La
sicurezza del lavoro minorile
Elio
Leaci
Dirigente superiore a.r. Ministero del Lavoro
Con
il DIgs. 345 del 4 agosto 1999 viene recepita la Direttiva Comunitaria
n. 94/33 in materia di lavoro minorile e si introducono così
importanti modifiche alla previgente norma, la Legge 977 del
1967. Tra le varie novità il nuovo decreto importa una
vera e propria rivoluzione del "piano di sicurezza"
che, oltre allo spostamento dello stesso ad una fase precedente
all'impiego del lavoratore minore, comporta una particolare
valutazione dei rischi dell'attività che diviene quasi
un piano di sicurezza aggiuntivo rispetto a quello proprio della
generalità dei dipendenti.
Il
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345, con cui il nostro ordinamento
ha recepito la direttiva comunitaria n. 94/33, regolamenta innovativamente
il lavoro minorile (ed in tal senso modifica la "vecchia"
normativa in materia, la Legge n. 977 del 1967), ma detta altresì,
e direi quasi essenzialmente, regole particolari per quanto
attiene la sicurezza dei minori nella prestazione dell'attività
lavorativa. Ed infatti, è lo stesso provvedimento legislativo
che al 2° comma dell'art.1 richiama la normativa del D.Lgs.
n. 626/94 come disciplina generale anche per il lavoro dei minori,
valevole però solo in quanto "non diversamente stabilito
nel presente decreto" (1). Occorre quindi analizzare l'intera
disciplina fissata dal decreto n. 345 (2) per individuare i
punti che, visti per altro verso, modificano (a maggior tutela
del lavoro minorile) i vari presidi tesi a rendere sicuri il
lavoro ed i luoghi di lavoro in cui lo stesso è prestato.
Non sembra inutile in premessa evidenziare la modifica, non
solo formale, delle definizioni già poste nella Legge
n. 977 che distingueva i "fanciulli" dagli "adolescenti".
Qui, invece, si distingue il "bambino" dallo "adolescente":
è bambino il minore che non ha ancora compiuto i 15 anni
di età, tale comunque restando sino a che sia soggetto
all'obbligo scolastico; è adolescente colui che, avendo
l'età compresa tra i 15 ed i 18 anni, non sia più
soggetto all'obbligo scolastico. Nel corpo della legge, anche
se non previamente definito, si ritrova il termine minore per
indicare cumulativamente i due soggetti tutelati.
La prima regola particolare per la sicurezza del lavoro minorile
che si incontra nel D.Lgs. 345 è quella relativa all'impiego
dei bambini in attività lavorative di carattere culturale,
artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo
che intanto può essere autorizzato dalla Direzione provinciale
del lavoro, in quanto non comporti, fra l'altro, pregiudizio
alla loro salute ed alla loro integrità fisica (art.
4, comma 2, della Legge n. 977 come modificato dal D.Lgs. 345).
Tale disposizione, in altri termini, pone in essere un preventivo
"controllo amministrativo" del debito di sicurezza
del datore di lavoro minorile, il quale è tenuto a dimostrare
all'organo pubblico delegato al rilascio dell'autorizzazione
al lavoro che le "future" prestazioni del "bambino"
non potranno produrre lesioni al suo stato di salute.
Il rilascio della autorizzazione preventiva all'impiego "eccezionale"
del bambino in queste attività culturali e di spettacolo
(le uniche, in assoluto, consentite ai bambini; le stesse attività
nei servizi domestici prestati in ambito familiare e le prestazioni
di lavoro "sicuro" nelle imprese a conduzione familiare
non sono più consentite ai quattordicenni "bambini",
ma soltanto ai quindicenni "adolescenti") non è
di per sé sufficiente per l'occupazione del bambino in
quanto essa deve essere poi integrata da un altro adempimento
che fa carico al datore di lavoro come impegno anche economico
in quanto da effettuarsi a sue cura e spese: la visita medica
(preventiva) - da attuarsi per il tramite di medici della A.S.L.
territorialmente competente - che riconosca l'idoneità
del bambino alla specifica attività lavorativa cui deve
essere adibito (art. 8 mod., commi 1 e 3).
