Evoluzione
del sistema di protezione contro le radiazioni ionizzanti nell'Unione
Europea: le nuove norme di base
Emanuele
Pianese
Centro Studi ed Esperienze - C.N.VV.F. - Ministero dell'Interno
È
in fase di recepimento la direttiva Euratom 96/29 del 13/05/96
relativa alle norme di sicurezza per la protezione della popolazione
dai rischi da radiazioni ionizzanti. È quindi in previsione
una modifica al D.Lgs. 230/95, che peraltro si presenta sufficientemente
in linea con il contenuto della successiva norma europea. Il
presente articolo richiama la nascita e la evoluzione della
radioprotezione ed effettua successivamente una disamina della
direttiva alla luce delle problematiche connesse col soccorso.
INTRODUZIONE
Sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee
del 29/06/1996 è stata pubblicata la direttiva 96/29
Euratom del Consiglio del 13 maggio 1996 "che stabilisce
le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione
sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli
derivanti dalle radiazioni ionizzanti". La direttiva che
dovrà essere recepita dagli Stati membri entro maggio
2000 rivede, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche
ed in particolare in conformità alle raccomandazioni
dell'I.C.R.P. (International Commission on Radiological Protection),
le disposizioni base di radioprotezione già emanate in
precedenti direttive, e le rifonde in un nuovo atto normativo.
Per quanto riguarda l'Italia, il recepimento della direttiva
96/29 è previsto dall'art. 19 della legge 5 febbraio
1999 n° 25 (Legge "Comunitaria" per il 1998);
in tale articolo sono correttamente individuate le parti innovative
della normativa Euratom, limitatamente alle quali dovrà
svolgersi l'azione di recepimento. In sostanza la vigente normativa
italiana in materia di radioprotezione (il D.Lgs. 230/95) benché
abbia preceduto l'ultima direttiva Euratom, in varie parti è
già congrua con essa; la Legge Comunitaria ha così
delimitato gli argomenti su cui dovrà rivolgersi la revisione
futura del D.Lgs. 230/95 considerando di fatto quest'ultimo
largamente soddisfacente nella sua struttura ed articolazione.
Nel presente lavoro dopo alcuni richiami sulla nascita ed evoluzione
della radioprotezione e dell'EURATOM, sono presentati alcuni
aspetti nuovi introdotti dalla direttiva 96/29 nella tutela
radioprotezionistica, con particolar riferimento agli elementi
ritenuti di interesse per le attività dei soccorritori.
NASCITA
ED EVOLUZIONE DELLA RADIOPROTEZIONE
La radioprotezione, ovvero protezione contro le radiazioni
ionizzanti, è una dottrina multidisciplinare a forte
contenuto medico, sanitario, fisico, ingegneristico che ha lo
scopo di tutelare in modo idoneo lo stato di salute e di benessere
della popolazione, dei lavoratori e dell'ambiente contro i pericoli
derivanti dall'uso e dalla presenza delle radiazioni ionizzanti.
La radioprotezione ha conosciuto un lungo periodo iniziale di
definizione e di riflessione, durante il quale è rimasta
prevalentemente confinata all'interno di una ristretta cerchia
di persone (i radiologi, i tecnici degli apparecchi a raggi
X, i fisici d'ospedale, qualche ricercatore). Erano gli anni
tra l'inizio del secolo e la seconda guerra mondiale. Dopo la
seconda guerra mondiale la radioprotezione ha potuto avvalersi
d'un grande impegno di ricerca, in parte come conseguenza e
reazione ai tragici bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki (1945).
Nel 1946 fu costituita dagli Stati Uniti d'America la Atomic
Bomb Casualty Commission (ABCC) per raccogliere informazioni
e dati sugli effetti delle bombe atomiche sull'organismo umano
e per studiare i sopravvissuti sotto il profilo epidemiologico,
sanitario e delle cause della loro morte, avvenuta successivamente.
Inoltre, sempre in USA (1942), era sorto un gruppo di professionisti
impegnati negli aspetti fisico-dosimetrici della radioprotezione,
gli health physicists, in italiano "fisici sanitari"
(e oggi anche fisici radioprotezionisti). La nascita di questa
specializzazione costituì un atto di prudenza e di lungimiranza
all'interno del gruppo di scienziati e di tecnici che lavoravano
al cosiddetto "progetto Manhattan", l'organizzazione
costituita per la realizzazione del primo reattore nucleare
e della bomba atomica. La formazione culturale degli appartenenti
al primo gruppo di fisica sanitaria era varia: sei fisici, un
ingegnere chimico, un matematico. Anche oggi i fisici sanitari
sono di varia estrazione tecnica ed universitaria.
In alcuni decenni è stata acquisita una grande mole di
conoscenze, anche perché in molti paesi fu lanciato un
programma di ricerche di radiobiologia animale assai vasto,
cosicché oggi la radioprotezione si presenta con tutti
i connotati di una moderna disciplina sanitaria di prevenzione.
