Illuminazione
di sicurezza
Pubblichiamo
per gentile concessione del Prof. Vito Carrescia uno stralcio
dell'ultima guida tecnica in materia di impianti elettrici della
collana "TUTTONORMEL", avente per oggetto l'illuminazione
di sicurezza. Il testo ha il pregio di coniugare felicemente,
come tutte le pubblicazioni TUTTONORMEL, solida analisi tecnica,
precisione normativa e grande semplicità di esposizione.
Una guida tecnica che, a giudizio del nostro Servizio di Informazione
Tecnica, non può mancare sul tavolo del "vero"
esperto di sicurezza anche non specialista di impianti elettrici.
1
GENERALITÀ
1.1 Terminologia
La terminologia utilizzata per l'illuminazione di emergenza
nelle disposizioni legislative è la più disparata,
spesso in contrasto con la terminologia delle norme tecniche,
peraltro in evoluzione.
Sembra quindi opportuno chiarire il significato dei termini
che verranno utilizzati nel seguito, sulla base dei lavori normativi
ormai consolidati in sede internazionale.
Per
illuminazione di emergenza si intende l'illuminazione destinata
a funzionare quando l'illuminazione ordinaria viene a mancare.
L'illuminazione di emergenza si distingue in illuminazione di
riserva e in illuminazione di sicurezza, secondo le finalità.
L'illuminazione
di riserva ha lo scopo di permettere la continuazione di un'attività
anche al venire meno dell'illuminazione ordinaria, senza alcun
riferimento alla sicurezza delle persone.
Ad esempio, in un impianto sportivo l'illuminazione che permette
la conclusione della partita, in mancanza dell'illuminazione
ordinaria, costituisce un'illuminazione di riserva.
L'illuminazione
di sicurezza è invece destinata a garantire la sicurezza
delle persone, in caso di mancanza dell'illuminazione ordinaria.
Il buio improvviso può provocare il panico, con conseguenze
catastrofiche in un locale affollato, ad esempio un cinema o
un teatro; donde la necessità di un'illuminazione di
sicurezza diffusa nell'ambiente, anche di basso livello di illuminamento
(illuminazione di sicurezza antipanico).
L'illuminazione di sicurezza deve inoltre segnalare le vie di
esodo, in modo che siano facilmente identificabili e possano
essere agevolmente seguite fino al cosiddetto Iuogo sicuro (illuminazione
di sicurezza per l'esodo).
Per via di uscita o di esodo si intende il percorso senza ostacoli
al deflusso, che consente agli occupanti di un edificio o di
un locale di raggiungere in caso di emergenza un luogo dove
le persone possono ritenersi al sicuro, fig. 1.1.
Per uscita di sicurezza si intende la porta, o il varco equivalente,
destinata ad essere utilizzata in caso di emergenza; l'uscita
di sicurezza conduce sulla via di esodo ed è contrassegnata
con un cartello di esodo.
Alcune
attività di lavoro possono diventare pericolose in caso
di improvvisa mancanza dell'illuminazione ordinaria, ad esempio
quando si utilizzano sostanze pericolose, oppure in presenza
di organi in movimento accessibili. In questi casi l'illuminazione
di sicurezza deve permettere ai lavoratori di porre termine
ai processi pericolosi con le corrette modalità (illuminazione
di sicurezza per le altività ad alto rischio).
In
conclusione, l'illuminazione di sicurezza può avere una
o più delle segueni funzioni: evitare il panico, permettere
l'esodo, prevenire pericoli sui luoghi di lavoro derivanti dalla
mancanza dell'illuminazione ordinaria. La fig. 1.2. sintetizza
la terminologia in questione.
Le disposizioni legislative si occupano soltanto dell'illuminazione
di sicurezza poiché non c'è ragione di imporre
per legge l'illuminazione di riserva, la quale serve soltanto
per la continuità del servizio.
