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Tutela della sicurezza dei consumatori: gli apparecchi a gas in Europa

Giulio Benedetti
Magistrato

La cultura della tutela del consumatore nell'utilizzazione degli apparecchi alimentati a gas per uso domestico trova il suo fondamento oltre che nella Legge 1083/1971, anche in due importanti e recenti testi normativi, i D.P.R. 1996/660 e 1996/661, che introducono nel nostro ordinamento i parametri di sicurezza europei previsti dalle direttive 92/42/CEE e 90/396/CEE.
L'articolo esamina, anche alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo del 25/3/1999, i principi della libera circolazione degli apparecchi alimentati a gas per uso domestico nell'Unione Europea in relazione alla tutela della sicurezza dei consumatori.

Al fine di assicurare la tutela del consumatore, l'approccio tradizionale della Legge 6/12/1971, n. 1083, laddove l'installatore realizzi un apparecchio alimentato a gas per uso domestico o ne compia la manutenzione senza ottemperare alle regole UNI-CIG per la buona tecnica e la salvaguardia della sicurezza delle persone e lo metta ugualmente in servizio, stabilisce, all'art. 5, la sanzione dell'arresto fino a due anni o l'ammenda da lire 200.000 a lire 4.000.000. Inoltre l'art. 1 sancisce il principio per cui tutti i materiali, gli apparecchi, le installazioni e gli impianti a gas combustibile devono essere realizzati secondo le regole specifiche della buona tecnica per la salvaguardia della sicurezza (norme denominate UNI-CIG). Gli articoli 2, 3, 5 puniscono con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda da lire 200.000 a lire quattro milioni i realizzatori, gli installatori, gli utenti di apparecchi o installazioni di impianti a gas combustibile che:

- non siano realizzati attenendosi ai canoni di sicurezza dettati dall'art. 1;
- siano alimentati da gas combustibile per uso domestico e similare che non sia dotato, fin dalla distribuzione in condotte o bombole, di un odore caratteristico e sufficiente a riconoscerne le eventuali perdite prima che si creino condizioni di pericolo;
- non siano realizzati con le regole indicate dall'art. 3 consistenti nelle norme specifiche per la sicurezza pubblicate dall'Ente Nazionale di Unificazione (UNI) in tabelle con la denominazione convenzionale UNI-CIG.

Il reato non appare rientrare nei reati propri poiché il dettato della legge non riguarda esclusivamente il solo operato dei realizzatori, installatori, manutentori, verificatori degli apparecchi alimentati a gas per uso domestico, ma riguarda anche gli utenti, attesa la validità e cogenza anche nei loro confronti delle norme UNI-CIG in quanto:

  • la Legge 1083/1971 all'art. 5 per indicare i destinatari utilizza il termine generico "trasgressori" e, d'altra parte, le norme UNI-CIG non escludono espressamente la riferibilità agli utenti della trascuratezza delle norme specifiche per la buona tecnica e la salvaguardia della sicurezza;
  • gli utenti possono avere realizzato in proprio detti impianti contravvenendo alle norme UNI-CIG che, di norma, riservano alle case costruttrici e a tecnici qualificati una determinata tipologia di interventi operativi, di installazione e di manutenzione;
  • il rispetto delle norme UNI-CIG (richiamate dall'art. 3 della Legge 1083/1971) relative alla progettazione, installazione, manutenzione degli impianti a gas assumono il carattere di precetto generale, penalmente sanzionato nei confronti di tutti i cittadini che in tale materia debbono attenersi alle norme primarie della buona tecnica per la sicurezza e la salvaguardia della salute umana, bene primario e costituzionalmente protetto dall'art. 32;
  • l'insieme delle norme della Legge 6/12/1971, n. 1083 avvera per il cittadino il precetto generale in materia di sicurezza che in caso di violazione pone le basi del suo concorso causale nell'evento dannoso ai sensi dell'art. 40 c.p. per cui "non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo".

Infine l'attività di controllo sugli incidenti provocati dall'utilizzazione degli apparecchi alimentati a gas per uso domestico ha evidenziato che i fattori di rischio più ricorrenti negli impianti alimentati a gas per uso domestico sono principalmente quattro:

- l'efficienza delle canne fumarie;
- la corretta ventilazione dei locali;
- lo stato di manutenzione del generatore di calore con riferimento ai parametri stabiliti dalle norme UNI-CIG vigenti (vedasi norma UNI-CIG 7129/1992);
- la cubatura e l'idoneità dei locali dove è installato il generatore di calore.