Ad un esame cronologico e comparativo appare peraltro evidente
come la radioprotezione abbia fornito un valido indirizzo alla
cultura della sicurezza e della prevenzione che, nata in alcuni
particolari settori dell'ingegneria (ingegneria nucleare, ingegneria
aeronautica, ingegneria aerospaziale), ha avuto, nella nostra
civiltà, nel corso degli ultimi decenni, un consistente
approfondimento in tanti altri settori: si pensi ad esempio
alla cresciuta attenzione ai rischi nei luoghi di lavoro ed
in particolare al D.Lgs. 626/94 (e successive modifiche) che
riprende moltissimi aspetti e figure professionali da tempo
già esistenti nella radioprotezione (medico autorizzato
- medico competente, esperto qualificato - responsabile della
sicurezza - relazione di radioprotezione - valutazione dei rischi,
ecc.); si pensi al "rischio industriale" ed allo sviluppo
normativo e tecnico al riguardo a partire dalla direttiva 82/501
più nota come direttiva "Seveso" fino a giungere
alla direttiva 96/82, la "Seveso II"; si pensi ancora
all'evoluzione nel modo di affrontare il "rischio impiantistico"
ed alle garanzie prevenzionistiche previste dalla Legge 46/90;
si pensi infine ai cambiamenti che si sono susseguiti nel modo
di trattare il rischio d'incendio.
Nei primi decenni del secolo lo sviluppo della radioprotezione
è avvenuto quasi completamente al di fuori d'influssi
di carattere governativo. Nei decenni che seguirono, la radioprotezione
in molti paesi si è progressivamente sviluppata per l'intervento
crescente delle istanze pubbliche, con programmi scientifici
per lo studio degli effetti biologici, con l'apprestamento di
norme procedurali e tecniche cogenti e dei relativi controlli
pubblici.
Nel primo quarto di secolo la radiologia, la dosimetria, la
radioprotezione non avevano fatto ricorso a decisioni prese
a livello di organismi internazionali. Gli orientamenti adottati
in alcuni paesi, segnatamente in Germania e in Gran Bretagna,
erano serviti di indicazione per gruppi operanti altrove. Ma
in occasione del primo Congresso internazionale di radiologia
a Londra (1925) fu costituita la Commissione internazionale
per le unità di misura dei raggi X (ICRU) e in occasione
del secondo Congresso internazionale di radiologia a Stoccolma
(1928) fu costituita la Commissione internazionale per le raccomandazioni
di radioprotezione (ICRP). Da allora le due commissioni hanno
esercitato un costante ed autorevole influsso sullo sviluppo
e sulla normalizzazione degli orientamenti dosimetrici e di
radioprotezione in tutti gli stati del mondo.
In un quadro sintetico, le strutture internazionali più
importanti per la radioprotezione sono al presente configurate
come segue. La International Commission on Radiological Units
and Measurements (ICRU) e la International Commission on Radiological
Protection (ICRP) operano (su base non governativa) come collegi
di esperti di alto livello nei campi fissati dalle rispettive
denominazioni; la ICRP in particolare diffonde una serie di
rapporti e di "raccomandazioni". Lo United Nations
Committee for the Study of the Effects of Atomic Radiation (UNSCEAR)
agisce (su base governativa) come organismo scientifico di raccolta
e revisione critica delle conoscenze sugli effetti delle radiazioni
e sulla radioattività ambientale. L'UNSCEAR pubblica
rapporti e rassegne che vengono raccolti in volumi.
Varie agenzie specializzate delle Nazioni Unite (tutte su base
governativa), tra cui lo International Labour Office (ILO),
la World Health Organization (WHO) e la International Atomic
Energy Agency (IAEA) provvedono all'elaborazione e all'adattamento
settoriale dei principi e metodi operativi di radioprotezione.
In campo nucleare è attiva la Nuclear Energy Agency (NEA)
(organismo governativo tra Paesi industrializzati) con un proprio
Comitato di radioprotezione e sanità pubblica.
Norme tecniche (particolarmente sugli strumenti e sugli apparecchi)
sono preparate da organismi su base industriale e governativa,
come la International Standardization Organization (ISO) e la
International Electrotechnical Commission (IEC), cui corrispondono
a livello nazionale l'Ente Italiano di Unificazione (UNI) e
la Commissione Elettrotecnica Italiana (CEI).
In Europa è stata istituita il 25 marzo 1957 l'EURATOM
o CEEA (Comunità Europea dell'Energia Atomica); considerata
l'importanza sia per l'Italia che per l'Europa dell'Euratom
della sua evoluzione e del sistema radioprotezionistico da questa
previsto, si ritiene utile dedicare il paragrafo successivo
a tale argomento.
IL
SISTEMA EURATOM PER LA RADIOPROTEZIONE
L'Euratom, istituita come detto nel 1957, confluiva poi
nella Comunità europea unificata, comprensiva di CEE
e CECA a partire dal 1971; successivamente, la Comunità
si allargava con l'ingresso di nuovi Paesi, e più di
recente assumeva la denominazione di Unione Europea in virtù
del ben noto trattato di Maastricht del 1992. L'evoluzione istituzionale
non ha peraltro toccato le disposizioni regolanti la protezione
contro le radiazioni stabilite dal trattato istitutivo dell'EURATOM
del 1957; questo tra l'altro prevede che la Comunità
stabilisca norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria
della popolazione e dei lavoratori e che vigili sulla loro applicazione.
Circa gli strumenti con cui la Comunità deve operare,
il trattato prevede tra l'altro l'uso della "direttiva"
che costituisce per gli Stati destinatari un obbligo di risultati,
ma non di mezzi: ciascuno Stato ha cioè la facoltà
di adottare le misure più consone al proprio ordinamento
interno per perseguire il target indicato nella direttiva; in
tal senso quest'ultima costituisce strumento di "applicazione
mediata".
