Dispositivo
di blocco sulle macchine e tutela oggettiva
Pierguido
Soprani
Magistrato
Cassazione
penale, sez. IV, 20 marzo 2000
(ud. 14.12.1999), n. 3580.
Prevenzione
infortuni - Macchina essiccatrice - Omessa dotazione con dispositivo
di blocco - Lesioni occorse durante operazioni di pulizia con
macchina in funzione - Colpa concorrente del lavoratore infortunato
- Insussistenza - Responsabilità del datore di lavoro
- Sussistenza.
Non
è esente da responsabilità il direttore di uno
stabilimento, per l'infortunio occorso a un lavoratore incaricato
dell'esecuzione di operazioni di pulizia su una macchina essiccatrice,
non dotata di dispositivo di blocco della posizione di fermo,
a nulla rilevando la mancata percezione da parte del dipendente
della situazione di pericolo, essendo la normativa antinfortunistica
specificamente diretta a prevenire anche gli effetti della condotta
colposa dei lavoratori.
Nota
La
vicenda infortunistica per cui fu processo riguardava il profilo
di responsabilità del datore di lavoro, per avere colposamente
cagionato lesioni gravi a un dipendente, conseguenti al trauma
accidentale occorsogli per essere entrato in contatto, con la
mano sinistra, con gli organi lavoratori di una macchina essiccatrice
(pale in movimento).
La Corte di Cassazione, dopo aver ricordato il dettato dell'art.
82 del D.P.R. n. 547/55, il quale prevede che "le macchine
che per operazioni di pulizia richiedono che il lavoratore si
introduca in esse o sporga qualche parte del corpo fra organi
che possono entrare in movimento devono essere provviste di
dispositivi che assicurino in modo assoluto la posizione di
fermo della macchina e dei suoi organi durante l'esecuzione
di dette operazioni", conferma l'addebito di colpa specifica
già mosso all'imputato, relativo alla mancata installazione
di un microinterruttore "determinante l'immediata interruzione
del movimento delle pale in caso di apertura del portello di
accesso, aprendo appunto il quale l'operaio infortunatosi aveva
introdotto all'interno della macchina la mano sinistra per effettuare
la pulizia".
"La conferma della applicazione del dispositivo di sicurezza
- prosegue la Corte- è offerta dai dati che l'incidente
si verificò e non si sarebbe verificato se il dispositivo
fosse stato installato, e che dopo l'infortunio fu (effettivamente
e conseguentemente: ndA) applicato".
In tale prospettiva di analisi la Cassazione non ha remore nel
rigettare i rilievi difensivi che "la macchina era stata
lasciata in movimento per dimenticanza dagli operai del turno
precedente, il movimento delle pale era visibile dall'esterno,
era stata accesa una spia luminosa indicante il funzionamento
della macchina", tenuto altresì conto che il boccaporto
della macchina essiccatrice "era angusto e male illuminato
(sicché l'operatore ben difficilmente avrebbe potuto
notare il moto delle pale all'interno)", e che "la
collocazione della spia luminosa, nella parte posteriore della
macchina, non era idonea a fornire immediato avvertimento di
situazione di pericolo".
L'opinione della Suprema Corte è che, se anche si volesse
ritenere il profilo di colpa concorrente dei precedenti colleghi
di lavoro dell'infortunato, il datore di lavoro si rese "comunque
responsabile di specifica violazione di prescrizioni in materia
antinfortunistica, in quanto la normativa relativa è
diretta a prevenire gli effetti pure della condotta colposa
dei lavoratori per la cui tutela è dettata".
La pronuncia della Cassazione è ispirata alla logica
della tutela c.d. "oggettiva" del luogo di lavoro,
che -con riguardo ai dispositivi di protezione da apporre sulle
macchine- deve essere assicurata prescindendo dai fattori di
variabilità individuale riconducibili alla condotta (distratta,
imprudente, eccessivamente confidente, etc.) dei lavoratori.
Il principio della tutela oggettiva del luogo di lavoro è
principio informatore di tutta la normativa prevenzionistica
e di igiene del lavoro, nel senso che l'ambiente lavorativo
deve essere reso (oggettivamente) sicuro e salubre (Così,
tra le altre, Cass. pen., sez. IV, 17 marzo 1989, Carotti; Cass.
pen., sez. IV, 12 gennaio 1990, Bovienzo; Cass. pen., sez. IV,
4 maggio 1993, Moresco; Cass. pen., sez. IV, 3 giugno 1993,
Pusceddu; Cass. pen., sez. IV, 27 settembre 1995, Bardelli e
altro; Cass. pen., sez. IV, 10 dicembre 1996, Lucibello e altro),
e ciò vale finanche con riferimento ai soggetti estranei
all'azienda, che ivi si trovino solo occasionalmente e per ragioni
non connesse con lo svolgimento di attività lavorativa,
purché l'accesso al luogo di lavoro avvenga lecitamente
(Cass. pen. sez. IV, 18 giugno 1999, Caldarelli).
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