L'APPLICABILITÀ
Il D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, intitolato "Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro", ha recepito i criteri direttivi fondamentali fissati nella legge delega 6 dicembre 1993, n. 499, che erano quelli di ridurre il numero delle violazioni di natura penale (c.d. "decriminalizzazione") e di razionalizzare nel suo complesso il sistema sanzionatorio.

Dei IV capi in cui si suddivide l'articolato del decreto, quello che in questa sede interessa esaminare è il capo II (articoli da 19 a 26), il quale contiene la disciplina sanzionatoria in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, e le norme di coordinamento e transitorie.

Dall'analisi del capo II del D.Lgs. n. 758/94, emerge come il legislatore ha strutturato la disciplina sanzionatoria su un meccanismo che ruota attorno a due elementi fondamentali: la contravvenzione da un lato e, dall'altro lato, la prescrizione, un nuovo istituto di incentivazione all'adempimento tardivo, con effetti di estinzione delle contravvenzioni, e di conseguente esclusione della responsabilità penale.

La nozione di "contravvenzione" si inserisce in un contesto definitorio, tipico della recente legislazione intervenuta a regolare - principalmente per effetto e sotto l'impulso via via sempre crescente di linee di codificazione continentali, derivanti dal recepimento delle direttive comunitarie - il settore della prevenzione infortuni e dell'igiene del lavoro.
Essa viene espressa dall'art. 19, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n. 758/94 nel modo che segue:
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo, si intende per:
a) contravvenzioni, i reati in materia di sicurezza e di igiene del lavoro puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda in base alle norme indicate nell'allegato I.

La definizione è semplice e chiara, come chiara - ed esaustiva - è l'elencazione delle norme operata nell'Allegato I. Quanto alle norme di emanazione successiva alla data di pubblicazione del decreto legislativo sulla Gazzetta Ufficiale, va detto che, a tutt'oggi, sono 8 i provvedimenti normativi che non sono ricompresi nell'elenco dell'Allegato I del D.Lgs. n. 758/94, indicati di seguito:

  • D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230:
    Attuazione delle direttive Euratom 80/836, 4/467, 84/466, 89/618, 90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti;
  • D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493:
    Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro;
  • D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494:
    Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili;
  • D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624:
    Recepimento della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee;
  • D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 645:
    Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento;
  • D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 271:
    Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485;
  • D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 272:
    Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485;
  • D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298:
    Attuazione della direttiva 93/103/CE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca.

Mentre per la maggior parte di essi il legislatore ha espressamente stabilito, nel corpo del testo (sia pure con formulazione diversa, ma con identità di effetti giuridici sostanziali), la applicabilità del modello sanzionatorio del D.Lgs. n. 758/94, per altri (D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493 e D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, con esclusione del D.Lgs. n. 645/96, il quale non contiene norme contravvenzionali) si discuteva fino a poco tempo fa se, in assenza di una specifica disposizione di coordinamento, il regime fosse o meno quello della applicabilità in via analogica o sostanziale.

Con l'emanazione della legge 5 febbraio 1999, n. 25 (legge di adeguamento Comunitario per il 1998), il legislatore, intervenendo con una disposizione di carattere generale al fine di risolvere in via definitiva il dibattuto tema della applicabilità del D.Lgs. n. 758/94 alle normative di emanazione posteriore al 19/12/94, non inserite nell'elenco di cui all'Allegato I, ha stabilito, all'art. 2, comma 2 della legge, che "Le disposizioni in materia di prescrizione di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, si applicano, ove già non previsto, a tutte le violazioni delle norme di recepimento di disposizioni comunitarie in materia di igiene sul lavoro, sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, per le quali è prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda".
Purtroppo la speranza di mettere la parola "fine" alla questione con l'introduzione di una clausola di tipo generale, deve oggi cedere di fronte alla circostanza che nuovamente il legislatore ha dimenticato di inserire, nella normativa di più recente emanazione (D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298), la specifica norma di coordinamento con la disciplina contenuta nel capo II del D.Lgs. n. 758/94.
Norma oltretutto necessaria, poichè l'inciso "ove già non previsto" contenuto nell'art. 2, comma 2 della Legge 5 febbraio 1999, n. 25 si riferisce, in ragione dell'uso della forma avverbiale, esclusivamente alle normative prevenzionali emanate fino a quel momento. Si ripropone dunque ancor oggi, sia pure con ambito più limitato, la questione interpretativa della applicabilità del D.Lgs. n. 758/94 alle contravvenzioni previste dal D.Lgs. n. 298/99 (che sono di emanazione successiva).
Il dato conclusivo di sintesi è che, nell'inserire nella clausola generale della legge n. 25/99 l'espressione avverbiale "già", il legislatore è stato incauto, peccando di eccessivo affidamento su se stesso, e sull'uso di una tecnica legislativa adeguata per il futuro: cosa che, a distanza di pochi mesi, i fatti hanno puntualmente smentito.