L'adozione di normative nazionali armonizzate deve riguardare
innanzi tutto le così dette "norme fondamentali"
che costituiscono il substrato radioprotezionistico comune;
per norme fondamentali, sempre secondo il trattato EURATOM,
si intendono:
- "le
dosi massime ammissibili con sufficiente margine di sicurezza",
- "le
esposizioni e contaminazioni massime ammissibili",
- "i
principi fondamentali di sorveglianza dei lavoratori".
La
nomenclatura di queste nozioni si è già da qualche
tempo evoluta e si parla ad esempio oggi di limiti di dose (non
più di dosi massime ammissibili) e di protezione operativa
dei lavoratori esposti.
È
interessante esaminare la procedura prevista dal trattato per
la formazione delle norme di base, che vede lo svolgersi di
un articolato iter in cui sono chiamati in causa organi tecnici
e politici; la figura 1 illustra tale procedura mediante un
diagramma di flusso, in accordo con quanto disposto dall'articolo
31 del trattato EURATOM riportato in appendice.
In
Italia il settore della radioprotezione è stato regolato
a partire dal 1964, con il D.P.R. 185/64 che accoglieva le direttive
comunitarie del 1959 e 1962. Successivamente la legislazione
italiana è rimasta ferma per circa 30 anni al D.P.R.
185/1964 (e successivi decreti ministeriali) accumulando grave
ritardo rispetto all'ulteriore normativa comunitaria nel frattempo
emanata; le lacune sono state di recente colmate con l'emanazione
del D.Lgs. 230/95 in vigore dal primo di gennaio 1996, che ha
recepito una serie di direttive europee (dir. 80/836, 84/467,
84/466, 89/618, 90/641, 92/3). Il D.Lgs 230/95 norma quadro
radioprotezionistica in Italia, scaturita per allineare la situazione
legislativa italiana a quella europea, non ha ancora piena attuazione
in mancanza della maggior parte dei circa 40 decreti applicativi
previsti dallo stesso D.Lgs. 230/95.
Sebbene, come già osservato il D.Lgs. 230/95 sia stato
emanato prima della direttiva 29, entrambe queste disposizioni
sono largamente basate sulle recenti raccomandazioni in merito
alla radioprotezione formulate dall'ICRP nel novembre 1990 (Pubblication
n. 60) che in buona misura rappresentano lo stato dell'arte
in questa materia; ciò spiega come il D.Lgs. 230/95 abbia
anticipato alcuni contenuti tecnico-scientifici della direttiva
29 preparando in una certa misura il terreno per il suo futuro
recepimento. È certamente auspicabile che in sede di
recepimento della direttiva 96/29 che modificherà il
D.Lgs. 230, il legislatore decida di rivedere e possibilmente
limitare l'attuale ricorso a successivi decreti applicativi,
i quali alla prova dei fatti hanno mostrato di richiedere per
la loro emanazione sforzi assai maggiori del previsto, determinando
una situazione di inapplicabilità di buona parte delle
disposizioni.
LE
PRINCIPALI NOVITÀ DELLA DIRETTIVA 96/29
La direttiva 96/29 contiene molte novità; in questa
sede ci si soffermerà solo su alcune di esse, ed in particolare
su due, sia per il carattere sicuramente originale di queste
rispetto alle disposizioni prima in vigore, sia per i loro risvolti
rispetto alle attività di soccorso. Si tratta della considerazione
per la radioattività "naturale" e della disciplina
per gli "interventi".
Radioattività
naturale
La radioattività naturale nel suo complesso è
per la prima volta un argomento trattato da una direttiva Euratom:
precedenti disposizioni comunitarie ed in particolare una raccomandazione
avevano riguardato un problema specifico legato alla presenza
di un gas radioattivo naturale, il radon, che accumulandosi
in ambienti chiusi ed in particolare nelle abitazioni può
costituire una minaccia per la salute; è tuttavia la
prima volta che una direttiva si applica anche ad attività
lavorative che pur non comportando l'uso di sorgenti artificiali
di radiazioni "implicano la presenza di sorgenti di radiazioni
naturali e conducono ad un significativo aumento dell'esposizione
di lavoratori o di individui della popolazione, che non può
essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione".
La radioattività naturale viene trattata al Titolo VII
della direttiva, interamente dedicato ad attività lavorative
diverse dalle cosiddette pratiche (1), ma che analogamente
provochino un "aumento significativo dell'esposizione dovuta
a sorgenti di radiazioni naturali". La direttiva prevede
che le attività lavorative che possono costituire oggetto
di attenzione al riguardo vengano individuate dagli stati membri;
tali attività comprendono in particolare:
a) attività lavorative durante le quali i lavoratori
e, se del caso, individui della popolazione sono esposti a
prodotti di filiazione del toron o del radon o a radiazioni
gamma;
b) attività lavorative implicanti l'uso o lo stoccaggio
di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma
che contengono radionuclidi allo stato naturale e provocano
un aumento notevole dell'esposizione dei lavoratori e, se
del caso, di individui della popolazione;
c) attività lavorative che comportano la produzione
di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che
contengono radionuclidi allo stato naturale e provocano un
aumento notevole dell'esposizione di individui della popolazione
e, se del caso, di lavoratori;
d) l'esercizio di aeromobili o attività lavorative
su aerei.
Per le attività individuate, gli Stati membri devono
attuare un dispositivo di sorveglianza delle esposizioni e,
se necessario devono imporre azioni correttive o misure radioprotezionistiche.
