Le
nuove norme di sicurezza dei lavori portuali e marittimi
(1ª parte)
Luigi
Caputo
Ispettore del lavoro
L'analisi
dettagliata dei recenti decreti legislativi n. 271/99, n. 272/99
e n. 298/99 che hanno colmato una annosa lacuna normativa nel
settore particolare della sicurezza del lavoro portuale e marittimo,
armonizza la speciale disciplina curandone i riflessi sugli
aspetti generalizzati soggetti al D.Lgs. n. 626/94 e sulla procedura
estintiva delle contravvenzioni di cui al Capo II del D.Lgs.
n. 758/94.
1.
CENNI SUL QUADRO NORMATIVO
Con la recente emanazione di tre decreti legislativi (1)
il legislatore delegato ha finalmente colmato una lacuna normativa
in materia di sicurezza e di igiene del lavoro relativamente
al settore del lavoro portuale e marittimo.
È
il caso di sottolineare, preliminarmente, la particolare attenzione
e scrupolosità osservata dal legislatore delegato nel
dettare nello specifico ogni possibile misura di prevenzione
e protezione sia di carattere "organizzativo" che
"strutturale" da adottare nell'esecuzione di ogni
operazione del lavoro portuale e marittimo caratterizzato da
rischi particolari ricomprendenti ad esempio, tra gli altri,
quelli connessi con i lavori di manutenzione e riparazione da
eseguirsi in locali chiusi e angusti a bordo delle navi o in
stiva (cfr. gli articoli 12,13, 48 e 49 del D.Lgs. n. 272/99).
È pensabile che la mano del legislatore sia stata guidata
dal ricordo del pesante tributo di vite umane pagato nel 1987
su di una nave nel porto di Ravenna. Un grave allarme sociale
accompagnò tale tragedia sul lavoro nella quale rimasero
uccisi ben tredici lavoratori durante l'esecuzione di lavori
di manutenzione in precarie condizioni di sicurezza. A tale
immane tragedia si aggiungeva poi il 2 ottobre 1996 un altro
gravissimo infortunio che si verificava a Genova sulla nave
metaniera "Snam Portovenere", nel quale morivano sei
lavoratori nel corso delle prove tecniche di collaudo della
nave stessa, che a differenza dell'infortunio di Ravenna, era
di recentissima costruzione, appunto in fase di collaudo e con
la disponibilità di sofisticati apparati di sicurezza.
Oltre che nell'opinione pubblica quest'ultima tragedia provocava
forte emozione anche nelle istituzioni e nelle organizzazioni
sindacali che chiedevano la costituzione di una commissione
parlamentare d'inchiesta sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tale richiesta sfociò invece, su proposta del senatore
Smuraglia, in un'indagine conoscitiva di particolare ampiezza
ed incisività che veniva svolta nel primo semestre del
1997 unitariamente da un comitato paritetico costituito da 12
senatori e 12 deputati delle Commissioni Lavoro del Senato e
della Camera, presieduto dal senatore Smuraglia.
I risultati di tale complessa indagine (2) divennero
presupposto per l'elaborazione dell'ancora più complesso
disegno di legge n. 2389 di iniziativa dello stesso Smuraglia,
sulla delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle
norme generali di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Tale disegno di legge è stato licenziato dalla commissione
lavoro del Senato il 2 giugno 1999.
Nella
vastità e complessità dell'impianto normativo
previsto dal disegno di legge n. 2389 (l'articolo 4 sui principi
e criteri direttivi per il testo unico è costituito da
ben 129 commi) il comma 9 dell'articolo 5, tra i "settori
lavorativi particolari" comportanti rischi specifici abbisognevoli
di aggiornamento, coordinamento ed integrazione delle relative
vigenti normative prevenzionistiche, secondo i principi generali
del nuovo testo unico, indica specificamente "la navigazione
marittima interna ed aerea".
