PARTE PRIMA:
I FONDAMENTI DELL'INSEGNAMENTO

CAP. I - La finalità dell'educazione

 

1.1 Necessità dell'educazione

L'uomo é tale sin dalla nascita, e ha in potenza questa condizione fin dal momento del concepimento. Ma mentre esercita, mettendole immediatamente in uso sin da quando viene al mondo, funzioni come quella respiratoria o della nutrizione, le facoltà intellettive e volitive, invece, non le pone in atto immediatamente, ma, possedendole momentaneamente in potenza, le attua man mano che cresce.
Quest’attuazione delle facoltà nel corso della crescita, può realizzarsi in modo più o meno retto, oppure anche perniciosamente.
L'educazione é il processo con cui l'uomo giunge a fare un retto uso delle sue facoltà, fino a riuscire ad ottenerne l'abito. Questo é evidente per qualunque persona con una minima dose di buon senso; la discussione e la divergenza potranno sorgere su cosa sia retto, su ciò in cui consiste il retto uso delle proprie facoltà, ma non sul considerare l'educazione come un processo che tende al fine segnalato.
Pensare, per esempio come Rousseau nell’Emile - e nonostante l’esistenza di una corrente rivoluzionaria che ne ha seguito le idee (1) - che "la prima educazione deve essere puramente negativa" (2), che "l’unico abito che si deve lasciare acquisire al bambino é quello di non acquisirne nessuno" (3), é qualcosa che nessuno può razionalmente credere; ovvero che per credere una cosa simile, deve essere guidato da una coscienza rivoluzionaria, completamente sviata (4).
Il bambino nasce assolutamente inabile in tutti i campi; abbandonato a se stesso, non tarderebbe a morire; abbisogna d’ampie cure per potersi gestire da solo, sia fisicamente, che intellettualmente e moralmente.
L’uomo, soprattutto nella sua infanzia e adolescenza, ha bisogno di essere aiutato a raggiungere uno sviluppo armonico. E’ cosa che si consegue per mezzo dell’educazione, che perciò può essere considerata, nelle parole del professor Puy (5) come "l’insieme delle attività umane che conducono allo sviluppo armonico e illimitato della personalità (fisica, psichica, culturale e morale) umana in un senso integro e totale". A questo fine e come conseguenza dell’abbandono in cui nasce, ha bisogno di essere guidato, diretto; perciò, scrive Creuzet (6): "Educare é dirigere l’uomo nella sua crescita fisica, intellettuale, estetica, morale, sociale e religiosa".
Uno sviluppo armonico si ottiene acquisendo l’abitudine ad usare rettamente delle proprie facoltà, e in ciò consiste la direzione della sua crescita: solo così é possibile evitare che cada nelle peggiori deviazioni. Solo se gli si fornisce una guida certa sarà possibile uno sviluppo armonico e una crescita sana e adeguata alla sua natura d’uomo. L’educazione deve fornire all’uomo quella guida, quel cammino, quelle regole e modelli di condotta in conformità dei quali dovrà abituarsi ad operare per raggiungere il suo fine, per agire rettamente (7).
Da ciò risalta che l’educazione non é fine a sè stessa, ma un mezzo; il mezzo per sviluppare correttamente le facoltà dell’uomo.

Come scrive Vallet de Goytisolo (8), "l’educazione completa deve abbracciare i sensi, la coscienza, l’intelligenza e la volontà"; e, come segnala Marcel de Corte, "senza che ci possa essere rottura o separazione tra essi, perché non si può parlare di educazione dell’intelligenza o educazione della volontà, ma solo dell’educazione che li ingloba tutti".

