PSAICO CHILLER. CHESCHESE'!!




DI


STEVE TECKILA











































Grazie a Walter Potito Guarini, Indimenticabile fondatore degli Ackille Teckila

& The Underground Rebels e per la sua mania per il Foggia. E per aver dato vita insieme a

me al personaggio radiofonico di Vitantonio Belluzzi.


Grazie a Campanellino, musa ispiratrice di questo racconto.


Grazie alla protagonista, che mi ha giustamente chiesto di camuffarla per proteggerla con l'anonimato.


Grazie a David Byrne e ai Talking Heads per la colonna sonora.


Grazie ad Andrea Niccolini e Francesco Rosi, amici da un periodo immemorabile e caompagni di giochi nel mantenere in vita il primo gruppo Rock italiano in ordine alfabetico.


Grazie a Raffa e Zu per aver corretto il mio pessimo italiano


Grazie a Manuel Vàsquez Montalbàn, per quello che ha scritto e per quello che ci ha insegnato sul mangiare e bere.


Grazie a Pepe Carvalho, che ci ha insegnato a bruciare i libri.
























I



Campanellino: (23.15)
"Ricominciano"

Steve Teckila: (23.17)
"I tuoi coinquilini?"

Campanellino: (23.18)
"Sì, Lei gli sta urlando qualcosa.
Non so come lui la possa sopportare.
Ma del resto: lui nero e musulmano, lei
bianca e non pratica nessuna religione.
Dovresti sentire le discussioni quando lei
mangia carne di maiale e beve vino."

Steve Teckila: (23.20)
"Cosa fai allora? Rimani lì in quel casino

o cerchi una altra sistemazione?"

Campanellino: (23.21)
"Non lo so ancora. Il periodo della caparra sta per finire.
Manca una settimana. Non ho ancora deciso
di rimanere. Ci devo pensare. Ho ancora un po'
di tempo. A Roma non è mica facile trovare
una stanza a buon prezzo."

Steve Teckila: (23.22)
"Almeno ti sei informata presso i carabinieri?"

Campanellino: (23.24)
"Questo sì. Ma non ho risolto un granché.
Ho beccato un maresciallo di Bari, come me.
Pensavo che mi avrebbe dato una mano.
ma..."

Steve Teckila: (23.25)
"Ma?"

Campanellino: (23.27)
"Questo maresciallo Belluzzi, Vitantonio Belluzzi, mi
ha spiegato che non può fare nulla. Se non succede qualcosa
possono urlare e litigare quanto vogliono."

Campanellino: (23.29)
"Dice che se fosse un reato litigare fra moglie e marito
si sarebbe costruito un muro sulle Alpi e trasformato l'Italia
in un immenso carcere."

Steve Teckila: (23.31)
"Bello stronzo. Se ne è lavato le mani."

Campanellino: (23.32)
"Sì. :-((("

Steve Teckila: (23.33)
"Sì, ma cazzo, fare questo casino. E' quasi mezzanotte!!
Non esiste più il reato di disturbo di quiete pubblica?"

Campanellino: (23.34)
"Quasi mezzanotte?"

Steve Teckila: (23.36)
"Sì. Ma che hai un Pc a manovella che non ha nemmeno
un orologio? ;-))"

Campanellino: (23.37)
"CAZZO!!!"

Steve Teckila: (23.38)
"Che succede? Cazzo c'è Raffy?"

Steve Teckila:  (23.39)
"Ehi, c6?"



Steve Teckila: (23.40)
"Sei ancora lì?"



La risposta gli arrivò dal programma di messaggistica istantanea.
La sua compagna di chat non era più in linea



II





Aveva cominciato a chattare con Campanellino dopo qualche e-mail privata. Frequentavano tutti e due una Mailing List, la Zone, creata da un tale che campava di pubblicità su a Milano. Lei si era trasferita da poco a Roma. Single, ma con una grande voglia di sesso. Una quinta di reggiseno, e dalle foto sembrava carina.

Una combinazione che a lui, che di lì a breve sarebbe tornato per lavoro a Roma, attizzava molto e gli permetteva di esporsi verso di lei senza troppa responsabilità. E prendendo l'esempio da un poeta torinese che frequentava la stessa Mailing List, aveva coniato un suo slogan da usare in questi casi:
"Tacchinarne cento per colpirne cento".

