Sicurezza
nel lavoro temporaneo: divieti e sorveglianza medica speciale
Luigi
Caputo
Ispettore del Lavoro
Il
D.M. 31/05/1999 ha individuato le lavorazioni vietate per la
fornitura del lavoro temporaneo.
Perplessità interpretative sorgono sul termine "sorveglianza
medica speciale" in difetto di una definizione non ancora
introdotta nella normativa vigente per le lavorazioni "non
vietate", secondo i principi della Direttiva n. 91/383
Con
l'emanazione del D.M. 31/5/1999 che ha individuato le lavorazioni
vietate per la fornitura di lavoro temporaneo, ai sensi dell'art.
1, co. 4, della L. 24/6/1997, n. 196, si completa la sfera dei
divieti rinvenienti dalla speciale disciplina del lavoro interinale
che ha costituito una svolta storica nel modo di concepire il
lavoro nel nostro Paese, in un'ottica tesa all'occupazione.
La L. n. 196/97, con gli articoli da 1 a 12, oltre a consentire
nel nostro ordinamento tale particolare forma di lavoro, (1)
in ritardo rispetto ai partners europei, disciplinando il mercato
"elastico" dell'occupazione ha colmato anche, pur
con le zone d'ombra di cui si farà cenno di seguito,
quelle lacune nelle regole specifiche di sicurezza del lavoro
che tenessero conto delle particolari condizioni del lavoro
cd. "in affitto". Basti osservare, in proposito, che
tra le direttive "particolari" richiamate nella premessa
del D.Lgs. n. 626/94 con le rettifiche apportate dal D.Lgs.
n. 242/96, se ne ritrova citata una, la n. 91/383/CEE sulla
sicurezza dei lavoratori temporanei che, per quanto recepita,
non si ritrova, di fatto, disciplinata nel decreto (2).
In ossequio a tale importante direttiva la L. n. 196/97 ha finalmente
introdotto e disciplinato la sicurezza in questo particolare
settore (3) prevedendo regole, divieti e raccordi con la normativa
di sicurezza e igiene del lavoro di carattere generale, secondo
criteri del tutto peculiari (4).
La disamina dei precetti normativi che in materia di sicurezza
del lavoro temporaneo stabiliscono determinati divieti consente,
nel contempo, di poter ricomprendere la L. n. 196/97 in quella
branca di istituti normativi che, secondo una svolta di metodo
rispetto al passato è finalizzata ad attuare "promiscuamente"
sia la tutela "diretta" che quella "indiretta"
dell'integrità psicofisica del lavoratore.
Nella tutela "diretta" sembra possano trovare spazio
tutte quelle norme che attuano "strutturalmente" la
sicurezza nei luoghi di lavoro (prevenzione infortuni e igiene
del lavoro in senso "tecnico"). La tutela "indiretta",
invece, può ben disciplinare le condizioni di lavoro,
ricomprendendo le norme sul regime degli orari e dei riposi,
degli appalti e dei sub-appalti, sull'apprendistato e sui minori,
sulla tutela previdenziale e contrattuale in senso lato.
Carattere di promiscuità hanno anche i casi in cui, ai
sensi del 4° comma dell'art. 1 della L. n. 196/97, è
vietata la fornitura di lavoro temporaneo:
1) per le qualifiche di esiguo contenuto professionale, da individuarsi
in sede di contrattazione collettiva nazionale;
2) per sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto
di sciopero;
3) per mansioni per le quali entro i dodici mesi precedenti
si sia proceduto ai licenziamenti collettivi;
4) per mansioni relative a sospensione dei rapporti di lavoro
o riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione
salariale;
5) per imprese che non dimostrino alla Direzione provinciale
del lavoro di aver effettuato la valutazione dei rischi ai sensi
dell'art. 4 del D.Lgs. n. 626/94 e successive modificazioni
e integrazioni (5);
6) per lavorazioni che richiedono "sorveglianza medica
speciale" e per lavori particolarmente pericolosi individuati
con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale.
Su quest'ultima previsione di divieto si innesta il D.M. 31/05/1999
in argomento, sul cui ambito di applicazione è necessario
soffermarsi con le seguenti considerazioni.
