Direttive
della Procura di Milano in materia di diritto penale del lavoro
PROCURA
DELLA REPUBBLICA PRESSO LA PRETURA CIRCONDARIALE DI MILANO
L'esperienza
fatta ed i suggerimenti pervenuti da varie sedi, inducono ad
integrare e modificare parti delle direttive a suo tempo emanate
in materia.
Inoltre le recenti novità legislative impongono una parziale
rivisitazione e modifica delle precedenti direttive.
L'organizzazione della Procura impone adeguamenti anche per
quello che riguarda i rapporti con la PG.
La direttiva, nella presente versione integrale, è rivolta
unicamente agli Organi di PG delle ASL, dei VV.F. e del Servizio
Ispezione della Direzione Regionale del Lavoro; la medesima
direttiva, omessi i titoli secondo, terzo, quarto, settimo,
ottavo e nono, è stata inviata anche a tutti i restanti
Organi di PG del circondario.
TITOLO
PRIMO:
INFORTUNI SUL LAVORO
1) In caso si apprenda o venga segnalato un infortunio
sul lavoro con esiti mortali o gravi (con prognosi superiore
ai 25 giorni o tale da determinare con probabilità l'indebolimento
permanente di un senso o di un organo) si procederà come
segue.
Si segnalerà immediatamente il fatto al Sostituto Procuratore
di turno se non risulta che la Procura presso la Pretura sia
già informata e si invierà fax (al numero 02/XXXXXXXX)
o fonogramma (al numero 02/XXXXXXXX) contenente:
a) generalità dell'infortunato;
b) ragione sociale e sede del datore di lavoro;
c) descrizione sommaria della dinamica dell'incidente;
d) prognosi, stato dell'infortunato e, in caso di morte, generalità
e domicilio dei familiari del defunto.
A ciò provvederà non solo l'Autorità di
P.G. territoriale eventualmente informata del fatto, ma tutti
i Posti di Polizia presso gli Ospedali che invieranno fax o
fonogramma con i dati richiesti a questa Procura e, per conoscenza,
al competente Commissariato di Polizia o Stazioni dei Carabinieri
e agli ufficiali di P.G. dell'ASL, sollecitando e coordinando
le indagini con gli stessi.
1.1) Qualora l'infortunio si sia verificato nelle seguenti
circostanze:
-
uso di macchine operatrici e varie (sega, tornio, trapano,
pressa ecc.);
-
in cantiere edile (caduta da ponteggio o su ponteggio, caduta
di oggetti dal ponteggio ecc.) o in occasione di lavori dello
stesso tipo (imbiancatura, lavori di falegnameria ecc.);
-
mancato utilizzo di strumenti di protezione (guanti, occhiali
cuffie ecc., quali ad esempio lesioni oculari, lesioni alle
dita della mano per uso di attrezzi), si svolgerà immediatamente
l'intera indagine sul posto con il massimo carattere di concentrazione,
immediatezza ed esaustività dell'indagine ovvero:
a) verranno identificati tutti i possibili destinatari della
normativa prevenzionale del caso, a partire dal legale rappresentante
e verificando altresi l'esistenza di eventuali deleghe,
procure, ordini di servizio (e possibilmente acquisendoli)
che conferiscono ad altri soggetti (quali il direttore tecnico,
di stabilimento, di cantiere, dei lavori) tale responsabilità;
b) si provvederà ad acquisire e prendere rilievi
fotografici di macchine, impianti, ponteggi, stato dei luoghi
(eventuale posizione del cadavere in caso di omicidio colposo),
ben evidenziando i particolari. A tali atti ha facoltà
di assistere senza preavviso il difensore della persona
soggetta alle indagini;
c) qualora il Pubblico Ministero informi che intende intervenire
sul luogo si assicurerà che lo stato dei luoghi non
venga alterato e si provvederà a dare avviso a tutte
le persone che possono divenire soggette alle indagini che
si procede per il reato di cui agli artt. 583-590 C.P. (se
trattasi di lesioni) o dell'art. 589 C.P. (se l'infortunio
è mortale) in seguito all'incidente sul lavoro appena
occorso e che possono farsi difendere da un legale di loro
fiducia che ha facoltà di assistere all'ispezione,
legale che andrà immediatamente avvisato telefonicamente;
d) si provvederà a sentire a verbale, possibilmente
sul luogo e nell'immediatezza del fatto gli eventuali testi
e, se in condizioni di deporre, la parte lesa, in modo che
tali dichiarazioni possano essere utilizzate nel dibattimento
per le contestazioni e quindi essere acquisite nel fascicolo
del giudizio:
e) verranno sentite comunque a verbale le persone presenti
al fatto. Si rammenta che a tale esame non può presenziare
il difensore;
f) si procederà al sequestro di macchine, ponteggi,
impianti, quando ciò sia necessario o ad impedire
il protrarsi di situazioni di pericolo o ad acquisire mezzi
di prova o non sia altrimenti possibile averli. In tale
caso il relativo provvedimento andrà portato alla
Procura presso la Pretura entro 48 ore perché il
P.M. provveda alla convalida;
g) si raccoglieranno dichiarazioni rese dalla persona soggetta
alle indagini (datore di lavoro) solo se spontanee (ovvero
non sollecitate, a norma dell'art. 350, 7° comma c.p.p.);
si ricorda che non è possibile sentire altrimenti
tale persona senza la presenza di un difensore. Si può,
viceversa, procedere ad assumere sommarie informazioni dalla
persona sottoposta alle indagini con la necessaria presenza
del difensore (a norma dell'art. 350, l°, 2° e 3°
comma c.p.p.);
h) si esaminerà ed eventualmente si acquisirà
- ove esistente - il documento di cui all'art. 4, D.Lgs.
626/94, nonché agli atti relativi di cui agli adempimenti
previsti dalla stessa normativa (ad es. nomina responsabile
del servizio di prevenzione e protezione);
i) si procederà a rilievo dei luoghi.
In caso di dubbi ci si rivolgerà al sostituto di turno
(reperibile al numero 0348/XXXXXXX).
Una volta completata l'indagine si provvederà ad inviare,
con la massima tempestività, tutti gli atti alla Procura
presso la Pretura -Segreteria lavoro. Si rammenta che il termine
di 48 ore contenuto nella formulazione originaria dell'art.
347 c.p.p. è stato modificato e le segnalazioni di reato
vanno trasmesse "senza ritardo" e che il termine per
lo svolgimento delle indagini è di sei mesi, termine
che questo Ufficio deve rispettare.
2)
Se l'incidente deriva con evidenza da fatto accidentale (ad
esempio conseguente ad una semplice scivolata sul pavimento,
storta, caduta da scala fissa, taglio dall'uso di coltelli da
cucina o affettatrici ecc.), si invierà semplice comunicazione
alla Procura della Repubblica.
