BIOGRAFIA
Itinerario di una ricerca
La strada che ha condotto Eugenio Guarini sul terreno della pittura è piuttosto anomala, per nulla accademica. E’ stato per molti anni insegnante di filosofia prima di mettere mano ai pennelli. Inoltre, sembra affezionato anche ad altre forme espressive legate piuttosto alla scrittura (racconto, romanzo, poesia). È attratto dagli effetti sinergici di una percezione polisensoriale.
Il ruolo del caso
Lui stesso considera l’itinerario della sua ricerca una specie di romanzo più che l’esecuzione di un programma stabilito fin dall’inizio. Una vicenda in cui eventi casuali hanno avuto non meno peso, probabilmente maggiore, della pianificazione e della programmazione.
Oggi egli teorizza l’approccio con il caso, la danza con le coincidenze, la destrutturazione e ristrutturazione creative della situazione, come momento centrale della vicenda esistenziale significativa, in breve, con la via dell’artista.
Infanzia selvatica
Nel romanzo Guarini i primi capitoli, decisivi per l’intera vicenda, sono costituiti dall’infanzia in una Toscana selvatica, primitiva e culturalmente rozza: vita nei campi, pesca nei fiumi, caccia nei boschi, piedi scalzi, abilità scimmiesche, alberi, acqua, polvere, immaginazione intensa, sensualità panica, senso del mistero della natura.
L'età della ragione
Poi, col trasferimento a Torino e le scuole, il periodo dell’apprendimento. Ma anche dell’impatto con le regole, con la disciplina: tempo di conflitti. Egli doma, o crede di farlo, l’irrequietezza e l’insofferenza per le imposizioni sociali e anche per le buone maniere. Si appassiona agli studi, si apre alla cultura. La filosofia e le scienze naturali gli sviluppano il gusto per la ricerca teorica. E’ questa curiosità cognitiva che lo conducono all’insegnamento, e al dialogo incessante con le nuove generazioni.
Un insegnante in rotta con la scuola
Gli anni dell’insegnamento costituiscono un periodo molto travagliato. Tendenzialmente percepisce nella scuola un’entropia autoritaria e repressiva, un ostacolo paradossale al desiderio di apprendimento e di formazione libera e creativa dei giovani e si schiera costantemente dalla parte delle rivoluzioni, o anche solo delle ribellioni. Vede nel Maggio Francese, più che nei fenomeni italiani del Sessantotto, una bandiera molto pertinente. L’imagination au pouvoir continua ad essere per lui, ancora oggi, una massima ispiratrice.
Per mettere sul tavolo quelli che a lui paiono i veri problemi delle organizzazioni formative promuove nel 1981 un’indagine d’opinione. Chiede agli studenti di dare un voto ai loro insegnanti. L’accoglienza entusiasta da parte degli studenti è controbilanciata da una comunicazione giudiziaria, una perquisizione, un indagine della magistratura. La vicenda si concluderà felicemente sul piano giudiziario. Ma anche sul piano dell’esperienza essa comporta una lezione personale: benché Guarini adori stare in mezzo ai giovani e lavorare con loro, la scuola non sembra il posto giusto.
La cultura della creatività pratica
Incomincia a pensare di ritirarsi dall’insegnamento e mettersi in proprio. Si accinge a studiare la cultura d’impresa. Legge Toffler, Peter Drucker, Tom Peters… Ne è affascinato. Crede che la moderna cultura d’impresa incorpori la lezione della storia della filosofia nelle sue principali conclusioni, e soprattutto costituisca un invito stimolante alla creatività e all’innovazione.
Ricerca i grandi maestri della creatività e si affeziona a De Bono e a Jaoui. Studia e sperimenta tecniche e strategie di pensiero creativo e si apre alla Programmazione Neuro Linguistica e all’Analisi Transazionale.
Inventa dei Workshop per il Signor Tutti Quanti e si cimenta anche in corsi all’interno dell’impresa.
La scoperta del valore culturale della creatività
Crede che il successo della Creatività Pratica all’interno dell’impresa solo in parte è da ricondurre alla sua efficacia in termini di competitività sui mercati che premiano l’innovazione. Più in profondità le ragioni del suo successo dipendono dal fatto che essa risponde ad un bisogno generale e ormai irresistibile degli uomini della nostra epoca. Gli uomini aspirano a riorganizzare le loro esistenze individuali e, per estensione, anche il lavoro, la formazione e la vita sociale nel suo insieme, in funzione della loro fame di creatività.
La civiltà industriale ha prodotto un immenso apparato di macchine e strumenti per godere la vita, ma non consente agli uomini di goderne davvero perché ha privato il loro nocciolo più profondo delle qualità creative e delle energie ecologiche che consentono la felicità e il senso. L’era più ricca della storia dell’umanità è anche la più malata.
Il nuovo impegno
Guarini decide di lavorare per il recupero dei talenti e delle energie creativi. Vuole lavorare per sé, sperimentare in proprio, e offrire agli altri le sue scoperte.
E’ in questo contesto euristico che si collocano i suoi lavori pittorici e grafici.
Nel 1987 lavora con tecniche immediate, aerografo, grafica acquarellata, pastelli Rembrandt, creando i suoi soggetti direttamente sulla carta, come in un gioco di libere associazioni o in uno Psycho Drawing. I risultati vengono presentati in una mostra presso la Biblioteca di Rivarolo.
Ulteriore applicazione alla cultura creativa gli consente di mettere a fuoco il tema della riorganizzazione percettiva, della cura delle energie primarie, la valorizzazione della sensualità, il recupero della spontaneità espressiva dei bambini.
Nell’estate del 1997 vive un grande momento di impeto creativo. La produzione estiva viene presentata in una nuova esposizione nelle sale comunali di Rivarolo. I commenti sono incoraggianti.
A maggio e giugno del 1998 espone a Torre Canavese, Paese d’Arte, in contemporanea con la mostra Datrino sull’Arte Ucraina.
Guarini è ormai uscito dalla scuola pubblica, continua a proporre workshop creativi, dipinge con grande gioia e fecondità. Un nuovo capitolo del suo romanzo personale si è aperto.
E’ iscritto al gruppo pittorico Bottega Incontri d’Ivrea e a La Promotrice delle Belle Arti, dove è stato presentato da Angelo Mistrangelo.