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La talidomide nelle malattie ematologiche

La Talidomide attorno al 1950 fu impiegata nel trattamento di disturbi del primo trimestre di gravidanza tipo ansia o nausea, essendo stata introdotta in terapia per l’appunto come ansiolitico. In pochi anni, grazie ad una intensa campagna pubblicitaria e capillare che presentava il farmaco come un sonnifero efficace ma sprovvisto di effetti collaterali, divenne un prodotto da banco largamente utilizzato in numerosi paesi.

La talidomide è un nuovo farmaco che agisce bloccando il rifornimento di sangue alle cellule tumorali e stimola piuttosto le difese immunitarie contro il tumore. Non è privo di effetti collaterali ed è sempre consigliabile assumerlo, essendo un farmaco sperimentale, nell'ambito di studi clinici controllati

Il pregio dell’innocuità sembrava all’inizio effettivamente confermato: in molti casi l’ assunzione in grandi quantità a scopo suicida non era risultata efficace. La talidomide fu così strumentalmente consigliata a tutti, persino a donne in gravidanza.

Proprio quando il fatturato della ditta produttrice aveva raggiunto cifre impressionanti cominciarono a comparire le prime segnalazioni di danni fetali (focomelia). Prima dell’introduzione in commercio del talidomide la sindrome era rarissima (un caso ogni quattro milioni di persone).

In poco tempo risultarono chiaramente le sue proprietà teratogene, ma prima che la talidomide fosse ritirata dal mercato dovevano passare oltre dieci anni, a causa dell’ostinata opposizione dei dirigenti della casa farmaceutica che fecero di tutto per insabbiare le prove emergenti. Nel frattempo in Germania erano nati quasi 2800 focomelici, in Italia “ufficialmente” solo una ventina, ma è probabile questa cifra sia notevolmente sottostimata. Anche se la talidomide cadde nel dimenticatoio rimanevano i bambini con la focomelia, cioè con le gravi malformazioni degli arti rappresentate dall’atrofia di uno o più parti intermedie, per cui le mani e/o i piedi risultano fissate direttamente sul tronco.

Il farmaco è stato recentemente rivalutato in seguito alla dimostrazione della sua efficacia in alcune condizioni patologiche rare quali l'eritema nodoso lepromatoso, una condizione riscontrata in alcuni pazienti affetti da lebbra; la stomatite aftosa associata ad infezione da HIV (il virus che provoca l’AIDS); e la GVHD cronica. Attualmente, le migliorate conoscenze hanno permesso di riclassificazione la talidomide ed i suoi derivati come immunomodulanti, in grado di modificare i meccanismi reposti alla regolanzione l'attività cellulare.

In vitro, per esempio, la talidomide influenza la produzione di citochine, tra cui una riduzione della produzione di TNF-a e di Il-6 da parte delle cellule del sangue periferico, ed esercita numerose azioni a livello delle cellule emopoietiche poste in coltura.La talidomide ha molti altri effetti utili nell’ambito della terapia dei tumori, fra cui il rallentamento o l'arresto dell'angiogenesi, ossia della formazione di nuovi vasi sanguigni.

Il processo dell’angiogenesi è oggi ritenuto di cruciale importanza, potendo rappresentare uno dei meccanismi fondamentali con i quali il tumore acquisisce un vantaggio di crescita rispetto alle cellule sane.

Il perché è abbastanza intuitivo: i tumore produce delle sostanze che stimolano la formazione di nuovi vasi sanguigni, accrescendo la quantità di sangue che entra nel tumore stesso e favorendo così la sua stessa continua crescita.

La talidomide non è quindi un farmaco antineoplastico in senso stretto, in quanto non uccide direttamente le cellule ma, in un certo qual modo, potremmo dire che toglie “il pane di bocca” alle cellule tumorali stesse, favorendone la morte. Purtroppo non tutti i tumori producono fattori pro-angiogenetici cosicchè questo farmaco promettente è utilizzabile solo in alcune forme neoplastiche, da solo o in associazione con altri farmaci.

Fra le neoplasie ematologiche quella in cui si sono ottenuti i migliori risultati è indubbiamente il mieloma multiplo.

