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La nuova disciplina del lavoro notturno

Giulio Benedetti
Magistrato

Il lavoro notturno nelle imprese è diventato sempre più frequente fino ad assumere la caratteristica di continuità per un numero crescente di lavoratori: il D.Lgs. 26/11/1999 n. 532 detta una nuova disciplina che, pur consentendo il lavoro notturno, parimenti sancisce i principi della volontarietà della sottoposizione del lavoratore alla prestazione lavorativa notturna e della tutela della sua integrità psico - fisica. Inoltre il decreto accresce, prevedendo anche sanzioni penali ed amministrative, i doveri del datore di lavoro in tema di protezione ed informazione del lavoratore notturno.

1) PREMESSA GENERALE
L'impostazione tradizionale della giurisprudenza in tema di lavoro notturno (Sent. C. Cass. n. 7770 del 7/8/199) riconosce allo stesso la caratteristica della "indubbia penosità" e proprio per tale caratteristica riconosce al lavoratore la maggiorazione retributiva, riconosciuta dall'art. 2108 secondo comma del codice civile, purché avvenga in mancanza di turni avvicendati, salvo che i contratti collettivi prevedano detta maggiorazione (sia pure con percentuali diverse) anche per il lavoro notturno compreso in turni periodici. Comunque la sentenza afferma che: "è sufficiente che il lavoro sia comunque prestato in ore notturne, senza che sia necessario che esso abbia carattere di anormalità (competendo la relativa maggiorazione anche nell'ipotesi di orario di lavoro esclusivamente notturno) e senza che rilevi - ai fini dell'eventuale esclusione della penosità della situazione - la circostanza della volontarietà della prestazione lavorativa nel turno notturno non avvicendato".

LA NORMATIVA TRADIZIONALE
Le tradizionali fonti normative, il codice civile, i contratti collettivi, la dottrina e la giurisprudenza configurano, in linea di massima, il lavoro notturno in termini di attività sfavorevole per il lavoratore e che, proprio per la sua tutela, deve essere limitata e comunque retribuita maggiormente. Invero già l'art. 2108 terzo comma del codice civile afferma l'esistenza di limiti legislativi allo svolgimento del lavoro straordinario e del lavoro notturno al fine di proteggerne l'equilibrio psico - fisico, nonché l'integrità, anche morale, complessiva. Non deve dimenticarsi, inoltre, l'art. 5 della Legge 09/12/1977 n. 903 che vieta di adibire al lavoro notturno:
o le donne, limitatamente all'orario decorrente dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino;
o la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o alternativamente al padre convivente con la stessa;
o la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;
o la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della Legge 05.02.1992 n. 104.

LA DIRETTIVA COMUNITARIA SUL LAVORO NOTTURNO
Le disposizioni finalizzate a proteggere determinate categorie di lavoratori "deboli" dal lavoro notturno che come tale, oltre ad essere per le loro condizioni fisiche particolarmente usurante e pericoloso, compromette legittime aspettative della vita familiare e di relazione se sono conformi all'art. 36 della Costituzione, tuttavia devono tenere conto delle novità del mondo produttivo. Invero l'utilizzazione sempre maggiore di impianti "robotizzati" e pertanto governati non solo dall'uomo, ma anche dalle nuove intelligenze artificiali del mondo informatico hanno introdotto una profonda rivisitazione anche normativa del concetto stesso e delle modalità di svolgimento del lavoro notturno. In tal senso deve intendersi la Direttiva n. 93/104/CE del Consiglio del 23/11/1993 che invita gli Stati dell'Unione Europea ad adottare i seguenti principi giuridici che regolino legislativamente il lavoro notturno:
o la durata dell'ordinario orario del lavoro notturno non deve superare le otto ore su di un orario di 24 ore (art. 8);
o deve essere valutato lo stato di salute del lavoratore notturno il quale se ha problemi di salute aventi un nesso riconosciuto con la prestazione di lavoro deve poter ottenere il trasferimento, quando possibile, ad un lavoro diurno per cui sia idoneo (art. 9);
o possono essere introdotte nella legislazione nazionale norme che intendano subordinare il lavoro di alcune categorie di lavoratori a determinate garanzie, a condizioni fissate dalla legislazione o prassi nazionale per lavoratori esposti a un rischio di sicurezza o di salute connesso al lavoro durante il periodo notturno (clausola di salvaguardia della legislazione nazionale, art. 10);
o la legislazione nazionale deve prevedere che il datore di lavoro che usualmente ricorra a lavoratori notturni informi le autorità competenti, su loro richiesta (art. 11);
o per i lavoratori notturni la legislazione nazionale deve prevedere un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adatto alla natura del loro lavoro, nonché l'adozione e pronta disponibilità di appropriati mezzi di protezione e di prevenzione equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori diurni (art. 12).

