Circolare
n. 1/2000 del 5 gennaio 2000
Ministero
del Lavoro e della Previdenza Sociale
Oggetto:
Lavoro minorile - Decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345
- Prime direttive applicative.
Sulla
Gazzetta Ufficiale n. 237 dell'8 ottobre 1999 è stato
pubblicato il Decreto Legislativo 4 agosto 1999 n. 345, di attuazione
della direttiva 94/33 CE relativa alla protezione dei giovani
sul lavoro.
Detto provvedimento, pur mantenendo l'impianto generale della
normativa contenuta nella Legge 17 ottobre 1967, n. 977, ha
carattere profondamente innovativo, proponendosi di adeguare
gradualmente la realtà lavorativa dei giovani di età
inferiore ai diciotto anni agli standards europei. Privilegiare
l'istruzione, assicurare l'inserimento professionale mediante
la formazione, considerando che un'esperienza di lavoro appropriata
può contribuire all'obiettivo di preparare i giovani
alla vita professionale e sociale di adulti, promuovere il miglioramento
dell'ambiente di lavoro per garantire un livello più
elevato di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori
minorenni, trattandosi di gruppi a rischio particolarmente sensibili:
queste, in sintesi, le priorità cui si ispira la nuova
normativa.
La tecnica adottata è quella di introdurre modifiche
ed integrazioni alla Legge n. 977 del 1967, sostituendo interi
articoli o aggiungendo dei commi.
Per maggiore chiarezza si allega una tabella di raffronto tra
la vecchia e la nuova normativa, che evidenzia le modifiche
apportate alla legge 977/67 (La tabella non viene riportata,
n.d.r.).
La nuova impostazione fornita dal legislatore alla materia richiede
opportuni chiarimenti al fine di sottolineare le significative
innovazioni intervenute.
1)
AMBITO DI APPLICAZIONE
La presente normativa ha inteso unificare le disposizioni in
materia di lavoro minorile, estendendone l'applicazione a tutti
i rapporti di lavoro, ordinari e speciali, che riguardino minori
dei diciotto anni. Le nuove disposizioni si applicano, pertanto,
anche all'apprendistato, ai contratti di formazione e lavoro,
al lavoro a domicilio ecc.
Infatti, l'art. 3 che modifica l'art. 1 della Legge 977/67,
nell'individuare il campo di applicazione, precisa che il decreto
si applica ai minori di 18 anni che hanno un contratto o un
rapporto di lavoro, anche "speciale", disciplinato
dalle norme vigenti. È chiaro, quindi, il riferimento
anche al contratto di apprendistato che l'art. 2 della Legge
55/25 definisce come uno "speciale" rapporto di lavoro,
in forza del quale l'imprenditore è obbligato ad impartire
o far impartire all'apprendista assunto alle sue dipendenze
"l'insegnamento necessario", perché possa conseguire
la capacità tecnica per diventare "lavoratore qualificato".
Sono state soppresse le deroghe ed esclusioni previste dalla
legislazione precedente, sia per quanto riguarda l'età
lavorativa che i settori d'impiego, con l'evidente obiettivo
di assicurare una migliore tutela dei minori. Ma ciò,
a parere dello scrivente, senza l'intendimento di pregiudicare
in modo irreversibile i rapporti di lavoro già in essere
alla data di entrata in vigore del provvedimento in oggetto.
Il problema, invero, si pone per tutte quelle aziende che hanno
già in corso rapporti di lavoro con minori, per le attività
prima lecite che l'allegato 1 del decreto in argomento vieta,
senza prevedere i necessari tempi di adeguamento.
Si rende necessaria, pertanto, l'emanazione di una normativa
di raccordo, peraltro già in fase di studio, che disciplini
tali situazioni, possibilmente anche definendo in modo più
articolato l'ambito di applicazione dei divieti recati dall'allegato
1, ad evitare licenziamenti indiscriminati.
