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Responsabilità civile e penale del verificatore di impianti a gas domestici

Giulio Benedetti
Magistrato

L'art. 11 del D.P.R. 26/08/1993 n. 412 ha istituito la figura professionale del controllore - verificatore di impianti termici e, conformemente a tale norma, numerosi comuni e province hanno inviato, nelle abitazioni dei cittadini, i "verificatori" per controllare il risparmio termico e la sicurezza degli impianti alimentati a gas per uso domestico. Ma quali sono i limiti di intervento di tali soggetti e fino a quale punto può spingersi il loro potere di controllo degli impianti alimentati a gas posti all'interno delle abitazioni dei cittadini? L'articolo esamina le attività di manutenzione degli impianti, la qualifica giuridica e la responsabilità civile e penale di tale nuova figura di "controllore del gas".

I principi che ispirano l'attività del tecnico installatore degli impianti alimentati a gas per uso domestico, posto in opera dopo il 13/03/90, ovvero dopo l'entrata in vigore della legge 46/90, sono semplici (art. 2.5.2 della norma UNI - CIG 7129/92):

- l'installatore deve controllare che ogni apparecchio di utilizzazione sia idoneo per il gas con cui viene alimentato;
- i dispositivi di sicurezza o di regolazione non devono, durante tutta la vita dell'impianto, essere modificati, se non dal costruttore o dal fornitore;
- gli apparecchi fissi e quelli ad incasso devono essere collegati all'impianto con tubo metallico rigido, oppure con tubo flessibile di acciaio inossidabile a parete continua, le guarnizioni devono essere conformi alla UNI 9264, mentre le stufe fino a 3,5 KW, le cucine ed i fornelli possono essere collegati con tubi flessibili non metallici conformi a UNI 7140.

In tema di operazioni di messa in servizio degli apparecchi alimentati a gas per uso domestico le norme tecniche sono precise: infatti l'art. 2.6.2 (intitolato: Messa in servizio degli apparecchi di utilizzazione) delle norme UNI - CIG 7129/92 (D.M. 21/04/93) prevede che l'operatore, ad impianto attivato e con i rubinetti dello stesso aperti, proceda a:

  • controllare che non vi siano fughe di gas con i dispositivi di intercettazione degli apparecchi in chiusura;
  • accendere i bruciatori e controllarne la regolazione;
  • verificare il buon funzionamento degli apparecchi e degli eventuali dispositivi di sicurezza secondo le norme specifiche, nonché secondo le istruzioni fornite dal costruttore;
  • verificare la corretta ventilazione dei locali (secondo le modalità previste dalla successiva sezione 3 (intitolata: Ventilazione dei locali) e con particolare riferimento all'art. 3.1.2 (Afflusso dell'aria) contemplante che:
    - l'afflusso naturale dell'aria deve avvenire per via diretta attraverso aperture permanenti praticate sulle pareti dei locali da ventilare che danno all'esterno e mediante condotti di ventilazione singoli oppure collettivi ramificati;
  • verificare l'efficienza dei dispositivi di evacuazione dei prodotti di combustione; per gli apparecchi a tiraggio naturale la verifica deve essere effettuata controllando:
    - mediante ad esempio l'uso di un deprimometro posto subito all'uscita dei prodotti della combustione dell'apparecchio, il tiraggio esistente durante il regolare funzionamento dell'apparecchio;
    - che nel locale non vi sia rigurgito dei prodotti di combustione anche durante il funzionamento di eventuali elettroventilatori.

A differenza dell'omologo articolo 2.6 (Messa in servizio dell'impianto) delle norme UNI - CIG 7129/72, D.M. 23/11/72, che non lo prevedeva, il sopra citato art. 2.6.2 stabilisce: "Se anche uno di questi controlli dovesse risultare negativo, l'impianto non deve essere messo in servizio."

Nel caso in cui il manutentore non compia le operazioni sopra citate e, pur in presenza di un apparecchio alimentato a gas per uso domestico non realizzato secondo le regole UNI - CIG per la buona tecnica e la salvaguardia della sicurezza delle persone, il manutentore lo metta ugualmente in servizio, incorre nella sanzione prevista dalla legge 06/12/71 n. 1083 che punisce (art. 5) con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda da lire 200.000 a lire 4.000.000 i trasgressori degli articoli 1 e 3 i quali prevedono che gli apparecchi alimentati a gas devono essere realizzati secondo le regole specifiche della buona tecnica e della sicurezza (norme UNI - CIG).

