Di questa poesia mi resta quel nulla

d'inesauribile segreto 

L'Ermetismo: definizione e contenuti

Indica una corrente poetica sorta intorno agli anni '20 e sviluppatasi tra le due guerre mondiali. Il termine deriva da Ermes, Ermete  o Mercurio , dio delle scienze occulte, ma Francesco Flora usò per primo il termine in senso dispregiativo, ad indicare l'oscurità e l'indecifrabilità della poesia definita appunto "ermetica". Sviluppando le poetiche simboliste e decadentiste, l'ermetismo sancisce il trionfo del verso libero (libero da regole metriche) e scevro da fini pratici, didascalici, celebrativi. Il poeta ermetico ha perso ogni fiducia in qualunque paradigma filosofico, culturale, etico, e descrive in versi la solitudine dell'umanità dinanzi alla guerra e alle dittature totalitarie. Inoltre il poeta prende atto dell'estrema incomunicabilità che contraddistingue ogni rapporto umano, dell'angoscia, dell'alienazione umana soffocata dall'utopica aspirazione ad una vita libera da guerre economiche superando la banale e deludente quotidianità.   La forma poetica del verso libero può dare alla lirica ermetica i caratteri di essenzialità, sobrietà, asciuttezza che rispecchiano un animo povero di certezze che ricerca nell'espressione poetica la scarna denuncia di un dato di fatto senza ornamenti. Il pubblico accolse male i primi esempi di poesia ermetica, essendo impreparato all'interpretazione di un materiale letterario "oscuro" mentre la critica si divideva tra le interpretazioni possibili (e spesso errate).

  L'Ermetismo per Ungaretti    Per Ungaretti la poesia è comunque  conoscenza del reale che avviene per analogia, cioè il poeta attraverso alcuni simboli, segni nascosti nel reale che egli sa interpretare, comprende le relazioni tra uomo, natura, cosmo e percepisce l'assoluto anche nella realtà negativa. Il testo scorrevole ad inizio pagina è la conclusione di "Il porto sepolto" e ben mostra cos'è l'ermetismo per il poeta. Partendo dall'angoscia esistenziale egli in solitudine scopre la fede nell'essenza delle cose, nude e percepite fisicamente come segni di qualcos'altro nascosto ai più. Nella raccolta Allegria il poeta sente la guerra come la più terribile fatalità che l'uomo subisce, accettandola con una sofferenza semplice e realista. Ungaretti usa mezzi precisi per esprimere tale concetto: l'accostamento paratattico (l'abolizione di congiunzioni facilita la creazione di un verso asciutto); l'abolizione della punteggiatura (idem); l'uso di spazi bianchi e pause (creano un senso d'indefinita impotenza); l'uso dell'analogia e della sinestesia (figure retoriche introdotte dai simbolisti). La prima  prevede l'accostamento immediato di due immagini simili senza il "come" o altre particelle che esplicitino il paragone (I fiumi v. 30: mi sono riconosciuto una docile fibra dell'universo). La seconda accosta due sensazioni diverse (San Martino del Carso, v. 317: Ma nel cuore nessuna croce manca : ai sentimenti di affetto si aggiunge la sensazione della sacralità di un ricordo, sacro perché rimanda all'immagine dei defunti: affetto >ricordo sacro >defunti=cimitero dell'anima).

Ungaretti utilizza anche l'endecasillabo e il settenario, poiché la poetica ermetica se vissuta come missione differente dalla"vana" poetica tradizionale, può adottare forme convenzionali. Solo così, combinando tradizione e innovazione, Ungaretti crea un linguaggio poetico del tutto nuovo.   

Montale      La visione del modo montaliana è più desolata e pessimista dei suoi "colleghi" (non a caso nella motivazione che accompagna il conferimento del premio Nobel nel '75 compare la frase: "una visione della vita senza illusioni" ). Unico rimedio al male di vivere (tema centrale per Montale) non è certo la percezione dell'assoluto, come per Ungaretti, ma il distacco dalla realtà, l'indifferenza atarassica. La poesia non conosce la realtà, troppo brutale per essere conosciuta nei suoi meccanismi. L'angoscia superata da Ungaretti con la fede resta in Montale sentimento principale e insuperabile. Più che ricercare l'essenzialità egli cerca la asprezza del verso.

Quasimodo  Anche Salvatore Quasimodo ebbe il Nobel, nel '52, ma la sua poetica, pur trattando temi analoghi ad Ungaretti e Montale, assume spesso caratteri e forme classicheggianti. Egli crede nell'impegno della denuncia sociale per superare la realtà negativa, e spesso esprime la sua esigenza di solidarietà con gli altri poeti per una missione etica.   Nella prima fase poetica egli dimostra una maggiore sfiducia nella possibilità di battersi per migliorare la realtà, anche per la sua esperienza di esule che lo rende creatore di versi solipsistici che rimandano al tema frequente dell'infanzia in Sicilia lontana e sognata, espresso con ellissi, analogie, sinestesie spesso davvero oscure. Con lo studio dei lirici greci egli approda ad un verso più limpido, vicino a contenuti meno pessimisti e vagheggianti, ma anzi con riscontri umanitari e sociali nella speranza di superare la realtà del secondo dopoguerra ( es. in Giorno dopo giorno; La vita non è sogno).      

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