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Le aperture di ventilazione per gli impianti a gas domestici

Livio Colombo
Centro Italiano Riscaldamento

I PERIODI DI APPLICAZIONE E I CONFLITTI TRA NORME
Le leggi 1083/71 e 46/90 sono due leggi fondamentali per chi si occupa di impiantistica e di gas. Su di esse si è scritto e parlato molto, ma continuano, insieme alle norme tecniche che ad esse si accompagnano, ad essere fonte di diversi e comprensibili dubbi. Percorriamo in queste righe l'evoluzione di tali norme nell'intento di sciogliere, almeno in parte, alcune di queste incertezze, occupandoci in particolare delle aperture di ventilazione per gli impianti a gas autonomi.

Esaminare l'evoluzione di queste norme è importante non tanto per ragioni "storiche", ma in quanto l'impiantista, il manutentore, o chi si trova comunque a valutare la corretta esecuzione di un impianto, deve tenere sempre presente che le norme non sono retroattive (tranne dove esplicitamente specificato), e che quindi tale valutazione deve essere effettuata basandosi sulle norme esistenti all'epoca della realizzazione. Le edizioni di una norma antecedenti a quella vigente costituiscono quindi un patrimonio che non deve essere assolutamente rimosso, in quanto tutt'altro che "superato".

Entrambe le leggi citate fanno riferimento alle norme tecniche emanate dall'UNI (e non solo), stabilendo che un impianto realizzato secondo tali norme è un impianto realizzato correttamente.

In particolare la Legge 1083/71 (legge che ha, ricordiamolo, rilevanza penale) stabilisce che gli impianti alimentati con gas combustibile per uso domestico ed usi similari devono essere realizzati secondo le regole specifiche della buona tecnica, perla salvaguardia della sicurezza (art. 1); e che gli impianti alimentati con gas combustibile per uso domestico realizzati secondo le norme specifiche per la sicurezza pubblicate dall'Ente nazionale di unificazione (UNI) in tabelle con la denominazione UNI, si considerano effettuati secondo le regole della buona tecnica per la sicurezza. Le predette norme sono approvate con decreto del Ministro per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato (art. 3).

La legge 46/90 (legge che ha rilevanza solamente amministrativa) all'articolo 7, comma 1 invece prescrive che le imprese installatrici sono tenute ad eseguire gli impianti a regola d'arte utilizzando allo scopo materiali parimenti costruiti a regola d'arte e inoltre afferma che i materiali ed i componenti realizzati secondo le norme tecniche di sicurezza dell'Ente italiano di unificazione (UNI) e del Comitato elettrotecnico italiano (CEI) nonché nel rispetto di quanto prescritto dalla legislazione tecnica vigente in materia, si considerano costruiti a regola d'arte mentre il regolamento che la attua, approvato con D.P.R. 447/91 (art. 4, comma 2) stabilisce che si considerano redatti secondo la buona tecnica professionale i progetti elaborati in conformità alle indicazioni delle guide dell'Ente italiano di unificazione (UNI) e del CEI.

Entrambe quindi individuano una condizione sufficiente ma non necessaria: gli impianti realizzati secondo le norme UNI (o CEI, o UNI-CIG) in oggetto sono considerati "sicuri", in quanto realizzati secondo le regole della buona tecnica (o a regola d'arte che a dir si voglia), ma non per questo gli impianti che si rifanno a norme tecniche differenti (quelle emanate da un ente normatore straniero, per esempio) devono ritenersi "non sicuri" o "non a regola d'arte": semplicemente chi ha realizzato l'impianto ha l'onere di dimostrare che le norme utilizzate garantiscono un livello di sicurezza equivalente o superiore.

Si osservi inoltre che in base alla Legge 1083/71, per essere considerate riferimento ufficiale di buona tecnica, le norme devono essere approvate con decreto ministeriale, mentre per la Legge 46/90 esse vengono considerate "regola d'arte" non appena emanate dall'UNI (e dal CEI). Tale "differente trattamento" ha generato in alcune norme del settore gas un periodo più o meno lungo di disomogeneità rispetto alle due leggi citate, in quanto - dalla pubblicazione fino all'approvazione da parte del Ministero - andavano bene per la 46/90 ma non per la 1083/71.