La cultura della sicurezza nell'utilizzazione del gas ha avuto un significativo incremento in due recenti testi normativi contenuti nel supplemento ordinario della G.U. n. 302 del 27/12/96. Il primo è il D.P.R. 15/11/1996, n. 660, ovvero il regolamento per l'attuazione della direttiva 92/42/CEE concernente i requisiti di rendimento delle nuove caldaie ad acqua calda, alimentate con combustibili liquidi o gassosi aventi una potenza nominale pari o superiore a 4 kw e pari o inferiore a 400 kw. Per assicurare la tutela del consumatore il regolamento prevede che:

- (art.6) prima dell'immissione in commercio, le caldaie devono essere contrassegnate dalla marcatura CE di cui all'allegato I e corredate dalla dichiarazione CE di cui all'art. 8;
- (art. 9) la documentazione relativa all'attestazione di conformità, le avvertenze, le precauzioni d'uso e le istruzioni devono essere redatte in lingua italiana;
- (art. 12) il Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato dispone, a cura e a spese del fabbricante o del suo mandatario stabilito nell'Unione Europea o del responsabile dell'immissione del prodotto sul mercato comunitario, il ritiro temporaneo dal mercato delle caldaie e degli apparecchi privi della marcatura di conformità CE e della dichiarazione di conformità.

Il secondo testo normativo è il D.P.R. 15/11/1996, n. 661, ovvero il regolamento per l'attuazione della direttiva 90/396/CEE concernente:

- gli apparecchi a gas limitatamente a quelli per uso domestico (utilizzati per la cottura, riscaldamento, produzione di acqua calda, raffreddamento, illuminazione e il lavaggio, che bruciano combustibili gassosi e che hanno una temperatura normale dell'acqua non superiore a 105°) con esclusione di quelli destinati specificamente a essere utilizzati in processi industriali;
- i dispositivi di sicurezza, di controllo e di regolazione e i sottogruppi, diversi dai bruciatori ad aria soffiata e dai corpi di scambio di calore destinati a essere attrezzati con tali bruciatori .

Dal punto di vista della sicurezza appaiono significative le seguenti disposizioni.
In primo luogo (art. 1, co. 4) l'uso normale ricorre allorquando l'apparecchio:

- è correttamente installato e sottoposto a regolare manutenzione, conformemente alle istruzioni del fabbricante;
- è usato nel normale campo di variazione della qualità del gas e della pressione di alimentazione;
- è usato per gli scopi per cui è stato costruito o in modi ragionevolmente prevedibili.

Tale definizione è fondamentale perché costituisce la necessaria condizione dell'immissione in commercio e della messa in servizio degli apparecchi, le quali avvengono "solo se, qualora usati normalmente, non compromettono la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni". A tal fine le relative istruzioni devono essere redatte nelle lingue ufficiali dello stato membro in cui gli apparecchi sono commercializzati e debbono riguardare distintamente l'operato dell'installatore come le istruzioni di uso e la manutenzione elaborate per l'utente (art. 2).
Si presumono rispondenti ai requisiti essenziali gli apparecchi fabbricati in conformità alle norme nazionali che li riguardano e che recepiscono le norme armonizzate i cui riferimenti sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle comunità europee, oppure alle norme nazionali che li riguardano, nei settori in cui norme armonizzate non siano state ancora emanate (art. 3).
Il consumatore spesso non è in grado di apprezzare visivamente le caratteristiche, anche di sicurezza, degli apparecchi e al fine di tutelarlo effettivamente l'art. 4 prevede che non possono essere immessi in commercio o posti in servizio gli apparecchi privi o muniti indebitamente della marcatura CE di conformità o i dispositivi di sicurezza privi o muniti indebitamente della dichiazione del fabbricante di conformità alle disposizioni del D.P.R, 1996/661. La marcatura CE di conformità deve essere apposta in modo visibile, facilmente leggibile e indelebile sull'apparecchio o sulla targa di identificazione a esso stabilmente fissata (art. 5). La marcatura CE riguarda la sicurezza totalmente intesa, infatti, (art. 8) qualora gli apparecchi siano disciplinati da direttive relative ad altri aspetti e che prevedono l'apposizione della marcatura CE (ad esempio per salvaguardare l'utente da scoppi o da scariche elettriche), quest'ultima indica che gli apparecchi si presumono conformi alle disposizioni di tali direttive.
La vigilanza finalizzata alla verifica della conformità degli apparecchi e dei dispositivi al D.P.R. 1996/661 è affidata al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato ed al Ministero dell'Interno che dispongono verifiche e controlli con accesso nei luoghi di fabbricazione o di immagazzinamento dei prodotti, acquisiscono le informazioni ritenute necessarie e prelevano campioni per l'esecuzione di esami e prove (art. 10)
All'esito della descritta attività istruttoria, l'art. 12 prevede il ritiro dal mercato o la proibizione o la limitazione all'immissione sul mercato nei confronti del fabbricante che ostacoli l'attività ispettiva e di vigilanza degli apparecchi e dispositivi che:

- anche se muniti della marcatura CE o dell'attestato di sicurezza ed usati normalmente possono compromettere la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni;
- vengano commercializzati senza essere muniti della marcatura CE o dell'attestato di conformità, o ne siano muniti illegittimamente o risultino difformi degli apparecchi o dispositivi CE sottoposti all'esame CE del tipo. Ricorrendo tali ipotesi, il Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato assegna all'inadempiente un termine per la regolarizzazione e, decorso infruttuosamente lo stesso, adotta tutte le misure necessarie a limitare o vietare l'immissione del prodotto sul mercato o a garantirne il ritiro dal mercato.

L'art. 13 stabilisce che ai fini della Legge 6/12/1971, n. 1083, limitatamente agli apparecchi e dispositivi di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), si considerano regole specifiche di buona tecnica per la sicurezza unicamente quelle previste dal D.P.R. 1996/661, mentre gli organismi fino ad oggi autorizzati ad eseguire, ai sensi della Legge 1083/1971, prove, accertamenti e attestazioni di conformità di norme di sicurezza UNI-CIG su apparecchi e dispositivi possono continuare ad operare se presentano istanza, a pena di decadenza entro due mesi dall'entrata in vigore del D.P.R. 1996/661.

Tra le regole di sicurezza per apparecchi e dispositivi previste dal D.P.R. 1996/661 (e che sostituiscono le corrispondenti norme UNI-CIG) sono salienti le seguenti:

- (norma 1.1) ogni apparecchio viene progettato e costruito in modo da poter funzionare in condizioni di sicurezza e non presentare pericoli per le persone, gli animali domestici ed i beni qualora venga usato normalmente ai sensi dell'art. 1, co. 4;

- (norma 1.3) ogni dispositivo destinato ad essere utilizzato in un apparecchio deve essere progettato e costruito in modo da funzionare correttamente per l'uso cui è destinato se montato conformemente alle istruzioni tecniche relative all'installazione;

- (norma 2.1) i materiali devono essere appropriati all'uso cui sono destinati e resistere alle sollecitazioni meccaniche, chimiche e termiche cui saranno prevedibilmente sottoposti;

- (norma 2.2) le proprietà dei materiali importanti ai fini della sicurezza vengono garantite dal fabbricante dell'apparecchio o dal fornitore;

- (norma 3.1.3) ogni apparecchio deve essere concepito e costruito in modo che il rischio di esplosione in caso di incendio di origine esterna sia ridotto al minimo;

- (norma 3.1.4) ogni apparecchio deve essere fabbricato in modo da evitare infiltrazioni di acqua e aria parassita nel circuito a gas;

- (norma 3.2.1) ogni apparecchio deve essere costruito in modo tale che il tasso di fuga di gas non provochi alcun rischio;

- (norma 3.2.2) ogni apparecchio deve essere costruito in modo tale che le fughe di gas, che avvengono durante l'accensione, la riaccensione e dopo lo spegnimento della fiamma, siano sufficientemente limitate per evitare un pericoloso accumulo di gas incombusto nell'apparecchio.