Sono, senz'altro, esclusi dall'applicazione della normativa
in materia di lavoro minorile gli adolescenti addetti a lavori
occasionali o di breve durata (con esclusione, quindi, dei rapporti
a termine) svolti nei servizi domestici prestati in ambito familiare
nonché nelle imprese a conduzione familiare, sempreché
queste ultime si concretino in prestazioni di lavoro non nocivo
né pregiudizievole né pericoloso. Si sottolinea
che la previsione riguarda esclusivamente le due ipotesi suindicate
e si riferisce a prestazioni che non consentono una previa programmazione,
si concretano in attività fuori dalla logica della periodicità,
svolte da soggetti non inseriti nell'organizzazione della famiglia
o dell'impresa a conduzione familiare. In particolare, la dizione
"lavori occasionali" si intende riferita a prestazioni
casuali, sporadiche, saltuarie. La saltuarietà, tuttavia,
di per sé non è elemento sufficiente ad escludere
la presenza di un rapporto di lavoro; occorre, quindi, distinguere
tra continuità di rapporto e continuità di prestazione,
in quanto è possibile che alla continuità del
rapporto si accompagni l'intermittenza delle prestazioni. I
lavori di breve durata possono riferirsi a quelle prestazioni
nelle quali l'elemento temporale non raggiunge quel minimo necessario
perché l'attività svolta possa ricomprendersi
in una delle fattispecie tipiche previste dalla legge (es. tutte
le ipotesi di contratto a termine).
Per gli adolescenti occupati a bordo delle navi sono fatte salve
le specifiche disposizioni legislative o regolamentari in materia
di sorveglianza sanitaria, lavoro notturno e riposo settimanale,
e ciò in relazione alla peculiarità ed inderogabilità
di molte norme sul lavoro marittimo, in vista della sua stretta
connessione all'interesse pubblico. L'interesse generale alla
sicurezza della navigazione è ritenuto, infatti, prevalente
e condiziona la stessa tutela predisposta per il lavoro subordinato.
2)
ETÀ LAVORATIVA - OBBLIGO SCOLASTICO - OBBLIGO FORMATIVO
Sul punto, il decreto legislativo in esame introduce il principio
che l'età minima di ammissione al lavoro non può
essere inferiore all'età in cui cessa l'obbligo scolastico.
Le stesse definizioni di "bambino" e "adolescente",
cui fa riferimento il decreto, riguardano, in via generale,
i soggetti che abbiano rispettivamente meno o più di
quindici anni, ma, per ogni singolo soggetto, possono riferirsi
ad età diverse, a seconda che sia stato assolto o meno
l'obbligo scolastico. Viene, inoltre, introdotto il divieto
del lavoro dei bambini, salvo per quanto riguarda le attività
culturali o simili, di cui al punto 4).
L'età minima per l'ammissione al lavoro non può
mai essere inferiore ai quindici anni compiuti ed è inoltre
subordinata al compimento del periodo di istruzione obbligatoria.
Per determinare, quindi, il limite di età per l'instaurazione
di un rapporto di lavoro con minori occorre verificare la sussistenza
di due requisiti: il compimento del quindicesimo anno di età
e l'avvenuto assolvimento dell'obbligo scolastico. Attualmente
secondo le indicazioni fornite dal Ministero della Pubblica
Istruzione con circolare n. 22 del 1/2/1999 - in via transitoria
e fino all'approvazione di un generale riordino del sistema
scolastico e formativo che prevede l'obbligatorietà con
durata decennale - l'obbligo che interessa è da considerarsi
assolto:
- da coloro che, nell'anno scolastico 1997/98, hanno conseguito
il diploma di licenza di scuola media;
-da coloro che, alla data del 31 dicembre 1998, hanno compiuto
il 15° anno di età e dimostrino di aver osservato,
per almeno otto anni, le norme sull'obbligo;
- da coloro che, alla data del 31 agosto 1999, hanno adempiuto,
per almeno nove anni, all'obbligo in questione (vedi anche Legge
20 gennaio 1999, n. 9 e Decreto 9 agosto 1999, n. 323 - GG.UU.
n. 21 del 27/01/1999 e n. 218 del 16/09/1999).
È, inoltre, da tenere presente che la Legge 17 maggio
1999, n. 144, all'art. 68, 1° comma, impone per i giovani
l'obbligo di frequenza di attività formative fino a diciotto
anni, obbligo che può essere assolto in percorsi anche
integrati di istruzione e formazione:
a) nel sistema di istruzione scolastica;
b) nel sistema della formazione professionale di competenza
regionale;
c) nell'esercizio dell'apprendistato.
Tale vincolo formativo si intende comunque assolto con il conseguimento
di un diploma di scuola secondaria superiore o di una qualifica
professionale.
Il giovane che abbia assolto l'obbligo scolastico come sopra
indicato può, quindi, lavorare sicuramente come apprendista;
per le altre attività lavorative dovrà contemporaneamente
assolvere all'obbligo formativo, i cui contenuti sono al momento
in corso definizione con appositi provvedimenti.
