Autore: Vincenzo Cordiano
Divisione di Medicina Generale, O.C. Valdagno (VI)
Ultimo aggiornamento: 13/09/2002 17.28.55
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L'emofilia è una malattia ereditaria, trasmessa dai genitori ai figli, causata dalla mancanza di alcuni fattori della coagulazione necessari per la normale emostasi del sangue. Si conoscono due tipi di emofilia: l'emofilia A, causata da un deficit quantitativo e/o qualitativo del fattore VIII, e l'emofilia B, cononosciuta anche come malattia di Christmas, causata da un deficit quantitativo e/o qualitativo del fattore IX.
I fattori della coagulazione sono delle proteine che circolano nel sangue. Molti di essi sono prodotti dal fegato e vengono indicati in vari modi, molto spesso con numeri romani che in genere indicano l'ordine con il quale sono stati scoperti. Hanno la funzione di contribuire a mantenere il sangue in condizioni di normale "fluidità", assieme ad altre molecole circolanti: un loro aumento può causare una coagulazione eccessiva (con rischio di trombosi) , mentre una loro diminuzione può predisporre ad emorragie.
L'emofilia A e B sono trasmesse secondo modalità legate al sesso, poiché i geni difettosi
sono localizzati sul cromosoma
X. Le donne hanno due cromosomi X e, praticamente, non hanno mai disturbi. Anche se hanno
ereditato un cromosoma emofiliaco da un genitore, sono protette dal cromosoma normale, che
riesce a produrre una quantità di fattore VIII sufficiente per una normale
emostasi. Nelle donne l'emofilia è molto rara e può presentarsi in caso di figlie nate
da un padre emofiliaco ed una madre portatrice, o in altre condizioni
eccezionali.
I maschi hanno un solo cromosoma Y e, quando ereditano un cromosoma X emofiliaco dalla
madre portatrice, potranno avere una malattia clinicamente più o meno grave. Portatrice
significa quindi che la donna possiede il gene emofiliaco anomalo e lo può trasmettere ai
figli, ma è clinicamente asintomatica. Per comprendere la trasmissione ereditaria
dell'emofilia, ed il rischio di trasmettere alla prole la malattia ad ogni concepimento,
possiamo esaminare tre possibilità:
Abbiamo già detto che l'emofilia è una malattia genetica, causata da varie anomalie a carico del gene che produce il fattore VIII nell'emofilia A o di quello che produce il fattore IX nell'emofilia B. Le anomalie sono in genere del tipo mutazioni ma possono anche essere delezioni parziali o totali del gene. Nei casi più gravi il gene è talmente alterato (ma può anche scomparire completamente dal cromosoma X) da non riuscire a produrre il fattore VIII o IX, che non saranno dosabili nel sangue. In questi casi si ha contemporaneamente un deficit quantitativo e qualitativo (perdita della funzione) del fattore coagulativo interessato. Le mutazioni del gene causano generalmente una leggera modificazione della proteina corrispondente, che può essere presente nel sangue in quantità normali o subnormali ma ha in genere una funzione compromessa (deficit qualitativo). Tuttavia, anche le mutazioni, specie se avvengono in determinati punti critici della molecola, possono provocare gravi quadri clinici con contemporaneo deficit quantitativo e qualitativo.
I soggetti emofiliaci sono predisposti alle emorragie, la cui frequenza e
gravità essenzialmente dipendono dalla quantità e attività coagulativa del
fattore residuo nel sangue.
Secondo il livello dell'attività coagulativa dell sangue, l'emofilia può essere
classificata clinicamente in tre gradi di gravità: lieve moderata o grave.
Molte portatrici non hanno problemi di salute o sintomi legati al gene emofiliaco. Queste donne sono definite come portatrici asintomatiche. Invece, altre portatrici hanno livelli di fattori della coagulazione bassi e problemi emorragici. Queste portatrici sintomatiche possono presentare un flusso mestruale abbondante o di lunga durata, ecchimosi, epistassi, sanguinamento eccessivo dopo piccoli interventi chirurgici come estrazioni dentarie, o emorragie durante o dopo il parto. Lo stress, l'esercizio fisico, farmaci, le modificazioni ormonali durante le mestruazioni, durante e dopo la gravidanza possono influenzare la predisposizione alle emorragie delle portatrici sintomatiche. Le portatrici con eccessiva predisposizione alle emorragie dovrebbero essere valutate da un medico esperto nel trattamento dell'emofilia.
Le complicanze dell'emofilia dipendono: dalla gravità, sede e frequenza delle
emorragie. Le gravi emorragie acute possono essere minacciose per la vita, perché possono
provocare uno shock
acuto ipovolemico (diminuzione del volume del sangue); particolarmente gravi possono
essere le conseguenze di emorragie interne, specie intracraniche, che a volte sono fatali
e possono insorgere spontaneamente o dopo minimi traumi.