Viceversa per gli impianti alimentati a gas per uso domestico realizzati prima del 13/03/1990 la norma UNI - CIG 10738 del 1998, pubblicata nel D.M. 26/11/1998 del Ministero dell'Industria e dell'Artigianato (G.U. n. 302 del 29/12/1998), introduce parametri di verifica facilitata nel controllo.
Infatti la norma UNI - CIG 10738/98 non obbliga il manutentore (esentandolo sul punto dalla responsabilità penale prevista dagli articoli 1,3,5 della legge 1083/1971) a mettere fuori servizio l'impianto irregolare (come prescritto dall'art. 2.6.2. della norma UNI - CIG 7129/1992), ma lo obbliga esclusivamente a riportare i risultati della verifica in una scheda, che deve essere predisposta in duplice copia (una per il committente ed una per il dichiarante), nella quale (art. 10 - appendice F) l'impianto viene dichiarato "idoneo" o non "idoneo" a funzionare in sicurezza ed il dichiarante espressamente declina "ogni responsabilità per sinistri a persone, animali o cose, derivanti dall'uso dell'impianto a gas senza che siano stati eliminati i difetti funzionali che determinano la non idoneità o la non idoneità sopra segnalata, o derivanti dalla manomissione delle attuali condizioni dell'impianto a gas o dal suo utilizzo ovvero da carenza o riparazione"

Tale dichiarazione consiste in un preciso allarme nei confronti del committente in relazione ad accertate situazioni di rischio ed ad una sua precisa messa in mora per il ripristino immediato delle condizioni di sicurezza dell'impianto.
Ne consegue che il manutentore, per gli impianti realizzati prima del 13/03/90, con il rilascio della dichiarazione cessa di essere la figura istituzionale di garanzia di sicurezza dell'impianto, divenendo invece il committente l'esclusivo custode e responsabile dell'impianto e delle sue condizioni di sicurezza.
Tale ricostruzione normativa è coerente con quanto stabilito dalla legge 05/03/90 n. 46 che all'art. 10 afferma che "il committente o il proprietario è tenuto ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti … (omissis) … ad imprese abilitate … (omissis) …" (in tale materia la legge 05/03/1990 n. 46 vieta il "fai da te") ed in caso di inottemperanza l'art. 16 della stessa legge prevede per il committente o il proprietario una sanzione amministrativa pecuniaria.
Inoltre proprio la vetustà dell'impianto impone al possessore maggiori oneri per il suo funzionamento, per cui deve valutare se sia maggiormente vantaggioso, dal punto di vista economico, continuare a riparare un impianto vecchio, pur usufruendo della normativa di sicurezza agevolata della norma UNI - CIG 10738/98, o sostituirlo con uno nuovo, con l'adozione di tutti i criteri previsti dalla più rigorosa norma UNI - CIG 7129/92.

Il controllo di sicurezza per gli impianti realizzati prima del 13/03/90 consisterà (con il giudizio finale di positività o negatività apposto sul modulo dell'appendice F):
- nell'accertamento dell'esistenza della ventilazione e dell'afflusso dell'aria comburente e l'idoneità dei locali;
- nell'accertamento dell'esistenza e dell'idoneità dell'aereazione dei locali, ovvero lo smaltimento all'esterno dei prodotti di combustione degli apparecchi di cottura e degli apparecchi di tipo A;
- nell'accertamento dell'assenza di eventuali gas combusti provenienti dagli apparecchi di cottura;
- nella avvenuta verifica dell'efficienza dei sistemi di scarico dei prodotti di combustione per gli apparecchi di tipo B e C. Nel caso siano presenti apparecchi di tipo B occorrerà avere accertato la mancanza di riflusso dei prodotti di combustione in ambiente e l'esistenza del tiraggio durante il regolare funzionamento degli apparecchi;
- nell'aver effettuato la verifica di tenuta dell'impianto interno di adduzione del gas come prescritto dall'art. 7 della norma UNI 10738;
- di aver accertato l'esistenza e la funzionalità dei sistemi di sorveglianza di fiamma (non obbligatori per i piani di cottura).