Nell'occupazione dei minori in genere, alla visita medica preventiva
seguono altre visite mediche periodiche a cadenza non superiore
all'anno. Anche se il precetto delle visite mediche successive
è rivolto alla tutela cumulativa dei minori (stesso art.
8, co. 2), non riteniamo che esso possa valere per i bambini
atteso che il loro impiego - che già sopra abbiamo definito
"eccezionale" - non può certamente protrarsi
per tanto tempo con sicuro pregiudizio per l'impegno scolastico.
Non è da escludere comunque che l'obbligo di siffatte
visite mediche successive, a distanza più ravvicinata,
possa essere imposto dalla necessaria autorizzazione amministrativa
della Direzione provinciale del lavoro.
Ben più nutrito, invece, è il complesso delle
misure "aggiuntive" per la sicurezza degli adolescenti
per i quali, peraltro, spesso l'attività lavorativa è
vietata. Infatti, indipendentemente dalle possibili esclusioni
risultanti dalla visita medica preventiva (3), l'occupazione
dell'adolescente è vietata nei lavori indicati in un
allegato riportato nell'art. 15 dello stesso Decreto n. 345,
che distingue le lavorazioni che espongono ad agenti (fonti
di rischio) dai processi e lavori pericolosi.
Per quanto attiene agli agenti rischiosi l'elenco in questione
distingue, a sua volta, gli agenti fisici (atmosfera a pressione
superiore a quella naturale oppure rumori con esposizione superiore
ad 80 dBA) dagli agenti biologici (quelli che possono provocare
malattie gravi oppure quelli geneticamente modificati) e chimici
(sostanze e preparati tossici oppure nocivi o irritanti; oppure
ancora quelli cancerogeni ed, infine, il piombo ed i suoi composti
e l'amianto).
Con riguardo invece ai processi e lavori pericolosi, l'elenco
- assai nutrito (37 voci) - contiene, ad esempio, i lavori in
serragli per animali feroci o velenosi (n. 3); i lavori edili
di demolizione (n. 6); i lavori il cui ritmo è determinato
dalla macchina e che sono pagati a cottimo (n. 9); le lavorazioni
nelle fonderie (n. 11); i lavori di escavazione (n. 16); le
lavorazioni in gallerie, cave, miniere, torbiere e nell'industria
estrattiva in genere (n. 17); la lavorazione dei tabacchi (n.
19); i lavori di costruzione, trasformazione, riparazione, manutenzione
e demolizione delle navi, esclusi i lavori di officina eseguiti
nei reparti a terra (n. 20); e tanti altri fino alla condotta
dei veicoli di trasporto e di macchine operatrici semoventi
con propulsione meccanica nonché lavori di pulizia e
di servizio dei motori e degli organi di trasmissione che sono
in moto (n. 27) ed i lavori nelle macellerie che comportano
l'uso di utensili taglienti, seghe e macchine per tritare (n.
37).
In deroga al divieto, il lavoro nelle attività sopra
elencate può essere nondimeno effettuato anche dagli
adolescenti, previa autorizzazione della Direzione provinciale
del lavoro, ma soltanto per motivi didattici o di formazione
professionale e per il tempo strettamente necessario. Inoltre,
occorre che l'attività autorizzata sia svolta "sotto
la sorveglianza di formatori competenti anche in materia di
prevenzione e protezione" e nel rispetto di tutte le condizioni
di sicurezza e di salute previste dalla vigente legislazione
(art. 6 mod., commi 2 e 3).