Le norme CEI per gli impianti elettrici stabiliscono requisiti
particolari per l'illuminazione di sicurezza, mentre per l'illuminazione
di riserva rinviano alle norme generali. Le norme CEI per gli
apparecchi di illuminazione non fanno distinzione tra illuminazione
di sicurezza e di riserva, non essendo nota a priori la funzione
che verrà svolta dall'apparecchio; né è
giustificato differenziare i prodotti per l'illuminazione di
sicurezza o di riserva. Gli apparecchi destinati all'illuminazione
di sicurezza o di riserva sono quindi genericamente denominati
apparecchi di illuminazione di emergenza (CEI 34-22), o in breve
apparecchi di emergenza (1).
Questo volume si riferisce all'illuminazione di sicurezza, ma
molti dei criteri esposti sono applicabili anche all'illuminazione
di riserva.
1.2
Considerazioni preliminari
La normativa relativa all'illuminazione di sicurezza è
costituita da un insieme di norme, progetti di norme, leggi,
decreti e CIRCOLARI.
La tabella 1.A indica le norme e i progetti di norme attualmente
disponibili sull'illuminazione di sicurezza.
Un quadro dettagliato dell'obbligo normativo e legislativo di
prevedere l'illuminazione di sicurezza è riportato al
Cap. 5.
Si è cercato nel seguito di individuare i principi informatori
che sono alla base della realizzazione a regola d'arte di un
impianto di illuminazione di sicurezza, tenuto conto anche dei
documenti normativi citati.
L'obbligo di realizzare l'illuminazione di sicurezza discende
dalle disposizioni legislative, ma definirne lo scopo e le prestazioni
è compito del responsabile della sicurezza dell'edificio
o dell'opera. Sulla base di queste indicazioni il progettista
dell'impianto elettrico progetta l'illuminazione di sicurezza.
Molto spesso quest'ultimo è chiamato a svolgere indebitamente
entrambi i ruoli.
Prima
di procedere al progetto dell'illuminazione di sicurezza occorre,
sulla base del progetto edilizio:
- definire le eventuali aree che necessitano di illuminazione
antipanico (ad esempio tutte le aree accessibili al pubblico
nei locali di pubblico spettacolo);
- individuare le vie di esodo ed eventuali passaggi critici
lungo le vie di esodo stesse;
- indicare i punti nei quali va installata la segnaletica di
sicurezza;
- individuare le attività lavorative pericolose in caso
di mancanza dell'illuminazione ordinaria.
Quanto
sopra è particolarmente importante nei luoghi di lavoro
ai fini della sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza,
(D.M. 10 marzo 1998 "Criteri generali di sicurezza antincendio
e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro").
In particolare gli artt. 3.12 e 3.13 dell'allegato III al decreto
suddetto dispongono:
- le vie di uscita e le uscite di piano devono essere chiaramente
indicate tramite segnaletica conforme alla vigente normativa;
- tutte le vie di uscita, inclusi anche i percorsi esterni,
devono essere adeguatamente illuminati per consentire la loro
percorribilità in sicurezza fino all'uscita sul luogo
sicuro;
- nelle aree prive di illuminazione naturale, deve essere previsto
un sistema di illuminazione di sicurezza con inserimento automatico
in caso di interruzione dell'alimentazione di rete.
Dopo
questa prima fase è necessario procedere al progetto
illuminotecnico vero e proprio, che può essere effettuato
secondo la sequenza di seguito indicata:
o individuazione del livello di illuminamento necessario;
o scelta della tipologia di impianto (centralizzato, con apparecchi
autonomi, di tipo misto);
o definizione del modo d'installazione (a parete o a soffitto)
e dell'altezza degli apparecchi;
o scelta degli apparecchi di illuminazione (dati fotometrici,
funzionamento permanente o non permanente);
o esecuzione del calcolo illuminotecnico e posizionamento degli
apparecchi di emergenza tenendo conto anche dei punti critici
(scale, cambi di direzione, ecc.).
Il
livello di illuminamento richiesto è ovviamente diverso
a seconda che l'illuminazione di sicurezza abbia funzione antipanico,
sia destinata alle vie di esodo oppure sovrintenda ad attività
pericolose.