Si può illustrare l'avvicendarsi delle varie norme e leggi utilizzando il seguente schema e la seguente tabella:


DM 23/11/72 Approva UNI 7129/72 ai sensi della Entrata in vigore il 31/12/72
L.1083/71

L. 46 del 5/3/90 La norma da osservare è UNI 7129/72 Entrata in vigore il 13/3/90

Norma UNI 7129/92 Valida ai sensi della L. 46/90 Pubblicata nel gennaio'92

DM 21/4/93 Approva UNI 7129/92 ai sensi della Entrata in vigore i118/5/93
L.1083/71

FA-1 della norma Valida immediatamente ai sensi della Pubblicato nel maggio'95
UNI 7129/72 L.46190

D.M. 8/8/95 Approva FA-1 ai sensi della L. 1083/71 Entrata in vigore il 5/10/95

UNI 10738 Valida ai sensi della L. 46/90 Pubblicata nel maggio'98

DM 26/11/98 Approva UNI 10738 ai sensi della Entrato in vigore il 30/12/98.
L. 1083/71 e del D.P.R. 218/98 (riguarda impianti installati
anteriormente al 13/3/90)

Nello schema si possono individuare 7 periodi differenti (indicati con le lettere <a> ... <g> in alcuni dei quali si sono generate situazioni di conflitto (zone tratteggiate nello schema).

1° conflitto: si ha nel periodo che va dall'approvazione della norma UNI 7129/72 (avvenuta coi D.M. 23/11/72 ai sensi della legge 1083/71) fino al 13/3/90, data di entrata in vigore della legge 46/90 (periodo <a> nel grafico); si è prodotto abbastanza recentemente con l'approvazione, da parte del D.M. 26/11/98, della norma UNI 10738 (in attuazione all'articolo 3, comma 3 del D.P.R. 218/98) relativa alla verifica delle caratteristiche funzionali degli impianti realizzati prima dell'entrata in vigore della legge 46/90.
Le cose sono complicate dal fatto che per certi aspetti la UNI 10738 (emanata allo scopo di potere assicurare dei requisiti minimi di sicurezza all'enorme "parco impianti" già esistente in Italia) è meno restrittiva rispetto alla UNI 7129/72, che comunque doveva essere già utilizzata ai sensi della legge 1083/71 in quanto norma approvata dal Ministero.
Sulla UNI 10738 si è già detto e scritto molto: è la famosa norma "con lo sconto"; sconto che in certi casi è stato considerato eccessivo. Ad esempio la UNI 10738 permette l'installazione di apparecchi di cottura dotati di termocoppia in locali senza alcuna apertura di ventilazione purché tali locali abbiano un volume non inferiore a 20 m3 e dispongano di finestre e portefinestre apribili verso l'esterno, mentre la UNI 7129/72 non lo permetteva. La UNI 10738 consente inoltre, nei locali in cui sono presenti solo apparecchi di cottura, di non avere né cappa, né elettroestrattore, ma solamente, in sostituzione di questi, un'apertura di aerazione di 100 cm2 collocata in alto.

2° conflitto: si ha nel periodo compreso tra la pubblicazione della norma UNI 7129/92 e la sua approvazione ministeriale avvenuta col D.M. 21/4/93 (periodo <d> nello schema, circa 15 mesi).
L'impianto realizzato durante tale lasso di tempo in conformità alla Legge 46/90 (e quindi alla UNI 7129/92) risulta in genere - per quanto riguarda le aperture di ventilazione - a norma anche secondo la UNI 7129/72, che all'epoca era ancora riferimento ufficiale di buona tecnica ai sensi della Legge 1083, in quanto l'edizione '92 è quasi sempre più restrittiva dell'edizione '72 (che però non consentiva di disporre in alto le aperture di ventilazione, mentre l'edizione '92 lo consente, purché maggiorate del 50%). Si può affermare che un impianto realizzato con alcune caratteristiche non conformi alla norma vigente diventa automaticamente in regola nel momento in cui entra in vigore una nuova norma che ritenga tali caratteristiche conformi. Per esempio, un impianto realizzato nell'agosto 1992 (quando la UNI 7129/92 era riferimento ufficiale per la legge 46/90 ma non per la legge 1083/71) con le aperture di ventilazione poste in alto e maggiorate del 50% diventa a tutti gli effetti regolare con la pubblicazione del D.M. 21/4/93 in Gazzetta Ufficiale.
Si noti che comunque una norma non può avere carattere retroattivo (1), per cui l'impianto realizzato correttamente quando era in vigore una determinata norma rimane in regola anche quando la norma è sostituita da una più severa. Ad esempio l'impianto realizzato nel 1980 (vigente la UNI 7129/72) con le aperture di ventilazione dalla sezione specifica di 5,16 cm2 per ogni kW di portata termica installata, non deve essere adeguato alle nuove regole (l'edizione '92 impone una sezione specifica di 6 cm2/kW). Ma attenzione: un impianto realizzato nel 1980, con le aperture di ventilazione di 5,16 cm2 per ogni kW di portata termica installata, aumentate del 50% perché collocate in alto, non sarà mai in regola né ai sensi della UNI 7129/72, né ai sensi dell'edizione '92!