Di fatto dunque la direttiva postula con una certa chiarezza
che anche la radioattività naturale, in particolari condizioni,
può costituire un pericolo per l'incolumità dei
lavoratori e della popolazione; da questa osservazione potrebbe
derivare che la sfera di competenza dei soccorritori, ed in
primo luogo dei vigili del fuoco, possa estendersi anche a questi
casi. Infatti, ricordando l'art. 1 della legge 469/61(2)ed
in particolare il fatto che i vigili del fuoco sono chiamati
ad intervenire in tutti quei casi in cui vi sia o possa esservi
pericolo per la salute dei cittadini a seguito della presenza
di radiazioni ionizzanti, può apparire lecita la richiesta
di aiuto formulata ai vigili del fuoco da parte di un soggetto
in pericolo a causa di "radiazioni naturali".
Va peraltro osservato che la direttiva non fissa un valore di
dose o di intensità di dose oltre il quale si deve ritenere
"significativo" dunque pericoloso l'aumento dell'esposizione
dovuto a sorgenti naturali. Solo con riferimento al personale
navigante (piloti ed equipaggi) esposto a radiazioni cosmiche
di intensità fino a cento volte maggiore di quanto avviene
sulla terra (a livello del mare i raggi cosmici producono un'intensità
di esposizione di 3 - 4 mR/h mentre a 10.000 metri di altezza
l'intensità supera i 400 mR/h), la direttiva considera
significativa un'esposizione superiore ad 1 mSv all'anno. In
questo caso particolare la direttiva impone alle imprese di
adottare le seguenti misure:
- valutare l'esposizione del personale;
- tenere conto del valore suddetto nell'organizzazione degli
orari di lavoro per ridurre l'esposizione del personale maggiormente
esposto;
- informare i lavoratori dei rischi che il loro lavoro comporta
per la loro salute;
- fornire particolare tutela durante la gravidanza e l'allattamento.
Non si ritiene peraltro lecito estendere in modo semplicistico
il predetto valore di 1 mSv all'anno come dose al di sopra della
quale ritenere una situazione pericolosa: è sufficiente
analizzare le dosi di radiazioni per esposizione esterna ed
interna derivanti mediamente in Italia dalle sorgenti naturali
o comunque fisiologiche per gli individui della popolazione
per esserne convinti.
Le tabelle 1, 2, e 3 che illustrano questi valori mostrano che
la dose mediamente assorbita in Italia in un anno è di
circa 3 mSv (dunque molto più di 1 mSv); peraltro è
bene precisare che si tratta di un valore medio, con oscillazioni
che vanno da 1,5 ad oltre 5 mSv/anno, a seconda delle zone in
cui si abita e delle abitudini di vita.
Sembrerebbe ragionevole considerare significativa un'esposizione
che, come nel caso dei viaggi aerei, aumenta la dose fisiologica
di 1 mSv/anno; va tuttavia osservato che la valutazione del
superamento di una soglia così fissata richiederebbe
la discriminazione tra contributo fisiologico e contributo anomalo,
la quale, evidente nel caso degli aerei, potrebbe diventare
problematica in tanti altri casi.
Non
ci si sofferma ulteriormente su cosa debba intendersi per "aumento
significativo" dell'esposizione dovuta a sorgenti naturali
di radiazioni; si ritiene che la direttiva al riguardo abbia
gettato un sasso nello stagno lasciando per il momento ai legislatori
nazionali un compito tutt'altro che facile; ci si limita in
questa sede ad osservare che la definizione di significatività
è connessa all'accettabilità di un "rischio",
che per la sua natura intrinseca non può mai essere nullo.
Il concetto di rischio presuppone di fatto un giudizio di valore
sulle temute conseguenze, in termini di gravità e di
magnitudo, e necessita di una scala di valori rispetto alla
quale commisurare conseguenze di diversa natura.
Si
conclude sottolineando che le scelte che opererà il legislatore
potranno avere conseguenze rilevanti anche per le attività
dei portatori di soccorso: a questi potrà essere affidato
un ruolo ancora più attivo e delicato in un settore in
cui il generico venir meno delle conoscenze a tutti i livelli,
che caratterizza da qualche anno la situazione del nucleare
in Italia, in concomitanza con la considerazione per la radioattività
naturale quale fonte di pericolo, potrebbe lasciare spazio ad
ingiustificati allarmismi.
Interventi
Analogamente alla radioattività naturale, anche
la nozione di intervento trova spazio in una direttiva Euratom
per la prima volta; l'accezione di "intervento" è
per la verità assai ampia: questo infatti viene definito
come una "attività umana intesa a prevenire o diminuire
l'esposizione degli individui alle radiazioni provenienti da
sorgenti che non fanno parte di una pratica o che sono incontrollate,
intervenendo sulle sorgenti, sulle vie di trasmissione o sugli
individui stessi". Mentre dunque una pratica è un'attività
umana con sorgenti di radiazioni che porta ad un aumento dell'esposizione,
l'intervento è quell'attività o quel complesso
di attività che determina la diminuzione dell'esposizione;
ciò può essere ottenuto eliminando le sorgenti
in uso, modificando le vie ambientali o riducendo il numero
di individui esposti.
