CONCLUSIONE

 

La restaurazione dei corpi intermedi,
garanzia di libertà

 

Come evitare i futuri pericoli ed i mali già attuali che abbiamo visto imporsi e propugnare? Come tornare alle esigenze naturali dell’educazione e dell'insegnamento esposte nella prima parte?

Benchè il "senso della storia" segni tale direzione unitaria, assorbente, per la quale il potere politico si appropria del potere culturale, tale situazione non costituisce un processo irreversibile. La marcia verso il socialismo - perchè il fondere il potere politico con quello culturale è socialismo -, o verso la tecnocrazia, non è irreversibile (1).

Non esiste un senso irreversibile della storia verso il socialismo, verso la tecnocrazia o verso qualunque altro totalitarismo, democratico o no: l’uomo, infatti, è libero, ed è lui a fare la storia. Se l’irreversibilità fosse certa, la cooperazione e l’accelerazione alla storia, in senso marxista, da parte dell’uomo sarebbe indifferente, come pure la sua opposizione ad essa: è una cosa che sembra non essere gradita a quanti vogliono farci credere all’irreversibilità.

Non esiste un senso irreversibile della storia al socialismo perchè, come segnala Jean Madiran, "il senso cristiano della storia è l’unico senso della storia che esista. Non ce n’è un altro. Non ci sono concorrenti nè rivali. Solo il cristianesimo ci fa conoscere l’origine della storia, che risale, oltre l’umanità ed il mondo materiale, alla ribellione degli angeli; è l’unico che ci fa conoscere il peccato originale, la Promessa d’un Redentore, l’Incarnazione del Figlio di Dio nel centro della storia umana; e la meta di tutto ciò, la fine della storia, il completamento del numero degli eletti. Uno può rifiutarsi di credervi: ma non c’è nient’altro da proporre, nulla con cui sostituirlo in quanto concerne l’origine e la fine della storia umana" (2).

Si tratta, di conseguenza, di evitare le cause ed i motivi che originano la minaccia reale per la quale l’uomo è incamminato verso la sua distruzione totale, e di tornare nuovamente all’osservanza della natura, al compimento dell’ordine naturale e della Volontà di Dio, Creatore di tutte le cose e nostro Padre, perchè, come ha segnalato San Pio X "non si costruirà la città diversamente da come Dio l’ha costruita […]; no, la civiltà non è più da inventare, né la città nuova da costruire sulle nuvole. Essa è esistita, essa esiste; è la civiltà cristiana, è la città cattolica. Si tratta unicamente d’instaurarla e di restaurarla senza sosta sui suoi fondamenti naturali e divini contro gli attacchi sempre rinascenti della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà: omnia instaurare in Christo" (3).

"Sono le idee che guidano il mondo: alla prosperità, se sono vere; alla catastrofe, se sono false", scriveva Victor Pradera (4), mentre Eugenio Vegas non ha smesso di ripetere la frase di le Play: le idee, più dei vizi, sono le corruttrici dei popoli (5).E le idee si trasmettono fondamentalmente attraverso l’educazione e l’insegnamento: eccone spiegata l’importanza fondamentale. Perciò, ad un’educazione ed un insegnamento fondati sui principi immutabili della verità, basata, sull’ordine naturale, corrisponde la vera prosperità, appoggiata sui suoi pilastri più solidi.

Come ottenerla?

Il problema si riduce e contemporaneamente abbraccia la libertà d’insegnamento. Si tratta di far sì che regni la libertà d’insegnamento - come è stata esposta nel IV capitolo - eliminando tutto ciò che vi si oppone.

A mio modo d’intendere il problema si fonda su quattro diversi aspetti, connessi tra loro: rispetto verso l’opera dello Stato; rispetto nei confronti del lavorio della società, intesa come corpo organico; rispetto verso i genitori; rispetto verso l’opera personale di ciascun uomo.

Nel primo aspetto, è necessario che lo Stato ed i governanti che esercitano il potere, tornino a preoccuparsi del bene comune, dell’autentico bene comune che presuppone la separazione del potere politico da quello culturale.