3) Le denunce d'infortunio - con prognosi inferiore ai
25 gg - potranno essere consegnate settimanalmente, unendo ad
esse eventuali certificati medici, referti ed indagini svolte
(si veda comunque il titolo quinto della presente direttiva).
4) In caso di delega di indagini da parte di questo Ufficio
si prega di svolgere (indipendentemente dalla prognosi) tutte
le indagini richieste ed in particolare di identificare con
precisione i responsabili aziendali (come già precisato
sopra al punto 1.1 a) e di effettuare rilievi fotografici.
Qualora si accerti - sulla base delle dichiarazioni dell'infortunato
e/o di testimoni o a seguito del sopraluogo che l'infortunio
ha avuto una causa sicuramente accidentale, non si svolgeranno
gli ulteriori accertamenti eventualmente delegati da questa
A.G. (ad es. identificazione legale rappresentante, rilievi
fotografici ecc.)
TITOLO
SECONDO:
MALATTIE PROFESSIONALI
Le Unità Operative Tutela Salute Lavoro provvederanno
a classificare le notizie raggruppandole per azienda e per lavoratore
al fine di avere elementi per valutare la nocività e
il tasso di sicurezza dell'azienda e di evitare doppie registrazioni
nel caso di più notizie sul medesimo lavoratore.
Le notizie relative al lavoratore dovranno essere complete anche
da un punto di vista anagrafico.
A tal fine tutte le segnalazioni pervenute o che perverranno
a questo Ufficio con genericità tale da non farle immediatamente
assurgere a notizia di reato verranno immediatamente trasmesse
all'Unità Operativa onde consentire la classificazione
di tali notizie di malattia.
Quando le notizie relative ad una azienda siano sufficientemente
chiare ed univoche ed in numero tale da costituire un indizio
circa la riferibilità delle malattie da lavoro ad un
ambiente nocivo, l'U.O. invierà a questa Procura - Segreteria
Lavoro la notizia con i nomi dei lavoratori ammalati corredati
con le indagini che dovranno essere svolte.
Quando i referti siano del tutto isolati, o relativi a lavoratori
che hanno prestato l'opera in numerose aziende e nei casi in
cui risulterà impossibile un'indagine sul nesso di causalità
si informerà questa Procura di tali referti con indicazione
dei nomi dei lavoratori e delle ditte ed esprimendo le valutazioni
circa l'inutilità o l'impossibilità di acquisire
la prova del reato.
TITOLO
TERZO:
CONTRAVVENZIONI
Par. 1: Disposizioni di carattere generale
In tutti i casi in cui vengano rilevate, anche nel corso
dell'attività ispettiva ed amministrativa, contravvenzioni
in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, sarà attivata
la procedura di cui all'art. 19, D.Lgs. 758/94.
La procedura di definizione in via amministrativa introdotta
dal D.Lgs. trova applicazione nell'ambito dell'accertamento
delle contravvenzioni di cui all'art. 19 lett. A) D.Lgs. citati
con le nuove sanzioni previste dal successivo art. 26.
All'atto dell'accertamento, ed ai sensi dell'art. 347 c.p.p.,
l'organo di vigilanza dovrà trasmettere, come di consueto,
la relativa comunicazione di notizia di reato alla procura territorialmente
competente e contestualmente dare vita alla procedura amministrativa
prevista agli art. 20 e 21 del D.Lgs.
La descrizione della situazione di fatto accertata dovrà
essere dettagliatamente riportata onde consentire al P.M. le
opportune valutazioni anche ai sensi dell'art. 23, 3° comma.
A quest'ultimo proposito qualora l'A.G. notiziata dell'accertamento,
ritenga, invece, di formulare al GIP richiesta di archiviazione
del procedimento, sarà cura dell'Ufficio comunicare all'organo
di vigilanza tale richiesta per le determinazioni conseguenti.
Par. 1.1: termini, proroghe, rateizzazione.
In relazione ai termini previsti dagli artt. 20 e 21 del
D.Lgs., si precisa che mentre sono da considerare perentori
- salvo proroghe concesse dall'organo di vigilanza - i termini
relativi all'adempimento delle prescrizioni (rimozione violazioni),
sono meramente ordinatori i termini per il pagamento della sanzione
amministrativa (l'art. 24, 1° comma stabilisce che il reato
si estingue se il contravventore adempie le prescrizioni nel
termine fissato e provvede - comunque - al pagamento della somma
dovuta). Il contravventore sarà quindi ammesso a pagare
la somma anche oltre il decorso dei termine di 30 gg. previsto
dall'art. 21, 2o comma.
Pertanto qualora la ASL accerti la rimozione delle violazioni
entro il termine della stessa imposto o prorogato, ammetterà
il contravventore al pagamento della somma nel termine di 30
gg.
Qualora il pagamento avvenga nei termini la ASL informerà
senza ritardo il PM; in caso contrario l'informativa potrà
essere ritardata fino al 120° giorno dalla scadenza del
termine fissato nella prescrizione. Tale facoltà di riferire
con ritardo dell'avvenuto pagamento è finalizzata a consentire
il pagamento della somma dovuta con una certa dilazione.
Comunque, quando vi sia stata rimozione delle violazioni, la
ASL riferirà dell'esito della procedura amministrativa
in unico contesto specificando se, oltre alla rimozione, vi
sia stato il pagamento della somma.
Questo Ufficio ritiene, inoltre, che sia possibile consentire
la rateizzazione del pagamento delle somme dovute a titolo di
sanzioni amministrative, analogicamente a quanto stabilito,
per le sanzioni amministrative, in via generale dalla Legge
689/81.
Peraltro anche la pena pecuniaria, eventualmente inflitta in
sede di condanna penale, in quanto prevista dalle disposizioni
di Legge violate, sarebbe rateizzabile a norma dell'art. 133
ter c.p.; analogo principio opera anche - come detto - per quanto
concerne le sanzioni amministrative di cui alla L. 689/81 (la
rateizzabilità è prevista dall'art. 26). Potrebbe,
quindi, apparire ingiustificato non consentire all'indagato
di avvalersi delle richiamate disposizioni di legge finalizzate
a consentire il pagamento della sanzione (amministrativa e/o
penale) con dilazione temporale.
Par. 2: L'accertamento dei fatti, la prescrizione, l'ammissione
al pagamento.