Le
azioni che vengono intraprese dai vigili del fuoco in presenza
di pericoli derivanti da radiazioni rientrano pienamente nell'accezione
di "intervento" della direttiva; se esaminiamo gli
interventi previsti dalla direttiva in caso di emergenza infatti
ritroviamo azioni attuate dalle squadre VV.F. e che riguardano:
- la sorgente, per ridurre o arrestare la radiazione e la
dispersione di radionuclidi;
- l'ambiente, per ridurre il trasferimento di sostanze radioattive
agli individui;
- gli individui, per ridurre l'esposizione e organizzare la
cura delle vittime.
La
direttiva dedica agli "interventi" l'intero titolo
IX; vengono innanzitutto presentati i principi generali su cui
si fonda il sistema radioprotezionistico in caso di intervento,
per poi passare a trattare aspetti relativi alla preparazione
ed attuazione degli stessi; vengono infine previste disposizioni
per l'esposizione "professionale di emergenza" e per
interventi in caso di esposizione prolungata.
Si ritiene a questo punto utile fare una breve digressione sui
principi base della radioprotezione (principio di giustificazione,
ottimizzazione e limitazione delle dosi individuali) per rendere
più chiara la loro particolarizzazione in caso di intervento.
Come noto le radiazioni producono effetti immediati, detti anche
effetti deterministici, caratterizzati da soglie di dose al
di sotto delle quali non si manifestano, ed effetti ritardati
o stocastici, caratterizzati invece dall'assenza di una soglia
e dal carattere strettamente probabilistico. Lo scopo della
radioprotezione è duplice: da un lato si vuole prevenire
la comparsa di effetti deterministici (mantenendo le dosi al
disotto delle relative soglie) dall'altro si cerca di contenere
l'induzione di effetti stocastici (non evitabili del tutto perché
senza soglia di dose) in termini accettabili. Tali target vengono
perseguiti nel rispetto dei seguenti tre principi generali,
alla base del sistema di radioprotezione:
- principio di giustificazione: nessuna attività umana
con presenza di radiazioni deve essere accolta (o proseguita)
a meno che la sua introduzione (o prosecuzione) produca un beneficio
netto e dimostrabile;
- principio di ottimizzazione (ALARA(3)): ogni esposizione
umana alle radiazioni deve essere tenuta tanto bassa quanto
è ragionevolmente ottenibile, facendo luogo a considerazioni
economiche e sociali;
-
principio di limitazione delle dosi individuali: l'equivalente
di dose ai singoli individui non deve superare determinati limiti
appropriatamente sicuri, stabiliti per le varie circostanze.
La formulazione dei principi generali si è sviluppata
lentamente sull'arco di vari decenni. Dapprima è stato
enunciato quello che ora è il terzo principio, poi si
è aggiunto ad esso l'impegno a ridurre le dosi assorbite
al di sotto dei limiti individuali massimi consentiti, evitando
per quanto possibile ogni esposizione non necessaria (si parlava
di lotta al rischio indebito di esposizione), infine sono stati
formulati ed ordinati i tre principi attuali.
Il principio di giustificazione richiede che l'accettabilità
di una operazione o di un'attività umana che comporti
esposizione alle radiazioni debba essere stabilita mediante
l'analisi dei costi e dei benefici, il cui obiettivo sia di
valutare se i costi risultano piccoli in confronto ai benefici
che derivano dalla realizzazione dell'operazione o dell'attività
(si tratta di accertare che "il gioco valga la candela").
Il principio di ottimizzazione richiede di valutare se l'operazione
o l'attività umana, previamente giustificata, sia realizzata
ad un livello sufficientemente ridotto di "equivalente
di dose collettivo" (e dunque di detrimento sanitario collettivo,
cioè di rischio collettivo) cosicché ogni ulteriore
riduzione della dose non giustifichi il costo aggiuntivo richiesto
per la riduzione stessa. Nel far questo l'analisi dei costi
e dei benefici si sposta dalla considerazione del beneficio
totale netto dell'operazione (propria del giudizio di giustificazione)
alla considerazione della variazione del beneficio netto tra
due soluzioni diversamente stringenti in termini di contenimento
della dose, allo scopo di scegliere la soluzione con beneficio
netto più grande.
Il processo di ottimizzazione è illustrato in modo facilmente
intuitivo nella fig. 2:
la linea retta rappresenta l'incremento della dose collettiva
(costo sanitario, proporzionale a detta dose) mentre la linea
curva rappresenta l'andamento della spesa di radioprotezione
(costo della protezione) per i corrispondenti valori di dose
collettiva. La riduzione della dose collettiva comporta crescenti
costi di radioprotezione; quando la riduzione della dose si
effettua su valori piuttosto piccoli, la crescita della spesa
si fa più forte. Si consideri ora la linea tratteggiata,
che è la somma del costo sanitario e del costo di protezione:
essa presenta una zona intermedia di costo totale più
basso, in corrispondenza della quale si leggono i valori di
dose collettiva e di costo della protezione "ottimizzati".
In effetti è per questa combinazione di costi che la
società ottiene la realizzazione dell'operazione o della
attività con il beneficio netto più elevato(4).