I limiti sono indicati nei paragrafi successivi e sono in genere
riferiti all'illuminamento in esercizio, poiché richiedono
verifiche di tipo ispettivo (misura sul posto del livello d'illuminamento).
Infatti il livello di illuminamento in esercizio diminuisce
nel tempo rispetto all'illuminazione di progetto (iniziale)
per l'inevitabile insudiciamento degli apparecchi d'illuminazione
e per il naturale decadimento dell'efficienza luminosa delle
lampade.
Il progettista dovrà tenerne conto, nell'esecuzione del
calcolo illuminotecnico, aumentando adeguatamente il livello
d'illuminamento di progetto, secondo la natura delle lampade
e la manutenzione prevista, in modo che in esercizio il livello
d'illuminamento non scenda al di sotto dei limiti prescritti.
1.3
Illuminazione di sicurezza per l'esodo
Per consentire l'evacuazione da un locale affollato, l'illuminazione
di sicurezza deve permettere alle persone presenti di riconoscere
le uscite di sicurezza e di percorrere la via di esodo in modo
sicuro. A tal fine, la via di esodo deve essere identificata
mediante un'opportuna segnaletica di sicurezza e adeguatamente
illuminata fino al luogo sicuro (2).
Per illuminazione di sicurezza per l'esodo si intende l'insieme
della segnaletica e dell'illuminazione.
La segnaletica di sicurezza ha il compito di trasmettere messaggi
a chi si trova in condizioni di emergenza; nel caso specifico
indica la via di esodo.
L'illuminazione di sicurezza (vera e propria) ha il fine di
illuminare le vie di esodo in modo che queste siano percorribili
in sicurezza.
Ciò non toglie che gli apparecchi di emergenza in genere
utilizzati per la segnaletica di sicurezza possano contribuire
ad illuminare le vie di esodo, in particolare fornire un maggior
illuminamento in alcune zone, ad esempio in corrispondenza delle
porte di sicurezza.
Gli apparecchi di emergenza, sia per la segnaletica di sicurezza
sia per l'illuminazione delle vie di esodo, devono essere installati
ad almeno 2 m di altezza dal piano di calpestio, in modo da
essere ben visibili (e non nascosti dalla folla) (3).
Segnaletica
di sicurezza
Il segnale di sicurezza (messaggio) è trasmesso tramite
un'immagine che rappresenta una situazione, o che prescrive
un determinato comportamento, comprensibile anche a chi non
sa leggere (pittogramma).
La segnaletica di sicurezza, con i relativi pittogrammi, è
stata definita a livello europeo dalla direttiva 92/58 e recepita
in Italia con il Decreto Legislativo 14/8/96 n. 493 (4).
La segnaletica di sicurezza può avere più scopi;
per ogni scopo è stabilita la forma e la colorazione
del cartello:
- esprimere un divieto (cartello rotondo: rosso, bianco e nero);
- avvertire della presenza di un pericolo (cartello triangolare:
giallo e nero);
- prescrivere un obbligo (cartello rotondo: blu e bianco);
- fornire indicazioni sulle attrezzature antincendio (cartello
quadrato o rettangolare: rosso e bianco);
- fornire indicazioni riguardanti le uscite di sicurezza o i
mezzi di soccorso (cartello quadrato o rettangolare: verde e
bianco) (5).
I
cartelli di salvataggio che indicano le vie di esodo e le uscite
di sicurezza sono appunto di forma quadrata o rettangolare,
hanno un pittogramma bianco su fondo verde che ricopre almeno
il 50% della superficie del cartello, fig. 1.3.
Il
campo verde deve avere una luminanza di almeno 2 cd/m2 e il
campo bianco una luminanza almeno cinque volte superiore (ma
non più di quindici volte).
Inoltre ogni colore deve essere sufficientemente uniforme; la
luminanza massima di un colore non deve superare dieci volte
quella minima dello stesso colore (verde o bianco).
Non è facile rispettare queste regole applicando pittogrammi
adesivi su generici apparecchi di illuminazione.