I predetti principi comunitari sono stati recepiti dall'art. 17 comma 2 della Legge 05/02/1999 n. 25 che ha delegato il Governo ad emanare, entro 9 mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi in materia di lavoro notturno, e pertanto di tale legge il D.Lgs. 532 del 1999 contiene le norme attuative.

LA NUOVA NORMATIVA SUL LAVORO NOTTURNO
La necessità di una nuova normativa regolante il lavoro notturno, anche alla luce dei principi sanciti dalla predetta direttiva comunitaria, è stata colmata dal D.Lgs. 26/11/1999 n. 532 (pubblicato su G.U. n. 141 del 21/1/2000). Il decreto si applica (art. 1) a tutti i datori di lavoro pubblici e privati che utilizzano i lavoratori con prestazioni di lavoro notturno con esclusione dei soggetti impiegati nei seguenti settori:
o trasporto aereo, ferroviario, stradale, marittimo, della navigazione interna;
o pesca in mare e attività in mare;
o attività dei medici in formazione.

Il limite della durata di otto ore della prestazione nelle ventiquattro ore non si applica al personale addetto ai servizi di collaborazione familiare né ai lavoratori addetti al culto dipendenti da enti ecclesiastici o da confessioni religiose.
A cagione delle particolari importanza e peculiarità delle mansioni svolte, le quali evidentemente non ammettono dilazioni od interruzioni di servizio le norme del decreto sono applicate tenuto conto delle particolari esigenze di servizio e del rapporto di impiego, da definirsi con l'emanazione di un futuro decreto del ministro competente che sarà emanato entro 120 giorni dall'entrata in vigore del D.Lgs. 1999/532, nei confronti:
o del personale delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
o del personale impiegato nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie;
o degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica.