1.2 Apprendere a voler fare un retto uso delle proprie facoltà: intelligenza e volontà.

L’uomo si muove per mezzo della propria volontà, che lo porta ad operare secondo quanto suggerito dalla sua intelligenza. Intelligenza e volontà sono le facoltà primordiali e caratteristiche che, con l’eccezione degli angeli, distinguono l’uomo da tutti gli altri esseri della creazione.
L’intelligenza può però informare l’uomo erroneamente, per cui bisogna apprendere a usare bene di essa, ragione per cui si deve educarla. Nello stesso tempo l’uomo ha bisogno di abituarsi ad operare col bene che essa propone e non in base al proprio capriccio, motivo per il quale deve ancora essere educata.
D’altra parte, l’uomo conosce la realtà primariamente attraverso i suoi sensi, i quali, assieme al linguaggio, gli permettono di differenziare una cosa dall’altra, in modo che la differenziazione fatta sia la stessa che fa il resto della società.
Da ultimo, bisogna aggiungere che esistono il bene e il male morale, e che l’uno é diverso dall’altro; che bisogna fare il bene ed evitare il male.
Orbene, i sensi, l'intelligenza e la volontà, così come la coscienza, necessitano di essere guidati, educati, perché il loro uso sia retto, adeguato alla realtà.
Il primo dovere dell’educazione consiste nel mostrare al bambino, all’uomo, la natura delle cose, il loro essere; sviluppare la sua intelligenza perché sappia leggere nella natura e impari a pensare a contatto con la realtà che lo circonda; imparare e scoprire che ci sono delle leggi che la governano e che c’è una causalità e una finalità; captare che esiste un ordine di valori, che alcuni fini sono superiori ad altri e che la sua volontà deve muoversi in conformità a quei valori, preferendo i più alti agli inferiori; agire secondo la gerarchia dei fini che é percepibile nell’ordine della natura e non secondo il suo capriccio; rendersi conto che ogni trasgressione di quell’ordine porta in sé stessa, a scadenza più o meno ravvicinata, il proprio castigo, non solo nella vita eterna ma anche in questo mondo.
Solo così é possibile evitare che l’uomo si raffiguri la realtà "a modo proprio", col che cadrebbe in utopie e deformazioni fondamentali.
Non si tratta di far sì che l’educazione fornisca al bambino tutti i come e i perché, ancorché debba dargli le basi perché possa arrivare a conoscerli, bensì di fargli comprendere l'esistenza di una verità; che la realtà delle cose, la natura, ha alcune regole a cui obbedisce, che allo stesso uomo sono state date alcune leggi che non può impunemente trasgredire.
L’educazione deve far conoscere l’esistenza di un ordine sin dalla prima infanzia. Ordine che é oggettivo e che, pertanto, non dipende dalla sua immaginazione, né può venire creato secondo la propria volontà, ma che deve essere scoperto nella natura, attraverso la cui osservazione é possibile conoscerlo.
Il retto uso delle proprie facoltà cui prima alludevamo, quell’abito che menzionavamo, é precisamente l’agire umano in modo conforme a quelle leggi che non si possono trasgredire; l’adeguamento dell’attività umana a quell’ordine, ordine naturale e oggettivo.
Tuttavia l'uomo non si esaurisce in questa dimensione meramente naturale. L'uomo é un essere di fini, fini che hanno un ordine gerarchico. Sopra a tutti i fini possibili che l’uomo può perseguire, ne spicca uno che é specifico dell’uomo e comune a tutti i suoi simili, essendo tutti dotati di un'anima immortale: la salvezza eterna.
L’educazione deve specialmente far leva su questo, che, in definitiva, é la cosa più importante per l’uomo, di fronte alla quale qualunque altra cosa, dimenticando quel fine, manca di importanza in assoluto.
Quel fine ultimo e supremo é precisamente la meta dello sviluppo delle proprie facoltà, dato che é la meta dell’uomo e, perciò, fine dell’educazione. Il retto uso delle proprie facoltà, quella serie di abiti che bisogna acquisire, consiste fondamentalmente nell’avere come meta Dio cui tendere sempre.
L’educazione, pertanto, si propone di far raggiungere all’uomo il suo fine ultimo e supremo. Il fine più importante dell'educazione, il vero fine, essendo fine dell'uomo, é lo sviluppo delle facoltà umane per condurlo, per guidarlo a Dio. L’acquisizione di abiti che lo conducano a Dio é la sua finalità primordiale.
Occorre, perciò, educarlo alla conoscenza di Dio e al fatto che Egli ha stabilito una legge eterna dalla quale, in definitiva, sono governate tutte le cose, dalla quale deriva la legge naturale e l’ordine della creazione, di cui fa parte l’ordine sociale.

In quel processo che é l’educazione, questa deve insegnare a pensare, e a pensare bene. Ma come osservava Balmes (9), "il pensare bene consiste nel conoscere la verità o nel dirigere il giudizio che porta ad essa. La verità é la realtà delle cose. Quando le conosciamo come sono in sé, raggiungiamo la verità".
Educazione e verità, pertanto, sono intimamente legate, perché ogni conoscenza si basa sulla verità. Tutta l’educazione che non sia fedele alla verità, per ciò stesso, cesserà d’essere tale e diventerà corruzione, perché solo fondandosi nella verità l’uomo può educare il giudizio e la volontà, perseguire il bene.