2. IL MECCANISMO SEQUENZIALE E LA RATEIZZAZIONE DEL PAGAMENTO
Il meccanismo sanzionatorio introdotto "ex novo" dal D.Lgs. n. 758/94 fa leva su uno strumento, il cui scopo è quello di "eliminare" la contravvenzione-violazione accertata. Si tratta dell'istituto della "prescrizione", completamente nuovo nel settore della normativa prevenzionale e di igiene.

I tratti caratteristici della prescrizione sono la natura di atto di Polizia Giudiziaria, compiuto nell'esercizio delle funzioni di cui all'art. 55 del Codice di Procedura Penale, in particolare con la finalità di impedire che le contravvenzioni, di regola aventi natura di reati permanenti, siano portate ad ulteriori conseguenze (i reati permanenti sono quei reati nei quali la situazione di antigiuridicità si protrae nel tempo, fino a che non interviene una condotta od un evento esterno alla struttura del reato che ne determina la cessazione), e la obbligatorietà (come afferma espressamente la legge delega n. 499/93, nonchè il testo dell'art. 20, comma 1 del D.Lgs. n. 758/94).

In quanto proveniente da un ufficiale di P.G., nell'esercizio delle sue funzioni e nell'ambito di un procedimento penale relativo alla commissione di un reato, il provvedimento di prescrizione non ha natura amministrativa, e si sottrae conseguentemente alla possibilità di ricorso amministrativo al Presidente della Giunta regionale così come avviene, viceversa, per la diffida di cui all'art. 9 del D.P.R. 19/3/55, n. 520. Neppure esso può essere oggetto di ricorso nella sede di giustizia amministrativa (T.A.R.). Per altro verso non si può escludere - la giurisprudenza futura sarà in grado di decidere - che il provvedimento di fissazione del termine, distinto da quello in cui si sostanzia la prescrizione (arg. ex art. 20, 1° comma, ult. parte del D.Lgs. n. 758/94, che parla di "provvedimento" anche in relazione alla sola fissazione-proroga del termine in scadenza), sia autonomamente impugnabile in sede amministrativa (quantomeno innanzi agli organi di giustizia amministrativa).

Il provvedimento di prescrizione è atto "recettizio" e, per produrre i suoi effetti, deve essere portato alla conoscenza del contravventore (cioè colui al quale deve essere ricondotta la responsabilità della violazione), che ne è destinatario, nonchè (in copia) al rappresentante legale dell'ente di appartenenza (nel caso in cui non coincida con la persona del contravventore).

L'obbligo della notificazione o comunicazione di copia del provvedimento che impartisce la prescrizione anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore, assolve ad una duplice finalità. Si è voluto rendere da un lato la situazione antigiuridica non più solo conoscibile, ma addirittura conosciuta; si è inteso dall'altro fondare una posizione di "garanzia" e di "controllo" in capo al vertice aziendale (impresa o ente pubblico), affinchè eserciti il doveroso controllo e, per effetto della "messa in mora" derivante dal meccanismo di notifica, si attivi tempestivamente per porre rimedio alla violazione commessa dai suoi delegati, a fini di regolarizzazione. La notifica al rappresentante legale ha dunque il senso di renderlo, se non partecipe, almeno garante "funzionale" della attuazione agli adempimenti imposti dalla "prescrizione": e ciò in ragione dei suoi specifici poteri decisionali, anche di ordine economico, all'interno dell'impresa.
Qualora infatti il legale rappresentante dell'ente dovesse rimanere colposamente inerte, egli finirà inevitabilmente per assumere in proprio la responsabilità del protrarsi della violazione, facendo così "saltare" l'intero sistema delle deleghe di funzioni con effetti liberatori, e determinando, in caso di verificazione di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, il sorgere di un profilo autonomo di colpa per omesso impedimento dell'evento dannoso (ex art. 40, comma 2, c.p.).
La notifica o la comunicazione della prescrizione al legale rappresentante dell'azienda interessata rappresenta, dunque, come è stato giustamente osservato, un "campanello d'allarme di grande efficacia sollecitatoria e tale da coinvolgere l'intera struttura organizzativa dell'ente, impegnandola nel tempestivo ripristino della legalità, quand'anche questa sia stata vulnerata anche soltanto in una sua zona periferica e marginale, dal comportamento inosservante di uno qualsiasi dei collaboratori del datore di lavoro".