LA VOLONTARIETÀ DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA NOTTURNA E LA TUTELA DELL'INTEGRITÀ PSICO-FISICA DEL LAVORATORE NOTTURNO. IL PRINCIPIO DELLA LIBERA E CONCORDATA ADESIONE DEL LAVORATORE AL REGIME "PART-TIME" IN ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 97/81/CE
Il principio cardine del decreto è che la sottoposizione al regime del lavoro notturno, proprio per la sua gravosità, deve essere tendenzialmente volontaria, per cui (art. 3) devono essere adibiti al lavoro notturno con priorità assoluta i lavoratori che ne facciano richiesta con il solo limite che la stessa deve tenere conto delle esigenze aziendali. Peraltro la contrattazione collettiva può determinare ulteriori limitazioni all'effettuazione del lavoro notturno oppure ulteriori priorità sempre che non venga violato il divieto del lavoro notturno nei confronti delle categorie protette dei lavoratori previste nell'art. 5 della Legge 1977/903. In ogni caso il lavoratore che svolga la sua prestazione di notte, anche se consenziente, è comunque tutelato (art. 4) poiché l'orario di lavoro notturno non può superare le otto ore nelle ventiquattro ore giornaliere, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi che prevedano un orario di lavoro plurisettimanale, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.
La tutela della salute del lavoratore notturno è assicurata da:
- l'emanazione entro 120 giorni dall'entrata in vigore della norma di un decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale che stabilisce l'elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali per le quali il limite massimo ed improrogabile della prestazione è di otto ore per ogni periodo di 24 ore (art. 4 comma 2);
- la previsione (art. 4 comma 3) che il periodo minimo di riposo settimanale previsto dalla Legge 1934/370 non viene preso in considerazione per il computo della media dell'orario di lavoro se cade nel periodo di riferimento stabilito dai contratti collettivi previsti dall'art. 4 comma 1;
Il principio della volontarietà dell'adesione del lavoratore a regimi lavorativi con orario particolare e con corrispettiva deroga all'ordinaria retribuzione è inoltre rinvenibile nella regolamentazione del lavoro part - time, come decisa dal Consiglio dei Ministri il 28/1/2000 con l'approvazione di un decreto legislativo attuativo della direttiva 97/81/CE. Infatti al fine di tutelare il lavoratore nell'adesione a tale tipo di lavoro è prevista (art. 2) la forma scritta e la comunicazione del contratto da parte del datore di lavoro alle organizzazioni sindacali. Inoltre (art. 3 comma 9) la disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto anche contestuale al contratto di lavoro e, in ogni caso, nel patto è fatta espressa menzione alla possibilità di denuncia del contratto. In caso di denuncia (art. 3 co. 10) il lavoratore può, comunque, richiedere di tornare a svolgere il turno ordinario allegando le seguenti documentate ragioni di carattere:
a) familiare;
b) di tutela della salute certificate dal servizio sanitario pubblico;
c) di svolgimento di altra attività lavorativa subordinata o autonoma.
Per delineare l'intera disciplina e dimostrare, ulteriormente, la positiva esistenza nella nostra legislazione del principio generale della espressa volontarietà da parte del lavoratore della esecuzione della prestazione lavorativa in orario "speciale" sono fondamentali l'art. 3 comma 11 e l'art. 5 comma 11 del predetto decreto i quali affermano che non può integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento:
- il rifiuto del lavoratore di stipulare il contratto lavorativo avente oggetto lo svolgimento della prestazione a tempo parziale;
- l'esercizio da parte del lavoratore del diritto di ripensamento e la denuncia del patto di lavoro "part-time";
- il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto parziale;
- il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno.

I DOVERI DEL DATORE DI LAVORO NOTTURNO
Il datore di lavoro, che la dottrina "giuslavoristica" più antica definisce colui che ha la signoria delle fonti di rischio, a propria cura e spese, presso il medico competente, deve assicurare la sottoposizione del lavoratore notturno:
o ad accertamenti preventivi volti a constare l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno (art. 5 lett. a);
o ad accertamenti periodici almeno ogni due anni per controllare il suo stato di salute (art. 5 lett. b);
o ad accertamenti in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno (art. 5 lett. c).
I doveri del datore di lavoro nei confronti del lavoratore notturno non finiscono qui poiché l'imprenditore è tenuto:
- a garantire al lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni nel caso in cui sopraggiungano condizioni di salute, da accertarsi con il medico competente, che comportino l'inidoneità alla prestazione del lavoro notturno (art. 6);
- ad operare la riduzione, attraverso la contrattazione collettiva, nei confronti del lavoratore notturno, dell'orario di lavoro normale settimanale e mensile ed attribuire la relativa maggiore retribuzione (art. 7);
- a far precedere dalla consultazione delle rappresentanze sindacali l'introduzione del lavoro notturno (art. 8);
- ad informare, prima dello svolgimento della prestazione lavorativa notturna, i lavoratori ed il rappresentante della sicurezza sui maggiori rischi ove presenti ed a garantire l'informazione sui servizi per la prevenzione e la sicurezza, nonché la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza ovvero delle organizzazioni sindacali, previste dall'art. 8, per le lavorazioni che comportano i rischi particolari previsti dall'art. 4 co. 2 (art. 9);
- a informare, con periodicità annuale, per iscritto la direzione provinciale del lavoro, competente per territorio, dell'esecuzione del lavoro notturno svolto in modo continuativo compreso in regolari turni periodici, quando non sia previsto dal contratto collettivo; la stessa comunicazione deve essere effettuata alle organizzazioni sindacali citate dall'art. 8 ( art. 10);
- ad assicurare, sentite e consultate le organizzazioni sindacali, ai lavoratori notturni (art. 11):
a) un livello di servizi e di mezzi di prevenzione o protezione adeguati alle caratteristiche del lavoro notturno;
b) un livello di servizi equivalenti a quello previsto per il turno diurno;
c) appropriate misure di protezione personale e collettiva per i lavoratori che effettuano le lavorazioni che comportano rischi particolari e contemplate nell'elenco previsto dall'art. 4 comma 2 del decreto.