3° conflitto: si ha nel periodo che va dalla pubblicazione del foglio di aggiornamento FA-1/95 (avvenuta nel maggio '95) fino alla sua approvazione ai sensi della Legge 1083/71 (avvenuta con D.M. 8/8/95).
Qui i problemi dovrebbero essere minori, in quanto si passa da una situazione più restrittiva (periodo <e> nel grafico) a una che, in particolari situazioni, lo è leggermente meno (periodo <f>): il D.M. 21/4/93, approvando ai sensi della Legge 1083/71 la norma UNI 7129/92, impone la maggiorazione del 100% dell'apertura di ventilazione in presenza di apparecchi di cottura senza termocoppia. Il foglio di aggiornamento FA-1 riprende quest'ultima imposizione introducendola nella norma, ma permette, per i soli apparecchi di cottura a metano o gas di città, di praticare le aperture in alto senza l'ulteriore maggiorazione del 50%.
Inoltre la norma UNI 7129/92, prima dell'aggiornamento, imponeva una cospicua maggiorazione dell'apertura in presenza di elettroestrattori; il FA-1 specifica che nel caso in cui sia presente il solo apparecchio di cottura l'ulteriore maggiorazione non è dovuta.

ALCUNI ESEMPI E PRECISAZIONI RELATIVI AL PERIODO <G> (L'ULTIMO)
Al punto 3.2.1.a) della norma 7129/92 (poi modificato dal FA-1/95, per quanto riguarda i locali in cui sono installati apparecchi di cottura privi sul piano di lavoro del dispositivo di sicurezza per assenza fiamma) viene indicato che l'apertura di ventilazione deve avere sezione netta di passaggio di almeno 6 cm2 per ogni kW di portata termica installata, con un minimo di 100 cm2.

Al punto 3.2.1.d) si aggiunge che l'apertura deve essere situata ad una quota prossima al livello del pavimento e che, ove questa posizione non sia possibile, si dovrà aumentare almeno del 50% la sezione delle aperture di ventilazione.
Può sorgere un primo dubbio: cosa si intende per quota prossima al livello del pavimento? Trattandosi di un'apertura che deve garantire l'afflusso di aria comburente al bruciatore, tale espressione si può intendere come "quota compresa tra il pavimento e la presa d'aria del bruciatore" (quindi per una caldaia murale anche un'apertura collocata a un metro e mezzo di altezza potrebbe essere considerata a livello del pavimento).

Un secondo dubbio può sorgere in merito a come si debba calcolare correttamente il valore minimo della sezione di apertura qualora questa venga praticata in alto:

Esempio 1): locale in cui è installata una caldaia tipo B con portata termica di 15 kW, dove non è possibile praticare l'apertura di ventilazione ad una quota prossima al livello del pavimento.

Sezione richiesta per l'apertura a livello pavimento = 6 cm2/kW x 15 kW = 90 cm2; maggiorazione del 50%, per la realizzazione in alto:
90 cm2 + 50% = 135 cm2 = 100 cm2

Il calcolo ora svolto potrebbe però essere svolto diversamente, in quanto la norma non è a riguardo molto chiara. Infatti al punto 3.2.1.a) essa prescrive i 6 cm2 per ogni kW installato con un minimo di 100 cm2, e solo successivamente, al punto d) dice che le aperture, se praticate in alto, devono essere maggiorate del 50%. In altre parole, si potrebbe leggere:

Sezione richiesta per l'apertura a livello pavimento = 6 cm2/kW x 15kW = 90 cm2 < 100 cm2; maggiorazione di 10 cm2 per raggiungere il valore minimo di 100 cm2;
quindi maggiorazione del 50% per la realizzazione in alto: 100 cm2 + 50% = 150 cm2 > 100 cm2

Ciò equivale a prescrivere un'apertura minima di 150 cm2 per le aperture poste in alto, cosa che però la norma non fa esplicitamente (lo fa invece, nel campo dì sua competenza, la UNI 10738).

Analogamente si può procedere nel caso in cui si abbia la necessità di suddividere l'apertura di ventilazione su due o più aperture (ciò che è consentito dalla norma).