Il pittogramma può essere illuminato in due modi:
- da una fonte luminosa esterna costituita da un apparecchio
di emergenza, oppure
- da un apparecchio di emergenza che porta il pittogramma (cartello
retroilluminato).
La seconda soluzione è la più diffusa, perché
permette una maggiore visibilità del cartello.
Un cartello di altezza p, fig. 1.4, è convenzionalmente
visibile, UNI EN 1838, art. 5.6, fino alla distanza d pari a:
o d = 100 p se illuminato esternamente,
o d = 200 p se illuminato internamente.
La segnaletica di sicurezza relativa alle vie di esodo ed ai
mezzi di soccorso deve essere visibile sia in condizioni ordinarie,
sia in mancanza dell'ilIuminazione ordinaria; può essere
sempre accesa (apparecchi a illuminazione permanente, detti
anche sempre accesi), oppure accendersi in caso di mancanza
dell'illuminazione ordinaria (apparecchi a illuminazione non
permanente, detti anche solo emergenza).
Gli apparecchi "sempre accesi" sono utilizzati dove
le vie di esodo sono difficilmente individuabili in condizioni
ordinarie a causa dell'oscurità, ad esempio discoteche,
cinema, teatri, ecc.
Nei locali normalmente illuminati è sufficiente utilizzare
apparecchi "solo emergenza", poiché in condizioni
ordinarie le vie di esodo sono chiaramente identificabili.
La fig. 1.5 e la fig. 1.6 illustrano il posizionamento dei segnali
di sicurezza in alcune situazioni tipiche di una via di esodo.
Illuminazione
di sicurezza delle vie di esodo
Numerosi studi sperimentali sono stati condotti per stabilire
il livello minimo di illuminamento che consente alle persone
di muoversi in modo sicuro in condizioni di emergenza.
A parità di illuminamento, le difficoltà di esodo
aumentano se le persone hanno scarsa familiarità con
l'ambiente e se sono in numero elevato (7).
È particolarmente importante illuminare i punti critici
del percorso come i dislivelli, gli eventuali ostacoli, i cambiamenti
di direzione, ecc.
La norma UNI EN 1838, art. 4.2.1 prevede nelle vie di esodo
di larghezza fino a due metri un illuminamento minimo sul pavimento,
calcolato in assenza di riflessioni, di:
- 1 lx sulla linea mediana della via di esodo,
- 0,5 lx in una fascia centrale della via di esodo pari alla
metà della sua larghezza, fig. 1.7.
Vie
di esodo di larghezza superiore a due metri possono essere trattate
come insieme di strisce parallele di due metri di larghezza
(8).
Ai fini dell'uniformità, inoltre, il rapporto fra illuminamento
massimo e minimo lungo l'asse centrale della via di esodo non
deve superare 40. A tal fine sono preferibili più apparecchi
di illuminazione piccoli, piuttosto che pochi apparecchi con
grande flusso luminoso; ciò migliora anche l'affidabilità
dell'illuminazione di sicurezza, poiché il guasto di
un apparecchio produce una diminuzione minore dell'illuminamento.
I valori di illuminamento suddetti, fig. 1.7, non sono applicabili
nei casi in cui requisiti normativi, o legislativi, specifici
impongono valori di illuminamento maggiori.
Ad esempio, nei locali di pubblico spettacolo l'illuminamento
minimo per le vie di esodo è stabilito dalla norma CEI
64-8, art. 752.56.5 e deve essere, su un piano orizzontale ad
1 m di altezza dal piano di calpestio, almeno 5 lx in corrispondenza
delle scale e delle porte e almeno 2 lx nelle rimanenti tratte
delle vie di esodo, tenuto conto delle riflessioni delle pareti
e del soffitto.
Per illuminare le vie di esodo deve essere disposto un apparecchio
di emergenza in corrispondenza di ogni:
- uscita di sicurezza obbligatoria e porta di uscita prevista
per l'uso in emergenza. fig. 1.8;
- vicino alle scale (entro 2 m) in modo che ogni rampa riceva
luce diretta, fig. 1.9;
- cambio di livello (gradino), entro 2 m, fig. 1.10;
- cambio di direzione, fig. 1.11;
- incrocio di corridoi, fig. 1.12;
- luogo sicuro dove le persone confluiscono, al di fuori delle
uscite di sicurezza, fig. 1.13 (9).