La procedura amministrativa introdotta dovrà essere
avviata anche in presenza di contravvenzioni accertate nell'ambito
di indagini, siano esse delegate dall'A.G. o d'iniziativa dell'organo
di vigilanza, relative ad infortuni sul lavoro e ad essi collegate
casualmente. Si precisa, ove necessario, che l'attivazione della
citata procedura non dipende dall'accertamento diretto della
violazione da parte dell'organo di vigilanza, ma è sufficiente
che risulti comunque come fatto storico (ad esempio per dichiarazioni
testimoniali o perche accertata da altri organi).
Della violazione così riscontrata dovrà essere
data notizia all'A.G. ex art. 20, 4° comma, separatamente
dalla trasmissione degli atti compiuti in relazione all'infortunio.
La procedura amministrativa deve comunque essere attivata anche
se sia già intervenuta la rimozione delle violazioni
(ivi compreso lo smantellamento del cantiere, il passaggio in
desuetudine della macchina, ecc.) e quindi l'organo di vigilanza
deve ammettere al pagamento della somma prevista dalla legge,
senza dare alcuna prescrizione. Nessuna rilevanza ha, a tale
proposito, la considerazione che non è possibile dare
possibilità per l'indagato di accedere allo speciale
strumento di definizione amministrativa del reato contestato.
Tale procedura dovrà, pertanto, essere seguita anche
per quei fatti che le Linee Guida Regionali definiscono "a
condotta esaurita" (ad es. cessazione di macchine non rispondenti
ai requisiti di sicurezza); in particolare non può certo
dirsi impossibile fornire delle prescrizioni al cedente o produttore:
la prescrizione potrà consistere, in tale caso, nell'attivarsi
presso tutti gli acquirenti - se noti - ovvero nel rendere conoscibile
agli stessi - se ignoti - che debbono essere effettuati interventi
sulla macchina per renderla aderente alle vigenti disposizioni
prevenzionali. In mancanza di tale adempimento, non potrà
dirsi che l'indagato abbia adempiuto la prescrizione e dunque
non potrà farsi luogo al pagamento della sanzione amministrativa.
Deve comunque essere tenuto presente che, in tali casi, potrebbe
essere maturato il termine di prescrizione del reato (tre anni
dalla cessazione o messa in commercio); tale evenienza impedisce
di procedere all'applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs.
758/94: si deve quindi evidenziare il fatto all'A.G. allo scopo
che questa possa valutare se richiedere l'archiviazione del
procedimento per tale causa estintiva del reato.
Par. 3: L'art. 22 D.Lgs. 758194
Nel caso in cui il Pubblico Ministero prenda notizia di
una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceva da
Privati o da Pubblici Ufficiali o da incaricati di un Pubblico
Servizio diversi dall'organo di vigilanza, delegherà
la ASL competente per territorio ai sensi dell'art. 22 del citato
D.Lgs. per l'esperimento degli accertamenti di competenza: in
questo caso il P.M. provvederà ad aprire un autonomo
fascicolo processuale, inviando (modulo allegato A)
copia degli atti alla ASL, la quale - come previsto dal 2°
comma dell'art. 22 - entro 60 gg. dalla data in cui ha ricevuto
la Comunicazione di notizia di reato informerà il P.M.
delegante dell'attività compiuta. Si tratta per lo più
di fascicoli per contravvenzioni emerse nell'ambito di procedimenti
per lesioni o omicidi, in cui le indagini sono state delegate
a Uffici di P.G. diversi dalle ASL. Tali comunicazioni sono
ovviamente le più urgenti. La delega in questo caso viene
fatta alle ASL, non come autorità amministrativa Preposta
al controllo in materia di salute e Sicurezza dei lavoratori,
ma come autorità di P.G. delegata dal P.M. nell'ambito
di un procedimento penale, con il conseguente obbligo di attivarsi
entro i termini fissati dalla legge e dall'A.G.
Qualora, invece, un'eventuale violazione alla normativa prevenzionale
non emerga chiaramente dagli atti, ma sia solo astrattamente
ipotizzabile, il P.M. non aprirà alcun fascicolo processuale,
ma invierà semplice informativa (all. B)
priva di riferimento ad un numero di procedimento - alla ASL
unitamente alla copia degli atti, per gli accertamenti del caso:
in tale ipotesi l'Autorità Giudiziaria verrà informata
solo ove vengano riscontrate violazioni.
Si evidenzia che trattandosi di violazione solo astrattamente
ipotizzata non si ritiene di dovere vincolare l'organo di vigilanza
al rispetto dei termini di cui all'art. 22.
Qualora la ASL venga notiziata con il modulo (già allegato
come B), non si è, dunque, nell'ambito dell'art. 22,
bensi si tratta di una sollecitazione del P.M. a verificare
una situazione aziendale che, dalla comunicazione di notizia
di reato per infortunio (reato archiviato per difetto di querela),
appare comunque sospetta, pur non essendovi ancora elementi
per consentire al Pubblico Ministero di iscrivere uno specifico
reato contravvenzionale.
Tali comunicazioni sono trasmesse alla ASL per sollecitare quest'ultima
a svolgere accertamenti (che sono amministrativi, fino a quando
non emerga una specifica notizia di reato) in adempimento della
funzione di Vigilanza e con i poteri previsti dagli artt. 21
Legge 833/78, 8 D.P.R. 520/55 richiamato e norme successive).
In relazione al problema delle priorità, gli accertamenti
delle ASL, conseguenti a tali "sollecitazioni", si
precisa che essi sono i meno urgenti rispetto alle notizie propriamente
trasmesse ai sensi dell'art. 22 D.Lgs. 758/94.
Le vere e proprie notizie trasmesse ai sensi dell'art. 22 in
questione sono quelle che, come sopra detto, riportano un numero
di registro del Pubblico Ministero.
Par. 3.1: La possibile divergenza in merito alla contravvenzione
segnalata ex art. 22.
Gli accertamenti consequenti alla segnalazione ai sensi
dell'art. 22 D.Lgs. 758/94, in caso di contemporanea esistenza
di un fascicolo processuale per contravvenzioni, possono dare
luogo a quattro situazioni differenti:
1) Identità della valutazione della ASL e di quella del
P.M.
Tale situazione non presenta alcun problema.
2) Difformità delle valutazioni, non in fatto, (la ASL
valuta che esista la stessa condotta riscontrata dal P.M.) ma
in diritto (la ASL qualifica diversamente: come violazione di
un diverso precetto).
3) Difformità delle valutazioni in fatto che può
consistere in:
a) la ASL valuta che la condotta contravvenzionale sia diversa
da quella accertata dal P.M. e che quest'ultima non sussista;
b) la ASL valuta che la condotta contravvenzionale sussista,
ma che vi siano anche altre contravvenzioni;
c) la ASL valuta che non sussista alcuna contravvenzione.