Esempio 2): locale in cui è installata una caldaia tipo B con portata termica di 15 kW

Sezione di calcolo preliminare dell'apertura
6 cm2/kW x 15 kW = 90 cm2

supponiamo di suddividere tale valore su due aperture, l'una di 50 cm2 e l'altra di 40 cm2 e di voler praticare la seconda apertura in alto. In tal caso essa dovrà esser aumentata del 50% diventando perciò:

Sezione apertura collocata in alto
40 cm2 + 50% = 60 cm2
Sezione apertura collocata in basso = 50 cm2
Sezione complessiva apertura = 110 cm2

Ma anche in questo caso, come, nell'esempio 1), si potrebbe svolgere il calcolo come di seguito:

Sezione di calcolo preliminare dell'apertura
6 cm2 /kW x 15 kW = 90 cm2 < 100 cm2
maggiorazione di 10 cm2 per raggiungere il valore minimo di 100 cm2;

in caso di suddivisione su due aperture di 50 cm2 ciascuna, una delle quali in alto:

Sezione apertura collocata in alto
50 cm2 + 50% = 75 cm2
Sezione apertura collocata in basso = 50 cm2
Sezione complessiva apertura = 125 cm2

Le cose si complicano in presenza di un apparecchio di cottura privo sul piano di lavoro del dispositivo di sicurezza (termocoppia). I prodotti della combustione degli apparecchi di cottura vanno convogliati in apposita cappa, e se questo non è possibile è obbligatorio che sia presente e funzionante un elettroestrattore in comunicazione con l'esterno. Come si e detto, se non vi sono altri apparecchi di tipo A o B non occorre alcuna maggiorazione dell'apertura di ventilazione, che invece è richiesta se nello stesso locale sono installati altri apparecchi non stagni. Ciò è evidente in quanto l'azione dell'elettroestrattore può avere influenza negativa sul tiraggio, fino addirittura ad annullarlo e a richiamare in ambiente i gas combusti dell'apparecchio.
Ma il FA-1/95 contiene anche un importante elemento cautelativo, sostituendo il punto 3.2.1a) della norma (punto che era già stato sostituito dal D.M. 21/4/93 che approvava la UNI 7129/92 nella sua stesura originaria).
In seguito a tale modifica diventa necessario, nel caso siano presenti apparecchi di cottura privi del dispositivo di sicurezza per assenza fiamma sui bruciatori del piano di lavoro (per il forno e/o il grill la termocoppia è obbligatoria dal 1985, prima dell'entrata in vigore della 7129/92), che le sezioni libere di ventilazione relative ai soli suddetti apparecchi debbano essere maggiorate del 100%, e che in tale caso la sezione minima non possa essere minore di 200 cm2 (ricopiando esattamente quanto imposto dal D.M. 21/4/93). Specifica inoltre che nel caso di gas aventi densità relativa minore o uguale a 0,8 (il gas naturale, ma non il GPL) la sezione relativa alla maggiorazione può essere realizzata per mezzo di aperture nella parte alte del locale senza le ulteriori maggiorazioni (del 50%) previste qualora le aperture siano situate a una quota non prossima al livello dei pavimento (e questo il D.M. 21/4/93 non lo diceva, per cui le due maggiorazioni si cumulavano anche nel caso di impianti alimentati con gas leggeri).

Esempio 3): locale ove è presente il solo apparecchio di cottura, privo di termocoppia, funzionante a metano, con portata termica di 5 kW, installato dopo il maggio '95:

- è obbligatoria la cappa o l'elettroestrattore (punto 2.5.1.1 della norma) che deve assicurare un ricambio orario compreso tra 3 e 5 volte il volume del locale (Nota 2 dei FA-1/92);
- non è necessaria l'ulteriore maggiorazione dell'apertura dovuta alla presenza dell'elettroestrattore prevista al punto 3.4.b) della norma in quanto il FA-1 ne abolisce l'obbligo;
- è obbligatoria la maggiorazione dell'apertura del 100% dovuta all'assenza della termocoppia;
- qualora le aperture vengano praticate in alto, esse non necessitano di essere ulteriormente maggiorate del 50% poiché l'impianto è a metano.

Se l'apertura viene praticata in basso si ha:
Sezione di calcolo preliminare dell'apertura
6 cm2/kW x 5 kW = 30 cm2;
per l'assenza della termocoppia il valore minimo deve essere di 200 cm2.