Un altro divieto operante in materia di occupazione minorile,
il quale pure è teso - anche se in modo non diretto -
alla salvaguardia della salute dei bambini e degli adolescenti
è quello relativo al lavoro notturno che può essere
così compendiato:
- il lavoro notturno dei minori (periodo di almeno 12 ore comprendente
l'intervallo tra le ore 22 o 23 e le ore 6 o 7) è normalmente
vietato (art. 15 mod.);
- esso tuttavia è consentito fino alle ore 24 ai bambini
occupati con l'autorizzazione amministrativa, ma con successivo
riposo di almeno 14 ore consecutive (art. 17 mod., 1° co.);
- esso è consentito, in via eccezionale e con alcune
cautele, anche agli adolescenti che abbiano almeno 16 anni,
ma solo allorché si verifichi un "caso di forza
maggiore che ostacoli il funzionamento dell'azienda": della
circostanza deve essere data immediata comunicazione alla Direzione
provinciale del lavoro (art. 17 mod., 2° co.).
In realtà, non solo il riposo notturno, ma tutto il regime
delle pause del lavoro costituisce presidio prevenzionale della
salute dei lavoratori in genere: tale regime, di norma delegato
alla contrattazione collettiva, è - per quanto attiene
il campo che qui ci occupa - riservato alla legge che, oltre
che stabilirne la disciplina, ne munisce l'osservanza con sanzioni
penali o amministrative (4). E così, l'art. 22 (anche
esso modificato dal decreto 345), impone in via sistematica
la concessione ai lavoratori minori di un riposo settimanale
di almeno 2 giorni, se possibili consecutivi, che però
può essere ridotto a 1 giorno e mezzo (36 ore, dice la
legge) per "comprovate ragioni di ordine tecnico e organizzativo".
Esso, però, deve comprendere sempre la domenica, tranne
che nei lavori che consentono l'occupazione dei bambini e, per
quanto riguarda gli adolescenti, nelle attività dei settori
turistico, alberghiero o della ristorazione, nelle quali il
riposo settimanale (e quindi non più domenicale) può
essere assegnato in giorno diverso dalla domenica.
Il regime dei riposi trova peraltro completamento nella "vecchia"
normativa (e cioè, in quegli articoli della legge n.
977 non modificati dal D.Lgs. n. 345), dove si ritrovano ulteriori
regole (art. 18) relative all'orario giornaliero di lavoro che
non può superare le 7 ore per il bambino e le 8 ore per
l'adolescente ed all'orario settimanale che non può superare,
rispettivamente, le 36 o 40 ore, limiti peraltro questi già
abbondantemente superati dalla contrattazione collettiva. Parimenti,
continua ancora a valere la "vecchia" regolamentazione
dei riposi intermedi, che spezzano il lavoro nell'arco della
giornata lavorativa (art. 20): la sosta - di un'ora dopo 4 ore
e mezza di lavoro - può peraltro essere ridotta a mezz'ora
dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dalla Direzione
provinciale del lavoro che può anche disporre una diminuzione
- a 3 ore e mezzo - dell'orario di lavoro privo di soste e,
persino, l'allontanamento dal luogo di lavoro dei minori durante
il periodo di riposo intermedio (artt. 20 e 21).
Anche la concessione delle ferie è un obbligo del datore
di lavoro, ma esso - come è per tutti i lavoratori -
è pure qui sfornito di tutela sanzionatoria (art. 23).
Ma l'aspetto più saliente della tutela della salute e
dell'integrità fisica dei lavoratori minori dettata dal
D.Lgs. n. 345 è quello che ha prodotto una vera e propria
modifica al piano di sicurezza (o, più tecnicamente,
alla "relazione sulla valutazione dei rischi") cui
il datore di lavoro è tenuto ai sensi dell'art. 4, commi
1 e 2, del D.Lgs. n. 626. Detto adempimento, da eseguirsi normalmente
entro 3 mesi dall'inizio dell'attività aziendale (art.
96 bis dello stesso decreto 626), in caso di occupazione di
lavoratori minori deve essere attuato prima che il minore sia
adibito al lavoro, o addirittura prima della richiesta della
relativa autorizzazione sia nel caso di bambini da occupare
nei lavori consentiti (art. 4, comma 2) e sia nel caso di occupazione
di adolescenti nei lavori di norma vietati (art. 7, comma 2).
