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La caldaia dove la metto?

Vittorio Bearzi
Libero professionista

Mancava soltanto il D.P.R. 551 del dicembre 1999, pubblicato sulla Gazzetta del 6 aprile scorso, per completare la scacchiera delle cose lecite e di quelle proibite, parlando di caldaie a gas per riscaldamento domestico: per comprendere fino in fondo come si è andata evolvendo nello scorso decennio la situazione a questo proposito proviamo, per un semplice gioco, ad assistere al dialogo fra un acquirente A ed un tecnico benpensante B.
A. Vorrei installare una caldaia murale intonata con i mobili di cucina, delle stesse dimensioni e magari del colore dei miei pensili.
B. Un momento: camera stagna o focolare aperto?
A. Che differenza farebbe?
B. La camera stagna costa notevolmente di più, tre volte tanto, ma è tecnologicamente avanzata, meno inquinante e molto più sicura.
A. Non voglio spendere più del necessario, mi basta stare in regola con le norme: che mi dice in proposito?
B. La caldaia a focolare aperto si può installare in cucina soltanto se si pratica un'apertura grigliata sulla parete per la ventilazione permanente del locale, grande quanto la caldaia stessa: è una novità introdotta dal D.P.R. 551/99, pubblicata da pochi giorni.
A. Allora non se ne parla, non voglio espormi alle intemperie invernali, ai rumori esterni, addirittura a colpi di vento o al rischio di gelo in cucina quando la caldaia sia ferma. A volte la casa resta chiusa per qualche giorno ed è un peccato lasciare acceso il riscaldamento, necessario perché da queste parti la temperatura esterna va spesso sotto zero. Pensi a quanto consumo inutile per evitare l'eccessivo raffreddamento dell'alloggio. E poi la spesa per praticare la nuova apertura di ventilazione sarà maggiore di quella per la caldaia, ammesso che sia davvero possibile realizzarla. E i permessi edilizi? Tuttavia mi pare strano quanto Lei mi dice: alcuni nostri vicini hanno installato una nuova caldaia pensile in cucina che non è molto tempo e sono contentissimi.
B. Probabilmente sarà stata una caldaia a camera stagna, quella che chiamiamo di tipo C, senz'altro consentita dal D.P.R. 412 del 1993. La consiglierei anche a Lei anche in considerazione di questo: non serve più la grande griglia di aerazione e, oltretutto, è possibile lo scarico a parete, visto che certamente avete problemi con il camino esistente, del quale certo non ci si può fidare. Si dovrebbe procedere ad un suo radicale restauro, con l'adesione di tutti gli altri condomini interessati, ma quali sono i tempi e le probabilità di concludere? Anche questa dello scarico a parete è una novità introdotta dal D.P.R. 551, ma occorre scegliere fra le migliori caldaie in commercio, le meno inquinanti e comunque dopo fatta una verifica presso l'Ufficio Tecnico del Comune per essere certi non vi siano altre disposizioni locali.
A. Ho capito che Lei vuol farmi spendere di più e apprezzo i suoi consigli, ma sono sicuro che i vicini di cui Le parlavo abbiano installato una caldaia di poca spesa, a focolare aperto come l'abbiamo prima chiamata.