Se l'apertura viene praticata in alto si ha:
Sezione di calcolo preliminare dell'apertura
6 cm2/kW x 5 kW = 30 cm2;
per l'assenza della termocoppia il valore minimo deve essere di 200 cm2; trattandosi di metano, non è necessaria l'ulteriore maggiorazione del 50%.

Qualora invece il gas utilizzato fosse GPL e l'apertura venisse praticata in alto, si avrebbe:

Sezione di calcolo preliminare dell'apertura
6 cm2/kW x 5 kW = 30 cm2;
per l'assenza della termocoppia il valore minimo deve essere di 200 cm2;
trattandosi di GPL è necessaria l'ulteriore maggiorazione del 50%, per cui il valore minimo diventa
200 cm2 + 50% = 300 cm2

(si osservi che ciò non equivale ad aumentare direttamente del 150% il valore iniziale di 100 cm2!)

Va tenuto presente che, qualora nel locale siano presenti bidoni per il GPL, la norma UNI 7131/99, al punto 5.4.3, impone la presenza di aperture di ventilazione situate a quota prossima del pavimento con almeno 100 cm2 di superficie complessiva (e in questo caso non è possibile alzarle aumentandone la superficie).

Esempio 4): nello stesso locale dell'esempio 3), il cui volume è di 48 m3, l'estrazione dell'aria viziata avviene a mezzo di elettroestrattore, è presente anche una caldaia tipo B dalla portata termica di 20 kW e gli apparecchi sono alimentati a metano.

- l'elettroestrattore deve assicurare un ricambio orario compreso tra 3 e 5 volte il volume del locale (Nota 2 dell'FA-1/92);
- è necessario aumentare del 100% la sezione dell'apertura relativa all'apparecchio di cottura senza termocoppia, ma non quelle relativa alla caldaia
- è necessario che l'apertura di ventilazione sia non minore di 200 cm2;
- è necessaria la maggiorazione dell'apertura dovuta alla presenza dell'elettroestrattore prevista al punto 3.4.b) della norma in quanto non vi è il solo apparecchio di cottura;
- Qualora le aperture relative alla caldaia vengano praticate in alto, esse devono essere maggiorate del 50%;
- Qualora le aperture relative all'apparecchio di cottura vengano praticate in alto, esse non necessitano di essere ulteriormente maggiorate del 50% poiché l'impianto è a metano.

Se l'apertura viene praticata in basso si ha:

1. Sezione dell'apertura relativa alla caldaia 6 cm2/kW x 20 kW = 120cm2
2. Sezione dell'apertura relativa all'apparecchio di cottura = 6cm2 /kW x 5 kW + 100%= 60 cm2
3. Sezione aggiuntiva dell'apertura per la presenza dell'elettroestrattore (la cui portata minima sarà di almeno 48 x 3 = 150 m3 = 420 cm2

Complessivamente: sezione effettiva dell'apertura = 120 cm2 + 60 cm2 + 420 cm2 = 600 cm2

Se invece l'apertura viene realizzata in alto, la sezione necessaria per la caldaia diventa:

1. Sezione dell'apertura relativa alla caldaia 120 cm2 + 50% = 180 cm2
2. Sezione dell'apertura relativa all'apparecchio di cottura (rimane uguale, trattandosi di metano) = 60 cm2.
3. Sezione aggiuntiva dell'apertura per la presenza dei l'elettroestrattore = 420 cm2

Complessivamente: sezione effettiva dell'apertura = 180 cm2 + 60 cm2 + 420 cm2 = 660 cm2

Nel caso in cui gli apparecchi siano alimentati a GPL, con le aperture collocate in alto, anche la sezione necessaria per l'apparecchio di cottura deve essere ulteriormente aumentata:

Sezione relativa all'apparecchio di cottura = 60 cm2 + 50% = 90 cm2

Complessivamente: sezione effettiva dell'apertura: = 180 cm2 + 90 cm2 +420 cm2 = 690 cm2

CONCLUSIONE
L'evolversi dello stato dell'arte ha prodotto un parallelo evolversi della normativa tecnica. A volte la normativa ha avuto bisogno di ritocchi riguardanti quegli aspetti che non erano stati inizialmente considerati (vedi pubblicazione FA-1). Abbiamo però visto che un grande problema nasce dal fatto che le Leggi 1083/71 e 46/90 riservano un diverso trattamento alle norme tecniche in termini di tempi di recepimento delle stesse, producendo delle incertezze (per gli impianti esistenti), di cui le norme non sono responsabili, attualmente non facilmente risolvibili.

 



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