LE SANZIONI PREVISTE A CARICO DEL DATORE DI LAVORO
L'art. 12 comma primo lettera a) del D.Lgs. 532/1999 prevede per il datore di lavoro ed il dirigente la sanzione penale stabilita per la violazione dell'art. 89, comma 2, lettera a) del D.Lgs. 1994/626, ovvero l'arresto da tre a sei mesi o dell'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni, nel caso in cui non tutelino la salute del lavoratore adibito al lavoro notturno ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. 532/1999, non disponendo nei suoi confronti, a loro cura e spese:
- accertamenti preventivi volti a constare l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno (art. 5 lett. a);
- accertamenti periodici almeno ogni due anni per controllare il suo stato di salute (art. 5 lett. b);
- accertamenti in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno (art. 5 lett. c).
Inoltre è stabilita (art. 12 comma primo lettera a), sempre nei confronti del datore di lavoro e del dirigente la sanzione amministrativa del pagamento della somma da lire 100.000 a lire 300.000 per ogni giorno e per ogni lavoratore adibito al lavoro notturno oltre i limiti temporali stabiliti dall'art. 4.
Il complesso del sistema sanzionatorio previsto dal D.Lgs. 532/1999 e posto a carico del datore di lavoro e del dirigente è conforme ai principi generali del D.Lgs. 626/1994 che non solo definisce (art. 2 comma 1, lettera b) come datore di lavoro il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, ma obbliga lo stesso a:
- valutare i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (art. 4), in relazione alla natura dell'attività dell'azienda, inerenti alla scelta delle attrezzature di lavoro, delle sostanze e dei prodotti chimici impiegati, nonché della sistemazione dei luoghi di lavoro;
- informare i lavoratori (art. 21), con riguardo all'attività produttiva adottata, sui rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività d'impresa, sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate, sui rischi specifici dell'attività produttiva, sui pericoli all'uso di determinate sostanze pericolose, sulle procedure di pronto soccorso, di lotta antincendio e sulla evacuazione dei luoghi di lavoro.
Infine notasi che la predetta sanzione penale prevista dall'art. 12 comma 1 lettera a) è una contravvenzione punita alternativamente con l'arresto o l'ammenda; pertanto il datore di lavoro o il dirigente, nel caso in cui venga promosso nei loro confronti un procedimento penale per tale reato, potranno evitare la sanzione penale proponendo la richiesta di oblazione. In tal modo potranno essere ammessi a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo stabilita dalla legge per la contravvenzione, oltre le spese del procedimento. Il pagamento dell'oblazione estingue il reato, ai sensi dell'art. 162 secondo comma del codice penale. Tuttavia per poter fruire di tale regime premiale il datore di lavoro o il dirigente, ai sensi dell'art. 162 bis c.p., non devono essere recidivi nel reato (ai sensi dell'art. 99 c.p.) e inoltre devono provare di avere eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore, ovvero di avere, nel frattempo, adempiuto alle prescrizioni dell'art. 5 del D.Lgs. 532/1999.

 



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