La peculiarità di tale settore aveva giustificato, nel
passato, esclusioni totali o parziali di questa attività
dal campo di applicazione delle normative generali di prevenzione
ed igiene. Nel 1955, infatti, il D.P.R. n.547, contenente norme
generali per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, che
ha costituito il primo testo unico di sicurezza, fra i settori
esclusi prevedeva specificamente all'articolo 2, lettera e),
"l'esercizio della navigazione marittima, aerea ed interna".
Un'esclusione, ancorché parziale, era pure contenuta
nel D.P.R. n. 303 del 1956 contenente norme generali per l'igiene
del lavoro che, all'articolo 2 sottraeva, tra l'altro, dal suo
campo di applicazione "i lavori a bordo delle navi mercantili
"
L'articolo 24 della legge n. 833 del 1978 poi, che aveva previsto
una delega per il governo (mai utilizzata) per l'emanazione
di un testo unico in materia di sicurezza del lavoro, aveva
parimenti escluso dalla delega medesima, tra l'altro, le norme
in materia di prevenzione contro gli infortuni relative all'esercizio
della navigazione marittima, aerea ed interna, nonché
le norme in materia di igiene del lavoro relative al lavoro
a bordo delle navi mercantili e degli aeromobili.
Ed ancora l'articolo 2 del D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 (che
ha attuato cinque direttive comunitarie in materia di protezione
dei lavoratori contro i rischi da esposizione a piombo, amianto
e rumore ha escluso dal campo di applicazione, quale unica attività,
la navigazione marittima ed aerea.
Occorre evidenziare anche che l'articolo 1, comma 5, del D.P.R.
n. 459/96 (che ha recepito quatto direttive comunitarie sulla
sicurezza delle macchine) ha escluso da tale regolamento:
- i mezzi di trasporto aerei, stradali, ferroviari o per via
d'acqua, destinati unicamente al trasporto di persone e quelli
destinati al trasporto delle merci per la sola parte inerente
la funzione di trasporto
(lettera i);
- le navi e le unità mobili off-shore, nonché
le attrezzature destinate ad essere utilizzate a bordo di tali
navi o unità (lettera l).
Inoltre
le disposizioni del D.Lgs. n. 493/96, sulla segnaletica di sicurezza
e/o di salute sul luogo di lavoro non sono applicabili, ai sensi
dell'articolo 1, terzo comma, "alla segnaletica impiegata
per regolare il traffico ferroviario, fluviale, marittimo ed
aereo".
2.
IL D.LGS. 626/94 E IL D.P.R. 547/55
Anche la normativa di portata generale di cui al D.Lgs. 626/94,
ispirata ai principi comunitari e destinata essenzialmente a
"tutti" i settori lavorativi, ha previsto delle riserve
ed ha contemplato fra le attività meritevoli di adattamenti
regolamentari quelle relative ai "mezzi di trasporto aerei
e marittimi" (art.1 comma 2) per le quali le norme stesse
devono essere applicate "tenendo conto delle particolari
esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto
(3) del ministero competente di concerto con: i Ministri
del Lavoro e della Previdenza Sociale, della Sanità e
della Funzione Pubblica".
Va richiamato in proposito anche l'art. 23 dello stesso D.Lgs.
626/94 che nell'individuare i vari organi competenti ad esplicare
la vigilanza sull'applicazione di tale normativa, al comma 4,
ha fatte salve le competenze in materia di sicurezza e salute
dei lavoratori "attribuite dalle disposizioni vigenti agli
uffici di sanità aerea e marittima ed alla autorità
marittima, portuale e aeroportuale
".
Per altro verso poi, anche la "fumosa" delimitazione
del settore dell'"esercizio della navigazione marittima",
sottratto al campo di applicazione del citato D.P.R. 547 del
1955 (art. 2, lett. e) aveva fatto sorgere nel passato perplessità
e difficoltà interpretative. Esse scaturivano, in pratica,
da un conflitto di competenze intervenuto tra l'Ispettorato
del Lavoro di Trieste e l'Ente autonomo del porto di Trieste,
in relazione ad un'ordinanza della locale capitaneria, riguardante
la sicurezza del lavoro sia a bordo delle navi che a terra.