3)
LAVORATRICI MINORI GESTANTI, PUERPERE O IN ALLATTAMENTO
Atteso che la gravidanza in giovane età può costituire
per certi aspetti un rischio per la salute della lavoratrice
e del nascituro è da sottolineare il particolare rilievo
che assume una puntuale e tempestiva ottemperanza alle norme
di tutela delle lavoratrici madri ed in ispecie del D.Lgs. 645/96.
Ferma restando la normativa concernente il divieto di adibizione
ai lavori faticosi, pericolosi ed insalubri e l'obbligo di spostamento
ad altre mansioni (artt. 3 e 5 L. 1204/71 e art. 5 D.P.R. 1026/76)
il datore di lavoro deve valutare i rischi per la salute e la
sicurezza delle lavoratrici gestanti e procedere alla modifica
temporanea delle condizioni o dell'orario di lavoro ottemperando
all'obbligo di informazione. (art. 4 e 5 D.Lgs. 645/96).
Qualora tali modifiche non siano possibili per motivi organizzativi
e produttivi il datore di lavoro applica gli artt. 3 e 5 lett.
c) della L. 1204/71 dandone contestuale informazione scritta
al competente Servizio Ispezione del Lavoro.
Si rammenta, inoltre, che a norma dell'art. 33, comma 10, del
D.Lgs. 626/94 l'organo di vigilanza può prescrivere che,
anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo
alle dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò
non pregiudichi la normale esecuzione del lavoro; lo stesso
articolo prevede, inoltre, che le donne incinte o che allattano
devono avere la possibilità di riposarsi in posizione
distesa e in condizioni appropriate.
Si fa presente, infine, che ai sensi dell'art. 7 del D.Lgs.
645/96 le lavoratrici gestanti hanno la possibilità di
assentarsi dal lavoro per l'effettuazione di esami prenatali,
accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, senza
perdita della retribuzione qualora questi debbano essere eseguiti
necessariamente durante l'orario di lavoro.
4)
ATTIVITÀ CULTURALI E SIMILI
L'art. 4, 2° comma, della Legge n. 977 del 1967, così
come sostituito dall'art. 6 del decreto legislativo in esame,
prevede che l'impiego dei bambini e degli adolescenti in attività
lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario
e nel settore dello spettacolo debba essere preventivamente
autorizzato dalle Direzioni provinciali del lavoro competenti
per territorio, secondo le modalità di cui al D.P.R.
365/94.
Sul punto si richiamano, per completezza, anche le disposizioni
contenute nell'art. 8.1 comma; nell'art. 17.,1 comma; nell'art.
22, 3° comma e nell'art. 26 della novellata Legge n. 977
del 1967 relativamente alle visite mediche, al lavoro notturno,
al riposo domenicale ed alle sanzioni.
La sostituzione, nel citato art. 4, 2° comma, delle parole
"partecipazione dei minori" con le parole "impiego
dei minori in attività lavorative" intende escludere
dall'obbligo di richiedere l'autorizzazione relativamente a
tutte quelle attività che, per la loro natura intrinseca,
per le modalità di svolgimento o per il loro carattere
episodico ed estemporaneo, non siano in alcun modo assimilabili
al concetto di lavoro e neppure ad una vera e propria "occupazione",
la quale di per sé esige una prefigurazione in termini
soggettivi, oggettivi, temporali e programmatici dell'intervento
del minore. Del pari, si potrà prescindere dalla preventiva
autorizzazione nel caso di attività non retribuita svolta
nell'ambito di iniziative didattiche promosse da organismi pubblici
aventi istituzionalmente compiti di educazione e formazione
dei minori. Infatti, nelle evidenziate iniziative e nelle attività
educative della Scuola è connaturata l'osservanza dell'obbligo
scolastico e delle condizioni atte ad assicurare l'integrità
psico-fisica e la moralità del minore che costituiscono
alcune delle condizioni alle quali è subordinata l'autorizzazione
dell'Ispettorato del lavoro.
5)
LAVORAZIONI VIETATE
La nuova disciplina (art.7) vieta l'adibizione degli adolescenti
ad una serie di attività elencate nell'allegato I, con
abrogazione espressa delle disposizioni contenute nel D.P.R.
20/1/76, n. 432 riguardante i lavori vietati ai fanciulli ed
agli adolescenti.
Il suddetto allegato distingue tra esposizioni ad agenti chimici,
fisici e biologici e processi e lavori.