Lei inizialmente, come logico, rispondeva freddina alle sue e-mail. Poi, con l'aumento della confi-denza ogni tanto si concedeva a quattro chiacchiere insieme a lui con un programma di messaggisti-ca immediata.

Ma dopo quella sera, Steve non ebbe più sue notizie per più di dieci giorni. Non era mai in linea quando lui si collegava. Nessuna e-mail in Mailing List. Era scomparsa. Come volatilizzata.

Rimuginava, talvolta, dell'errore che aveva commesso. Aveva deciso di attuare una tattica precisa: conquistare la fiducia di Campanellino senza fretta per poi, una volta entrato nelle sue grazie, passa-re a tentativi più palesi. Uscire per una birra o una pizza insieme a Roma. Per questo non le aveva ancora chiesto il numero del cellulare. Dopo i primi due, tre giorni si pentì della sua condotta rispet-tosa. Ai tempi di Internet due giorni di silenzio equivalevano a ere geologiche.

Non poteva chiedere notizie di lei in Zone. Si sarebbe esposto agli attacchi dei cecchini. Era un bel gruppo, ma pronto a sparare su chi si fosse trovato allo scoperto. E non voleva che il suo gioco di-ventasse di dominio pubblico.

La settimana dopo, doveva passare qualche giorno per lavoro a Roma. E proprio in Via Nocera Um-bra, molto vicino alla fermata Metro di Cinecittà, la zona dove abitava lei. Decise, lui che amava Vàzquez Montalbàn, che si sarebbe trasformato in un Pepe Carvalho e avrebbe indagato su quel si-lenzio.

Questo pensiero lo rallegrò e allo stesso tempo lo galvanizzò. Finalmente l'Avventura nella sua gri-gia vita da Topo di Supermercato.



III


Il suo lavoro non era legato ad orari particolari, quindi poteva sfruttare quella possibilità per le sue indagini.

Come avrebbe impostato Pepe la ricerca? Come avrebbe ragionato in quella situazione? Steve si ac-corse che la vita non è un fumetto, quando uscì fuori dalla fermata Cinecittà. Aveva lasciato la sua auto con il marchio dell'Azienda troppo riconoscibile e quindi pericolosa in un parcheggio di una stazione lontana del Metro.


Tutto attorno a lui palazzi a perdita d'occhio. Una serie di formicai con una umanità di formiche che impazzite andavano in tutte le direzioni. Lui non conosceva l'indirizzo esatto. Non aveva un Vàzquez Montalbàn che gli indicasse la pista giusta. Quella che era sotto gli occhi di tutti, ma solo
il protagonista sapeva interpretare nel modo corretto.

Cosa avrebbe fatto Pepe? Non lo sapeva. Ma sapeva cosa avrebbe fatto lui: una bella birra!  Lottare contro il mare in tempesta era inutile. Meglio fermarsi per godersi qualche piccolo piacere.

Cercò con lo sguardo un bar con dei tavolini dove potesse passare qualche minuto con una buona birra e il suo passatempo preferito: leggersi in santa pace "Repubblica", il suo balsamo preferito per lenire le fatiche della sua giornata lavorativa.

Il cameriere con una indolenza tutta romanesca gli portò la birra con molta calma. Ma a lui, intento a leggere le probabili formazioni di quella giornata del Campionato di Calcio, non importava. Non amava particolarmente il calcio, ma impazziva letteralmente per il Fantacalcio. Ogni settimana si improvvisava allenatore e schierava in campo una squadra. A onor del vero con scarsi risultati: era sempre nei bassifondi della classifica della sua Lega.

"Scusa, posso lasciare sopra il tavolino questi volantini?" Un ragazzo di colore, alto, muscoloso, con una fasciatura che gli copriva parte dell'avambraccio lo distolse dalla sua attenzione per i terzini titolari dell'Empoli. Accennò un gesto affermativo con la testa passando allo studio della panchina del Lecce.