Da
notare che gli apparecchi di illuminazione di cui sopra servono
per illuminare le vie di esodo e non vanno confusi con gli apparecchi
relativi alla segnaletica di sicurezza, i quali servono soprattutto
per indicare il percorso.
Gli
apparecchi per l'illuminazione di sicurezza vanno inoltre installati
in corrispondenza dei posti di pronto soccorso, dei punti di
chiamata e delle attrezzature antincendio (estintori, idranti),
fig. 1.14 (10).
Se tali punti non sono ubicati nelle vie di esodo o in zone
con illuminazione antipanico, deve essere garantito un livello
di illuminamento di almeno 5 lx misurato sul pavimento, UNI
EN 1838, art. 4.1.
1.4
Illuminazione antipanico
L'illuminazione antipanico ha il fine di ridurre il pericolo
che le persone siano prese dal panico in mancanza dell'illuminazione
ordinaria.
In questa situazione è necessaria una visibilità,
anche minima, affinché le persone possano identificare
l'uscita di sicurezza a loro più vicina.
L'insorgere del panico è legato principalmente a tre
fattori spesso interagenti: la presenza di un elevato numero
di persone, la ristrettezza degli spazi e la scarsa familiarità
delle persone con l'ambiente.
Ad esempio, in Francia si richiede l'illuminazione antipanico
nei locali in grado di ospitare più di 100 persone; il
limite scende a 50 persone nei locali sotterranei e nelle aree
di smistamento. Negli Stati Uniti d'America si richiede l'illuminazione
antipanico dove l'affollamento prevedibile supera la densità
di 0,65 persone/m2 nelle discoteche o di 1,4 persone/m2 negli
alberghi, ristoranti, ecc.
La tendenza europea (prEN 50172) è quella di prescrivere
l'impiego dell'illuminazione antipanico in aree che possano
essere occupate da un elevato numero di persone e di superficie
superiore a 60 m2, e in tutte le aree in cui la via di esodo
non appaia immediatamente evidente.
L'illuminamento minimo richiesto, senza considerare le riflessioni
delle pareti, del soffitto e del pavimento del locale, è
di 0,5 lx al suolo sull'intera area, con esclusione di una fascia
perimetrale di 0,5 m, UNI EN 1838, art. 4.3.1, salvo quanto
richiesto dalle norme particolari. Ad esempio, nei locali di
pubblico spettacolo la norma CEI 64-8, art. 752.56.5, richiede
un'illuminazione antipanico di almeno 2 lx, in ogni ambiente
al quale abbia accesso il pubblico.
L'illuminazione antipanico deve essere sufficientemente uniforme:
il rapporto tra l'illuminamento massimo e minimo non deve superare
40, UNI EN 1838, art. 4.3.2.
L'occhio ha bisogno di tempo per adattarsi in un ambiente poco
illuminato: un tempo tanto più lungo quanto maggiore
è la riduzione dell'illuminamento. Di qui la necessità
di aumentare il livello dell'illuminazione antipanico laddove
sia molto elevato l'illuminamento ordinario.
Nelle cabine degli ascensori la mancanza di illuminazione può
creare il panico tra i passeggeri bloccati all'interno dell'ascensore
per un guasto ed è richiesta un'illuminazione di sicurezza
antipanico (11).
1.5
Illuminazione di sicurezza nelle attività ad alto rischio
Nei locali dove si svolgono attività lavorative che in
caso di mancanza dell'illuminazione ordinaria possono determinare
un pericolo per gli addetti, deve essere prevista un'illuminazione
di sicurezza, in base al D.P.R. 547/55, art. 31 e al D.Lgs.
626/94, art. 33, comma 8.3.
Le zone dove si svolgono attività ad alto rischio, in
caso di mancanza dell'illuminazione ordinaria, devono essere
individuate nell'ambito dell'analisi dei rischi condotta dal
datore di lavoro ai sensi del D.Lgs. 626/94 (12).