Questa Procura ritiene sulla base dell'art. 22, comma 2 ("L'organo
di vigilanza informa il P.M. delle proprie determinazioni entro
") e dell'art. 23, comma 2 ("
l'organo
di vigilanza informa il P.M. che non ritiene di dover impartire
una prescrizione
") che la ASL delegata non sia obbligata
a seguire pedissequamente l'ipotesi di reato emersa in prima
battuta, ma possa legittimamente compiere le valutazioni di
cui al punto 2 e ai punti 3a) e 3b), impartendo le prescrizioni
che la stessa ritiene necessarie, ovvero non impartendo alcuna
prescrizione (punto 3 c).
In tutti questi casi di difformi valutazioni è comunque
indispensabile che la ASL motivi con particolare cura la relazione
d'indagine che verrà restituita al P.M. immediatamente,
nel caso del punto 3c), alla scadenza dei termini previsti dall'art.
21, negli altri casi.
Par. 3.2: L'art. 22 e la prova della contravvenzione.
Come rappresentato da varie ASL, può accadere che
la "prova" della contravvenzione, nel frattempo, sia
venuta meno. Ciò potrà accadere per svariate ragioni,
quali ad. es. l'avvenuta regolarizzazione della macchina che
aveva provocato l'infortunio, l'ultimazione dei lavori, la chiusura
del cantiere etc.
Si chiede, in numerosi quesiti, se in questi casi sia possibile
attivare, o meno, il procedimento di prescrizione fondandosi
solo sul materiale di prova trasmesso dal P.M. (comunicazione
di notizia di reato per l'infortunio, sommarie informazioni
testimoniali, sopralluoghi, relazioni tecniche, rilievi fotoplanimetrici,
etc.)
La risposta è assolutamente negativa qualora si tratti
di sollecitazioni alla vigilanza, senza numero di registro del
P.M. In merito alle vere e proprie comunicazioni fatte ai sensi
dell'art. 27, reputa questo Ufficio che l'accertamento della
contravvenzione, qualora la constatazione sul posto e "diretta"
da parte dell'ASL sia divenuta impossibile per cause sopravvenute,
possa comunque essere fatto anche sulla base di fonti di prova
acquisite dalla A.G. o da altri organi di polizia Giudiziaria,
documentate dagli atti trasmessi dal P.M. insieme alla notizia
ex art. 22.
In tali casi sarà quindi possibile procedere con l'ammissione
al pagamento e successivi adempimenti.
Par. 4: Osservazioni presentate dall'indagato
Relativamente al comportamento da tenere quando l'azienda
e/o la società ritualmente contravvenzionata presenti
osservazioni e/o controdeduzioni al verbale della ASL di ispezione,
contravvenzione e prescrizione (che dovrà essere, comunque,
trasmessa a questa A.G.) prima della verifica e della scadenza
del termine concesso - con ciò manifestando chiaramente
la volontà di non adempiere -, ritiene Questo Ufficio
che non ci si trovi già nella condizione prevista dall'art.
21, 3° comma, ma che occorra comunque far decorrere il predetto
termine, così come espressamente previsto dalla Legge,
considerato tra l'altro che in quello stesso periodo i contravventori
potrebbero cambiare idea ovvero potrebbe anche verificarsi una
successione di soggetti responsabili.
Par. 5: I soggetti
È opportuno precisare che, in caso di mutamento
della persona fisica responsabile della violazione riscontrata,
la procedura amministrativa deve subire alcune variazioni.
Se il legale rappresentante cessa tale qualifica prima del decorso
del termine per la rimozione delle violazioni (e queste non
siano state rimosse), lo stesso andrà ammesso al pagamento
della somma dovuta, indipendentemente dalla successiva rimozione
della violazione. Il nuovo rappresentante legale dovrà
ricevere nuova prescrizione - e quindi nuovo termine - con integrale
riattivazione della procedura amministrativa.
Se il legale rappresentante cessa la qualifica dopo il decorso
del termine per la rimozione delle violazioni (e queste non
siano state rimosse) non potrà farsi luogo - nei suoi
confronti - alla procedura amministrativa, permanendo la responsabilità
penale in capo allo stesso. Se le violazioni comunque permangono,
il nuovo legale rappresentante dovrà essere destinatario
di nuove prescrizioni con attivazione ad origine della procedura
amministrativa.
TITOLO
QUARTO:
IL DECRETO LEGISLATIVO N. 277191
Le indagini relative al D.Lgs. n. 277/91 vanno svolte,
anzitutto, verificando e dando puntuale riscontro a tutti gli
adempimenti previsti dal citato decreto. Per la proficuità
dell'intervento e per fornire elementi, sia pure iniziali e
non esaustivi, circa l'insalubrità dell'ambiente lavorativo
e il superamento dei valori soglia indicati nel decreto, è
indispensabile che vengano svolti rilievi fonometrici e/o ambientali.
Si rammenta che il Lepd deve essere riferito al singolo lavoratore
e non indistintamente ad una stessa categoria o gruppo di lavoratori,
salvo che ciò risponda ad una puntuale e mirata ricostruzione
dell'ambiente di lavoro, non unicamente basata sul concetto
di mansione.
A tale proposito va sottolineato che deve essere puntualmente
verificato il metodo impiegato dal datore di lavoro per la ricostruzione
e determinazione del Lepd, qualora esso si appalesi diverso
da quello effettuato secondo il metodo personalistico; di ciò
va dato conto al P.M. nella segnalazione di reato o comunque
nell'atto di ispezione amministrativa redatto nell'occasione.
Appare di assoluta necessità che vengano indicate dal
datore di lavoro le misure di cui all'art. 41, 1° comma
e che di ciò si dia contezza al P.M.
Si vorrà verificare la corretta tenuta del registro di
cui all'art. 49. Detto articolo, al 1 comma dispone: "I
lavoratori che svolgono le attività di cui all'art. 41
sono iscritti nel registro di cui all'art 4, comma 1, lettera
q". Nei commi successivi vengono indicati ulteriori obblighi
consequenziali.
Il rinvio all'art. 41 ha fatto sorgere dubbi interpretativi,
in quanto in tale norma vi è il comma 1 (che, come è
noto, ha carattere precettivo) il quale prescinde da valori
limite e altri due commi che prescrivono una specifica tutela
per i lavoratori nella fascia di maggior rischio.
Appaiono quindi comprensibili le divergenti interpretazioni
prospettate dai commentatori:
a) la prima, più estensiva, è nel senso di ritenere
che il richiamo all'art. 41, senza ulteriori specificazioni,
debba essere inteso nel senso che tutti i lavoratori, qualunque
sia il livello di esposizione, siano soggetti alle tutele dell'art.