-AFFITTASI CAMERA AMMOBILIATA ZONA CINECITTA'-


Questo strillava il volantino. Cazzo!! Vuoi vedere che... Ma no, questo succede solo nei romanzi e nei film di serie B. San Vàzquez Montalbàn, il Segnale! Dopo tutto provare non costava nulla. Si sarebbe finto interessato alla camera e avrebbe avuto, così, la possibilità di verificare la bontà del
Segnale.

Chiuse il giornale, prese un volantino e si alzò per pagare. Fece qualche passo e si voltò indietro: vi-de il suo boccale ancora mezzo pieno. Non sia mai. Tornò al tavolino e con tutta calma si bevve gli ultimi sorsi della birra.

Tanto, mica scappa una camera. E Steve aveva indirizzo e numero di telefono per informazioni.



IV



Steve suonò il campanello dell'interno indicato nel volantino.

Una voce maschile gli rispose e lo invitò a salire fino al terzo piano. Lui prese le scale. Non aveva paura dell'ascensore. Ma da qualche tempo evitava l'uso dell'ascensore e anche dell'auto nella sua piccola cittadina. Usava sempre le scale e camminava con piacere nelle strade rinascimentali. Dall'inizio dell'anno da quando aveva iniziato quella piccola quotidiana attività fisica, aggiunta a una costanza ammirevole nelle uscite con la bicicletta, suo vecchio amore, era dimagrito di dieci chili.

Arrivato al pianerottolo del terzo piano riconobbe il mandingo del bar. Adesso era in una tenuta più casalinga: una t-shirt con dei calzoni della tuta. Il bianco delle bende contrastava con l'ebano della pelle.

Quando entrò nell'appartamento si appuntò mentalmente le operazioni da eseguire: fingersi interes-sato alla stanza, ma vigile ad annotarsi ogni piccolo particolare. Dopotutto lo aveva letto in decine di libri gialli. L'eroe entra sempre nella tana del cattivo sotto mentite spoglie.

L'entrata nella camera gli confermò di essere sulla pista giusta. Da una parete la faccia sconvolta di Blixa Bargeld lo guardava. Era il musicista preferito da Campanellino.

Sembrava risistemata in fretta e furia, ma non molto bene. Sopra il comodino vide una traccia di polvere, anzi per meglio dire, vide una sagoma nella polvere. La parte pulita circondata dalla pol-vere ricordava con molta similitudine un cellulare.

Un filo telefonico con un plug libero che partiva dalla presa della Telecom denunciava la passata presenza di un qualche aggeggio tipo fax o modem. Molto più probabilmente il computer con il quale Campanellino gestiva la sua attività internet.

Quando fu per uscire ebbe la prova della sicurezza. Aveva trovato la pistola fumante! Entrando non se ne poteva accorgere. Mandingo entrato prima di lui gli copriva parte della visuale.

La serratura della porta era stata forzata! E nello spazio che stava sotto la porta chiusa, in quella stretta lingua di pavimento, alcune gocce di un liquido scuro. Sicuramente sangue. Sono gli errori degli assassini che li fanno acciuffare e lui si era dimostrato così intelligente da trovarli quasi subito.

Eccitato dalla scoperta, salutò con una certa fretta il suo ospite.

Uscito finalmente all'aria aperta fece qualche respiro forte. L'aria frizzantina dell'autunno romano gli entrò nei polmoni e gli causò una certa euforia.

Ripassò mentalmente tutti gli elementi a sua disposizione. Poi si fece una certa sequenza degli avve-nimenti. Campanellino fu uccisa quella sera che parlava con lui in chat. Mandingo, la sua donna o tutti e due, erano entrati nella sua camera forzandola. Poi l'avevano uccisa. Lui si era ferito nella colluttazione se complice, o per difenderla dalla furia omicida della sua compagna se innocente. In questo momento non aveva elementi per poter determinare una delle due tesi.

Peccato! Una quinta di reggiseno! Tutto quel ben di Dio in pasto ai vermi.

Poi gli assassini avevano spento il computer. Ecco perchè lei non rispose alle sue ultime parole e cadde la comunicazione.

Avevano poi fatto sparire il cadavere. Probabilmente portato fuori di notte e lasciato chissà dove. Lasciate calmare le acque, visto che nessuno era venuta a cercarla (era a Roma da poco e non cono-sceva nessuno), hanno tolto il computer, preso il telefonino e scritto il volantino per trovare un
nuovo inquilino.