L'applicazione
dei procedimenti descritti (giustificazione, ottimizzazione)
per i quali l'obiettivo da raggiungere è il beneficio
netto più grande per la società, non sempre assicura
una protezione sufficiente per i singoli individui, soprattutto
quando benefici e costi non sono distribuiti in maniera uniforme
fra la popolazione degli esposti o quando si cerca di contenere
la dose collettiva esponendo sempre le stesse persone particolarmente
addestrate. In qualsiasi attività, lavorazione o situazione
occorre che la prospettiva di danno individuale (rischio individuale)
sia contenuta entro certi livelli stabiliti, e dunque occorre
affermare la limitazione della dose individuale. Qualora l'equivalente
di dose collettivo ottimale provochi in qualche individuo il
superamento degli appropriati limiti di equivalente di dose,
è necessario rivedere l'equivalente di dose collettivo
e le condizioni al contorno in modo che i limiti di equivalente
di dose negli individui siano rispettati.
La direttiva 29 ribadisce come nel caso degli interventi si
applichino completamente i primi due principi della radioprotezione
che vengono particolareggiati con riferimento specifico agli
interventi:
- si procede ad un intervento solo se la riduzione del detrimento
risultante dalla riduzione della dose è tale da giustificare
i danni e i costi, inclusi quelli sociali, dell'intervento.
- le modalità, le dimensioni, la durata dell'intervento
devono essere ottimizzate in modo tale da massimizzare il beneficio
netto della riduzione di dose, cioè il beneficio della
riduzione del detrimento radiologico (ottenuto con l'intervento)
meno il detrimento associato all'intervento.
Quanto invece ad terzo principio, la direttiva chiarisce che
in caso di intervento questo in genere non è direttamente
applicabile; fanno eccezione le emergenze che si prolungano
nel tempo per le quali l'attività dei portatori di soccorso
si avvicina a quella dei lavoratori, cioè diventa più
abituale.
Circa l'attuazione dei processi di giustificazione ed ottimizzazione
la direttiva introduce il concetto di "livelli di intervento":
si tratta di valori di dose (o di contaminazione da cui deriva
una certa dose), definiti sulla base dell'applicazione dei primi
due principi, che consentono di avere indicazioni sulle situazioni
in cui un intervento è opportuno ed agevolano pertanto
le decisioni. Nella fase di giustificazione si verifica se gli
svantaggi derivanti dall'intervento sono più che compensati
dalle riduzioni di dose che si otterranno, nell'ottimizzazione
si tara l'intervento (in termini di portata, durata etc.) in
modo da ottenere il massimo beneficio netto. Per poter confrontare
costi e benefici di un'azione occorre esprimere entrambi con
unità di misura congruenti; ciò comporta difficoltà
concettuali sia perché i costi non comprendono solo gli
aspetti monetari, sia per il già accennato problema della
quantizzazione economica di 1 Sievert-uomo. Così, per
esempio, l'allontanamento temporaneo delle persone dalle loro
abitazioni non è un rimedio molto costoso, ma il suo
costo sociale può essere notevolmente accresciuto dalle
inevitabili reazioni di ansietà che provoca. Non potendo
per ovvie ragioni attuare una valutazione di questo tipo per
ogni situazione contingente è bene definire a priori
dei livelli di intervento, che consentono di effettuare le prime
scelte in modo rapido.
Per quanto riguarda infine le dosi che possono essere assorbite
dai singoli soccorritori, si deve osservare che in emergenza
circostanze impreviste potrebbero richiedere di assorbire dosi
superiori a quelle delle "situazioni normali" (cioè
quelle fissate per i lavoratori esposti) e comunque tali dosi
potrebbero risultare a priori non ben quantificabili. È
d'altro canto evidente che nei casi di particolare pericolo
in cui si rischia di superare le dosi fissate per i lavoratori
esposti, l'intervento deve essere condotto da squadre speciali,
ben addestrate ed equipaggiate e sottoposte alla sorveglianza
medica e fisica della radioprotezione. Le situazioni di emergenza
che comportino esposizioni significative delle squadre speciali
di soccorso sono assai rare ed è quindi possibile accettare
saltuarie dosi elevate, senza peraltro abbassare il livello
di protezione di lungo termine(5).
Secondo lo spirito della direttiva dovrebbero in sintesi essere
previste due diverse tipologie di soccorritori ai fini radioprotezionistici:
-
soccorritori "ordinari" (con limite di dose più
elevato rispetto alla popolazione e paragonabile a quello
dei lavoratori esposti)
-
soccorritori "specialisti in radiometria" (classificati
e con limite più elevato rispetto ai lavoratori esposti).
Questi ultimi dovrebbero essere costituiti da (pochi) gruppi
particolarmente addestrati che operino ciascuno sotto il diretto
controllo di un Esperto Qualificato; tali gruppi che potrebbero
svolgere sistematiche esercitazioni con presenza di sostanze
radioattive, potrebbero avere in dotazione, proprio grazie alla
loro specifica preparazione, attrezzature più sofisticate
in aggiunta a quelle "standard" usate dai soccorritori
ordinari: le prime infatti richiedono in genere, per un corretto
utilizzo ed interpretazione dei risultati, conoscenze più
approfondite o comunque esercizio continuo. I nuclei di specialisti
potrebbero infine essere chiamati ad operare su scala regionale
o interregionale.
Con un'impostazione di questo tipo il primo intervento a volte
risolutivo, attese le situazioni incidentali che hanno luogo
oggi in Italia in questo settore, verrebbe svolto spesso per
necessità di cose (impossibilità di una capillare
diffusione degli specialisti) dai soccorritori ordinari; a questo
potrebbe poi far seguito, nei casi in cui si rendesse necessario
un maggior approfondimento o fosse riscontrata o temuta la presenza
di rischio eccessivo, l'intervento dei soccorritori specialisti
coordinati dall'Esperto Qualificato.