1.3 Si può prescindere dall'educazione religiosa?

Ma la verità non é soltanto quella naturale; ci sono verità naturali e verità soprannaturali, religiose. L’educazione non può considerare solo le prima (dell’ordine della natura) ma deve considerare le une e le altre assieme. Il fatto é che tanto l’ordine naturale come quello soprannaturale sono creati da Dio e fra di essi non solo non c’è alcuna contraddizione, ma perfetta armonia ed entrambi sono perfettamente complementari l’uno verso l’altro.
Orbene, a causa della finitezza dell’uomo, questi non può raggiungere l’infinitezza del fine supremo - che é Dio stesso - da solo, ma abbisogna necessariamente dell’aiuto di Dio. L’educazione deve impartire all’uomo la conoscenza della necessità di quell’aiuto, così come quella dei mezzi necessari per ottenerla e mantenerla.
L’educazione, pertanto, deve essere religiosa. L’educazione non può essere concepita che nella verità e, siccome l’unica vera religione é quella cattolica, l’educazione deve svolgersi nella verità cattolica, unica verità. Questo é fuori discussione per ogni cattolico: considerando la questione - non soggettivamente ma oggettivamente - non vi può essere alcun dubbio, non solo che l’educazione perfetta é l’educazione cristiana, l’educazione cattolica, ma che non si può neppure dubitare sia la sola che - come cattolico ed educatore - può ammettere.
E’ per questo motivo che Pio XI nell’enciclica dedicata all’educazione, Divini illius Magistri, ha segnalato: "L'educazione consiste essenzialmente nella formazione dell'uomo, quale egli deve essere e come deve comportarsi in questa vita terrena per conseguire il fine sublime per cui é stato creato", per cui "é chiaro che, come non può darsi vera educazione che non sia tutta ordinata al fine ultimo, così, nell'ordine presente della Provvidenza, dopo cioé che Dio ci si é rivelato nel suo Figlio Suo Unigenito, che solo é "via e verità e vita", non può darsi adeguata e perfetta educazione all’infuori dell'educazione cristiana" (10).
Questo non é solo il fine specifico dell’educazione religiosa bensì lo è d’ogni educazione, poiché ogni dissociazione che pretendesse di stabilire due tipi d’educazione - una laica, cioè con la religione al margine, ed un’altra religiosa - non fa che separare come due parti - se non in antagonismo, almeno scisse - quanto non può essere diviso nell’uomo, che ha un’unica natura. Come ricordava Pio XI "Non si deve mai perdere di vista che il soggetto dell’educazione cristiana é l’uomo tutto quanto, spirito congiunto al corpo in unità di natura in tutte le sue facoltà, naturali e soprannaturali, quali ce lo fanno conoscere la retta ragione e la Rivelazione" (11).
Di conseguenza, nei paesi cristiani e per tutti i cattolici, ovunque si trovino, l'educazione deve essere cattolica. Esistono poi luoghi e persone ai quali non é giunta la dottrina cattolica o che non sono cattolici: lì non si potrà pretendere che l'educazione sia cattolica e per costoro non si potrà imporre un'educazione cattolica volta a far conoscere e praticare il cattolicesimo: una vera libertà d’insegnamento permetterà che ricevano l'educazione che i padri desiderano per i loro figli. Questo non é cambiare la norma, in virtù della quale l’educazione deve essere cattolica per essere completa e perfetta, ma constatare che é cambiata la materia su cui essa si attua.
Tuttavia, in quei casi, l’educazione sarà imperfetta benché debba comunque stringersi alla legge naturale rispetto alla quale tutti gli uomini, cattolici e non, siamo sottoposti ed obbligati a darle compimento.