Il meccanismo sequenziale delineato dal D.Lgs. n. 758/94 si compone della triade accertamento-prescrizione-verifica.

Nel termine fissato e secondo le modalità indicati nella prescrizione, la violazione accertata deve essere eliminata. Se la verifica da parte dell'organo di vigilanza è negativa, di ciò è data comunicazione al Pubblico Ministero, affinchè il procedimento penale - nel frattempo sospeso - possa riprendere il suo corso; se la verifica è positiva, il contravventore è ammesso a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a 1/4 del massimo della ammenda stabilita per ciascuna contravvenzione.
Più precisamente nel caso in cui il meccanismo procedurale abbia esito positivo, ai sensi dell'art. 24, comma 1 del decreto, dell'avvenuto pagamento deve essere data comunicazione al pubblico ministero, che dovrà richiedere l'archiviazione del procedimento al GIP (giudice per le indagini preliminari), in quanto l'adempimento alla prescrizione nei termini e il pagamento della somma dovuta determinano la estinzione del reato.

Il provvedimento formale di estinzione è rappresentato dal decreto di archiviazione, emesso dal giudice per le indagini preliminari, ed il P.M. è tenuto, ai sensi del secondo comma dell'art. 24 e senza margini di discrezionalità, a richiedere l'archiviazione.
L'ipotesi di un "alternativo" esercizio dell'azione penale da parte del P.M., con diritto, per il contravventore, al rimborso delle somme pagate (come qualche Autore ha sostenuto), è una alchimia giuridica priva di ogni aggancio normativo, ed anzi smentita dalla chiara formulazione del 1° comma dell'art. 24 del decreto, da cui si ricava che l'effetto estintivo della contravvenzione si produce sul piano sostanziale ed extraprocessuale, durante il periodo in cui il procedimento penale è sospeso "ex lege" (il che avviene dal momento della comunicazione al P.M. della notizia di reato - con conseguente immediata iscrizione della stessa nell'apposito Registro delle Notizie di reato ai sensi dell'art. 335 del Codice di procedura penale).

Se il contravventore - ove ammesso - non provveda al pagamento, la contravvenzione non si estingue, ed anche in questo caso deve essere fatta comunicazione al Pubblico Ministero per la ripresa del procedimento penale.
Ciò equivale a dire che la prima autonoma deliberazione della Polizia Giudiziaria è comunque destinata a rifluire nella sede giudiziaria, la sola competente a stabilire, in via definitiva, l'avvenuto adempimento alla prescrizione, e cioè l'eliminazione, sul piano sostanziale (cui consegue la declaratoria di estinzione in sede giuridica) della violazione accertata.

Mentre l'art. 22 del D.Lgs. n. 758/94 regola il caso in cui la notizia della "contravvenzione" pervenga alla Autorità giudiziaria per via diversa da quella ordinaria, stabilendo una riserva di competenza procedimentale in capo all'organo di vigilanza, in ragione della sua specifica competenza professionale, negli artt. 23 e 24 sono regolati i rapporti tra l'Autorità giudiziaria e l'organo di vigilanza.