49;
b) la seconda, più restrittiva è nel senso di
ritenere che solo i lavoratori esposti a un livello quotidiano
superiore ai 90 dBA (o addetti a mansioni con pressione acustica
istantanea superiore a 140 db) siano soggetti alle tutele dell'art.
49.
Ad avviso di questo ufficio sembra preferibile una soluzione
mediana, che risolve il dubbio interpretativo secondo due criteri:
-
il riconoscimento che il rinvio operato dall'art. 49 è
a "tutto" l'art. 41 e non solo al secondo comma,
con impossibilità di aderire alla soluzione restrittiva
sub b);
-
la necessaria individuazione, comunque, di uno specifico livello
di esposizione a rumore al di sotto del quale gli obblighi
previsti dall'art. 49 non sorgono.
Considerato, dunque, che la soglia di attivazione della prevenzione
e protezione è quella degli 80 dBA (artt. 40, comma 2,
42, comma 1), è ragionevole concludere che dal medesimo
livello sorgano gli obblighi di registrazione e connessi.
Infine si rappresenta che, pur in assenza dei modelli previsti
dall'art. 4, lett. q), del D.Lgs. 277/91, l'obbligo di registrazione,
di certo operante in ragione della natura meramente formale
dell'emanando atto amministrativo, può essere assolto
con registri cartacei od informatici, indicanti per ciascun
lavoratore i seguenti dati: generalità, data di assunzione,
mansioni assegnate, livello di esposizione, mutamento delle
mansioni, nuovo livello di esposizione, cessazione del rapporto
di lavoro.
TITOLO
QUINTO:
REFERTI
Si rammenta che chiunque, nell'esercizio di una professione
sanitaria, presta la propria assistenza od opera in ipotesi
di lesione personale grave o gravissima (cioè da cui
derivi un'incapacità ad attendere le proprie occupazioni
per oltre 40 giorni o indebolimento permanente di un organo
o una malattia certamente o probabilmente insanabile) conseguente
a infortunio sul lavoro o malattia professionale, è tenuto
a stilare referto.
Sempre in caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali
è opportuno che si riferisca all'Autorità giudiziaria
competente in tutti i casi di malattie di probabile origine
professionale e di infortuni con prognosi superiore ai 20 giorni
(che presumibilmente daranno luogo ad una lesione perseguibile
di ufficio).
Tali segnalazioni andranno tutte inviate all'Unità Operativa
Tutela Salute Lavoro ove è avvenuto l'infortunio che
a sua volta provvederà ad unirlo agli atti di indagine
già esistenti e a inviarlo a questa Procura.
Si ricorda che l'art. 334 c.p.p. prescrive che il referto debba
pervenire tempestivamente e contenga indicazione della persona
cui è stata prestata assistenza, le sue generalità,
il luogo ove si trova e le notizie che servono a stabilire le
circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso
e gli effetti che ha causato.
Ciò significa che è sempre necessario indicare
anche l'azienda che ha alle dipendenze l'infortunato o ammalato
e il luogo in cui l'infortunio è accaduto, ovvero le
aziende nelle quali l'ammalato ha lavorato nel corso della sua
vita con specificazione per ciascuna azienda del periodo di
occupazione e delle mansioni esercitate (dati, questi, indispensabili
ai fini di una corretta anamnesi professionale).
All'A.G. dovranno essere trasmessi anche i referti di prosecuzione
della malattia accertata, evidenziando - ove noto - il numero
di procedimento.
TITOLO
SESTO:
ACCERTAMENTI CIRCA DELEGHE IN MATERIA DI PREVENZIONE INFORTUNI
Si segnala, infine, la necessità di operare un maggiore
approfondimento nello svolgimento delle indagini relative all'individuazione
dei soggetti destinatari degli obblighi dettati dalla normativa
antinfortunistica. Il predetto accertamento, infatti, non può
limitarsi soltanto all'acquisizione della documentazione relativa
all'organigramma della società (ivi compresa la nomina
del responsabile del servizio di prevenzione e protezione) e
ad eventuali deleghe scritte, ma esso deve estendersi anche
ad una verifica in fatto.
Per comodità di esposizione e per maggiore chiarezza
occorre distinguere tra le ipotesi in ci si trovi in presenza
di delega scritta in materia di sicurezza del lavoro e le ipotesi
in cui tale delega manchi.
1)
Nel caso in cui vi siano deleghe scritte occorre, preliminarmente,
verificare se esse siano effettive (per esempio se il delegato
eserciti, di fatto, poteri di controllo e di valutazione della
sicurezza in azienda), ovvero se la delega sia un atto puramente
formale (per esempio conferita a persona non idonea o comunque,
priva di autonomia), e se, quindi, abbia come unico scopo quello
di sollevare il legale rappresentante da responsabilità
penali che gli sono proprie.
In quest'ultimo caso la responsabilità per eventuali
violazioni alla normativa antinfortunistica non può che
essere ricondotta al legale rappresentante.
Nel caso in cui, invece, la delega sia effettiva si rende necessario
verificare se il delegato abbia un semplice potere di valutazione,
cui corrisponde un obbligo di riferire al superiore, o se sia
munito anche di potere di spesa e in quale misura. Nella prima
ipotesi il delegato risponde solo per l'omessa segnalazione
al superiore della situazione di non conformità. Quando
la segnalazione, invece, sia intervenuta, il legale rappresentante
sarà chiamato a rispondere della non attuazione della
misura che la situazione imponeva.
Se, invece, il legale rappresentante ha conferito delega completa
di poteri di valutazione e di spesa a persona idonea in ordine
all'attuazione delle misure di sicurezza da adottarsi, responsabile
di eventuali violazioni sarà il soggetto delegato.
2) Nella variegata realtà aziendale possono presentarsi,
poi, situazioni di effettivo esercizio di poteri di controllo,
direzione e vigilanza sulle modalità di svolgimento dell'attività
produttiva non recepite formalmente e di cui è necessaria
la segnalazione al fine della individuazione delle responsabilità
penali.
In altre parole, in assenza di una delega scritta, vi possono
essere casi in cui il legale rappresentante non si occupa, di
fatto, dell'aspetto della sicurezza del lavoro che, invece,
viene seguito, anche con autonomia decisionale, da un preposto
(direttore di stabilimento, capo officina, responsabile di cantiere
o altro soggetto non rivestito di precisa qualifica).
Si può verificare, infatti, che il legale rappresentante
svolga compiti prettamente amministrativi e commerciali, non
intervenendo in alcun modo nell'aspetto tecnico, con la conseguenza
che la responsabilità di eventuali violazioni ricadrà
su chi in concreto si occupa di quest'ultimo aspetto.
Nell'ipotesi in cui, invece, non vi è una netta distinzione
tra mansioni amministrative e mansioni tecniche, occorre distinguere
a seconda del tipo di violazione accertata.