Deve essere garantito un illuminamento di sicurezza sul piano
di riferimento (ad esempio il piano di lavoro) pari ad almeno
il 10% dell'illuminamento necessario in condizioni ordinarie,
con un minimo di 15 lx, UNI EN 1838, art. 4.4.1.
È richiesto inoltre che l'uniformità di illuminamento
della zona ad alto rischio cioè il rapporto fra illuminamento
massimo e minimo, non sia superiore a 10.
I valori di illuminamento dell'illuminazione ordinaria variano
con il tipo di attività, ma sono in genere compresi fra
200 lx e 500 Ix.
L'illuminamento deve essere ottenuto con sorgenti luminose che
non creino effetto stroboscopico.
L'effetto stroboscopico si verifica quando la sorgente di illuminazione
ha variazioni di flusso (flickering) di frequenza uguale o simile
a quella degli organi in movimento; in tal caso l'organo in
movimento periodico appare fermo.
1.6
Disponibilità, autonomia e tempo di ricarica
Disponibilità
In genere, l'illuminazione di sicurezza interviene automaticamente
al mancare dell'illuminazione ordinaria. In relazione al tempo
in cui diviene disponibile, l'alimentazione automatica è
classificata come segue, CEI 64-8, Sez. 352:
o di continuità: quando l'alimentazione agli apparecchi
di illuminazione di sicurezza non presenta interruzione;
o ad intervento brevissimo: quando l'alimentazione agli apparecchi
di illuminazione di sicurezza avviene in un tempo non superiore
a 0,15 s;
o ad intervento breve: quando l'alimentazione agli apparecchi
di illuminazione di sicurezza è disponibile in un tempo
superiore a 0,15 s ma non superiore a 0,5 s;
o ad intervento medio: quando l'alimentazione agli apparecchi
di illuminazione di sicurezza è disponibile in un tempo
superiore a 0,5 s ma non superiore a 15 s;
o ad intervento lungo: quando l'alimentazione agli apparecchi
di illuminazione di sicurezza è disponibile in un tempo
superiore a 15 s.
L'illuminazione di sicurezza per l'esodo e antipanico deve raggiungere
il 50% del livello minimo di illuminamento entro 5 s dal mancare
dell'illuminazione ordinaria e raggiungere il livello di illuminamento
prescritto entro 60 s, UNI EN 1838, art. 4.2.6 e art. 4.3.6.
L'illuminazione di sicurezza nelle attività ad alto rischio
deve fornire l'illuminamento richiesto senza soluzione di continuità,
o entro 0,5 s secondo le applicazioni, UNI EN 1838, art. 4.4.6.
Quanto sopra si applica in mancanza di norme particolari che
specifichino il tempo entro il quale l'illuminazione di sicurezza
deve essere disponibile, Cap. 5.
Autonomia
Con il termine autonomia si intende il tempo totale per il quale
l'illuminazione di sicurezza deve fornire le prestazioni richieste.
L'autonomia dell'illuminazione di sicurezza per l'esodo e l'antipanico
dipende soprattutto dal tempo necessario all'evacuazione delle
persone; questo tempo dipende, a sua volta, dall'affollamento
e dalle condizioni ambientali che possono ostacolare l'esodo.
Nelle varie normative nazionali si trovano limiti di tempo variabili
per i locali di pubblico spettacolo dai 30 min del Giappone
alle 3 h dell'Inghilterra. Il limite di 3 h non sembra giustificato
da motivi di sicurezza per le persone, come dovrebbe, ma piuttosto
dalle preoccupazioni del gestore del locale di dovere rimborsare
il prezzo del biglietto per l'interruzione dello spettacolo.
Si confonde il tal modo l'illuminazione di sicurezza con l'illuminazione
di riserva.
In Europa, l'autonomia minima prevista per l'illuminazione di
sicurezza per l'esodo e l'antipanico è di 60 min fatte
salve eventuali disposizioni particolari delle Autorità
competenti, UNI EN 1838, art. 4.2.5 e art. 4.3.5.