1.4 Educazione e insegnamento

Si deve far notare che il concetto d’educazione che abbiamo delineato, vale a dire l’apprendistato dell’uomo nell’acquisizione di abiti coi quali faccia un retto uso delle proprie facoltà, racchiude in sé tutte le sfaccettature della personalità.
Oggi, sebbene si parli di "educazione integrale" - e forse proprio perché si aggiunge un aggettivo a quanto per suo stesso concetto non dovrebbe essere aggettivato -, si svia il significato dell’educazione: a volte restringendolo e altre deformandolo. E’ il prodotto dell’attuale confusione terminologica e concettuale che si riconosce, come segnala Vallet de Goytisolo (12) dalla "attuale Babele di ideologie, in virtù della quale ciascuno, invece di usare parole diverse per designare la stessa cosa, vogliamo indicare cose diverse usando le stesse parole".
Non deve meravigliare che parlando di educazione si pensi unicamente all’educazione intellettuale oppure venga considerata solo come acquisizione di tecniche e conoscenze meramente libresche o mnemoniche, e che ci si dedichi soltanto alla loro erogazione, indipendentemente da aspetti tanto fondamentali come la formazione morale o la formazione del carattere. Si giunge così a ridurre l’educazione ad istruzione sminuendone il campo d’azione ed il concetto. L’istruzione é un aspetto dell’educazione, fa parte di questa, ma deve essere molto variata e dipendente dalle caratteristiche di tempo e luogo, di quel che richiede ogni uomo in particolare, proprio perché l’educazione é educazione d’ogni uomo concreto.
D’altra parte la stessa istruzione che si riceve con l’insegnamento, non può essere in contrasto con l’educazione come l’abbiamo considerata, né entrare in conflitto con questa, in modo che il fine dell’educazione non possa essere, non solo attaccato o impedito dall’istruzione e dall’insegnamento, ma neppure velato od offuscato.
Un insegnamento che pretendesse di fare astrazione dalla finalità dell’educazione sarebbe pregiudizievole di per se stesso, pretendendo di separare nell’uomo - o prescindere da - una serie di sfaccettature e caratteri che formano un’unità indivisibile.
L’insegnamento, pertanto, deve pure procurare (come elemento integrante dell’educazione) l’acquisizione da parte dell’uomo di abiti per cui lo sviluppo e l’uso delle proprie facoltà sia retto. Abiti che consistono nell’acquisizione della virtù, nella crescita in essa, cosa in cui, per Socrate (13), consisteva la vera sapienza, in modo che il saggio era l’uomo che praticava la virtù e l’uomo più saggio anche il più virtuoso.

Come scriveva Balmes(14): "l’intelligenza sottomessa alla verità; la volontà sottomessa alla morale; le passioni sottomesse all’intelligenza e alla volontà; il tutto illuminato e diretto, innalzato dalla religione. Ecco l’uomo completo, l’uomo per eccellenza: nella ragione la luce, nell’immaginazione i colori, nel cuore la vita, la divinizzazione nella religione".

L’insegnamento deve tenere presente ciò, senza credere che sia indipendente da tutto quel che concerne la mera trasmissione di conoscenze.
Il fatto é che l’insegnamento deve essere educativo, come osservava Henri Charlier (15): "La meta dell’insegnamento non consiste nel far ritenere nella memoria del bambino quante più cose possibili, ma nell’insegnare loro a pensare. Che la memoria si riempia d’innumerevoli conoscenze ammassate da generazioni di uomini é cosa del tutto inutile se l’intelligenza non sa come unirle in idee e classificarle" (16).
L’apprendistato e lo sviluppo in cui consiste l’educazione non può essere ottenuto dall’uomo isolato, per impossibilità naturale, ma richiede l’aiuto e la guida di altri uomini. Si arriva, così, alla questione che sarà oggetto del prossimo capitolo - cioé a chi spetta educare ed insegnare e per quale ragione possiede quella facoltà -, cosa che oggi ha la massima importanza poiché, dalla risposta che le si dà dipende nulla di più e niente di meno (e per questo non si esce assolutamente dalla trattazione) che il futuro dell’uomo e la sua libertà, e, di conseguenza, il futuro della società e della civiltà.

1.5 Attualità del concetto tomista di educazione

Per concludere questo capitolo é senz’altro conveniente riportare il concetto di educazione di san Tommaso d’Aquino che, pur nella sua brevità, é perfetto: "Traductionem et promotionem usque ad perfectum statum hominis in quantum homo est, qui est statum virtutis" , cioé "direzione e promozione (della prole) allo stato perfetto di uomo in quanto uomo, che é lo stato della virtù" (17).

