Hyccara
Carines
Ikkar
Carinis
Qarinis

Carini

 

 (Questi sono alcuni dei nomi assegnati a Carini, nel corso dei millenni)

  

 

          Dai suoi 160 metri d’altezza, Carini domina l’incantevole   golfo che va   da   Capo   Raìs   ad   Isola delle Femmine. La sua conformazione geografica e la ricchezza del territorio, hanno fatto si che fosse abitato già dal Paleolitico, testimonianza ne sono i numerosi resti rinvenuti nelle grotte di Carburangeli, Puntali-Armetta e Maccagnone.
 
        Il Re dei Sicani Cocalo donò il territorio carinese al mitico Dedalo per i servigi a lui resi; veniva così fondata la cittadina di Hykkara che durerà fino al 415 a.C.., quando l’ateniese Nicia la distrusse facendone schiavi gli abitanti, tra i quali quella Laide ancora fanciulla che sarebbe divenuta in seguito una famosa etèra presso Corinto.  

 

 

Ricostruita più a monte, Hiccara è citata nell’Itinerarium Antonini ed è sede di Vescovado, come testimoniano alcune lettere di Papa Gregorio Magno al suo vescovo. A confermare l’importanza raggiunta dalla cittadina rimangono oggi grandi e multicolori mosaici e le estese Catacombe presso Villagrazia di Carini, scoperte nel 1899.

 

Conquistata dai musulmani, Hiccara cambia nome in Qarinis ed è arricchita di palazzi e bagni, così Idrisi la descrive nel suo “Il libro di Ruggero” nel 1154: “Qarinis, paese piacevole, grazioso e fertile … Una fortezza di recente costruzione sorge su una collina che domina la città.”

 

                  Conquistata la Sicilia dai Normanni, Carini è affidata al barone Rodolfo Bonello, il quale inizia la costruzione del Castello, che avrà la sua massima evoluzione sotto il dominio della famiglia La Grua - Talamanca, signori di Carini dal 1397 e artefici, in massima parte, dell’evoluzione storica e monumentale della cittadina.  
 
                Nel 1563 avviene l’Amaro Caso della Signora di Carini. Laura Lanza, moglie di Vincenzo II La Grua Talamanca, è uccisa dal padre per motivi d’onore, dando così vita alla leggenda della Baronessa di Carini, immortalata nella tradizione popolare dai “cunti” dei cantastorie. A loro fece riferimento il Salamone Marino per i suoi poemetti e, non per ultimo, Vincenzo Bellini che musicò la famosa “Fenesta cà lucive” ispirata all’amaro caso.  

 

            Durante la dominazione borbonica Carini è sede dei principali moti risorgimentali, la vicinanza con Palermo favorisce gli incontri clandestini tra i fomentatori della rivoluzione, ed il Convento dei Carmelitani ne è il centro.
 

                   La munificenza dei Signori di Carini ha fatto si che nel paese si edificassero numerose Chiese e Conventi, tutti dotati di cospicui capolavori artistici sia pittorici che scultorei. 

 

                        La Chiesa Madre, che in se rappresenta una vera e propria pinacoteca, è un ottimo punto di partenza per un itinerario artistico; al suo interno possiamo ammirare opere di Alessandro Allori, di Giuseppe Testa, dello Zoppo di Gangi, del Tancredi e dei fratelli Manno. Pregevoli sono anche un tabernacolo ed un’acquasantiera della scuola dei Gagini, oltre a stucchi di Procopio Serpotta.
 
                 Attiguo è l'Oratorio del Santissimo Sacramento, vero gioiello barocco, tutto adorno di stucchi del Serpotta ed affreschi del Tancredi; nel suo vestibolo è possibile ammirare una lavagna della Madonna del Monserrato degli inizi del XVI secolo.  

 
               Nel vicino Convento dei Domenicani, all'interno della Chiesa della Madonna del Rosario, si conservano una splendida scultura raffigurante la Madonna con Bambino attribuita ai Gagini, e diverse tele opera di autori del XVI sec.  
  
         Altre chiese ricche di capolavori sono quelle dedicate alla Madonna Odigidria e  alla Madonna degli Angeli, con le tele di San Francesco e la Madonna con i due Calogeri, opera dello Zoppo di Gangi.  

  

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