CONCLUSIONI
Sebbene in Italia, da tanti anni ormai, le centrali nucleari
siano inattive, permane un rischio di incidenti con presenza
di sostanze radioattive, in relazione all'uso di queste nell'industria
e nella medicina ed alle corrispondenti attività di trasporto,
detenzione, impiego di sorgenti radioattive; a ciò si
aggiungono i potenziali pericoli derivanti dalla gestione dei
rifiuti radioattivi tuttora presenti in Italia, dalla imminente
dismissione (smantellamento) degli impianti nucleari, dalla
possibilità che incidenti ad impianti nucleari oltre
frontiera abbiano ripercussioni sul territorio nazionale, da
possibili incidenti a sommergibili a propulsione nucleare o
a satelliti con sorgenti radioattive. In questo panorama, peraltro
non allarmante, il prossimo recepimento della direttiva 29 promette
interessanti novità per le attività dei portatori
di soccorso che intervengono in presenza di radiazioni ionizzanti,
sia per quanto riguarda la sfera delle loro competenze sia per
quanto riguarda la tutela radioprotezionistica sia infine per
quanto riguarda la struttura organizzativa.
Le tendenze al livello internazionale sono quelle di valorizzare
il ruolo del soccorritore, per il quale vanno previste ove occorra
opportune misure di tutela radioprotezionistica. Fino ad un
recente passato questo problema in Italia è stato completamente
ignorato dalla normativa che regolamentava l'uso pacifico dell'energia
nucleare (DPR 185/64 e relativi decreti di attuazione). Con
riferimento al DPR 185 i soccorritori sono al più assimilabili
ai "Gruppi particolari della popolazione di cui all'art.
9 lettera h), ed in particolare alle "persone che per motivi
di lavoro si trovano occasionalmente nella zona controllata,
ma che non sono considerate esposte per ragioni professionali".
Per tale gruppo era previsto un limite di dose di 1,5 rem/anno;
in queste condizioni si poteva verificare l'impossibilità
di effettuare determinati interventi e sorgevano in modo particolare
problemi per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco nell'ottemperare
a quanto previsto dall'art. 1 della già citata legge
469/61. La Direzione Generale della Protezione Civile aveva
peraltro definito con proprie CIRCOLARI dei limiti di dose da
osservare per gli interventi dei vigili del fuoco, che non avevano
alcun riscontro nei termini dell'allora vigente legge: si trattava
in sintesi di limiti analoghi a quelli dei lavoratori professionalmente
esposti, ma in condizioni di tutela assai minore ed in particolare
in assenza di una sorveglianza medica e fisica della radioprotezione.
Dal 1984 è stato poi assicurato un controllo dosimetrico
personale per i vigili del fuoco impiegati in presenza o temuta
presenza di radiazioni, con l'istituzione del servizio di dosimetria
a termoluminescenza del C.N.VV.F., tuttora gestito da un laboratorio
nucleare dei VV.F. (il Laboratorio di Difesa Atomica del Centro
Studi ed Esperienze).
La situazione illustrata, che mostra palesi contraddizioni tra
disposizioni ministeriali e leggi dello stato è stata
in parte sanata con l'entrata in vigore del D.Lgs. 230/95; questo
infatti prende finalmente in considerazione la figura del soccorritore
che interviene in situazione di emergenza e, definendo l'esposizione
di emergenza come "esposizione giustificata in condizioni
particolari per soccorrere individui in pericolo, prevenire
l'esposizione di un gran numero di persone o salvare un'installazione
di valore e che provoca il superamento di uno dei limiti di
dose fissati per i lavoratori esposti", demanda ad un decreto
del Ministro dell'Interno di concerto con i Ministri del Lavoro
e della Previdenza Sociale, della Sanità, per il coordinamento
della Protezione Civile e dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato,
il compito di stabilire "... le modalità ed i livelli
di esposizioni di emergenza dei soccorritori di protezione civile
e dei volontari". A tutt'oggi tale decreto attuativo non
è ancora stato emanato, ma nel frattempo la direttiva
29 ha finalmente dato precise indicazioni sulle modalità
e criteri di esposizione in interventi di soccorso.
ALLEGATO
1
Estratto dal trattato EURATOM
...omissis
TITOLO II
...omissis
Capo III
Protezione Sanitaria
Articolo 30
Sono istituite nella Comunità norme fondamentali
relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori
contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
Per norme fondamentali si intendono:
a) le dosi massime ammissibili con sufficiente margine di sicurezza;
b) le esposizioni e contaminazioni massime ammissibili;
c) i principi fondamentali di sorveglianza dei lavoratori.
Articolo
31
Le norme fondamentali vengono elaborate dalla Commissione,
previo parere di un gruppo di personalità designate dal
Comitato scientifico e tecnico tra gli esperti scientifici degli
Stati membri, particolarmente tra quelli versati in materia
di sanità pubblica. La Commissione domanda il parere
del Comitato economico e sociale sulle norme fondamentali così
elaborate.
Dopo consultazione dell'Assemblea, il Consiglio, deliberando
a maggioranza qualificata su proposta della Commissione che
gli trasmette i pareri dei Comitati da essa raccolti, stabilisce
le norme fondamentali.
Articolo
32
A richiesta della Commissione o di uno Stato membro, le
norme fondamentali possono essere rivedute o completate secondo
la procedura definita dall'articolo 31.