Dalla lettura delle norme si ricava che la sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione, nel caso in cui il Pubblico Ministero, diversamente dall'organo di vigilanza, ritenga sussisterne le condizioni (infondatezza oggettiva o soggettiva della notizia di reato; estinzione della contravvenzione per amnistia o per morte del reo; etc.); si ricava inoltre che l'Autorità giudiziaria può sindacare non solo la congruità del termine assegnato per la regolarizzazione, ma anche riconoscere l'efficacia di una regolarizzazione avvenuta con modalità diverse da quelle prescritte dall'organo di vigilanza. Tale ultimo caso corrisponde ad un potere del P.M. e del Giudice di esercitare un sindacato di merito sul contenuto della prescrizione: e tuttavia l'esercizio di tale potere non deve essere inteso come una sorta di indebita invasione della sfera della discrezionalità propria della Pubblica Amministrazione: infatti la prescrizione ha la natura di atto di Polizia Giudiziaria, e come tale non può essere sottratto al controllo - di legittimità e di merito - da parte dell'A.G. penale.
Quanto al primo caso (archiviazione del procedimento penale nonostante l'avvenuta regolarizzazione ed il pagamento a titolo di oblazione amministrativa), si pone il problema della eventuale ripetizione, da parte del contravventore, della somma già versata a titolo di pagamento. Riteniamo di propendere per la soluzione positiva, conformemente ai principi ed alla disciplina civilistica dell'arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.).

In tutte le ipotesi in cui non si produca l'effetto estintivo della contravvenzione per intervenuto pagamento nel termine e con le modalità indicati dalla prescrizione - pur rimanendo invariata la sanzione ad 1/4 del massimo dell'ammenda stabilita - la contravvenzione è definibile unicamente con l'istituto della oblazione "speciale" introdotta dall'art. 24, 3° comma del D.Lgs. n. 758/94, la quale, rispetto a quella ordinaria prevista dall'art. 162-bis del Codice penale, riduce l'entità della somma da versare a titolo di pagamento ad 1/4 del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Nelle ipotesi qui considerate si tratta dunque di una definizione della contravvenzione che avviene nella sede processuale - laddove l'effetto estintivo della contravvenzione stabilito dall'art. 24, comma 1 del D. Lgs. n. 758/94 ha natura sostanziale ed extraprocessuale.
La previsione di questi casi si giustifica con il fatto che le prescrizioni - in quanto atti di P.G. - non sono ricorribili amministrativamente, e pertanto il decreto si preoccupa di regolare ogni possibile situazione di contrasto - rectius: di non allineamento - tra A.G. e organo di vigilanza.
La sede processuale rappresenta pertanto il canale procedurale di convogliamento delle difformi valutazioni della Autorità Giudiziaria rispetto a quelle operate dall'organo di vigilanza.

Vi è da dire peraltro che il D.Lgs. n. 758/94 non regola affatto il caso in cui il contravventore paghi oltre il termine di trenta giorni stabilito dall'art. 21, comma 2, diversamente da quanto è specificato all'art. 24, comma 3, in relazione all'adempimento tardivo della prescrizione.
Il silenzio della norma non deve peraltro trarre in errore, nel senso di autorizzare la affrettata conclusione positiva, desumibile dalla mancanza di un divieto esplicito al riguardo: pur nel silenzio della norma, si deve ritenere che - diversamente dal caso dell'adempimento tardivo della prescrizione - l'effetto estintivo (salvi i casi in cui il contravventore sia in grado di provare che il ritardo è riconducibile a caso fortuito o a causa di forza maggiore) non si produca.
Infatti il mancato riferimento, nell'art. 24, comma 1, al rispetto del termine per il pagamento, dipende dal fatto che la misura del termine è fissa e già tassativamente indicata dall'art. 21, comma 2, laddove il termine per l'adempimento della prescrizione è di misura variabile, in quanto rimesso alle determinazioni dell'organo di vigilanza, limitandosi il decreto a fissarne solo l'entità massima (sei mesi, ulteriormente prorogabili fino ad altri sei mesi).
Anche in tale caso si prospetta per il contravventore la possibilità di chiedere la restituzione della somma già versata a titolo di pagamento tardivo, sempre in base ai principi ed alla disciplina civilistica dell'arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.).
In tal senso sembra esprimersi la pronuncia di Cass. pen., Sez. III, 18/12/98, Curaba, là dove afferma che "Secondo la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro introdotta dagli artt. 19 e seg. del D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, il giudice, prima di pronunciare sentenza di condanna per una delle contravvenzioni ivi previste, deve accertare che si siano regolarmente svolti tutti i passaggi della procedura stessa. Ovvero che l'organo di vigilanza abbia impartito al contravventore una apposita prescrizione fissando il termine necessario per la regolarizzazione; che l'organo di vigilanza non oltre sessanta giorni dalla scadenza di tale termine abbia verificato che la violazione sia stata eliminata secondo le modalità e nei termini prescritti; che in caso positivo l'organo di vigilanza abbia invitato il contravventore al pagamento della sanzione amministrativa nel termine di trenta giorni; che si sia comunicato al P.M., entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'inadempimento alla prescrizione stessa ovvero, entro centoventi giorni dal medesimo termine, che il contravventore sebbene abbia adempiuto alla prescrizione, non ha effettuato il pagamento della sanzione. Il processo rimane sospeso fino al momento in cui pervenga al P.M. una di tali comunicazioni, mentre in caso di adempimento alla prescrizione e di pagamento della sanzione il reato si estingue".