Soddisfatto della ricostruzione decise di andare dai Carabinieri. Da quel Maresciallo Belluzzi che conosceva già parte della storia.

Si incamminò verso la più vicina Caserma. Nel tragitto fantasticava. Potrebbe diventare un Detecti-ve Privato. Specializzato in omicidi. Come Pepe! E dopo ogni indagine una cena da Riccioli Cafe dove lavorava il suo amico Marco. Un Sushi Bar dalle parti di Piazza Navona. Ma con una selezio-ne di dessert degna dei migliori ristoranti. I dolci innaffiati da quel Moscato di Morandina che ama-va particolarmente. E a chiudere il tutto un bicchierino di Rhum. Quel Centenario Zapaca del Gua-temala invecchiato 23 anni che si sposa a meraviglia con un cioccolato fondente al 97% di cacao.

Sì, l'idea gli piacque. Doveva trovare un elemento che poteva usare come un logo riconoscibile. Qualcosa tipo: "Montalbano sono", o "Elementare Watson". Anche se in verità queste parole non fu-rono mai scritte da Conan Doyle nei suoi romanzi di Sherlock Holmes.

"To Yeah!" Sì, questo americanismo gli piaceva. Lo aveva letto per la prima volta in una vignetta di Andrea Pazienza. Il cliente esponeva il caso e lui rispondeva: "To Yeah! Sono 200 Euro al giorno più le spese."

Intanto che fantasticava era arrivato davanti alla Caserma dei Carabinieri.


V



Il Maresciallo Vitantonio Belluzzi nel suo ufficio ascoltava Steve sviluppare la sua tesi. Lui non era entrato nell'Arma per stare a sentire quegli scocciatori che si presentavano con storie sempre più as-surde. Quante telefonate ricevevano quotidianamente. Se solo una minima parte di quelle telefonate fossero vere, l'Italia sarebbe un immenso girone infernale. Stupri, omicidi, stragi, bombe lasciate al-le stazioni ferroviarie, incendi e una volta anche l'invasione biblica delle cavallette. Gli scippi no, quelli oramai non li denunciava più nessuno. Erano diventati una cosa normale.

Non credeva a una sola parola di quel racconto. Si ricordava, è vero, la ragazza bionda con quelle gran tette. Si ricordava, è vero, la sua richiesta di intervento. Si ricordava, no anzi, non si ricordava il colore degli occhi. Il suo sguardo era fisso sulla massa sporgente del seno che sembrava esplodere
sotto quella camicetta troppo attillata. Non aveva fatto caso al colore degli occhi. Era maschio, lui. Mica una checca come ci sono adesso!

Steve si accorse che la sua tesi non aveva minimamente scaldato il Maresciallo. A nulla valsero le sue fatiche. Era gentile, questo sì, il Belluzzi. Ma era evidente che lo riteneva poco più che un visio-nario. A un tratto si ricordò che i tutori dell'ordine non sopportavano i Detective Privati ufficiali, fi-guriamoci quelli dilettanti come lui. Era scritto in centinaia di libri gialli. Anche Carvalho era chia-mato "annusapatte" da quell'Ispettore di Polizia che lo aveva in antipatia.

Si alzò per congedarsi. "Grazie, Maresciallo." disse, "Vedo che non mi crede. Proverò con la Poli-zia. Grazie ancora e arrivederci."

Queste parole crearono uno sconquasso nella mente assopita del Maresciallo. Per un attimo ammise la possibilità che ci fosse un fondo di verità nelle parole dette da questo scocciatore. Già se le vede-va le pagine del "Messaggero":

- BRILLANTE OPERAZIONE DI POLIZIA. ARRESTATA COPPIA DI ASSASSINI.-

E se questo idiota che gli stava rompendo le palle avesse accennato al fatto che prima era passato in Caserma e lui non gli aveva creduto? Capace di farlo. Non gli sembrava un tipo che sta con la bocca chiusa. Aveva o no fatto delle indagini per conto suo su una ragazza che aveva troncato una conver-sazione via chat? Probabilmente anche lei si era scocciata di questo trituracoglioni. E aveva giusta-mente chiuso la conversazione. Ah, potesse farlo pure lui.