Più frequenti sono le emorragie intraarticolari (emartri), che si manifestano con
gonfiore e dolore delle articolazioni (ginocchia, gomiti, caviglie), cute calda. Gli
emartri appaiono fin da bambino e, se ricorrenti, possono comportare distruzione delle
articolazioni interessate, perdita della loro funzione e deformazioni permanenti. Numerose
sono le complicanze delle emorragie ricorrenti. Fra le più gravi ricordiamo:
ematomi (emorragie all'interno del tessuto sottocutaneo o dei muscoli): possono causare contratture muscolari, paralisi dei nervi, atrofia dei muscoli; | |
cisti ossee e pseudotomori, causate dalla compressione degli ematomi sui tessuti circostanti e dal mancato riassorbimento delle emorragie; | |
complicanze neurologiche varie; | |
coliche renali da ematuria con ostruzione degli ureteri da parte di coaguli. |
Si possono dare alcuni consigli.
evitare i traumi; | |
non assumere farmaci per via intramuscolare; | |
non assumere farmaci come l'aspirina e altri antidolorifici che alterano la funzione delle piastrine ed aumentano la tendenza alle emorragie. Purtroppo gli emofiliaci devono spesso fare ricorso a questi farmaci per controllare la sintomatologia dolorosa; | |
in caso di interventi chirurgici, o manovre diagnostiche invasive, eseguire la profilassi; | |
in caso di emorragie superficiali cercare di arrestare l'emorragia con lacci emostatici, compressione, tamponi nasali ecc.. |
Alcuni sintomi possono indicare emorragie particolarmente gravi o in sedi particolarmente delicate e possono essere potenzialmente mortali, rappresentando delle vere e proprie emergenze mediche. Il pronto intervento del medico deve essere richiesto soprattutto in caso di comparsa di:
dispnea e/o disfagia acuta (emorragie retrofaringee) | |
pallore cutaneo, sudorazione eccessiva, palpitazioni, tachicardia, ipotensione arteriosa (shock da emorragia acuta) | |
rigonfiamento di una qualsiasi articolazione e/o dolore acuto e progressivo in corrispondenza delle ginocchia, caviglie, gomiti, anche ecc. | |
difficoltà a muovere un braccio o una gamba (compressione di qualche nervo periferico o emorragia intracranica) | |
alterazione dello stato di coscienza, difficoltà a pronunciare le parole o a mantenere la stazione eretta |
No. Le due malattie sono praticamente indistinguibili sul piano clinico; anche i comuni esami di laboratorio mostrano le stesse alterazioni. Per la distinzione fra le due malattie è necessario ricorrere ad esami particolari, a volte disponibili solo in laboratori specializzati.
Al giorno d'oggi esistono oggi numerose possibilità terapeutiche per i pazienti
affetti da emofilia.
Le modalità della terapia possono essere diversa secondo lo scopo che ci si prefigge, in
altre parole la profilassi
o il trattamento di emorragie in atto.
La profilassi consiste nella somministrazione continua e regolare dei fattori della
coagulazione prima dell'insorgenza delle emorragie. L'uso regolare dei fattori della
coagulazione può ridurre o prevenire notevolmente le complicanze articolari, diminuire il
numero delle giornate di ricovero in ospedale, ridurre il numero di giorni persi al lavoro
o a scuola, aumentare la qualità di vita delle persone affette aumentando la loro
indipendenza dalle strutture sanitarie. Anche nel caso di bambini di età superiore
a 6-8 anni, essi s stessi ed i loro genitori possono essere istruiti per l'autosomministrazione domiciliare dei fattori carenti, due- tre volte a settimana.
La profilassi è divenuta la modalità di trattamento di prima scelta delle persone con
emofilia, soprattutto di quelle con le forme più gravi di emofilia A, dopo l'introduzione
dei fattori della coagulazione ottenuti con la tecnologia del DNA
ricombinante, cioè ottenuto con tecniche di ingegneria genetica da diversi tipi di
microrganismi. Con queste tecniche sofisticate è possibile produrre il fattore VIII in
grandi quantità e senza ricorrere ai donatori; si evitano in questo modo le
complicanze infettive più temibili, come le epatite o l'AIDS e la cirrosi epatica post
epatitica. Questi prodotti sono però molto costosi, per cui la profilassi viene da solito
riservata a persone affette dalle forme più gravi di emofilia, per esempio a quelle con
emorragie ricorrenti, soprattutto se interne o con emorragie articolari. Nonostante il
costo elevato rispetto ad altri preparati (plama fresco congelato, concentrati di fattore
liofilizzato, crioprecipitato) anche in Italia si può oggi affermare che almeno l'80%
degli emofiliaci gravi riceve i prodotti ricombinanti.