In detto concetto é contenuta la causa finale dell’educazione, "lo stato di virtù". Questo é il fine ultimo che ingloba l’intero uomo, anima e corpo.
Accanto a quel fine ultimo dell’educazione, si coglie pure il fine prossimo o immediato, che é la perfezione delle facoltà, la formazione degli abiti morali e intellettuali, per mezzo della direzione e promozione, che portano allo stato di virtù.
La persona umana, l’uomo, l’educando, sono la causa efficiente prossima dell’educazione; perciò si parla di "promotionem": promozione o sviluppo dell’essere che si perfeziona fino a giungere allo stato di virtù, attraverso la sua volontà diretta dall’intelligenza; ma anche attraverso l’ausilio del padre o del maestro (dell’educatore) - perciò é "traductionem" -, che lo dirigono e guidano, in modo da essere la causa efficiente remota dell’educazione.
Lo stesso uomo é la causa materiale dell’educazione: le sue facoltà in modo prossimo e la persona stessa la causa remota.
Per ultimo, la causa formale, che risiede nella volontarietà dell’uomo, dell’educando ed anche in quella del maestro o del genitore educatore.
Da qui il fatto che l’educazione non possa considerarsi mera istruzione che forma solo le facoltà intellettuali e prescinde da quelle morali; che si proponga un fine diverso da quello concernente tutta la persona, e pretendendo che si limiti a trattare con un educando passivo, che non metterebbe nulla di suo e con cui l’educatore farebbe una specie d’uomo-robot. E’ lo stesso educando la causa efficiente dell’educazione: perciò, le moderne teorie pedagogiche, come quelle di Paulo Freire (18), partono da una falsa base quando pretendono di fare la rivoluzione nell’educazione basandosi sulla passività, sull’attitudine meramente ricettiva dell’educando.

Tuttavia, non si deve neanche lasciare che sia l’educando - il soggetto stesso dell’educazione -, chi si educa da solo, senza la guida e l’aiuto del padre o del maestro. Costoro sono elementi, parti fondamentali nell’educazione, in quanto sono un ausilio necessario al processo educativo, allo sviluppo armonico che la persona deve raggiungere.
Perciò, tanto nell’uno che nell’altro caso, prescindendo dalla causa efficiente prossima o dalla causa efficiente remota, si tratterà di un’educazione falsa, di un’attività perniciosa, per il prescindere da alcuni dei suoi aspetti fondamentali. Come vedremo, gran parte degli errori attuali sono dovuti al prendere la parte per il tutto.
Nel capitolo seguente vedremo precisamente quale é la causa efficiente remota, vale a dire, a chi spetta educare e insegnare.

NOTE

(1) Cfr. Jacques Tremolet de Villers: La educaciòn revolucionaria, in Verbo 119-120, novembre-dicembre 1973, pp. 973 e succ. [http://web.tiscalinet.it/educazione/]; Jean de Viguerie: Aux origines de la pédagogie moderne, in L’ordre Français, n. 199, aprile 1976, pp. 42 e succ.

(2) Jean Jacques Rousseau: Emile, Fontanella, Barcellona, 1973, p. 131; J. Tremolet de Villers, op. cit., p. 978.

(3) J. J. Rousseau: op. cit., p. 110; J. Tremolet de Villers, op. cit., p. 980. Anche le correnti libertarie e anarchiche da Tolstoi ai nostri giorni, nonostante il rifiuto teorico d’ogni educazione in quanto contraria alla libertà del bambino, finiscono col riconoscere in pratica (e a volte anche nei loro scritti), per quanto anarchiche e libertarie siano, l’influenza della scuola e del maestro sul bambino. Non potrebbe essere altrimenti, dato che da quando esiste una scuola o un maestro, essa influisce sempre necessariamente sul bambino, e, di conseguenza, lo guida, conduce o aiuta in qualche direzione, anche se questa é anarchica o libertaria. Cfr., per tutti, Jean Marie Basse: Las corrientes libertarias, nel volume La pedagogìa en el siglo XX, Narcea, Madrid, 1977, pp. 155-189; egli segnala che "nonostante i loro propositi, i libertari non cessano di influenzare i loro bambini attraverso il loro modo di vivere, i loro atti e le loro relazioni, nello stesso modo in cui li influenza la società in cui vivono, i suoi abiti e costumi. Ogni società influenza i suoi membri, sicché si può affermare che, in questo senso, l’educazione esiste sempre", p. 185.

(4) L’influenza di Rousseau é notevole in gran parte della pedagogia moderna. Al riguardo basta consultare qualunque manuale. Così, J. M. Moreno, A. Poblador e D. del Rìo: Historia de la educaciòn, Paraninfo (BIE), Madrid, 1974, pp. 420 e succ., Francisco Larroyo: Historia general de la pedagogìa, Porrua, 12.a ed., Messico, 1973, pp. 612 e succ.; Dante Morando, Pedagogia, Morcelliana, Brescia 1951, pp. 206 e succ.; Emile Planchard: La pedagogìa contemporanea, Rialp, 6.a ed., Madrid, 1975, pp. 374 e succ.