Inizialmente la talidomide fu utilizzata, come sempre accade per i farmaci sperimentali, in pazienti oramai praticemnte senza speranza di guarigione alcuna dopo essere stati sottoposti alle terapie più intensive. Per esempio i ricercatori dell’Istito di Ematologia dell’Università di Bologna condussero uno studio clinico denominato Terapia di Salvataggio con Talidomide per pazienti con Mieloma Multiplo Refrattario a Chemioterapia Convenzionale o a Trapianto Autologo di Pbpc, in cui i pazienti erano divenuti resistenti alla terapia e d avevano un arecidiva e/o una ricaduta persino dopo autotrapianto di midollo. (La pagina non sembra essere aggiornata dopo il 2000 cosicché non sappiamo riferirvi i risultati dello studio).

L’efficacia della talidomide è stata comunque confermata in numerosi studi italiani ed internazionali, cosicchè sono in corso di attuazione studi clinici nei quali la talidomide è utilizzata all’esordio della malattia, in associazione con cortisonici e/o chemioterapia. Questo per valutare l’efficacia del farmaco in pazienti non pesantemente pretrattati, nella speranza di poter ridurre la dose e quindi gli effetti collaterali degli antineoplastici e di sfruttare anche gli effetti immunomodulanti della talidomide, prima che il sistema immunitario venga ulteriormente compromesso dalla chemio.

In un terzo circa dei casi circa (e probabilmente in una percentuale maggiore di soggetti se il farmaco è somministrato nelle fasi iniziali della malattia)si ottengono delle buone risposte.I risultati sono a volte impressionanti e molto rapidi, anche se in genere la risposta al talidomide avviene lentamente, diciamo in media nell’arco di 8-12 settimane. Oggi si inizia in genere con dose molto più basse rispetto al passato, quasi sempre 50-100 mg al giorno, aumentando la dose, in assenza di risposta fino a non superare la dose di 300-400 mg al giorno.

Superati tali dosaggi (nei primi studi si è arrivati anche a 800 mg/die) è molto frequente osservare la comparsa di effetti collaterali anche seri:
  • sonnolenza
  • stitichezza ed altri disturbi gastro-intestinali
  • formicolii a mani e piedi
  • disturbi dell'equilibrio
  • dimunuzione dei globuli bianchi.

I formicolii alle mani o ai piedi, la debolezza o intorpidimento agli arti, disturbi dell’equilibrio o della marcia, possono essere espressione di una neuropatia sensitiva periferica. Quando compare questo effetto collaterale è consigliabile sospendere il farmaco Abbastanza frequente è anche una leucopenia o le manifestazioni cutanee. Altri disturbi sono riportati più raramente, per cui è consigliabile avvisare immediatamente lo staff sanitario che vi ha in cura ogni qualvolta compaia qualche strano disturbo in corso di questa terapia

Inoltre, sopratuttto in caso di concomitante assunzione di desametazone (un cortisonico), è stata osservata un’aumentata frequenza di trombosi venose soprattutto agli arti inferiori, per cui conviene stare all’erta qualora comparisse dolore e/o rigonfiamento e/o arrossamento di una parte del corpo (in genere le gambe) oppure palpitazioni, tachicardia, dolore toracico, dispnea,che potrebbero essere la spia di un’imminente embolia polmonare, a sua volta complicanza della trombosi.

La sonnolenza può essere attenuata assumendo le capsule prima di coricarsi. È consigliabile evitare di guidare la macchina o svolgere lavori o attività ricreative che richiedono una particolare soglia d’attenzione durante la terapia. Generalemnte una volta ottenuto il massimo effetto possibile, si inizia a ridurre la dose, fino a trovare la minima dose efficace.

La talidomide non è in vendita in Italia, ma oramai tutti i centri possono ottenerla tranquillamente attraverso le farmacie ospedaliere che la ordinano all’estero.

Grazie a questi buoni risultati si sta ora attivamente sperimentando la talidomide in un gran numero di neoplasie umane e di altre malattie dove si supponga esistano anomalie di vario grado della funzione del sistema immunitario. In ematologia, le malattie in cui si attendono buoni risultati sono la mielofibrosi idiopatica e le mielodisplasie.

Per quanto riguarda la mielofibrosi si è da poco concluso uno studio europeo coordinato dal RIMM di Pavia (http://www.myelofibrosis.net/rimm/thal/index.html). I risultati sono attesi per i primi mesi dell’anno prossimo.



Per saperne di più..

Consultate il sito Alcmeone ed il Sito mirror del SIE Ematologia

ULTIMO AGGIORNAMENTO: sabato 1 maggio 2004sabato 22 novembre 2003

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