La Commissione è tenuta ad istruire qualsiasi domanda
formulata da uno Stato membro.
Articolo
33
Ciascuno Stato membro stabilisce le disposizioni legislative,
regolamentari ed amministrative atte a garantire l'osservanza
delle norme fondamentali fissate, e adotta le misure necessarie
per quanto riguarda l'insegnamento, l'educazione e la formazione
professionale.
La Commissione formula tutte le raccomandazioni intese ad assicurare
l'armonizzazione delle disposizioni applicabili in materia negli
Stati membri.
A tal fine gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione
sia le disposizioni applicabili al momento dell'entrata in vigore
del presente Trattato, che gli ulteriori progetti di disposizioni
di egual natura.
Le eventuali raccomandazioni della Commissione in merito ai
progetti di disposizioni devono essere effettuate nel termine
di tre mesi dall'avvenuta comunicazione dei progetti stessi.
Articolo
34
Ciascuno Stato membro, nel territorio del quale devono
effettuarsi degli esperimenti particolarmente pericolosi, è
tenuto ad adottare disposizioni supplementari di protezione
sanitaria, dopo aver preventivamente domandato in merito il
parere della Commissione.
Il parere conforme della Commissione è obbligatorio quando
gli effetti di tali esperimenti siano suscettibili di ripercuotersi
sui territori degli Stati membri.
Articolo
35
Ciascuno Stato membro provvede agli impianti necessari
per effettuare il controllo permanente del grado di radioattività
dell'atmosfera, delle acque e del suolo, come anche al controllo
sull'osservanza delle norme fondamentali.
La Commissione ha il diritto di accedere agli impianti di controllo
e può verificarne il funzionamento e l'efficacia.
Articolo
36
Le informazioni relative ai controlli contemplati dall'articolo
35 sono regolarmente comunicate dalle autorità competenti
alla Commissione, per renderla edotta del grado di radioattività
di cui la popolazione possa eventualmente risentire.
Articolo
37
Ciascuno Stato membro è tenuto a fornire alla Commissione
i dati generali di qualsiasi progetto relativo alla smaltimento
di residui radioattivi sotto qualsiasi forma, per consentire
di determinare se la realizzazione di tale progetto sia suscettibile
di provocare una contaminazione radioattiva delle acque, del
suolo o dello spazio aereo di un altro Stato membro.
La Commissione, previa consultazione del gruppo di esperti previsto
dall'art. 31, esprime il suo parere in un termine di sei mesi.
Articolo
38
La Commissione invia agli Stati membri tutte le raccomandazioni
concernenti il grado di radioattività dell'atmosfera,
delle acque e del suolo.
In caso di urgenza, la Commissione emana una direttiva con cui
intima allo Stato membro in causa di adottare, nel termine che
la Commissione stessa provvede a fissare, tutte le misure necessarie
ad evitare un'infrazione alle norme fondamentali e a garantire
il rispetto delle disposizioni regolamentari.
Qualora lo Stato membro non si conformi nel termine stabilito
alla direttiva della Commissione, quest'ultima o qualsiasi Stato
membro interessato può in deroga agli articoli 141 e
142, adire immediatamente la Corte dei Giustizia.
Articolo
39
La Commissione crea nell'ambito del Centro comune di ricerche
nucleari, non appena questo sia stato istituito, una sezione
di studio e documentazione per i problemi di protezione sanitaria.
Tale sezione ha in particolare l'incarico di raccogliere la
documentazione, le informazioni di cui agli articoli 33, 37,
38 e di assistere la Commissione nell'esecuzione dei compiti
che le sono affidati a norma del presente capo.
Note
(1) La direttiva definisce in modo assai generale "Pratica"
come "un'attività umana che può aumentare
l'esposizione degli individui alle radiazioni provenienti da
una sorgente artificiale, o da una sorgente di radiazione naturale
quando radionuclidi naturali sono trattati per loro proprietà
radioattive, fissili o fertili, tranne in caso di esposizione
di emergenza".
(2) La legge 13 maggio 1961 n° 469 "Ordinamento dei
servizi antincendi e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
e stato giuridico e trattamento economico del personale dei
sottufficiali, vigili scelti e vigili del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco" attribuisce al Ministero dell'Interno
e per esso ai vigili del fuoco "i servizi di prevenzione
ed estinzione degli incendi e, in genere, i servizi tecnici
per la tutela della incolumità delle persone e la preservazione
dei beni, anche dai pericoli derivanti dall'impiego dell'energia
nucleare.
(3) As Low As Readily Achievable
(4) La difficoltà del procedimento di ricerca dell'ottimizzazione
consiste nello stabilire il valore del coefficiente di proporzionalità
tra dosi collettive e costo sanitario, cioè il valore
economico che la società attribuisce alla riduzione di
1 sievert-persona (la pendenza della retta di figura 2). Mentre
l'impostazione e l'esecuzione delle analisi d'ottimizzazione
sono di pertinenza tecnica ed affidate ai radioprotezionisti,
le scelte del valore monetario suddetto in un determinato paese
è un problema di pertinenza sociale e politica, così
come la sintesi finale nel processo di giustificazione.
(5) La direttiva peraltro lascia agli Stati membri il compito
di fissare livelli di dose per queste squadre speciali.
(6) Comitato consultivo istituito presso la Commissione dall'art.
134 del Trattato.
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