Ne è testimonianza la circolare n°165 del 19/12/1977
emanata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale,
avente per oggetto "la prevenzione infortuni nell'ambito
dei porti". Secondo il Ministero della Marina Mercantile
la competenza in materia di prevenzione degli infortuni sul
lavoro per le attività svolte nei porti, sarebbe spettata
alle Capitanerie di Porto o agli Enti portuali in base ad articoli
8, 68, 108, del Codice della Navigazione. Al fine di dirimere
il contrasto interpretativo, il Ministero del lavoro chiedeva
in merito il parere del Consiglio di Stato che, a sua volta,
(parere n° 229/76, sez. III) sottolineava che il citato
art. 2 del D.P.R. n°547, derogando alle disposizioni di
carattere generale contenute nel decreto stesso, era di stretta
interpretazione di modo che potevano essere sottratte al campo
di applicazione di queste normative solo quelle attività
che tipicamente rientrano tra quelle specificamente indicate
dal legislatore. Il predetto organo consuntivo applicando tale
vincolante criterio ermeneutico chiariva che costituiscono esercizio
della navigazione marittima, agli effetti in questione, tutte
le attività che attuano la navigazione per mare e non
tutte le altre che sono ad esse preordinate, o in modo più
o meno diretto, collegate e perciò si svolgono nei porti
o addirittura sulle navi. In conclusione, nel parere espresso
veniva escluso categoricamente che le disposizioni contenute
nel Codice della Navigazione sottraessero alla normativa della
prevenzione degli infortuni sul lavoro, le attività svolte
nei porti. La circolare del Ministero del Lavoro pertanto, pur
auspicando una futura collaborazione fra gli Ispettorati del
Lavoro e le autorità portuali, ciascuno nella sfera di
propria competenza, concludeva che gli Ispettorati del Lavoro
medesimi dovessero esercitare le proprie attività di
vigilanza anche nell'ambito dei porti, ad eccezione della navigazione
marittima.
Ovviamente, a seguito del trasferimento delle competenze di
prevenzione dall'Ispettorato del Lavoro alle Unità Sanitarie
Locali, operato dalla legge di riforma sanitaria (L. 833 del
1978), anche "l'ambito portuale" è rientrato
nell'ampia sfera delle competenze di vigilanza del Servizio
Sanitario Nazionale, fermo restando i compiti di polizia giudiziaria
rimasti comunque in capo all'Ispettorato del Lavoro nella materia
trasferita, come previsto dall'art. 27 del D.P.R. 617 del 1977
sul decentramento amministrativo, come implicitamente confermati
dall'art. 23, comma 2 del D.Lgs. 626/94, modificato dal D.Lgs.
242/96. (4)
Dei predetti criteri che hanno già nel passato connotato
la diversificata attribuzione di competenze nella vigilanza
prevenzionistica nel settore marittimo e portuale, hanno senz'altro
tenuto conto i recenti decreti legislativi n° 271, n°
272 e n° 298 del 1999 che, nell'individuare l'organo (rectius
"gli organi") di vigilanza sull'applicazione della
normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza
del lavoro nel settore de quo hanno indicato:
-
l'Autorità marittima, le Aziende Unità Sanitarie
Locali e gli uffici di sanità marittima (art. 28 comma
1 del D.Lgs. n. 271/99 (5) che rinvia alla definizione
di "organi di vigilanza" data dall'art. 3, co. I,
lett. i);
-
le Aziende Unità Sanitarie Locali in coordinamento
con le autorità indicate all'art. 23 del D.Lgs. n°
626/94 (6) (uffici di sanità marittima e
autorità marittime e portuali) - art. 61 del D.Lgs.
n° 272/99 (7).
Anche
il D.Lgs. n° 298/99 sulle prescrizioni minime di sicurezza
e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca, individuava
i predetti organi di vigilanza in quanto l'art. 8 stabilisce
che la vigilanza stessa è svolta ai sensi dell'art. 28
del decreto legislativo 27 luglio 1999 n° 271.
3.