In particolare, per quanto riguarda i divieti di esposizione
ad agenti chimici, fisici e biologici, va chiarito preliminarmente
che gli stessi sono stati introdotti dalla direttiva 94/33 CE
e che la gran parte era già presente nella legislazione
previgente.
Con riguardo ai singoli agenti si fa presente:
Rumore
Il divieto di esposizione al rumore non opera automaticamente
ma discende dalla valutazione dei rischi e scatta a partire
da un livello di 80 dbA. La valutazione deve essere operata
sulla base delle disposizioni di cui al D.Lgs. 277/91 (art.40).
In particolare, poi, il livello di 80 dbA deve intendersi come
esposizione quotidiana personale o come esposizione media settimanale,
se quella quotidiana è variabile nell'arco della settimana
lavorativa e, pertanto, non va considerato come valore che non
può mai essere superato nell'arco del periodo in esame.
Agenti
chimici
Fermo restando il divieto assoluto di esposizione agli agenti
etichettati come molto tossici, tossici, corrosivi, esplosivi
ed estremamente infiammabili, per gli agenti nocivi ed irritanti
il divieto vige solo per quelli etichettati con le frasi di
rischio riportate nell'allegato 1. Ad esempio, tra gli agenti
irritanti sono vietati solo quelli sensibilizzanti per inalazione
o per contatto cutaneo.
Per
tutti gli agenti sopra considerati il divieto vige indipendentemente
dalle quantità presenti nell'ambiente di lavoro.
Per ciò che concerne i divieti riferiti a processi e
lavori, si fa presente che solo alcuni divieti sono stati introdotti
dalla direttiva europea e quindi dal decreto di recepimento,
mentre la maggior parte è stata ripresa dalla previgente
legislazione in conformità allo specifico criterio di
delega secondo cui l'attuazione di una direttiva non può
costituire occasione per il peggioramento del livello di protezione.
Si ritiene, comunque, opportuno evidenziare che, laddove il
divieto è riferito solo ad alcune fasi del processo produttivo,
lo stesso si riferisce a tali specifiche fasi e non all'attività
nel suo complesso. Ad esempio, il divieto di lavoro nei magazzini
frigoriferi riguarda solo l'accesso a tali luoghi e non l'attività
nel suo complesso (supermarket, magazzini ortofrutticoli ecc.)
Il divieto di adibizione a lavori comportanti rischio silicotigeno
è, altresì, limitato alle lavorazioni per le quali
è obbligatorio il pagamento del premio assicurativo per
la silicosi.
In ogni caso per tutte le lavorazioni elencate, l'art. 7 al
comma 2 prevede la possibilità di derogare ai suddetti
divieti per scopi didattici e di formazione professionale. Detta
formazione va svolta sotto la sorveglianza di un formatore competente
anche in materia di prevenzione e protezione e nel rispetto
di tutte le condizioni di sicurezza e di salute disposte dalla
vigente normativa.
Pertanto, nel caso di autorizzazione richiesta da parte di un
datore di lavoro che rientri nei casi previsti dall'articolo
10 del D.Lgs. 626/94 il ruolo di formatore competente anche
in materia di prevenzione e protezione può essere svolto
dal datore di lavoro, in quanto soggetto abilitato a svolgere
i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione.
Premesso quanto precede ed in attesa della emanazione delle
norme regolamentari che disciplineranno globalmente tutti gli
speciali rapporti di lavoro con contenuti formativi - quali
l'apprendistato ed i contratti di formazione e lavoro - allo
scopo di pervenire ad una disciplina della materia secondo criteri
di valorizzazione dei contenuti formativi, si ritiene che per
i motivi sopra esposti, il rapporto di apprendistato possa essere
incluso nella deroga ivi prevista.
Infatti, secondo le vigenti disposizioni richiamate, l'apprendista
è comunque chiamato a svolgere, durante il periodo di
tirocinio, oltre che un'attività lavorativa anche un'attività
di formazione pratica continua (in affiancamento al datore di
lavoro artigiano, ovvero ai lavoratori qualificati o specializzati
presenti in azienda secondo le condizioni previste dall'art.
1 della L. n. 424/1968), e pertanto tale attività concretizza
quella "formazione professionale", seppure distinta
da quella organizzata dagli istituti di istruzione e formazione
professionale, rientrante nella deroga sopra citata, sottoposta
a preventiva autorizzazione delle Direzioni Provinciali del
Lavoro.