Il presidio di sicurezza in questione, in caso di occupazione
di minori, deve avere particolare riguardo (art. 7 mod.):
a) allo sviluppo non ancora completo, alla mancanza di esperienza
e di consapevolezza nei riguardi dei rischi lavorativi, esistenti
o possibili, in relazione all'età;
b) alle attrezzature ed alla sistemazione del luogo e del posto
di lavoro;
c) alla natura, grado e durata di esposizione ad agenti chimici,
biologici e fisici;
d) alla movimentazione manuale dei carichi;
e) alla sistemazione, scelta, utilizzazione e manipolazione
delle attrezzature di lavoro, specificatamente di agenti, macchine,
apparecchi e strumenti;
f) alla pianificazione dei processi di lavoro e dello svolgimento
del lavoro e della loro interazione sull'organizzazione generale
del lavoro;
g) alla situazione della formazione e dell'informazione dei
minori.
Come
si vede, una vera e propria rivoluzione dell'adempimento "piano
di sicurezza" che, oltre al suo spostamento a monte dell'ingresso
del minore in azienda, comporta una particolare valutazione
dei rischi del lavoro che - almeno così riteniamo - finirà
per determinare un piano di sicurezza aggiuntivo (o preventivo)
a quello proprio per la generalità dei dipendenti.
Trattasi, peraltro, della esplicitazione del debito di sicurezza
nei confronti di lavoratori più bisognosi di attenzione
che la magistratura aveva già avuto modo di evidenziare,
come nella Cass. civ., sez. lav., 17 febbraio 1998, n. 1687
(in Dir. Prat. Lav., 1998, 1934) per la quale "Il datore
di lavoro é responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore
non solo quando ometta di adottare le idonee misure di protezione,
ma anche quando ometta di controllare e vigilare che di tali
misure sia fatto effettivamente uso da parte del dipendente,
non assumendo alcun valore esimente per l'imprenditore l'eventuale
concorso di colpa del lavoratore e potendo configurarsi un esonero
da responsabilità per il datore di lavoro solo quando
il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'abnormità
e della assoluta inopponibilità, da valutarsi anche in
relazione al livello di esperienza dello stesso dipendente;
sotto tale ultimo profilo, il suddetto dovere di vigilanza gravante
sul datore di lavoro assume più intense connotazioni
allorché il destinatario sia un lavoratore assunto con
contratto di formazione e lavoro, atteso che tale contratto
si caratterizza per una funzione sociale attribuita al datore
di lavoro, rispetto al quale si realizza una sorta di affidamento
del giovane esordiente nel mondo del lavoro. (Nella specie un
giovane assunto con contratto di formazione e lavoro, dopo tre
giorni dall'assunzione si era infortunato alla mano manovrando
una saldatrice; la S.C. ha cassato la sentenza di merito che
aveva escluso ogni responsabilità del datore di lavoro)".
L'argomento
non sarebbe completo se non accennassimo ad un altro presidio
prevenzionale teso ad impedire l'occupazione dei bambini e degli
adolescenti al di fuori dei casi consentiti. Esso trova formulazione
nei disposti dell'art. 24 della vecchia legge n. 977 che, nel
prevedere la copertura assicurativa previdenziale ed assistenziale
nei confronti dei minori "di qualsiasi età, anche
se adibiti al lavoro in violazione delle norme sull'età
minima di ammissione" al lavoro, facoltizza gli istituti
previdenziali ad esercitare azione di rivalsa nei confronti
del datore di lavoro "illecito" per l'intero ammontare
delle prestazioni, economiche e non, loro corrisposte.
Trattasi, per quanto attiene alle prestazioni nell'eventualità
di infortunio o di malattia professionale, della stessa regola
del diritto di regresso di cui gode l'istituto previdenziale
nel caso in cui la colpa dell'infortunio accaduto al lavoratore
"adulto" (giudizialmente accertata) sia da attribuire
al datore di lavoro oppure a persona del cui operato egli debba
rispondere. Anche in tale evenienza viene meno la "copertura
assicurativa" normalmente vigente per il D.P.R. n.1124
del 1965. Però con una differenza: che nel caso della
occupazione dei minori la colpa dell'infortunio è (direi
quasi) automaticamente attribuita al datore di lavoro proprio
con riferimento alla "illiceità" dell'occupazione.