B. Allora probabilmente si sarà trattato di una "mera sostituzione". La caldaia che i suoi vicini hanno installato, una tipo B1, ne sostituiva una dello stesso tipo e questo, seguendo il D.P.R. 412 del 1993 (articolo 5, comma 10), era permesso fino a poco tempo fa. Ora il comma 10 è stato modificato e di "mere sostituzioni" nel nuovo testo più non si fa cenno. In ogni caso andava verificato che la vecchia installazione rispondesse alle regole in vigore all'epoca, e qui le cose sono abbastanza complicate. Nel 1993 è stata infatti pubblicata una norma UNI-CIG (la 7129/92 recepita con D.M. 21 aprile '93) nella quale le sezioni utili dei camini sono state più o meno raddoppiate rispetto alla norma precedente (UNI-CIG 7129/72). Il bello è che, nel pubblicare tale norma, il Ministero dell'Industria disponeva il raddoppio anche delle sezioni delle griglie di ventilazione dei locali. Se ora si dovesse provvedere alla semplice sostituzione di una caldaia, cioè ad un'opera di manutenzione straordinaria secondo l'articolo 1.i del D.P.R. 412/93, va comunque eseguita una verifica molto precisa della qualità del lavoro fatto a suo tempo, riferita all'epoca in cui è stata eseguita l'installazione precedente specialmente per quanto riguarda la canna fumaria e l'apertura di ventilazione. A questo punto è ovvio e indispensabile eseguire calcoli e dimensionamenti aggiornati dell'una e dell'altra e soltanto dopo procedere all'installazione. Molto difficile dunque che ci si trovi ad eseguire una mera sostituzione e piuttosto facile, per contro, ricadere in un caso di ristrutturazione come ora regolamentato dal D.P.R. 551.
A. Lei parla di raddoppio di sezione delle griglie di aerazione e dei condotti fumari, ma a me risulta che certi altri miei conoscenti abbiano eseguito precisi controlli, un paio di anni fa, per sapere se erano in condizioni di regolarità rispetto alle norme e che tutto è risultato a posto secondo un'altra norma, che fino ad ora non ho sentito citare.
B. Certamente ora Lei si riferisce alla UNI 10738 del 1998. Purtroppo anche lì è stata creata una bella confusione, fortunatamente conclusa con il 31 dicembre di quell'anno. Infatti un altro D.P.R., il 218 del 13 maggio 1998, ha recato disposizioni in materia di sicurezza degli impianti e apparecchi alimentati a gas combustibile per uso domestico, imponendo l'adeguamento ad un'apposita norma intermedia, la UNI 10738 appunto, di tutti gli impianti esistenti prima del marzo 1990. In questo caso le aperture di ventilazione risulterebbero sufficienti, cinque anni oltre il decreto 21.4.93, senza il raddoppio delle sezioni di ventilazione permanente!
A. Ne capisco sempre meno: scusi, si tratta di norme di sicurezza o no? E allora dov'è l'eguaglianza dei cittadini davanti a un problema così importante? Come mai ci si ritrova in condizioni tanto diverse, pur essendo tutti soggetti agli stessi doveri di tutela di sé stessi, dei propri familiari e dei terzi? A me risulta che questi miei vicini si siano limitati soltanto a far fare qualche certificato, mentre a me ora si chiederebbe di vivere con una finestra aperta in cucina. Ma torniamo a noi e consideriamo l'ipotesi di installare in cucina una caldaia a camera stagna. In questo caso non serve aprire feritoie di alcun genere, vero?
B. Proprio vero, no. La norma in materia, ancora la UNI-CIG 7129, è abbastanza fumosa laddove tratta del rischio di esplosione che l'impiego del gas comporta. C'è un minimo accenno al problema, quando si parla di giunzioni filettate delle tubazioni del gas (punto 2.3.2.1): vi si afferma che le stesse possono essere realizzate soltanto se i locali attraversati sono ventilati. Il rischio stesso, esaltato nel nostro Paese dal rischio sismico che si allarga su gran parte del territorio, viene poi completamente dimenticato al punto 2.5.1.4 della stessa 7129, dal quale implicitamente si evince che gli apparecchi di tipo C possono essere installati in qualunque ambiente, senza far cenno alla necessità di ventilazione diretta dei medesimi. Sarebbe come dire: "Installate le caldaie a camera stagna dove volete, compresi gli ambienti chiusi, i bagni e le camere da letto, ma poiché è necessario eseguire giunti filettati, non allacciatele al gas!". Battute a parte devo confermarle che una griglia di ventilazione comunque ci vuole , dove passano tubi o vi siano apparecchi utilizzatori di gas, per evitare accumuli di miscele pericolose nel caso di perdite occasionali, ad esempio in conseguenza di urti, di terremoti, di guasti o di inevitabile obsolescenza dei sistemi. La griglia sarà in alto, se si usa gas metano, oppure in basso con il G.P.L..