Se essa attiene a carenze originarie di macchine, impianti o
ambienti di lavoro, dovrà essere contestata al legale
rappresentante; se, invece, attiene alle modalità di
utilizzo di macchinari ecc., con particolare riferimento ai
dispositivi di sicurezza, l'obbligo di vigilanza incombe sul
preposto, il tutto valutato anche in considerazione delle dimensioni
dell'azienda.
TITOLO
SETTIMO:
CANTIERI MOBILI
In
relazione al problema dell'entrata in vigore del D.Lgs. in argomento,
questa Procura ritiene doversi ripercorrere i temi che sono
stati posti nel periodo successivo all'emanazione della norma.
Come noto, il D.Lgs. n. 494/96 è entrato in vigore sei
mesi dopo la sua pubblicazione, avvenuta il 23/9/1996 e dunque
la sua efficacia decorre dal 24/3/97.
I problemi sono derivati dalla circostanza che, involgendo la
normativa una serie di adempimenti necessariamente "procedimentali"
e dunque non unisussistenti, non è agevole stabilire
se le norme trovino applicazione indistintamente per tutti i
cantieri aperti in data successiva a quella del 24/3/97. In
relazione a questi, infatti, è stato posto il problema
se la redazione dei progetti prima dell'entrata in vigore del
D.Lgs. in oggetto - e l'apertura del cantiere dopo tale data
e dunque sotto la vigenza della norma -, faccia ricadere i lavori
medesimi sotto l'imperio della nuova normativa con la conseguente
necessità di redigere tutti i piani di sicurezza previsti,
nonché di provvedere a tutti gli altri adempimenti previsti
dal decreto medesimo. Nel silenzio della legge e nell'assenza
di sicuri criteri interpretativi, come noto, il ministero del
Lavoro ha emanato la Circolare n. 41/97, ritenendo che le norme
citate trovino applicazione solo per quei cantieri "privati"
in relazione ai quali vi sia stato l'affidamento dell'incarico
di progettazione in data successiva all'entrata in vigore della
normativa, mentre in relazione ai cantieri "pubblici"
il criterio suggerito è quello della data di pubblicazione
del relativo bando, nel senso cioè che la normativa si
applichi a tutti i lavori pubblici per i quali i bandi di gara
siano stati pubblicati in data successiva al 24/3/97. La Conferenza
dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome ha ritenuto
di fornire delle "Linee Guida", di carattere interpretativo,
secondo le quali per determinare la data di entrata in vigore
deve farsi riferimento, per gli appalti privati, all'affidamento
dell'incarico di progettazione esecutiva, nel senso che la sola
circostanza che questo sia avvenuto entro il 24/3/97, esoneri
da tutti gli adempimenti di legge; ulteriormente sostenendo
che, nell'incertezza di individuazione di tale momento storico,
diventi rilevante quello - obiettivo - di apertura del cantiere.
Questo Ufficio ritiene che debba essere fornita una interpretazione
in parte diversa dalle precedenti, osservando che le citate
argomentazioni sono tutte prive di concreta vincolatività,
essendo contenute in atti amministrativi, privi di efficacia
cogente in tema di interpretazione delle norme penali. Nondimeno
i criteri che qui si proporranno, pur avendo natura unicamente
interpretativa, costituiscono una linea giurisprudenziale adottata
da questo Ufficio di Procura nel fornire indicazioni, senza
pretesa di generalità, agli operatori cui ci si rivolge.
Va preliminarmente sgombrato il campo dalla problematica relativa
all'applicazione della "direttiva cantieri" agli appalti
pubblici con l'aiuto delle recenti innovazioni legislative,
contenute nella L. 18/11/1998 n. 415, portante modificazioni
della L. 11/2/1994 n. 109 c.d. "Legge Merloni". In
particolare, si osserva che il combinato disposto dei commi
1 bis lett. c) e 3 dell'art. 31 della citata legge statuisce
l'annullabilità dei contratti di appalto pubblico in
corso se non integrati dal piano operativo di sicurezza; il
comma 1 bis lett. c) considera tale piano operativo come "piano
complementare di dettaglio" del piano di sicurezza e coordinamento
e dell'eventuale piano generale di sicurezza, previsti dal D.Lgs.
n. 494/96: previsioni queste che inducono a ritenere, senza
dubbio, che le norme della cd. "direttiva cantieri"
si applichino a tutti gli appalti pubblici in corso (con cantiere
aperto dopo il 27/3/97), indipendentemente dalla data di progettazione
o di pubblicazione del bando, posto che il legislatore non ha
in alcun modo circoscritto temporalmente l'efficacia di dette
norme a specifiche fasi procedimentali.
Relativamente agli appalti privati, permane l'incertezza normativa
che può essere risolta alla luce dei seguenti argomenti.
La cd "direttiva cantieri" ha lo scopo di ridurre
al minimo i rischi derivanti dall'attività edilizia,
involgendo il committente e tutti i soggetti particolarmente
qualificati di cui esso si avvale in un vero e proprio "procedimento
di sicurezza", rischi che si concretizzano unicamente con
l'effettivo inizio dell'attività di cantiere; attività
che, inoltre, è forse l'unico momento obiettivamente
accertabile e insuscettibile di artificiose immutazioni.
Questo criterio sembra del resto essere suggerito anche dalle
cd "Linee Guida" ove tuttavia viene utilizzato come
principio residuale in mancanza di prova certa circa la data
di affidamento della progettazione esecutiva, indicato - come
detto - quale momento preclusivo dell'applicazione della norma,
ove avvenuta entro il 24/3/97: il che evidentemente crea rischi
di disparità di trattamento nell'applicazione della legge
penale, legati alla presenza o meno di un dato formale, quale
quello della data certa nell'affidamento dell'incarico di progettazione,
che espone solo chi ne sia sprovvisto - ovvero incapace di documentarla
- all'applicazione della legge penale; con il rischio evidente
di suggerire prassi di retrodatazione degli incarichi di progettazione,
con una conseguente elusione di fatto della normativa - teoricamente
per sempre (ben potendosi retrodatare senza limiti atti interni
tra privati) -. Ne consegue la necessità di individuare
l'unico possibile momento certo, uguale per tutti ed obiettivo
di applicazione della norma incriminatrice che non può
non coincidere con quello di insorgenza del rischio e cioè
quello sostanziale dell'apertura del cantiere che, anche quando
non oggetto di formale notificazione all'autorità di
vigilanza, può essere più facile oggetto di accertamento.
La soluzione proposta sembra meglio accordarsi con quella prescelta
dal legislatore per gli appalti pubblici, cosi evitandosi disparità
di trattamento tra diversi settori della medesima attività
economica.