E’ necessario che al posto della politica attuale - spesso puramente demagogica, con la quale si procura l’accrescimento della statalizzazione potando ogni giorno di più le libertà concrete dell’uomo -, si renda possibile l’iniziativa privata, si faccia marcia indietro e si ritorni ai principi basilari dell’ordine sociale.

Un ordine sociale che è frutto dell’armonia (6) delle parti che compongono la società: "Rex eris si recte facias, si non facias non eris" (7), perchè, "regnum non est propter regem, sed rex propter regnum" (8).

La statalizzazione annichilisce la società che scompare quando ci sono solo lo Stato da un lato, e degli individui isolati (che essendo massificati non avranno la possibilità di difendersi da esso) dall’altro.

D’altro canto, gli stessi governanti sono interessati all’organizzazione sociale naturale e, pertanto, alla libertà d’insegnamento. Solo una visione miope e parziale può far credere che la concentrazione del potere li favorisca. Chi distrugge il tessuto sociale, concentrando il proprio potere, lancia delle pietre sul proprio tetto, contro sè stesso, i suoi discendenti e lo Stato. La maggiore difesa dell’ordine politico e dello Stato è la stessa organizzazione sociale. Diversamente, le masse che oggi li applaudono domani li detronizzeranno, come fanno tutti quelli che - sradicati e massificati, senza nulla da perdere -, si buttano tra le braccia di chi promette un cambiamento della loro condizione, finchè, alla fine, cadono nella più assoluta tirannia.

In ogni caso, non crediamo che la soluzione venga da questo aspetto, bensì dagli altri tre che abbiamo segnalato, che se adoperati assieme potranno davvero ottenerla. La soluzione si trova nell’organizzazione sociale naturale per corpi intermedi (9), che racchiude quei tre aspetti del problema ed anche il primo di essi, che è l’unico modo di porre un efficace argine alla crescente concentrazione del potere da parte dello Stato; l’unico modo di mettere in pratica i fondamenti dell’insegnamento sviluppati nella prima parte di questo lavoro.

Oggi si parla di partecipazione e di diritti dell’uomo ma, in definitiva, non si tratta d’altro che di ampollose dichiarazioni fatte per incantare gli uomini, uomini sempre più massificati: quando si nega il diritto all’uso concreto delle loro libertà, plasmate nella realizzazione di imprese davvero comunitarie nelle quali la partecipazione d’ogni uomo è reale, non si tratta d’altro che di vane parole.

E’ tutta la società, sono tutti e ciascuno dei diversi corpi intermedi, a dover lavorare e difendere la libertà d’insegnamento; diversamente, con la scomparsa di quella, saranno essi stessi a perire. E a questo fine si deve avere la certezza che si tratta dell’unica soluzione, perchè è l’unica naturale. La sua messa in pratica richiederà l’interazione dei diversi corpi intermedi tra loro; così, per esempio, un’associazione di genitori che voglia realizzare ad un collegio, solleciterà l’aiuto di imprese, di corpi professionali, di associazioni culturali; imprese, ordini professionali o municipi che abbisognino di persone preparate, solleciteranno da altri, o al loro interno, l’aiuto economico, cercheranno professori, ecc. C’è un’insospettata pluralità e ricchezza di mezzi d’azione che, tuttavia, non vengono ricercati e messi in pratica: perciò non è possibile prescrivere una ricetta universale, essendo ogni caso concreto bisognoso di una propria soluzione, diversa e differente dalle altre.

Come ricorda Federico Cantero Nuñez (10), sono i genitori - e di conseguenza la famiglia che è il pilastro basilare della società, dell’ordine sociale ed il principale fattore di socievolezza e formazione di uomini concreti - il punto di partenza della dis-massificazione. I genitori, formando associazioni in cui raggrupparsi per meglio difendere i propri diritti (e contemporaneamente meglio svolgere i propri doveri) nei confronti dello Stato relativamente ai centri d’insegnamento, riusciranno a respingere gli insegnamenti non graditi per i loro figli, a far sì che siano educati secondo i loro desideri e vengano allontanati gli insegnanti che corrompono gli alunni sin dall’infanzia, ecc. A questo fine non si deve avere incertezza a dar corso ad azioni penali, se ciò si rendesse necessario, sempre in difesa del diritto inalienabile e del dovere irrinunciabile di educare i propri figli.

