Porpora  trombocitopenica idiopatica o sindrome di Werlhof

Autore: Vincenzo Cordiano 
Divisione di Medicina Generale, O.C. Valdagno (VI) 
Ultimo aggiornamento: 13/09/2002 17.28.55

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La porpora  trombocitopenica autoimmune idiopatica, o malattia di Werlhof, è una malattia acquisita caratterizzata da diminuzione delle piastrine in assenza di altre malattie o cause conosciute di piastrinopenia.  
La causa è sconosciuta. In molti casi sono presenti nel sangue di questi pazienti autoanticorpi anti piastrine, cioè immunoglobuline che reagiscono contro varie proteine delle piastrine, distruggendole. 
Questi autoanticorpi possono essere presenti in numerose malattie: 

Per una corretta diagnosi diagnosi di porpora piastrinopenica idiopatica autoimmune è necessario quindi escludere una delle suddette malattie e molte altre, che, meno frequentemente, sono associate a piastrinopenia autoimmune. 
 

Caratteristiche cliniche

Molto spesso la piastrinopenia è asintomatica ed è scoperta casualmente dopo aver eseguito un emocromo per altri motivi. 
La maggioranza dei pazienti non ha alcun disturbo finché le piastrine non scendono al di sotto di 20.000-30.000/mL. Esistono tuttavia soggetti che stanno benissimo anche con piastrine inferiori a questi livelli. 
I principali disturbi sono rappresentati da petecchie ed ecchimosi in genere agli arti; possono esserci epistassi, gengivorragie. Nelle donne il primo sintomo può essere una menorragia. Raramente, e solo nei casi più gravi, sono osservate emorragie degli organi interni. 
 

Decorso e prognosi

Il decorso è sostanzialmente diverso nei bambini rispetto agli adulti. 

Terapia

La terapia delle piastrinopenie è forse uno degli aspetti più controversi in ematologia. Nonostante la frequenza di questa condizione non c'è infatti completo accordo fra i vari autori su quando e come trattare una piastrinopenia autoimmune idiopatica.  
In generale un trattamento per la  piastrinopenia è iniziato: 

Comunque va sottolineato che il limite inferiore di piastrine sopra indicato è arbitrario, e dettato da motivi di prudenza. Molti medici si astengono infatti dal trattare pazienti con questo numero di piastrine, specie se sono asintomatici e conducono uno stile di vita che non li espone ad un rischio eccessivo di traumi. Questo atteggiamento "attendista" è giustificato dai numerosi casi che decorrono asintomatici o recuperano spontaneamente, anche dopo mesi dall'esordio, e dalla consapevolezza che il paziente, quando trattato, è esposto al rischio degli effetti collaterali dei farmaci. 
 
Per la terapia delle piastrinopenie molto utilizzati sono i cortisonici da assumere per un periodo di tempo variabile, dapprima a dosi fisse e poi decrescenti , basandosi sulla risposta ottenuta, cioè sull'incremento del numero delle piastrine. I cortisonici possono essere somministrati per os o endovena. A volte non si ottiene risposta con questi farmaci o si può avere una recidiva dopo un periodo di tempo molto variabile. In questi casi si ricorre spesso alla splenectomia, cioè all'asportazione chirurgica della milza, Farmaci di seconda scelta, utilizzati cioè dopo fallimento di una o più delle precedenti terapie sono il danazolo, la ciclofosfamide, l'azatioprina, la vincristina, la ciclosporina, l'interferone ma la percentuale di risposte positive è in genere inferiore rispetto a quella osservata con i cortisonici.   
Efficaci sono anche le immunoglobuline endovena : l'effetto è comunque transitorio, durando poche settimane. Si tratta di terapia molto costosa e non completamente scevra di rischi, essendo le immunoglobuline prodotti di origine umana, che è riservata in genere ai casi con emorragie più o meno gravi in atto, in cui è desiderabile un rapido aumento delle piastrine.  
Alcuni studi comprendenti pochi casi avrebbero ottenuto risposte positive con la Vitamina C e la melatonina. Non esistono, tuttavia dati sicuri su questi farmaci e/o su altre terapie alternative.

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