Lo scopo della terapia e della profilassi è quello di ottenere una concentrazione
di fattori della coagulazione sufficienti ad arrestare una emorragia in atto o a
prevenirla. In caso di emorragie minacciose per la vita si infonde una quantità di
fattore coagulativo, calcolata in basi a particolari formule, che garantisca
un'attivita
pari almeno all'80% del normale.
Nelle persone con emofilia grave e senza emorragie in atto si somministra una
quantità di fattore sufficiente a mantenere costantemente il suo livello
attorno al 50% rispetto al normale.
Nelle persone con emofilia lieve o moderata e senza emorragie ricorrenti la
somministrazione del fattore mancante avviene solitamente in caso di gravi emorragie in
atto, nel corso di interenti chirurgici d'urgenza,o in preparazione ad interventi
chirurgici programmati. In questi casi non è in genere indicata la profilassi delle
emorragie.
Le persone con emofilia lieve o moderata possono trarre beneficio da alcuni
farmaci:
gli antifibrinolitici, come l'acido tranexamico e l'acido epsilon-aminocaproico, che contrastano la fibrinolisi, il meccanismo che elimina il coagulo nelle zone dell'emorragia. Questi farmaci possono essere assunti per os, per via endovenosa o applicati direttamente sulla zona sanguinante in caso di emorragia cutanea o delle mucose superficiali (naso, bocca) | |
la desmopressina, sostanza che può essere assunta per via endovenosa o come spray nasale e che può far aumentare la quantità di fattore VIII circolante nel sangue, anche se transitoriamente, fino a livelli sufficienti a prevenire emorragie dopo piccoli traumi o interventi di chirurgia minore. |
Sono identiche le indicazioini alla terapia e le sue modalità. Cambia solo il tipo di fattore somministrato. Nell'emofilia A si usano il fattore VIII ricombinante, il crioprecipitato, il fattore VIII liofilizzato, il plasma fresco congelato. Nell'emofilia B si usa il concentrato protrombinico, che contiene il fattore IX ed altri fattori della coagulazione; nelle forme lievi si usa anche il plasma fresco congelato ottenuto da donatori.
Nell'emofilia A e B è quasi sempre aumentato il tempo di tromboplastina attivato
(conosciuto anche come PTT o aPTT), in maniera variabile a seconda della gravità della
malattia. Per distinguere le due emofilie è necessario ricorrere al dosaggio dei
rispettivi fattori ed alla determinazione dell'attività coagulativa residua rispetto al
normale.
Per una corretta diagnosi di queste malattie è sempre necessaria un'accurata indagine in
tutti i componenti della famiglia, anche se ansintomatici. La storia familiare conferma
quasi sempre la presenza di soli maschi affetti, a differenza di altre malattie della
coagulazione come la malattia di von
Willebrand che colpisce maschi e femmine in uguale proporzione.
Nei rari casi in cui non si evidenziano maschi emofiliaci bisogna considerare la
possibilità di una mutazione de novo, prima assente nella famiglia ed insorta per
la prima volta, per esempio, nella madre portatrice di un maschio emofiliaco.
Alcuni casi di emofilia sono stati guariti definitivamente con il trapianto di fegato,
l'organo che produce la maggior parte dei fattori della coagulazione. Ma non è questa una
terapia proponibile su larga scala, vista la rarità dei donatori.
Le speranze maggiori ripongono sulla terapia genica, mediante l'introduzione del gene
normale per il fattore VIII nelle cellule dell'organismo. Ma esistono ancora numerosi
problemi da risolvere ed è probabile che siano necessari ancora molti anni prima che
questo tipo di terapia possa diventare pratica clinica corrente.
Oggi sono praticamente scomparse le complicanze infettive più temibili: AIDS, epatite
virale A e B, grazie alla migliore selezione di donatori e alle tecniche di inattivazione
dei virus cui vengono sottoposti i prodotti ottenuti dal sangue umano e, soprattutto,
all'uso sempre più diffuso dei fattori ricombinanti. La complicanza più temibile è
diventata forse lo sviluppo di inibitori del fattore VIII (anticorpi antifattore VIII),
anche in quei pazienti che usano il fattore ricombinante.
Gli anticorpi si sviluppano perché i prodotti sono comunque di origine umana e sono
estranei al soggetto che li riceve; esso può svilupppare quindi anticorpi che si legano
al fattore somministrato, lo neutralizzano e gli impediscono di intervenire nel meccanismo
della coagulazione. In caso di presenza di inibitori in quantità significativa la terapia
dell'emofilia si complica notevolmente.
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