IL DECRETO LEGISLATIVO N° 271/99
(Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori
marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali,
a norma della legge 31 dicembre 1998, n° 485).
Dalla pubblicazione del decreto è facilmente riscontrabile
un'imperfezione terminologica in ordine all'indicazione delle
"navi mercantili da pesca nazionali" (anziché
navi mercantili e da pesca nazionali) per una svista "letterale"
che ha omesso la congiunzione "e" superata peraltro,
(rubrica legis non est lex) dalla nitida chiarezza dell'art.
2 (rubricato "campo di applicazione") che rende applicabili
le norme del decreto "ai lavoratori marittimi imbarcati
a bordo di tutte le navi o unità mercantili nuove ed
esistenti adibite a navigazione marittima ed alla pesca"
(
).
Una volta delineata l'ampiezza del campo di applicazione del
decreto, occorre soffermarsi sulle finalità delle nuove
normative che sono essenzialmente quelle (art.1) di adeguare
la normativa vigente sulla sicurezza e la salute dei lavoratori
sul luogo di lavoro, vale a dire le norme del D.Lgs. 626/94,
alle particolari esigenze dei servizi espletati su tutte le
navi o unità (quali definite dal citato art. 2) con le
frequenti correlazioni e rinvii al D.Lgs. 626/94 medesimo. (8)
Dette finalità, peraltro, hanno posto le premesse nella
legge delega n. 485/98 che, nei 3 commi dell'unico articolo,
ha fittamente enucleati i principi cui il governo si sarebbe
informato nell'annunciare "uno o più decreti legislativi"
diretti ad adeguare detta vigente normativa
in coerenza
con il decreto legislativo n. 626/94 come modificato dal D.Lgs.
242/96.
3.1
LE MISURE GENERALI DI TUTELA
Un primo raccordo con la normativa generale da adeguare è
evidenziato dall'articolo 5 che, riformulando i contenuti dell'articolo
3 del D.Lgs. n° 626/94, elenca le misure generali di tutela
che costituiscono un'esplicitazione del generale obbligo di
cui all'articolo 2087 del Codice Civile, norma cosiddetta "di
chiusura" del sistema sanzionatorio sulla sicurezza del
lavoro, che resta il pilastro del sistema giuridico prevenzionistico
delimitante la sfera oggettiva del debitore di sicurezza (imprenditore)
chiamato ad attuare nell'esercizio dell'impresa le misure che,
secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica
e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Tale importante norma in sintesi pur affermando che l'obbligo
del datore di lavoro non è limitato soltanto all'assenza
delle precauzioni imposte da specifiche disposizioni legislative
o regolamentari, delinea nel contempo, il confine della ricerca
di tutte quelle misure "fattibili" e realmente necessarie
a realizzare efficacemente le finalità di tutela, ed
è in tale confine che va contenuta la ricerca degli eventuali
comportamenti "colposi".
A differenza dell'art. 3 del D.Lgs. n° 626/94, la cui inosservanza
non è, di per sé, contravvenzionalmente sanzionata,
nell'art. 5 del D.Lgs. n° 271/99, invece, trova specifica
sanzione contravvenzionale soltanto l'inosservanza di cui alla
lettera a) relativa all'obbligo della valutazione delle situazioni
di rischio (la penalità a carico dell'armatore è
stabilita dall'art. 35 comma 1 lett. a) nell'arresto da tre
a sei mesi o nell'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni).
La figura dell'armatore quale prioritario debitore di sicurezza
è messa in risalto dal contenuto del secondo comma del
citato art. 5 che pone a carico di questi l'adozione di tutte
le misure relative alla prevenzione degli infortuni, all'igiene
ed alla sicurezza del lavoro a bordo senza che queste possano
in alcun caso comportare oneri per i lavoratori marittimi, principio
quest'ultimo, peraltro ribadito da una riformulazione dell'articolo
3, comma 2, del D.Lgs. n° 626/94 (9).