Per il contratto di apprendistato peraltro, il formatore va
identificato con il tutore previsto dall'articolo 16 della Legge
196/97 purché quest'ultimo sia competente in materia
di sicurezza e salute.
Sarà cura, ovviamente, delle predette Direzioni Provinciali
del Lavoro valutare, di volta in volta, la sussistenza di tali
presupposti non solo in sede di emanazione del provvedimento
autorizzatorio, ma anche nel corso dello svolgimento del rapporto
stesso.
Si chiarisce, infine, che con la locuzione "tempo strettamente
necessario" di cui al citato articolo 7 si intende il periodo,
in termini di mesi od anni, necessario al raggiungimento della
qualificazione professionale previsto dalla normativa di riferimento
o dalla contrattazione.
L'autorizzazione, di cui al comma 3, è rilasciata dalla
Direzione Provinciale del Lavoro, servizio ispettivo, che verifica
la sussistenza delle condizioni richieste dalla norma e, quindi,
anche la presenza di formatori esperti in materia di sicurezza.
Va tenuto presente che si tratta di un'autorizzazione diversa
da quella prevista in via generale dalla Legge 25/55 sull'apprendistato,
in quanto mirata a rimuovere il divieto di adibizione dei minori
alle lavorazioni dell'allegato al D.Lgs. in esame. Peraltro,
il datore di lavoro interessato potrà avanzare una unica
richiesta di autorizzazione, semplificando, così, le
relative procedure e l'Ispettorato del Lavoro rilascerà
una autorizzazione unica secondo l'allegato modello. Sarà
cura dell'Ispettorato poi, provvedere periodicamente a dare
comunicazione delle autorizzazioni rilasciate alla ASL territorialmente
competente, al fine di consentire l'opportuna verifica del rispetto
della normativa prevenzionistica.
Si sottolinea, infine, che l'autorizzazione riguarda l'attività
di formazione e, pertanto, deve essere richiesta per specifiche
qualifiche e non va ripetuta per ogni singola assunzione di
minore.
6)
SORVEGLIANZA SANITARIA
In via generale, l'art. 9 del nuovo decreto dispone, per i minori,
l'obbligo di una visita medica preassuntiva e di visite mediche
periodiche da effettuare, a cura del datore di lavoro, presso
la ASL territorialmente competente.
Fa eccezione il caso di attività lavorative per le quali
la vigente legislazione dispone la sorveglianza sanitaria disciplinata
dagli artt. 16 e 17 del citato D.Lgs. 626/94.
In tali fattispecie le visite mediche preventive e periodiche
devono essere, quindi, effettuate dal medico competente, pubblico
e privato, scelto dal datore di lavoro.
Pertanto, poiché l'articolo in questione ha compiutamente
e diversamente disciplinato la materia, l'articolo 9 del D.P.R.
1668/56 deve ritenersi implicitamente abrogato nella parte in
cui dispone per i minori, la visita medica a cura della struttura
sanitaria pubblica.
7)
LAVORO NOTTURNO
Il lavoro notturno, particolarmente gravoso, specie nell'età
giovanile, è regolato agli artt. 15 e 17 della novellata
Legge 977/67. La definizione del termine "notte" si
ritrova nell'art. 15 e, per tale, si considera un periodo di
almeno dodici ore consecutive comprendenti l'arco di tempo che
va dalle ore 22 alle ore 6 o dalle ore 23 alle ore 7, indipendentemente
dall'ora di inizio dell'attività lavorativa. Al di fuori,
beninteso, di tali intervalli, il riposo notturno può
essere interrotto nei casi di attività caratterizzate
da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata.
La nuova normativa mantiene il divieto del lavoro notturno per
i minori degli anni 18. Unica eccezione (art. 17) è il
caso di forza maggiore - purché il minore abbia almeno
16 anni - che ostacola il funzionamento dell'azienda. In tal
caso, però, il datore di lavoro deve darne immediata
comunicazione all'Ispettorato del lavoro, indicando la causa
ritenuta di forza maggiore, i nominativi dei minori impiegati
e le ore per cui sono stati impiegati. D'altronde l'art. 17
consente la deroga "eccezionalmente e per il tempo strettamente
necessario", "purché tale lavoro sia temporaneo
e non ammetta ritardi" e "non siano disponibili lavoratori
adulti": una volta arginata la forza maggiore o avuta la
possibilità di organizzare squadre di adulti, si ripristina
automaticamente il divieto recato dall'art. 15 della stessa
legge. Spetta in tal caso al minore, un equivalente periodo
di riposo compensativo che deve essere fruito entro tre settimane,
oltre alle maggiorazioni retributive.