Alla luce di tali considerazioni va risolto - in senso e con esito negativo - il dubbio se la somma da pagare da parte del contravventore sia o meno rateizzabile.

Nè d'altro canto è utilmente praticabile il modello normativo di cui all'art. 26 della Legge 24/11/81, n. 689 (c.d. Legge-quadro di depenalizzazione), il quale attiene al pagamento rateale delle sanzioni pecuniarie per le violazioni amministrative (laddove, nel nostro caso, si tratta di illeciti penali, sia pure definibili nella sede amministrativa).
D'altra parte, se si ammettesse il pagamento rateale, ne verrebbe sconvolto il rigido sistema sequenziale delineato dal D.Lgs. n. 758/94, il quale vincola tutto l'iter del meccanismo sanzionatorio a sequenze temporali rigidamente cadenzate negli articoli 20 e 21.
E per di più la "filosofia" premiale sottesa al suddetto meccanismo sanzionatorio fa da contraltare ad una logica di adempimento tardivo, ma tempestivo, da parte del contravventore; il quale, giacchè versa in una situazione di illiceità, deve essere disposto a pagare "tutto subito" proprio al fine di evitare un eventuale giudizio di responsabilità penale (laddove, nell'ipotesi dell'art. 26 della L. n. 689/81, la rateizzazione è susseguente all'accertamento della responsabilità ed all'applicazione della sanzione senza "sconti").

3. CONCLUSIONI
I benefici del meccanismo sanzionatorio introdotto dal D.Lgs. n. 758/94 sono molteplici: innanzitutto la eliminazione delle violazioni accertate, mediante regolarizzazione delle situazioni antigiuridiche; in secondo luogo la amplificazione della finalità rieducativa e preventiva della sanzione, che ha luogo con l'adempimento della prescrizione e con la regolarizzazione della violazione, alle quali il contravventore accede liberamente e volontariamente; in terzo luogo la valorizzazione del ruolo degli organi di vigilanza.

Se è pur vero che, in linea astratta, la legge tanto più funziona quanto meno viene violata, tuttavia questo modello sanzionatorio si caratterizza indubbiamente per essere dotato di un efficace meccanismo di tutela sostanziale, idoneo a fronteggiare e a risolvere - almeno come dato tendenziale - le situazioni conseguenti alla violazione dei beni e degli interessi protetti dalle norme di sicurezza e di igiene del lavoro.

Rimane la considerazione finale che siffatto meccanismo sanzionatorio sembra favorire una elevata "contabilizzazione" del costo giudiziario quale costo d'impresa, derivante dalla possibile "monetizzazione" della sanzione penale.

Tale approccio di anestetizzazione del trattamento sanzionatorio certo non rispecchia valori positivi; tuttavia esso deve essere valutato con senso pratico e realismo di risultati. In questa ottica la soluzione di compromesso raggiunta con il D.Lgs. n. 758/94 ha indotto il legislatore a privilegiare il positivo ottenimento dei secondi (regolarizzazione delle violazioni) piuttosto che la astratta e vuota affermazione dei primi (condanna nel processo). Per il sistema prevenzionale è infatti un valore, sia pure attenuato, che il contravventore, al fine di evitare il rischio di una condanna (e in ogni caso il rischio di irrogazione della pena detentiva), sia spinto a pagare comunque la sanzione in misura ridotta, ed ottenere così la estinzione del reato commesso.



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