Particolarmente significative per la difesa del consumatore da incidenti nell'utilizzo degli apparecchi sono le seguenti norme:

- (norma 3.2.3) gli apparecchi destinati ad essere utilizzati nei locali devono essere attrezzati con un dispositivo specifico che eviti un accumulo pericoloso di gas non bruciato;

- gli apparecchi che non sono attrezzati con un simile dispositivo devono essere utilizzati solo in locali con una aerazione sufficiente per evitare un accumulo pericoloso di gas non bruciato;

- le condizioni sufficienti di aereazione dei locali per l'installazione degli apparecchi di cui al paragrafo precedente sono stabilite dalle norme UNI-CIG di cui alla Legge 6/12/1971, n. 1083, e delle disposizioni applicative emanate dal Ministero per la prevenzione degli incendi;

- (norma 3.4.2) ogni apparecchio deve essere costruito in modo tale che, quando è utilizzato normalmente non si producano indebite esalazioni di prodotti di combustione;

- (norma 3.4.3) ogni apparecchio collegato ad un condotto di evacuazione dei prodotti di combustione deve essere costruito in modo che in caso di tiraggio anomalo non si producano esalazioni di prodotti di combustione in quantità pericolosa nel locale in cui è situato;

- (norma 3.4.4) gli apparecchi di riscaldamento indipendenti per uso domestico e gli scaldacqua istantanei, non collegati ad un condotto di evacuazione dei prodotti di combustione, non devono provocare una concentrazione di monossido di carbonio che possa rappresentare un rischio di natura tale da intaccare la salute delle persone esposte in funzione del tempo di esposizione previsto per tali persone.

In definitiva il pregio dei due decreti è quello di dare, in modo chiaro, pratico e di facile consultazione, compiuta e piena attuazione con l'apporto della normativa comunitaria al disposto dell'art. 1 della Legge 1083/1971 per cui "tutti i materiali, gli apparecchi, le installazioni e gli impianti alimentati con gas combustibile per uso domestico ed usi similari devono essere realizzati secondo le regole specifiche della buona tecnica, per la salvaguardia della sicurezza".
Tali principi di sicurezza nella realizzazione degli apparecchi alimentati a gas per uso domestico non sono stati modificati dalla sentenza emessa il 25/03/1999 dalla Sesta Sezione della Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo. Con tale pronuncia la Corte dichiara che la Repubblica Italiana ha violato la direttiva del Consiglio 29/06/90, 90/396/CEE (concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di apparecchi a gas), avendo istituito e mantenuto in vigore un regime che, nel caso di nuova installazione o di ristrutturazione di apparecchi a gas, prescrive l'utilizzazione nei locali abitati di generatori di calore esclusivamente di tipo "stagno".

La normativa italiana dichiarata illegittima è quella prevista dall'art. 5, comma 10 del D.P.R, 26/08/1993, n. 412 che prescrive, nei casi di nuova installazione o di ristrutturazione dell'impianto termico che comportino l'installazione di generatori di calore individuali, esclusi i casi di mera sostituzione di quest'ultimi, l'impiego di generatori isolati rispetto all'ambiente abitato, oppure di apparecchi di qualsiasi tipo se installati all'esterno o in locali adeguati. In poche parole il ragionamento della Corte di Giustizia Europea è assai semplice. Infatti la direttiva del Consiglio 29/06/1990, 90/396/CEE, adottata sulla base dell'art. 100 del Trattato di Roma istitutivo della CEE, assicura la libera circolazione all'interno del territorio comunitario degli apparecchi a gas, garantendo nel contempo la sicurezza e la salute delle persone e, all'occorrenza, degli animali domestici e dei beni contro i rischi derivanti dall'uso di tali apparecchi. In particolare l'art. 4 della predetta direttiva impone agli Stati Membri di non vietare, limitare od ostacolare l'immissione sul mercato e la messa in servizio degli apparecchi che soddisfano i requisiti essenziali enunciati dalla direttiva. Ne consegue che laddove gli apparecchi previsti dalla direttiva, ivi compresi i generatori di calore di tipo "aperto", siano conformi ai requisiti essenziali che essa detta, ciò è sufficiente perché gli stessi possano essere immessi sul mercato e messi in servizio.

La morale che si deve trarre dalla vicenda è che lo studio del diritto comunitario non deve essere inteso come astrusa occupazione accademica di pochi e senza riscontro con la realtà. Infatti il diritto comunitario è direttamente vigente in Italia in materie tecniche laddove, ad esempio, i criteri della buona tecnica per la salvaguardia della sicurezza nell'uso degli apparecchi a gas, citati dall'art. 1 della Legge 06/12/1971 n. 1083, non devono essere ricercati solo tra le norme UNI-CIG, ma anche (e specialmente) tra le norme armonizzate europee UNI-EN. La mancata constatazione di tale realtà può comportare gravi conseguenze economiche come avviene per lo Stato Italiano condannato alle spese del procedimento nella sentenza esaminata.



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