A. Quanti problemi. Eppure ho sentito dire che una sentenza della Corte del Lussemburgo aveva condannato il nostro Paese per aver ostacolato la commercializzazione di caldaie riconosciute invece rispondenti alle norme europee.
B. Lei è certamente ben informato, come uno del mestiere. È vero, come è vero che la nostra legislazione di Stato (leggi, decreti e CIRCOLARI), ha caratteristiche di prudenza e tutela dell'utente ben più apprezzabili a confronto con la nostra normativa tecnica (UNI-CIG). Ma la sentenza non ha grande significato poiché in Europa non esistono ancora norme che riguardano l'installazione, sia di caldaie, sia di altro. Esistono invece norme precise e abbastanza ben fatte sui requisiti di apparecchi e prodotti in genere, fra i quali le caldaie a gas, il che non può significare che l'Italia possa essere impedita ad emanare regole di installazione o di esercizio, fino a quando non esisterà un'attività di normazione comunitaria nella materia. La sentenza della Corte del Lussemburgo va dunque presa per quel che vale, mentre spiace sapere che molti tecnici, dopo la pubblicazione della medesima, abbiano ritenuto invalidi i contenuti del D.P.R. 412 installando caldaie di tipo B1 con i soli requisiti fissati da una norma, come la 7129, superata sistematicamente dalle leggi del nostro Stato. Dobbiamo a questo punto, purtroppo, ricordare la situazione tragica di questo settore: troppe vittime, fra le cento e le duecento all'anno, per avvelenamento da monossido di carbonio o per esplosioni dovute al gas. Si pensi poi agli intossicati inconsapevoli, agli infortunati, ai feriti, agli invalidi. Un prezzo che è ingiusto dover versare sull'altare della semplificazione. E se torniamo più indietro nel tempo, ai primi decenni del riscaldamento domestico precedenti all'avvento del gas, troviamo soltanto sicurezza vera, espressa nell'assenza totale di incidenti mortali. Non è giusto, e mi si scusi lo sfogo, che un comparto come il nostro che opera esclusivamente per il benessere ed il comfort, si ritrovi coinvolto nel procurare rischi per la salute e per la vita umana a causa soltanto di incongruenze normative. Forse sono stato un po' troppo prolisso, ma il mio messaggio a chi vuole comfort per il mezzo di un impianto termico è quello di consigliare innanzitutto il rispetto dei criteri di sicurezza.
A. E va bene, rinuncerò alla caldaia come pensile allineato fra i mobili di cucina e, a questo punto, opterò per la caldaia sul balcone. Non mi si potrà impedire, ancora una volta, di scegliere la soluzione più economica, vero?