È da premettere che, in tema di sorveglianza sanitaria,
per il lavoro temporaneo sembrerebbe cogliersi un contrasto
giuridico scaturente dai precetti di cui:
- all'art.1, co. 4, lett. f), sulla previsione del citato divieto
di fornitura di lavoro temporaneo quando le lavorazioni richiedono
una sorveglianza medica speciale (oltre che per i lavori individuati
quali particolarmente pericolosi);
- all'art. 6, co. 1, che prevede, invece, l'esecuzione di lavoro
temporaneo richiedente una sorveglianza medica speciale purché
l'impresa utilizzatrice ne informi il lavoratore.
Sembra pertanto spontaneo chiedersi: i lavori con sorveglianza
medica speciale sono vietati oppure no?
Bisogna, intanto, rammentare che il legislatore italiano, con
l'art. 1, co. 4, lett. f), si è avvalso della facoltà
di limitare i casi di utilizzo del lavoro temporaneo come previsto
dall'art. 5, par. 1, della direttiva n. 91/383. (6)
Resta comunque il fatto che la perplessità interpretativa
nasce dalla terminologia indefinita usata dal legislatore.
Cosa si intende infatti per sorveglianza medica speciale?
Se questa ha, come sembra possa avere, un ambito più
ristretto della sorveglianza sanitaria contemplata obbligatoriamente
per i lavoratori nei casi previsti dalla normativa vigente (artt.
16 e 17 del D.Lgs. n. 626/94 (7) ne può conseguire che
non tutte le lavorazioni soggette a sorveglianza medica speciale
debbano essere escluse dalla possibilità di rientrare
nel lavoro interinale ma solo quelle individuate dal D.M. 31/05/1999.
Solo in tal modo è possibile ricavare per esclusione
lavorazioni non vietate che pur richiedenti una "certa"
sorveglianza medica speciale (o comportanti rischi specifici)
potranno essere svolte a condizione che sia assolto il citato
obbligo di informazione (art. 6, co.1).
Il D.M. 31/05/1999, però, che avrebbe potuto contenere
indicazioni più chiare in proposito (8) si è limitato
soltanto ad elencare le lavorazioni vietate, senza peraltro
usare l'espressione "lavorazioni che richiedono sorveglianza
medica speciale", invece utilizzata nella norma primaria
- art. 1, co. 4, lett. f) della L. n. 196/97- suddividendole
in due gruppi (ved. tavola A):
1) lavorazioni considerate particolarmente pericolose;
2) lavorazioni che espongono a rischio di tecnopatia grave.
Lavorazioni
vietate nel lavoro interinale individuate dal D.M. 31/05/1999
emanato in applicazione dell'art. 1, co. 4., lett. F) della
L. 196/97
LAVORAZIONI
CHE ESPONGONO LAVORAZIONI CHE ESPONGONO
A RISCHIO DI GRAVE INFORTUNIO A RISCHIO DI TECNOPATIA GRAVE
-
recupero, demolizione, costruzione, Lavorazioni che espongono
a:
prospezione effettuati in attività subacquea - agenti
cancerogeni (titolo VII del
- manipolazione di materie esplodenti in D.Lgs. 626/94)
attività di produzione, deposito e trasporto - amianto
- cloruro di vinile monomero
- 2-naftilamina, 4-aminodifenile,
benzidina, 4-nitrodifenile e loro sali
radiazioni ionizzanti (D.Lgs. n. 230/95)
Note
(1) Ai sensi del 1° comma dell'art. 1 della L. n.196/97:
Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo è il contratto
mediante il quale un'impresa di fornitura di lavoro temporaneo,
di seguito denominata "impresa fornitrice", iscritta
all'albo previsto dall'articolo 2, comma 1, pone uno o più
lavoratori, di seguito denominati "prestatori di lavoro
temporaneo", da essa assunti con il contratto previsto
dall'articolo 3, a disposizione di un'impresa che ne utilizzi
la prestazione lavorativa, di seguito denominata "impresa
utilizzatrice", per il soddisfacimento di esigenze di carattere
temporaneo individuate ai sensi del comma 2.
(2) Cfr. le interessanti osservazioni di M. Tiraboschi, "Salute
e sicurezza dei lavoratori temporanei: l'anomalia del caso italiano",
in Diritto & Pratica del Lavoro, n.18/1997.
(3) Cfr. il nostro "La sicurezza nel lavoro interinale",
in Ambiente e Sicurezza sul Lavoro, n.1/1998.