Deve, infine, evidenziarsi che - in evenienza di lavoro a minori
- debitore di sicurezza non è soltanto il datore di lavoro,
ma anche colui che su di essi ha potestà genitoriale
(come, con brutta espressione, la legge indica la vecchia "patria
potestà"). Anche su costoro, infatti, ricade l'onere
di impedire l'occupazione del minore al di fuori dei casi consentiti
(la relative contravvenzioni sono punite con una sanzione pari
alla metà del massimo di quella prevista per il datore
di lavoro), e comunque di controllare sulla rischiosità
delle attività cui siano poi adibiti se è vero
che anche ad essi il datore di lavoro deve comunicare le informazioni
dovute ai lavoratori ai sensi dell'art. 21 del decreto 626 (art.
7 mod., ultimo comma).
Note
(1) Lo stesso Decreto n. 345 fa salve la normativa di cui al
D.Lgs. n. 645/96 per le minori gestanti, puerpere o in allattamento,
se più favorevole, le disposizioni legislative e regolamentari
in materia di sorveglianza sanitaria per gli adolescenti occupati
a bordo delle navi (art. 4) e la normativa di cui al D.Lgs.
n. 230/95 per gli adolescenti occupati in lavori a rischio di
radiazioni ionizzanti (art. 7).
(2) Esso, pubblicato sulla G.U. n.237 dell'8 ottobre 1999, è
strutturato come modifiche all'articolato della precedente legge
n. 977 del 1967.
(3) L'art. 8 mod., al 5° comma, prescrive che il medico
della ASL deve specificare nel certificato delle visite preventive
e periodiche i lavori ai quali il minore non può esser
addetto. Il sistema delle visite mediche quivi previsto è
sostituito da quello normale in quelle attività lavorative
nelle quali è obbligatoria la sorveglianza sanitaria
ex artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 626. Funditus, LEACI-CAPUTO,
La sorveglianza medico-sanitaria dei lavoratori, Roma, E.P.C.,
1997.
(4) Tutta la disciplina del lavoro minorile è assistita
da un regime sanzionatorio contenuto nell'art. 26 della Legge
n. 977 così "aggiornato" dall'art. 14 del D.Lgs.
n. 345:
"1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli
4, comma 1; 6, comma 1; 8, comma 7, è punita con l'arresto
fino a sei mesi.
2. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli
3; 6, comma 2; 7, comma 2, 8, commi 1, 2, 4, 5; 15, comma 1;
17, comma l;18; 21; 22 è punita con l'arresto non superiore
a sei mesi o con l'ammenda fino a lire dieci milioni.
3. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli:
8, comma 6; 17, comma 2; 19; :20, primo e secondo comma è
punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un
milione a lire cinque milioni.
4. Chiunque adibisce al lavoro i minori nei casi previsti dall'articolo
4, comma 2, senza l'autorizzazione della Direzione provinciale
del lavoro è punito con la sanzione amministrativa fino
lire cinque milioni.
(5) Chiunque adibisce al lavoro gli adolescenti nei casi previsti
dall'articolo 6, comma 3, senza l'autorizzazione della Direzione
provinciale del lavoro, è punito con la sanzione amministrativa
fino a lire cinque milioni.
(6) Le sanzioni previste per l'inosservanza delle disposizioni
di cui agli articoli 3; 4, comma 1; 6, comma 1, si applicano
in misura non inferiore alla metà del massimo a chi,
rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra
un minore, ne consente l'avvio al lavoro in violazione delle
disposizioni contenute nei medesimi articoli." Per avere
idea della entità delle sanzioni, basta individuare nel
testo il precetto e il relativo disposto richiamato e ricercare
lo stesso nell'articolo 26 sopra riportato.
|