Minghi: «Indifferenti, vergognatevi»
CANZONI E IMPEGNO Il cantautore romano dedica l'album "L'altra faccia della luna" a temi sociali e civili
Un forte invito alla pace e una ballata contro lo sfruttamento della prostituzione

Una bacchettata alla nostra coscienza. Una canzone sulla pace. E una sulla prostituzione. Ma soprattutto un atto d'accusa all'indifferenza «che ormai ci tocca sempre, condizionando le nostre scelte». Per Amedeo Minghi, cantautore dei "trottolini amorosi"«non si può più delegare nessuno, dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, sia davanti ai grandi temi della guerra, sia davanti alla desolazione di ragazze giovani costrette a prostituirsi». Il tema non è nuovo: la canzone deve rispecchiare la realtà, commentare la cronaca, avere un'idea politica? O invece deve restarne lontana, e trattare temi universali senza riferimenti espliciti alla storia più recente? Minghi, che sta per lanciare il suo 21° album "L'altra faccia della luna", entra a sorpresa in un dibattito che. all'ultimo Premio Tenco, ha visto Roberto Vecchioni declamare Demostene e Socrate in funzione anti-Berlusconi: «Perché non basta più cantare dal palco e andare via». E Bruno Lauzi ribattere «Mai fare spettacolo politico, ma politica nello spettacolo». E sempre sul tema della canzone politica, ancora una volta Francesco De Gregori spiazza tutti con un album di tempi popolari e di lotta, "Il fischio del vapore", interpretati con Giovanna Marini. E adesso i dieci brani di "L'altra faccia della luna".
Minghi, si mette a fare canzone impegnate?
«Per nulla, ma non ho mai evitato riferimentialla storia. Dieci anni fa, dissi a un giornalista: prima o poi dovrete occuparvi della guerra in Cecenia. Ora mi chiedo, dov'erano i media quando è cominciato quel massacro? E perché adesso non ci raccontano le altre 50 guerre in atto nel mondo, ma non ancora abbastanza di moda?».
E lei che risposta si è dato?
«C'è troppa indifferenza. Due anni fa cantavo "Teledipendenti indifferenti", sulla guerra in Irak. C'era un video con i bombardamenti intelligenti, ma non abbastanza da conoscere nome e cognome di quelli che colpivano».
Così un cantautore deve fare cronaca?
«No, non è il nostro lavoro, però si deve raccontare parte della realtà, tanti episodi. Anzi, da artisti, si è in grado di reinventare la realtà, per farne un esempio universale. Mica possiamo ridurci a favole o barzellette».
E di cosa parla nel nuovo disco?
«In "Pensiero di pace" dico che in tempi di alta tecnologia non si può più delegare nulla. Non puoi dire: non sapevo, non ero a conoscenza di quello che succedeva. La pace è una responsabilità che ci tocca tutti. Nessuno escluso».
E il brano sulla prostituzione?
«"Dedicata"è sulla vergogna del non vedere. Sulle ragazze costrette a prostituirsi sulle nostre strade. Altro che tasse sul porno. Siamo così civili, poi tolleriamo queste violenze su innocenti e indifesi. Non possiamo restare muti».


RENATO TORTAROLO
12/11/2002
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