B. Mi rendo conto di rappresentare un tormentone, ma anche questo caso va molto approfondito. Non si tratta di scegliere in base al prezzo, bensì di accertare che l'apparecchio sia adatto e certificato per essere installato all'esterno. Per questo impianti elettrici ed elettronici, interni al gruppo caldaia ed esterni ad esso, devono essere progettati e collaudati per poter funzionare in ambiente umido: sappiamo tutti benissimo che le condizioni di umidità relativa esterna raggiungono il 95-100 % per moltissime ore all'anno. Secondo requisito indispensabile è la resistenza dei materiali metallici alle corrosioni nelle condizioni suddette, per evitare ruggini e rapido deperimento delle apparecchiature: ci vogliono caldaie e mantelli in acciaio inox o comunque convenientemente trattati! Terzo requisito, senza riguardo all'ordine di importanza, è connesso all'innesco del tiraggio: con le partenze a freddo e con il vento possono verificarsi inversioni termiche e gravi irregolarità nella combustione nei focolari aperti, più volte riscontrate in casi congeneri. Vi è poi l'obiettivo, da non perdere di vista, del risparmio energetico: la caldaia installata all'aperto deve essere coibentata tre volte tanto, rispetto ad una consorella progettata per operare in locali protetti dalle intemperie, con l'opportunità di convenienti isolamenti termici anche per gli altri componenti ed apparecchi, come pompe, valvole, tubazioni e via dicendo. Da ultimo va considerato il rischio di gelo che può comportare rotture o quanto meno arresti funzionali: un altro problema da risolvere a tavolino, in fase di progettazione della caldaia, e non certo quando l'impianto sarà in avaria, nei giorni più rigidi dell'anno. Da non dimenticare anche in questo caso le molte ore di arresto della caldaia per interruzioni programmate o per interruzioni della rete elettrica o per vacanze invernali, eccetera. Tante volte la casa viene chiusa in giornate a clima mite e non si pensa che dopo qualche giorno possa arrivare l'ondata di gelo. Dunque, caldaie progettate specificatamente per installazione all'esterno dovremo cercarle con il lanternino. E consiglierei una caldaia a basamento e non una murale, per limitare, dal punto di vista estetico, la deturpazione delle facciate dei nostri palazzi.
A. Eccomi tolta ogni chance. A questo punto non solo non saprei più cosa fare, ma chiedo a Lei, a casa sua, cosa farebbe? dove piazzerebbe questa benedetta caldaia?
B. Non avrei molti dubbi, ad essere sincero: il posto giusto per una centrale termica, piccola o grande che sia, è un locale a sé stante, compartimentato dal punto di vista antincendio rispetto agli ambienti di vita, aerato direttamente dall'esterno. Già nel D.P.R. 412 era identificato con il nome di "locale tecnico adeguato" e non mi pare sia necessario un grande sforzo di fantasia per ricavarlo, almeno nei nuovi edifici. Purtroppo si trova posto per tutto, le case divengono più comode, ma non v'è spazio per quanto di più rischioso dobbiamo tenere in casa nostra. È abbastanza raro trovare un progettista edile che inserisca nelle nuove planimetrie un vano, accessibile dall'esterno, ad esempio dal balcone, ben aerato, ove piazzare caldaia ed altre apparecchiature. Questa è invece la soluzione giusta, a garanzia della sicurezza e di ogni altro aspetto tecnico e tecnologico della moderna abitazione (1).
A. Abbiamo fatto un lungo giro ed a questo punto mi ritrovo con tutte le incertezze di prima. Non so decidermi in direzione di alcuna delle soluzioni prospettatemi, visto che quel locale tecnico adeguato, suggerito addirittura da un decreto presidenziale, a casa mia non c'è. Ci penserò e forse cercherò altre soluzioni, ma è già certo che dovrò accontentarmi di un qualche compromesso. Posso soltanto affermare la mia certezza di trovarmi in un Paese civile e per questo mi attendo innanzitutto che finalmente l'UNI-CIG pubblichi una norma in armonia con le leggi dello Stato, chiara per tutti, tale da non dover consultare decine di atti e documenti, tutti con una loro valenza e dai contenuti diversissimi, come Lei mi ha dimostrato. Soltanto allora si potrà attenderci dai progettisti edili un comportamento all'altezza della situazione.
Il colloquio si è concluso con ben poco di positivo. Ora davvero ci si deve aspettare che il Comitato Italiano Gas vari, senza molti indugi, la terza edizione della UNI 7129, tenendo conto anche del fatto che l'edizione 1972 è ancora in vigore, con i suoi camini insufficienti, per le potenze termiche comprese fra 35 e 58 kW, in uno con la revisione parallela e congruente della 7131. È certo che la norma tecnica non può in alcun caso essere in contrasto con le leggi dello Stato, come invece in questo caso avviene da troppo tempo.

Nota
(1) Confronta "Architettura degli Impianti" di Giuseppe Bearzi e Vittorio Bearzi - Tecniche Nuove - Milano - ottobre1997.

 



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