Ma la cosa peggiore. La cosa peggiore sarebbe resistere agli sfottò di quello stronzo del Guarini, l'Ispettore Walter Potito Guarini. Pugliese pure lui. Ma di Foggia. Ancora gli rompeva le palle per il derby Bari-Foggia perso in casa nel 1984, figuriamoci se gli lasciava passare liscia questa.

Se lo figurava con la sua faccia da pesce lesso: "Vi hanno offerto gli assassini su un piatto d'argento e voi ci avete sputato. Voi Carabinieri non sapete riconoscere un reato nemmeno se ve lo fanno sot-to il naso." E così via, sicuramente fino alla agognata pensione. E gli mancavano ancora 15 anni, 6 mesi e 24 giorni!

Valutò i rischi della figuraccia. Fermò Steve che oramai era sulla porta. "Aspetti" disse, "Non credo a una sola parola di quello che mi ha detto. Ma oggi è una bella giornata. E una passeggiata può far-mi solo bene. Andremo insieme a dare un'occhiata. Ma si ricordi che non credo a una sola parola di quello che mi ha raccontato. Lo faccio solo per scrupolo professionale. Vengo con lei, facciamo un giretto nell'appartamento. Vediamo che tutto è a posto e poi lei lascia queste cose a chi è pagato per farlo. E se ne torna dritto sparato a casa sua."

Non era una vittoria piena di Steve. Ma si accontentò del risultato.



VI


"Raccontatemi ancora una volta la vostra versione." Chiese il Maresciallo Belluzzi alla coppia spa-ventata che aveva davanti.

"Marescia', gliel'ho già spiegato." disse lei, "La nostra coinquilina è scomparsa una diecina di giorni fa. La caparra è scaduta la settimana scorsa. Abbiamo forzato la porta e messo il volantino per affit-tarla ancora. Abbiamo messo nello scatolone che vede tutte le proprietà di Raffaella, se un giorno tornasse a riprenderle, e non abbiamo toccato nulla. Lei era scomparsa, non si è più fatta sentire. Era strana, tutto il giorno al computer. Abbiamo pensato che se ne fosse andata."

Loro non sapevano che la vittima era stata da lui a raccontare le sue paure preoccupata della situa-zione in quell'appartamento. Godeva come un gatto che tortura dei topolini prima di papparseli. Il caso era già risolto. Facilissimo. Ringraziò mentalmente il suo culo. Quel tipo era venuto da lui, in-vece di andare alla Polizia. Già vedeva i titoli sul "Messaggero":

-BRILLANTE OPERAZIONE DELL'ARMA. ARRESTATI DUE PERICOLOSI ASSASSINI.-

Quando quello stronzo del Guarini lo avesse sfottuto ancora su quel derby di vent'anni prima, e lui sapeva che lo avrebbe rifatto, gli avrebbe sbattuto in faccia il suo successo: era lui ad aver trovato la soluzione e per questa volta la Polizia avrebbe rosicato.

"Raccontatemi ancora una volta la ferita al braccio", chiese sadico l'aguzzino.

"S'è sgarato co'r giravite. Nun è bbono manco pe' anna' a rubba'." La frase uscì in dialetto. Lei era terrorizzata e in questo caso anche arrabbiata con il suo uomo per l'inettitudine dimostrata in questa occasione.

Steve assisteva muto alla scena. Uno spettatore non pagante, ma determinante, per lo svolgimento della storia. Si immaginava di essere al cinema a seguire un film.

"Ve lo dico io, cosa è accaduto." Belluzzi prese finalmente in mano la situazione. "Quello che non sapete è che la vittima era venuta qualche giorno prima del delitto da me, preoccupata per la sua in-columità. Aveva paura di voi due e delle vostre scenate violente. Pensava di andarci di mezzo, come poi è avvenuto, purtroppo."

"Lui aveva una tresca con la tettona, o qualcosa del genere" disse indicando il mandingo, "lei, mia cara, gelosa, quella sera litiga con il suo uomo per questa storia. Sfonda la porta e l'uccide. Lui cerca di fermarla e lei lo ferisce. Una volta uccisa, lui, spaventato, cede. L'aiuta a nascondere il cadavere, e forse anche l'arma del delitto. Aspettate qualche tempo per vedere se qualcuno cerca la vittima e affittate ancora la stanza."