Sono abilitate (art. 2 della legge 05/03/90 n. 46) all'installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione degli impianti alimentati a gas le imprese iscritte:
- nel registro delle ditte del R.D. 20/09/1934 n. 2011;
- nell'albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla legge 08/08/1985 n. 443.

Le predette imprese che dimostrino la loro iscrizione nei predetti albi almeno da un anno dalla data di entrata in vigore della legge 46/90 hanno diritto ad ottenere il riconoscimento dei requisiti tecnico - professionali previa domanda (art. 5 L. 46/90).
L'esercizio di tali attività è, inoltre, subordinato (artt. 3, 4, 5 della legge 46/90) al possesso dei requisiti tecnico professionali (laurea in materia tecnica, diploma di scuola secondaria superiore in materia tecnica, attestato di formazione professionale, prestazione svolta alle dipendenze di azienda del settore per un periodo non inferiore a tre anni) il cui accertamento viene espletato per le imprese artigiane dalle Commissioni Provinciali per l'Artigianato, per tutte le altre imprese da una commissione nominata dalla giunta della Camera di Commercio, le quali rilasciano il certificato di riconoscimento dei requisiti tecnico professionali (art. 3 D.P.R. 06/12/1991 n. 447).

Per la progettazione degli impianti (art. 6 L. 46/90 - art. 4 del D.P.R. 06/12/1991 n. 447) è obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti iscritti negli albi professionali, nell'ambito delle rispettive competenze.
Al termine dei lavori (art. 9 L. 46/90 e art. 7 D.P.R. 447/91) l'impresa installatrice deve rilasciare al committente la dichiarazione di conformità (redatta sulla base del modello predisposto con decreto 20/02/1992 del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato) degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all'art. 7 della legge 46/90. Il Sindaco (art. 11 della L. 46/90) rilascia il certificato di abitabilità o di agibilità dopo aver acquisito anche la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo degli impianti installati. La dichiarazione (art. 13 L. 46/90) deve essere depositata presso il Comune entro trenta giorni dalla conclusione dei lavori qualora il nuovo impianto sia installato in un edificio per il quale è già stato rilasciato il certificato di abitabilità, mentre nel caso di rifacimento parziale di impianti il progetto e la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo, ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell'opera di rifacimento.

L'art. 4 del D.P.R. 18/04/1994 n. 392 stabilisce che i comuni aventi una popolazione superiore ai diecimila abitanti debbono sottoporre a verifica (prevista dall'art. 14 comma 1 L. 46/90) almeno il 10% dei certificati di agibilità o di abitabilità rilasciati nell'anno. È previsto l'adeguamento (art. 6 DPR 1994/392) mediante atto di notorietà e dichiarazione sostitutiva per gli impianti comuni degli edifici di civile abitazione già conformi alla legge 46/90 al momento della sua entrata in vigore e per lavori completati antecedentemente. Gli amministratori, per le parti comuni, e i proprietari delle singole unità abitative possono dimostrare l'avvenuto adeguamento dei loro impianti mediante atto di notorietà sottoscritto davanti ad un pubblico ufficiale, nel quale siano descritti gli adeguamenti effettuati.

I principi generali della manutenzione sono sanciti dall'art. 31, commi 1, 2, 3, 4, della legge 09/01/1991 n. 10 e sono i seguenti:
- durante l'esercizio dell'impianto il proprietario ed il terzo responsabile devono adottare le misure necessarie per contenere i consumi di energia entro i limiti previsti dalla normativa vigente e devono condurre sugli impianti le manutenzioni ordinarie e straordinarie secondo le prescrizioni della normativa UNI e CEI;
- i comuni con più di 40.000 abitanti e le province per la restante parte del territorio devono effettuare i controlli e verificare con cadenza almeno biennale l'osservanza delle norme relative al rendimento di combustione, anche avvalendosi di organismi esterni con specifica competenza tecnica;
- i contratti relativi alla fornitura di energia e alla conduzione degli impianti, contenenti clausole contrastanti alla legge 10/91, sono nulli.