Note
(1) I decreti in argomento sono:
1) il D.Lgs. 27 luglio 1999 n. 271 (Adeguamento della normativa
sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle
navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre
1998, n. 485);
2) Il D.Lgs. 27 luglio 1999, n° 272 (Adeguamento della normativa
sulla sicurezza e salute dei lavoratori sull'espletamento di
operazioni e servizi portuali, nonché di operazioni di
manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito
portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n° 485.
3) Il D.Lgs. 17 agosto 1999, n° 298 (attuazione della direttiva
93/103/CE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di
salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca).
(2)
Cfr. il documento approvato dalla 11^ Commissione (Lavoro Previdenza
Sociale) a conclusione dell'indagine conoscitiva sulla sicurezza
e l'igiene del lavoro, nella seduta del 22 luglio 1997, relative
Sen. Carlo Smuraglia, Atti parlamentari - Senato Della Repubblica
- Doc. XVII, 4.
(3)
Alla luce della previsione di cui all'articolo 1, comma 2, del
D.Lgs. n° 626/94 sono stati emanati regolamenti interministeriali
relativi all'individuazione delle particolari esigenze connesse
al servizio espletato da parte del Ministero di Grazia e Giustizia,
degli Affari Esteri, dell'Università e della ricerca,
delle Finanze e della Pubblica Istruzione. Fra i decreti ancora
da emanare si ritrovano quello per le Dogane (Ministero delle
Finanze), quello per il personale del Ministero della Difesa,
quello del corpo Forestale dello Stato e quello per i lavoratori
che operano sui mezzi di trasporto aereo. Per quanto riguarda
il settore marittimo, il decreto in questione non è stato
adottato comprensibilmente in vista dell'emanazione della più
completa ed organica normativa regolamentare di cui ai decreti
legislativi n° 271, 272, e 298 del 1999.
(4)
Cfr. il nostro "per una permanenza dei compiti di polizia
giudiziaria dell'Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione
infortuni e igiene del lavoro", in Mess. Giur. Lav., 1996,
142.
(5)
L'art. 28, comma 1, del D.Lgs. N° 271/99 stabilisce che:
"L'attività di vigilanza sull'applicazione della
normativa in materia di tutela della salute e sicurezza del
lavoro a bordo delle navi o unità di cui all'articolo
2 è di competenza dell'organo di vigilanza di cui all'articolo
3, comma 1, lettera i)".
(6)
L'art. 23, co. 4, del D.Lgs. n° 626/94 ha previsto che:
"Restano ferme le competenze in materia di sicurezza".
(7)
Ai sensi dell'art. 61 del D.Lgs. n° 272/99:
"Alle contravvenzioni di cui agli articoli 57 e 58 si applicano
le disposizioni del capo II del decreto legislativo 29 dicembre
1994, n° 758. Le aziende unità sanitarie locali sono
l'organo di vigilanza competente per il procedimento diretto
alla estinzione della contravvenzione di cui al capo II del
decreto legislativo 19 dicembre 1994, n° 758 e agiscono
a tal fine in coordinamento con le autorità indicate
all'art. 23 del decreto legislativo n° 626 del 19 settembre
1994 e successive modificazioni".
(8)
Per uno studio sistematico sulle frequenze dei molteplici e
variegati rinvii al D.Lgs. n° 626/94 individuabili in numerosi
istituti normativi successivi cfr. il nostro "le norme
di rinvio al D.Lgs. 626/94 nelle disposizioni vigenti in materia
di sicurezza e igiene del lavoro", in ambiente e sicurezza
sul lavoro n° 10/1998.
(9)
Negli articoli 6, 16, 22, 24, 27 del D.Lgs. n° 271/99 è
possibile individuare oltre ai citati obblighi sanzionati non
delegabili da parte dell'armatore:
- Obblighi (sanzionati cfr. l'art. 35) previsto congiuntamente
(comma 5) per l'armatore ed il Comandante della nave nell'ambito
delle rispettive attribuzioni e competenze ma che secondo i
criteri giurisprudenziali sulla delega possono essere delegati
dal datore di lavoro al dirigente.
- Obblighi (sanzionati cfr. articolo 35) previsti esclusivamente
a carico del Comandante.
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