Nelle attività ad alto rischio l'autonomia dell'illuminazione
di sicurezza varia da un'applicazione all'altra: l'illuminazione
deve permanere fino all'eliminazione del pericolo per le persone,
UNI EN 1838, art. 4.4.5.
Tempo
di ricarica
Alcune disposizioni di legge stabiliscono non solo il tempo
per cui deve durare l'illuminazione di sicurezza, ma anche il
tempo entro il quale il dispositivo di ricarica degli accumulatori
deve assicurare la ricarica completa, ad esempio entro 12 h
(13).
Nei locali di pubblico spettacolo il gruppo di carica deve essere
capace di fornire la carica completa nell'intervallo giornaliero
di chiusura del locale, CEI 64-8, art. 752.56.1.
Tenuto conto della finalità della prescrizione e che
il fenomeno di ricarica è asintotico nel tempo, per tempo
di carica completa si intende il tempo per cui l'energia accumulata
è sufficiente a fornire l'autonomia di funzionamento
richiesta, CEI 64-8, art. 752.56.1 (commento).
Ad esempio, nelle scuole sono da ritenere adatti anche gli apparecchi
che completano la carica in un tempo superiore a 12 h, ma che
dopo una carica di dodici ore hanno l'autonomia richiesta di
30 min.
Note:
(1) L'apparecchio di illuminazione viene comunemente, ma impropriamente,
chiamato "corpo illuminante"
(2) Per luogo sicuro si intende uno spazio scoperto ovvero un
compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante
spazio scoperto o filtri a prova di fumo, avente caratteristiche
idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone
(luogo sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato
(luogo sicuro dinamico). D.M. 30/11/1983 "Termini, definizioni
generali e simboli grafici di prevenzione incendi".
(3) A volte si integra la segnaletica di sicurezza con sistemi
luminosi a pavimento; questi sono utili alle prime persone che
escono, meno alla folla che segue. Secondo alcuni è da
evitare anche l'installazione degli apparecchi d'emergenza a
soffitto, perché in caso d'incendio i fumi riducono l'illuminamento.
(4) Questo decreto ha sostituito il D.P.R. 524/82 che aveva
recepito la precedente direttiva 77/576 (anche questa sostituita
dalla successiva direttiva 92/58).
(5) Per maggiori informazioni sulla segnaletica di sicurezza
vedasi TuttoNormel 1/97.
(6) Secondo iI D.Lgs. 493/96, allegato II, art. 1.5.1 un cartello
di area A è visibiIe fino alla distanza v2000 A.
Questa distanza è inferiore a quella suindicata, poiché
si riferisce a cartelli non illuminati; ad esempio, per un cartello
quadrato di lato p si ha: d @ 45 p.
(7) L'esodo presenta difficoltà ancora maggiori nei luoghi
dove le persone hanno difficoltà di movimento, come ospedali
e case di riposo.
(8) In alternativa, la norma UNI EN 1838 richiede nella via
di esodo più larga di 2 m un'illuminazione antipanico,
vedasi par. 1.4.
(9) Se l'uscita di sicurezza dà sulla pubblica via, l'illuminazione
stradale è in genere sufficiente.
(10) Questa funzione dell'illuminazione di sicurezza va ad aggiungersi
alle tre principali riassunte in fig. 1.2 (esodo, antipanico,
attività ad alto rischio).
(11) Vedasi in proposito le norme UNI EN 81-1 e 81-2, nonché
la direttiva 95/16/CE.
(12) In proposito, vedasi il parere di numerosi tecnici ASL
e ISPESL, riportato su TuttoNormel 4/96, pag. 16÷23.
(13) Il tempo di ricarica completa in 12 h è richiesto
per:
- l'edilizia scolastica, D.M. 26/08/92, art. 7.1;
- attività turistico-alberghiere, D.M. 09/04/94, art.
9;
- impianti sportivi, D.M. 18/03/96, art. 7;
- locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo, D.M. 19/08/96,
art. 13.2.
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