Infine, l’attività personale, che comincia da sè stessi, di studio finalizzato all’azione e al come agire: studio volto a conoscere ragioni ed argomenti, azione per la loro diffusione e messa in pratica. Si tratta di un lavoro spesso ingrato e faticoso, ma che solo può rendere possibile un’azione efficace, che sappia quel che si deve fare e come lo si deve fare.

E la formazione di uomini che sappiano cosa si deve difendere e diffondere e perchè, e come lo si deve fare. Una formazione di uomini che nel loro ambiente, sulla base delle loro possibilità, diffondano e propaghino le sole idee con le quali si potrà evitare la scomparsa della civiltà di fronte al totalitarismo ed all’automazione (11).

 

 NOTE

  1. Cfr. Juan Vallet de Goytisolo, Sociedad de masa y Derecho, Taurus, Madrid 1969; IDEM, Ideologia, praxis y mito de la tecnocracia; Montecorvo, II ed., Madrid 1975; IDEM, Lineas de defensa polìtico-jurìdicas frente al totalitarismo estatal, in Verbo, n. 124-125, aprile-maggio 1974; Estanislao Cantero, La mala conciencia en los cristianos y la marcha irreversible hacia el socialismo, in Verbo, n. 103, marzo 1972.
  2. Jean Madiran, Introducciòn sobre el sentido de la historia, in Verbo, n. 69, novembre 1968, pp. 677-678.
  3. San Pio X, lettera apostolica Notre charge Apostolique del 25 agosto 1910, Cristianità, Piacenza 1993, p. 12-13.
  4. Victor Pradera, El Estado nuevo, Cultura española, III ed., Madrid 1941, p. 21.
  5. Eugenio Vegas Latapie, Escritos politicos, Cultura española, Madrid 1940, p. 39.
  6. E. Cantero, Caracteristicas de la partecipaciòn, in Verbo, n. 155-156, maggio-giugno 1977; IDEM, El futuro de la libertad, in Verbo, n. 167, luglio-agosto 1978; IDEM, Armonìa, conferenza tenuta alla XVII Riunione degli amici della Ciudad Catòlica (8-10 dicembre 1978), in Verbo, n. 173-174, marzo-aprile 1979.
  7. Sant’Isidoro, Etimologìa, citato da Llorca, G. Villoslada e Montalbàn in Historia de la Iglesia Catòlica, vol. I, p. 677, B.A.C., IV ed., Madrid 1964.
  8. San Tommaso D’Aquino, De regimine principum, Cap. XI, citato da Jaime Balmes in El protestantismo comparado con el catolicismo, B.A.C., II ed., p. 571, Madrid 1967. Cfr. traduzione italiana, La politica dei principi cristiani, Cantagalli, Siena 1981.
  9. Cfr. Michel Creuzet, Los cuerpos intermedios, Speiro, Madrid 1964; J. Vallet de Goytisolo, Fundamento y soluciones para la organizaciòn por cuerpos intermedios, Speiro, Madrid 1970; ed il volume collettaneo Contribuciòn al estudio de los cuerpos intermedios, Speiro, Madrid 1970.
  10. Cfr. Federico Cantero Nuñez, Famiglia y masificaciòn, in Verbo, n. 171-172, gennaio-febbraio 1979; vedasi anche il volume La famiglia: sus problemas, Speiro, Madrid 1979.
  11. Cfr. E. Vegas Latapie, La causa del mal, in Acciòn española, n. 85, Marzo 1936, oppure in Verbo, n. 145-146, maggio-luglio 1976; IDEM, Doctrina y acciòn, in Acciòn española, n. 29, Maggio 1933, oppure in Verbo, n. 148-149, ottobre-novembre 1976; Jean Ousset, La acciòn, Speiro, Madrid 1969; Gonzalo Cuesta Moreno, Formaciòn de hombres de principios y de acciòn, Speiro, Madrid 1965; J. Vallet de Goytisolo, ¿Que somos y cual es nuestra tarea?, Speiro, Madrid 1977.