Tale soluzione non impedisce tuttavia di tenere conto, ai fini
di giustizia sostanziale sotto il profilo della consapevolezza
dell'illiceità della condotta, delle diverse e contrastanti
indicazioni fornite agli operatori del settore (committenti,
progettisti ecc.) dagli organi amministrativi sopra indicati,
con la conseguente possibile applicazione del principio dettato
dall'art. 5 c.p., cosi come interpretato dalla Corte costituzionale
(ignoranza scusabile della legge penale a causa dell'errore
ingenerato nell'indiziato da contrastanti o contraddittorie
indicazioni fornite dalla Pubblica Amministrazione in materie
di natura tecnica): con l'importante precisazione che tale accertamento
ha caratteristiche di peculiarità e personalità
e che l'eventuale applicazione dell'art. 5 c.p. non impedisce,
comunque, l'impostazione di prescrizioni ai sensi del D.Lgs.
758/94 circa l'adozione del D.Lgs. 494/96 (in pratica: accertata
l'apertura del cantiere in data successiva al 27/3/97 e riscontrata
la non applicazione dello stesso, andrà fatto il rapporto
all'A.G. emettendo le prescrizioni di cui al D.Lgs. 758/94;
la violazione riscontrata potrebbe essere archiviata ai sensi
dell'art. 5 c.p. qualora l'indiziato dimostri di essere caduto
in errore a causa delle indicazioni del Ministero del Lavoro
ma se, all'atto della verifica delle prescrizioni, dovesse permanere
la violazione, tale fatto darà luogo all'accertamento
del reato poiché l'indagato era stato reso edotto dal
primo sopralluogo della ASL dell'assoggettabilità delle
opere alle disposizioni della cd "direttiva cantieri".
TITOLO
OTTAVO:
LAVORO INTERINALE
La legge sul lavoro interinale, n. 196 del 1997, in attuazione
della specifica direttiva CEE, ha introdotto una disciplina
del rapporto di lavoro "in affitto" in cui gli obblighi
di protezione della salute dei lavoratori in missione (per evidenti
ragioni lavoratori deboli, sia per la provvisorietà dei
rapporti, sia per il continuo mutamento dei luoghi di lavoro)
sono posti a carico dell'impresa utilizzatrice (art. 6, comma
1, secondo periodo).
La scelta del legislatore nazionale è coerente con la
direttiva comunitaria e con lo stato delle cose: la disponibilità
esclusiva in capo all'utilizzatrice dell'organizzazione aziendale
in cui il lavoratore è inviato in missione.
Va sottolineato che l'imprenditore utilizzatore è debitore
anche delle prestazioni di tutela sanitaria (il capo IV del
D.Lgs. 626/94 e le altre norme specifiche applicabili in considerazione
di particolari rischi).
A carico dell'impresa fornitrice vi è solo un obbligo
d'informazione, limitato al rischio per la salute connesso all'attività
produttiva in generale (art. 3, comma 5, primo periodo) che
è un obbligo delegabile all'utilizzatrice (norma da ultimo
citata, ultimo periodo - anche se, a dire il vero, la lettera
- utilizzo del singolare - e l'intuibile ragione della delega
- l'indisponibilità da parte della fornitrice delle macchine
con cui concretamente il lavoratore in missione sarà
chiamato a svolgere le proprie mansioni - potrebbero fare pensare
che solo l'obbligo di formazione, contemplato dalla stessa norma,
sia delegabile). Ovviamente per quanto riguarda i lavoratori
alle dipendenze, oltre che formali, anche sostanziali dell'impresa
di fornitura (in altre parole quelli non in missione presso
un utilizzatore), nessuna integrazione al sistema ordinario
di Prevenzione & Sicurezza nei luoghi di lavoro è stata
prevista dalla Legge n.196/97.
Per quanto riguarda il contratto a tempo indeterminato (fra
fornitrice e utilizzatore), le carenze del modello legislativo,
costruito a misura del contratto a tempo determinato, sono state
colmate in sede di contrattazione collettiva nazionale con il
CCNL del 28 maggio 1998. Lo sguardo operativo deve soffermarsi
sulla corretta decisione delle associazioni sindacali di prevedere
più atti: un contratto quadro, con cui il lavoratore
diviene dipendente della fornitrice e una lettera di assegnazione
per ogni singola missione (art. 17 lett. B). Il contenuto necessario
del contratto temporaneo stipulato fra la fornitrice e il lavoratore
è quindi ripartito fra il contratto quadro e le singole
lettere di assegnazione; il punto 14 del paragrafo a) del CCNL
(che riporta sinteticamente - anche con un'opzione in favore
della delegabilità dell'obbligo d'informazione - i precetti
di cui all'art. 3, comma 3, lett. h, e all'art. 5 della L. 196/97)
deve essere contenuto nelle singole lettere di assegnazione
formate per ciascuna missione. Tale lettera è comunque
un accordo che interviene fra la fornitrice e il suo dipendente,
sicché non v'è ragione per modificare le conclusioni,
cui si è giunti per il contratto a tempo determinato,
in merito al soggetto obbligato alla sorveglianza sanitaria,
da identificarsi in ciascun utilizzatore.
L'assenza d'obblighi in capo alla fornitrice in merito alla
sorveglianza sanitaria dei lavoratori temporanei sembra una
conclusione necessitata, ma lascia qualche perplessità,
soprattutto per i contratti a tempo indeterminato.
Si pensi a un lavoratore già esposto a piombo con superamento
dei valori limite che sia nuovamente inviato dalla fornitrice
presso un'altra impresa utilizzatrice per svolgere delle mansioni
comportanti un'uguale, o maggiore, esposizione allo stesso agente.
In tale caso parrebbe auspicabile che la fornitrice fosse sanzionata,
pur se, in ipotesi, nessun danno ne sia derivato al lavoratore
(altrimenti vi sarebbe una condotta con valore di concausa nella
lesione) perchè l'utilizzatrice, ben osservante il precetto
dell'art. 6, comma 1, primo periodo, della Legge n. 196/97,
ne abbia rifiutato l'utilizzazione.
La deresponsabilizzazione della fornitrice in materia di sorveglianza
sanitaria è resa ancor più problematica dall'assenza
del decreto ministeriale previsto dall'art. 1, comma 4, lett.
F), che vieterà il contratto di lavoro temporaneo per
quelle lavorazioni particolarmente pericolose che saranno individuate
dal Ministro. Infatti, in assenza di tale decreto e pur consapevoli
di opinioni contrarie, si reputa che per nessun tipo di attività,
per quanto rischiosa, sia vietato ricorrere al lavoro interinale
(1).