(5) Francisco Puy Muñoz: La educaciòn ante el derecho natural, Verbo, n. 109-110, novembre-dicembre 1972, p. 915 [cfr. pure Concilio Vaticano II, Dichiarazione sull’educazione cristiana Gravissimum educationis, del 28-10-1965, n. 1: "La vera educazione deve promuovere la formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo sia per il bene delle varie società, di cui l’uomo è membro ed in cui, divenuto adulto, avrà missioni da svolgere" n.d.t.].


(6) Michel Creuzet: L’Enseignement, Club du livre civique, Parìs, 1965, p. 7. Cfr. pp. 342-358 [cfr. pure Dichiarazione Gravissimum educationis, cit., n. 1: "Pertanto i fanciulli (…) devono essere aiutati a sviluppare armonicamente le proprie facoltà fisiche, morali e intellettuali (…) ed all’amore di Dio"; Cfr. Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, La scuola cattolica, del 19-3-1977, n. 49: "Nello svolgere la sua missione specifica — che è di trasmettere in modo sistematico e critico la cultura alla luce della fede e di educare il dinamismo delle virtù cristiane, promovendo così la duplice sintesi tra cultura e fede e tra fede e vita — la Scuola Cattolica è consapevole dell'importanza dell'insegnamento della dottrina evangelica come è trasmessa nella Chiesa Cattolica. Esso, infatti, è elemento fondamentale dell'azione educativa, inteso a orientare l'alunno verso una scelta cosciente, da vivere con impegno e coerenza"; n.d.t.].


(7) Già Aristotele aveva osservato che gli elementi che intervengono nell'educazione sono tre: natura, abito e ragione. L'educazione deve procurare l'acquisizione dell'abito delle virtù, per le quali l'uomo fa un retto uso delle sue facoltà, subordinate e ordinate secondo la retta ragione. Cfr. Aristotele, Etica Nicomachea, traduzione di Maria Araujo e Juliàn Marìas, ed. Instituto de Estudios Politicos, Madrid, 1970, Libro II, 1-6, pp. 19-27; Libro VI, 13, pp. 100-101. Cfr. Aristotele, Politica, traduzione di Patricio de Azcàrate, ed. Espasa Calpe, col. Austral, 10.a ed., Madrid, 1965, p. 143. Sull’educazione secondo Aristotele: Maria Angela Galino: Historia de la educaciòn. Edades Antigua y media, ed. Gredos, 2.a ed., Madrid, 1973, pp. 201 e succ.


(8) Juan Vallet de Goytisolo: Sociedad de masas y derecho, ed. Taurus, Madrid, 1969, p. 614.

(9) Jaime Balmes: El criterio, Obras completas, Tomo III, ed. B.A.C., Madrid, 1948, p. 488.


(10) Pio XI, enciclica Divini illius Magistri, del 31-12-1929, in Tutte le encicliche dei sommi pontefici, Dall’Oglio editore, V ed., Milano 1979, p. 845. Sul contenuto di questa enciclica, si può consultare con profitto - nonostante alcune riserve - José Antonio Riestra, La libertad de enseñanza, Palabra, Madrid 1975. In esso é spiegato il contenuto dell’enciclica, annessa come appendice [cfr. pure Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2226 e succ.; n.d.t.].


(11) Ibid., p. 858.


(12) Juan Vallet de Goytisolo, Algo sobre temas de hoy, ed. Speiro, Madrid 1972, p. 105.


(13) Estanislao Cantero, Paulo Freire y la educaciòn liberadora, Speiro, Madrid 1975, pp. 65 e successive.


(14) Jaime Balmes, op. cit., cap. XXII, n. 60, p. 673.


(15) Henri Charlier, Culture, école, métier, Nouvelles Editions Latines, Parigi 1959, p. 25.


(16) Cfr. Jean de Viguerie, op. cit., per quanto concerne il disprezzo da parte della pedagogia moderna della reale natura dell’intelligenza umana, ossia la capacità d’astrazione.


(17) San Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, Casa Editrice Adriano Salani (ora Edizioni Studio Domenicano di Bologna), Roma 1972, Suppl. q. 41, a. 1. [Il p. Centi O.P., così lo traduce: "La natura non mira soltanto alla generazione della prole, ma anche al suo sostentamento e alla sua educazione fino alla maturità perfetta dell’uomo in quanto uomo, cioé alla formazione nella virtù", N.d.T.]


(18) Cfr. Estanislao Cantero, op. cit.. Cfr. San Tommaso, tanto nelle quaestiones della Summa quanto nella quaestio XI De veritate: De Magistro.