L'art.11 (comma 1, 2, 4, 5) del D.P.R. 26/08/93 n. 412 (regolamento di attuazione dell'art. 4 comma 4 della legge 10/91) afferma che:

- l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici sono affidati al proprietario, o per esso ad un terzo che ne assume la responsabilità;
- nel caso di unità immobiliari dotate di impianti termici individuali la figura dell'occupante subentra a quella del proprietario negli obblighi previsti per la manutenzione dell'impianto termico ed alle verifiche periodiche;
- le operazioni di manutenzione devono essere eseguite secondo le prescrizioni delle normative UNI e CEI e devono essere effettuate "almeno una volta all'anno";
- il nome del responsabile dell'esercizio e della manutenzione degli impianti termici deve essere riportata sul libretto di centrale o sul libretto di impianto.

L'art. 11 commi 18, 19 e 20 del D.P.R. 26/08/93 n. 412 istituisce la figura professionale del controllore - verificatore di impianti tecnici stabilendo che i comuni con più di quarantamila abitanti e le province, per la restante parte del territorio, devono effettuare con cadenza almeno biennale i controlli necessari ad accertare l'effettivo stato di manutenzione e di esercizio dell'impianto termico. Il personale di controllo deve essere in possesso di specifica competenza tecnica e non deve appartenere necessariamente all'organico del comune o della provincia. Infatti può essere costituito da privati (art. 11 comma 19 D.P.R. 412/93) poiché i controlli possono essere affidati "ad organismi esterni" attraverso la stipulazione di convenzioni. Il solo limite è costituito dal divieto per tali organi esterni di svolgere, contemporaneamente all'attività di controllo, la funzione di responsabile dell'esercizio e della manutenzione degli impianti termici visionati. L'accertamento delle conoscenze tecniche necessarie per il verificatore può essere realizzato attraverso la collaborazione dell'E.N.E.A. con gli Enti locali nell'ambito di un accordo di programma con il Ministero dell'Industria.

Le modalità del controllo ordinario biennale (art. 11 comma 20) possono basarsi sul sorteggio e sulla verifica a campione della veridicità delle autocertificazioni di conformità alle norme UNI - CIG redatte entro il termine stabilito dai proprietari degli impianti o dai terzi responsabili dell'esercizio.

Per quanto riguarda la qualifica giuridica dei verificatori dell'impianto termico nell'esercizio delle loro funzioni osservasi che gli stessi non sono Pubblici Ufficiali ai sensi dell'art. 357 c.p. in quanto (F. Antolisei, Manuale di Diritto Penale, Parte speciale II, Milano, 1982, pagg. 745,746,747):

- non sono muniti di poteri autoritari e particolarmente della facoltà di trarre in arresto o di contestare contravvenzioni o di compiere atti di polizia giudiziaria;
- non sono muniti di poteri di certificazione ovvero non hanno la facoltà di rilasciare documenti che nel nostro ordinamento hanno efficacia probatoria;
- non formano o concorrono a formare la volontà dell'Ente pubblico e comunque non la rappresentano di fronte agli estranei.

Non sono neppure persone esercenti un servizio di pubblica utilità (art. 395 c.p.) in quanto:

- non sono privati che esercitino professioni il cui esercizio non è consentito senza una speciale abilitazione da parte dello Stato e di cui il privato sia per legge obbligato a servirsi (ad esempio il notaio, l'avvocato, il medico chirurgo e così via);
- non adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della Pubblica Amministrazione per cui sia necessaria un'autorizzazione (come nel caso di operazioni per il cambio di monete, la produzione di specialità medicinali, la rivendita di sali e tabacchi e così via).