Quanto sopra vale anche nel caso che la società fornitrice
del lavoro temporaneo sia una cooperativa in possesso dei requisiti
previsti dall'art. 2, comma 3, della Legge 196/97, pur dubitandosi
della concreta operatività di cooperative di produzione
e lavoro fornitrici di lavoro temporaneo ai sensi della L. 196/94,
a causa del divieto di fornire come prestatori di lavoro i propri
soci.
Interesserebbe, anzi, a quest'ufficio conoscere le indicazioni
operative in merito alla mappatura delle cooperative fornitrici
di lavoro temporaneo nei territori di competenza.
Quanto alla funzione di vigilanza, che l'art. 10, u.c., della
L. 196/97 attribuisce al Ministero del Lavoro per mezzo dei
suoi organi periferici, l'oggetto immediato della stessa non
pare essere l'osservanza delle norme di Prevenzione & Sicurezza
nei luoghi di lavoro, quanto, piuttosto, l'osservanza delle
norme che stabiliscono i presupposti e i limiti, soggettivi
e oggettivi, della fornitura di lavoro temporaneo, oltre all'ulteriore
divieto contemplato dallo stesso articolo al comma 4. Non vi
è quindi nessun problema di coordinamento con l'art.
23 del D.Lgs. 626/94.
TITOLO
NONO:
TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI
Così come chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale
n. 373/97, le competenze delle ASL in materia di tutela delle
lavoratrici madri non hanno subito un ridimensionamento ad opera
del disposto dell'art. 5 co. 2 del D.Lgs. 645/96.
Infatti, l'ispettorato dovrà intervenire, su informazione
scritta del datore di lavoro, solo nell'ipotesi in cui l'esito
della valutazione dei rischi di cui all'art. 4 co. 1 del D.Lgs.
626/94 abbia evidenziato un rischio per la sicurezza e la salute
delle lavoratrici madri, e l'esposizione a tale rischio non
sia eliminabile, per cause organizzative o produttive, mediante
una modifica temporanea delle condizioni o dell'orario di lavoro.
In tale caso il datore di lavoro procederà allo spostamento
della lavoratrice ad altre mansioni, informando contestualmente
il Servizio Ispezione del Lavoro territorialmente competente.
Similmente il predetto Servizio dovrà essere informato
dal datore di lavoro nel caso di impossibilità dello
spostamento della lavoratrice ad altre mansioni e di conseguente
adozione del provvedimento di astensione dal lavoro.
Pertanto l'esercizio del potere di vigilanza dell'Ispettorato
è limitato a questioni che attengono all'organizzazione
del lavoro e dei processi produttivi, esulando dalla sua competenza
accertamenti medici che, qualora si ravvisino necessari per
adottare una forma di tutela nei confronti della lavoratrice
madre (es. provvedimento di interdizione dal lavoro), comporteranno
l'intervento in materia del servizio della ASL competente.
Va ribadito che la competenza ad adottare il provvedimento di
allontanamento è attribuita dalla legge al Servizio Ispezione
del Lavoro che provvederà a definire la pratica entro
7 gg. dalla segnalazione. Il Servizio citato si attiverà
in presenza di qualsivoglia segnalazione, sia essa proveniente
dal datore di lavoro - come di regola -, sia dalla lavoratrice,
sia dall'ASL sia da altro soggetto qualificato (sindacato ecc.).
Nell'ipotesi in cui sia la ASL a ricevere la segnalazione da
parte della lavoratrice o del datore di lavoro, sarà
compito di questa informare il Servizio Ispezione, con il mezzo
più rapido, per l'istruzione della pratica.
I compiti istituzionali della ASL consentono alla medesima di
attivare le ispezioni amministrative all'interno dell'azienda
ove la lavoratrice esposta.presta la propria attività
lavorativa; detta attività sarà svolta, generalmente,
secondo i programmi di intervento che l'organo di vigilanza
si sia dato o vorrà darsi, non apparendo comunque necessario
un subitaneo intervento a seguito della segnalazione della lavoratrice.
Tuttavia, nei casi di maggiore gravità ed urgenza, la
ASL potrà opportunamente svolgere mirati accertamenti
tesi alla verifica delle disposizioni in cui all'art. 4 D.Lgs.
626/94, come integrate dall'art. 5 D.Lgs. 645/96, versandosi
in un caso di competenza concorrente della ASL con il Servizio
Ispezione del Lavoro. Infatti se - come detto - la materia della
tutela delle lavoratrici madri è attribuita al Servizio
Ispezione e dunque si estende alla valutazione del documento
ex art. 4 D.Lgs. 626/94 unicamente sotto il profilo della specifica
materia che interessa, non può certo dubitarsi della
competenza generale della ASL a sindacare il medesimo documento
nella sua interezza e dunque anche per ciò che concerne
la parte relativa alla tutela delle lavoratrici.
Diversamente il Servizio Ispezione dovrà segnalare alla
ASL, nelle materie in cui non vi sia una competenza concorrente,
le eventuali carenze riscontrate nel documento di cui all'art.
4 citato che siano relative a materia diversa da quella delle
lavoratrici madri.
Qualora la ASL intervenga in via d'urgenza a seguito della segnalazione
della lavoratrice dovrà segnalare al Servizio Ispezione
i risultati delle proprie valutazioni circa la compatibilità
della mansione e circa la correttezza e compiutezza del documento
di cui all'art. 4 D.Lgs. 626/94, integrato dall'art. 5 D.Lgs.
645/96. Il Servizio, al quale comunque spetta la definitiva
valutazione, adotterà i provvedimenti di competenza.
In ragione della particolare delicatezza della materia e dell'urgenza
di provvedere, la ASL, nei casi di assoluta urgenza - previo
contatto con il P.M. del Pool Lavoro di turno settimanale di
reperibilità -, potrà emanare - qualora il datore
di lavoro non disponga autonomamente l'allontanamento della
lavoratrice a proprie spese - provvedimenti atipici a norma
dell'art. 55 c.p.p. disponendo che la lavoratrice sia allontanata
dal luogo di lavoro ovvero avviata a mansioni diverse compatibili
con lo stato di gravidanza, in attesa del provvedimento del
Servizio Ispezione. In tale caso la ASL comunicherà al
Servizio Ispezione l'adozione del provvedimento atipico suddetto;
qualora il Servizio emetta provvedimento conforme esso spiegherà
i propri effetti fin dal momento dell'emissione del provvedimento
atipico.
(1)
n.d.r.: tale decreto è stato recentemente promulgato
sulla G.U. n. 161 del 12/07/1999 ed è il Decreto 31/05/1999,
"Indivicluazione delle lavorazioni vietate per la fornitura
di lavoro temporaneo, ai sensi dell'art. 1, comma 4, della L.
24 giugno 1997, n° 196".
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