La storia filava pensò Steve. Il Maresciallo pensò che avrebbero ceduto subito in Caserma. Avreb-bero confessato in due secondi. Forse non sarebbe servito nemmeno qualche ceffone. Non erano dei professionisti. Delitto passionale. Peccato, però, quella tettona non era male.

"No, Marescia'. Gliel'assicuro. Non abbiamo ucciso nessuno. E' andata come le abbiamo spiegato."

"CHE CAZZO SUCCEDE NELLA MIA STANZA?"

I quattro si voltarono. Una bionda stava ferma sulla porta. Con la cinta della borsa a tracolla in mez-zo al seno a ben valorizzare le due tette da competizione.


VII


Che culo aveva avuto. Questo era molto meglio del derby Bari-Foggia del 1984. Con quella partita era andato avanti per venti anni. Ma con questa cazzata che aveva fatto il Maresciallo Belluzzi, poteva andare avanti fino alla pensione, e forse anche più in là.

L'Ispettore Walter P. Guarini gongolava sulla sua poltrona girevole. Non ci poteva credere. Che culo aveva avuto.

Entrarono gli agenti Andrea Niccolini e Francesco "Fz" Rosi. Quest'ultimo per aver passato tre anni in Germania era soprannominato "Franz", che lui amava abbreviare in Effezeta.

"Ispettore, ci racconti quella storia successa a Cinecittà." Chiese uno dei due tanto per leccare il culo al suo superiore.

"Questa Raffaella, si era organizzata due settimane di vacanze ai Caraibi. Ma siccome era in un mo-mento di scazzo con i suoi coinquilini e proprietari perchè facevano casino in casa, non gli disse che doveva partire." Comiciò il Guarini, "l'aereo partiva da Malpensa la mattina dopo e aveva una pre-notazione su un treno notturno Tiburtina-Milano Centrale. Stava chattando con tre persone e non si era curata del tempo che stava passando. Si accorge che rischia di perdere il treno, chiude tutte le conversazioni senza salutare e parte di corsa. In questa fretta si scorda anche il telefonino appoggia-to sul comodino. Uno dei ragazzi con i quali stava chattando, quello più idiota, si crea un film den-tro la sua testa. Crede che le sia successo qualcosa. E comincia delle indagini. La ragazza dai Carai-bi manda una e-mail alla proprietaria di casa per confermare la stanza. La caparra era scaduta. La padrona non scarica la posta elettronica molto spesso e non si accorge della lettera. Con il marito cerca di forzare la porta. La ragazza aveva cambiato la serratura e loro non avevano le chiavi nuove.
Lui, per aprire la porta si ferisce col cacciavite e sporca di sangue tutto intorno.
Loro puliscono alla cazzo di cane con la porta chiusa. Il sangue che era andato sotto la porta rimane là sotto. Poi fanno il volantino che finisce in mano all'idiota. Entra in casa della coppia e si convince che i due l'abbiano uccisa. E qui scatta il colpo di culo."

Con uno studio quasi teatrale dei tempi, l'Ispettore Guarini si ferma. Si alza, si versa un bicchiere di acqua, mentre i suoi giovani colleghi aspettano che ricominci il racconto.

"L'idiota, quel Steve Teckila, va dal Maresciallo Belluzzi. Gli racconta tutta la storia, e lui ci cade dentro con tutte le scarpe. Entra nell'appartamento e li accusa dell'omicidio. Quando sta per far scat-tare le manette, il cadavere ritorna dai Caraibi."

I leccaculo scoppiarono a ridere. Come se non conoscessero a memoria l'intera storia. Era dal giorno prima che nella Stazione si rideva dell'episodio.

Guarini tornò alla scrivania. Si accomodò sulla poltrona girevole. Prese il telefono e compose il nu-mero di telefono dell'ufficio del Maresciallo Belluzzi.

Dedicato con affetto a Pepe e Manolo.

Grazie a te lettore che hai avuto la pazienza di arrivare fino a qui. Adesso torno alla mia vita da Topo di Supermercato, ho delle scatolette di tonno da mettere a posto.