(4) Fra le cause che concorrono ad aumentare il rischio di incidenti
e malattie professionali per i lavoratori temporanei particolare
rilevanza assume la "situazione di insicurezza e disagio
legata alla circostanza di non fare parte di una precisa collettività
aziendale " ed al frequente cambio di ambiente e condizioni
di lavoro, con conseguente perdita della cd. "percezione
gruppale del rischio", vale a dire della "possibilità
di percepire gli accordi implicitamente o esplicitamente adottati
dal gruppo per fronteggiare le situazioni di pericolo e di emergenza",
M. Tiraboschi, "Salute e sicurezza
, cit.
(5) Sembra di palmare evidenza il contenuto "attivo"
del ruolo di vigilanza nella materia attribuito alla Direzione
Provinciale del Lavoro, cui l'impresa utilizzatrice, ai sensi
del 1° comma dell'art.1 della L. n.196/97, dovrà
dimostrare di aver effettuato la valutazione dei rischi. Né
sembrano potersi condividere quegli orientamenti interpretativi
secondo i quali l'organo di vigilanza (Servizio Ispezione del
Lavoro) dovrebbe limitarsi "passivamente" a ricevere
un atto formale (documento della valutazione dei rischi) che
perderebbe ogni finalità di prevenzione, ove non fosse
consentito all'organo medesimo di sindacarne la rispondenza
o meno alla previsione di legge (art. 4 del D.Lgs. n. 626/94).
Peraltro il coinvolgimento nelle competenze in materia di sicurezza
del lavoro anche della Direzione Provinciale del Lavoro testimonia
la difficoltà, se non l'impossibilità, di frantumare
l'ispezione del lavoro: la tutela dell'integrità psico-fisica
del lavoratore non può non rientrare nell'ampia sfera
dell'ordinamento sulla tutela "globale" del lavoro,
ed esempi tangibili di una certa inversione di tendenza (dopo
il trasferimento dei compiti prevenzionistici alle A.S.L. operato
dalla Legge n. 833/78), possono obiettivamente cogliersi da
una variegata previsione di riattribuzione di compiti ispettivi
all'Ispettorato del Lavoro (oggi Servizio Ispezione del Lavoro
della Direzione Provinciale del Lavoro) - cfr. il nostro La
molteplicità degli organi pubblici di vigilanza sulla
sicurezza sul lavoro, Ambiente e Sicurezza sul Lavoro, n°
7 - 8/97 - quali, ad esempio, quelli in materia di controllo
della conformità ai requisiti essenziali di sicurezza
dei dispositivi di protezione individuale (art. 13 del D.Lgs.
n. 475/1992), delle macchine (art. 7 del D.P.R. n. 459/1996),
del materiale elettrico (art. 9 del D.Lgs. n. 626/96), sulla
tutela della sicurezza del lavoro dei minori ( artt. 2 e ss
del D.Lgs. n. 345/99), in materia di inchieste amministrative
per gli infortuni sul lavoro (artt. 56 e ss del T.U. INAIL approvato
dal D.P.R. n. 1124/65 con le modifiche apportate dall'art. 236
del D.Lgs. n. 51/1998, sull'istituzione del giudice unico).
(6) L'art. 5, par. 1, della Direttiva n. 91/383 prevede che:
"Gli Stati membri hanno la facoltà di vietare che
si faccia ricorso a lavoratori che hanno un rapporto di lavoro
contemplato all'articolo 1 per taluni lavori particolarmente
pericolosi per la loro sicurezza o salute secondo la definizione
della legislazione nazionale ed in particolare per taluni lavori
che formano oggetto di una sorveglianza medica speciale definita
dalla legislazione nazionale."
(7) Per una disamina sulla variegata normativa vigente in materia
di sorveglianza sanitaria obbligatoria cfr. Leaci-Caputo, "La
sorveglianza medico sanitaria dei lavoratori", E.P.C.,
1997.
(8) Il par. 2 del citato art. 5 della Direttiva n. 91/383, infatti,
stabilisce:
"Quando gli Stati membri non si avvalgono della facoltà
prevista al paragrafo 1, essi prendono, fatte salve le disposizioni
dell'articolo 14 della Direttiva 89/391/CEE, le misure necessarie
affinché i lavoratori che hanno un rapporto di lavoro
contemplato all'articolo 1 ed a cui si fa appello per lavori
che formano oggetto di una sorveglianza medica speciale definita
dalla legislazione nazionale beneficino di una appropriata sorveglianza
medica speciale."
|