Permane la deroga fino alle ore 24 per il lavoro nello spettacolo,
esteso ora alle attività a carattere culturale, artistico
e sportivo; in tale ipotesi il minore deve godere di un periodo
di riposo notturno di almeno quattordici ore consecutive.
8)
RIPOSO SETTIMANALE
I minori hanno diritto ad un periodo di riposo settimanale di
almeno due giorni, se possibile consecutivi, e comprendenti
la domenica; tale periodo può essere ridotto, per comprovate
ragioni di ordine tecnico ed organizzativo, ma non può
essere inferiore a 36 ore consecutive, salvo che in caso di
attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati
o di breve durata nella giornata.
Per alcune attività il riposo settimanale può
essere concesso in giorno diverso dalla domenica: trattasi,
per i minori, delle attività culturali, artistiche, sportive,
pubblicitarie e dello spettacolo; per gli adolescenti, delle
attività nei settori turistico, alberghiero e della ristorazione
(ivi compresi bar, gelaterie, pasticcerie ecc.) attività
per le quali il maggior carico di lavoro si concentra spesso
nella domenica.
9)
SANZIONI
Sono state adeguate le sanzioni, sia penali che amministrative,
in ottemperanza alle disposizioni di delega.
SERVIZIO
ISPEZIONE DEL LAVORO
PROT. N.
..
PROVVEDIMENTO N.
IL
CAPO DEL SERVIZIO ISPEZIONE DEL LAVORO
VISTA
la domanda pervenuta il
con la quale la Ditta,
,
esercente attività di
con sede in
,
nella propria sede operativa di
sita in via
ha chiesto di essere autorizzata
1)
ai sensi della Legge 2 aprile 1968, n. 424 ad instaurare rapporti
di apprendistato;
2) ad adibire gli apprendisti minori alla lavorazione .................
......
(specificare il tipo di lavorazione pericolosa compresa nell'allegato
n. 1 D.Lgs. n. 345/99)
VISTO l'art. 1 della legge citata integrativo dell'art. 2 della
Legge 19 gennaio 1955, n. 25;
PRESO ATTO delle dichiarazioni di cui alla domanda e, in particolare,
di quelle concernenti:
a) - il numero, la qualifica e la categoria dei lavoratori occupati;
b) - la qualifica per il conseguimento della quale gli apprendisti
saranno assunti;
c) - le condizioni della prestazione e le modalità dei
l'addestramento pratico che verranno applicate;
d) - il trattamento normativo ed economico;
e) - l'individuazione del formatore competente;
f) - il rispetto di tutte le condizioni di sicurezza e salute
previste dalla legislazione vigente.
AUTORIZZA
L'impresa
indicata in premessa ad instaurare rapporti di apprendistato
con:
n. _____________________ apprendisti per la qualifica di ____________________________
n. _____________________ apprendisti per la qualifica di ____________________________
n. _____________________ apprendisti per la qualifica di ____________________________
n. _____________________ apprendisti per la qualifica di ____________________________
(a condizione che _______________________________________________________
_________________________________________________________)
L'autorizzazione
è valida per l'assunzione di apprendisti di ambo sessi
(Legge n. 903 del 9/12/77) con non meno di quindici anni e assolto
l'obbligo scolastico.
L'impresa è tenuta all'osservanza delle disposizioni
della Legge n. 25 del 19 .1.55 e successive integrazioni e modificazioni.
Per l'assunzione di apprendisti di età inferiore agli
anni 18 da occupare nelle attività di cui all'allegato
al D.Lgs. n. 345, il presente atto vale ai fini della relativa,
specifica autorizzazione di cui all'art. 7 del D.Lgs.vo citato.
Ai sensi dell'art. 16 della Legge n. 196/97 la durata del rapporto
di apprendistato è stabilita per categorie e qualifiche
professionali dai contratti collettivi di lavoro nell'ambito
dei periodi minimo e massimo stabiliti dalla disposizione stessa.
La presente autorizzazione conserva validità sino a quando
non intervengano, presso l'impresa autorizzata, mutamenti nelle
condizioni e nelle situazioni di fatto in costanza delle quali
è stata rilasciata. In quest'ultimo caso la continuazione
del rapporto di apprendistato sarà da considerarsi illegittima
e pertanto soggetta alle sanzioni di legge.
IL
CAPO DEL SERVIZIO ISPEZIONE DEL LAVORO
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