I verificatori e controllori di impianti termici nell'esercizio delle loro funzioni sono qualificabili come incaricati di un pubblico servizio, non essendo pubblici ufficiali né esercenti di un servizio di pubblica necessità, bensì in quanto sono organi tecnici aventi specifica competenza tecnica i quali prestano il pubblico servizio, ordinato dal D.P.R. 26/08/1993 n. 412, di controllo necessario ad accertare l'effettivo stato di manutenzione e di esercizio dell'impianto termico e la sua rispondenza alle norme UNI - CIG ed ai dettati della legge 1083/1971, al fine di tutelare la pubblica incolumità.
Tale qualifica non presuppone un rapporto di pubblico impiego tra il verificatore e l'Ente pubblico (provincia o comune) ed è indifferente che l'esercizio del servizio sia permanente, temporaneo, gratuito o retribuito, volontario o obbligatorio.
La fonte dell'attività, i suoi limiti, l'orario di lavoro e le mansioni sono definite con l'atto di nomina di conferimento dell'incarico e con l'ordine di servizio, ma dal punto di vista penale i verificatori sono soggetti agli obblighi stabiliti dall'art. 331 c.p.p. che prevede:

- nel caso in cui gli incaricati di pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle loro funzioni abbiano notizie di un reato perseguibile di ufficio (come la violazione dell'art. 674 c.p. nel caso di esplosione di un impianto termico o degli articoli 1,3,5 della legge 1083/1971) devono farne denuncia per iscritto anche quando non sia individuata la persona alla quale il fatto è attribuito;
- la denuncia deve essere presentata o trasmessa senza ritardo al Pubblico Ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria;
- quando i verificatori sono più di uno, e più persone sono pertanto obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono redigere e sottoscrivere un unico atto.

L'art. 332 c.p.p. afferma che la denuncia deve:

- contenere gli elementi essenziali del fatto;
- indicare il giorno dell'acquisizione della notizia, nonché le fonti di prova già note;
- contenere, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga all'identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

Pertanto nel caso in cui i verificatori o controllori nell'esercizio delle loro funzioni di controllo degli impianti termici accertino la commissione dei reati sopra descritti debbono denunciare il fatto (con gli elementi sopra descritti) direttamente al competente ufficio del Pubblico Ministero oppure ad un ufficiale di polizia giudiziaria (eventualmente appartenente alla Polizia municipale o ad una azienda A.S.L.) con l'indicazione del fatto, con l'accertamento del nome dell'installatore e dell'epoca di installazione e indicazione delle norme UNI - CIG violate e dei provvedimenti immediati da adottare.

L'ufficiale di polizia giudiziaria che riceve dal verificatore la denuncia, nel trasmettere al Pubblico Ministero la notizia di reato adotterà il sequestro dell'impianto se tale atto sarà necessario per assicurare la tutela della pubblica incolumità.

Infine è da notare che nel caso in cui l'incaricato di pubblico servizio (ovvero il verificatore) ometta o ritardi di denunciare all'Autorità Giudiziaria (o ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire) un reato, procedibile di ufficio, di cui abbia notizia nell'esercizio o a causa del servizio (oltre alla responsabilità disciplinare, civile ed eventualmente penale di autore dei reati ipotizzabili di omicidio o lesioni colpose - ex articoli 589 e 590 c.p. - o di violazione degli articoli 1, 3, 5 della legge 1083/1971, poiché ai sensi dell'art. 40 co. 2 c.p. "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo") ai sensi dell'art. 362 c.p. è punibile con la multa fino a lire duecentomila. Invero il verificatore nel caso in cui non svolga la sua funzione di garanzia per il cittadino e, scientemente, non lo informi della pericolosità dell'impianto installato nella sua abitazione, sarà civilmente responsabile nei suoi confronti dei danni provocati dall'impianto. Infatti in tale caso trova applicazione l'art. 2050 del codice civile che afferma: "chiunque cagiona un danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa , per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto la risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno".

La verifica di impianti alimentati a gas (proprio perché deve seguire il dettato di norme tecniche di sicurezza e perché ai sensi dell'art. 1 della legge 06/12/1971 n. 1083 "tutti i materiali, gli apparecchi, le installazioni e gli impianti alimentati a gas combustibile per uso domestico ed usi similari devono essere realizzati secondo le regole specifiche della buona tecnica, per la salvaguardia della sicurezza"), comporta l'esercizio di un'attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c.

Pertanto in caso di danni provocati dalla stessa attività, la posizione processuale, nel giudizio civile, del verificatore sarà particolarmente gravosa poiché, per non essere condannato al risarcimento del danno, dovrà fornire al giudice la prova (quanto mai difficile) di avere adottato, nell'attività di verifica, "tutte le misure idonee a evitare il danno".



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