LETTERA INVIATA AL SETTIMANALE L’ECO DEL CHISONE, 6.12.1996

 

UNA STRAGE DI CERVI

 

Dalle parole ai fatti. I cacciatori che talvolta amano presentarsi, a parole, come veri sportivi che ripercorrendo le strade dell’uomo preistorico si divertono a ingaggiare lotte con gli animali, decretandone sì la morte, ma nel rispetto di alcune regole basilari di reciproca stima, dimenticando le palesemente diverse condizioni in cui si trovano i due attori della triste vicenda della caccia, hanno dimostrato una volta di più come dietro le loro affermazioni si celi la solita voglia distruttiva che è tanto più riprovevole quanto più si indirizza verso chi a fatto nulla contro di loro e non ha mezzi per difendersi. Il 5 dicembre del 1996 un folto gruppo di cacciatori, fatti salvi eventuali accertamenti, provenienti da più regioni italiane, hanno chiuso a cerchio una cinquantina di cervi in località Faussimagna nel territori compreso tra Pinerolo ed il Sestiere e sparando nel mucchio, come in un tiro a segno, li hanno uccisi tutti, sventrandoli poi quasi sul bordo della strada, e abbandonandone addirittura 4 o 5 perché impossibilitati a portarli via .

L’occasione, ghiotta , era stata data dall’apertura della caccia cosiddetta di selezione, in quanto il numero dei cervi all’interno del parco sembrava troppo elevato e andava ridimensionato.

A parte la considerazione ovvia che bisognerebbe poter stabilire chi e come stabilisce che una certa specie è troppo abbondante, con quali criteri e perché, quello che ha colpito e offeso anche tanti di quelli che non sono contrari alla caccia è stato proprio l’aspetto meschino della realizzazione del progetto: tanti cacciatori, contro bestie inermi, spaventate dai cani e riunite a forza in un fondovalle, dove sono stati abbattuti come in una mattanza, con colpi sparati vicino alla strada ed al centro abitato, da dove sono stati distintamente uditi.

Subito sono scattate le prime reazioni, chiusura della caccia di selezione, riprovazione da parte dei responsabili della gestione caccia del parco, ma passate le prime emozioni possiamo essere sicuri che l’episodio sarà ben presto dimenticato e si riaprirà la caccia.

Per non dimenticare ricordiamo innanzi tutto che solo i disattenti possono stupirsi di un simile fatto; solo chi non ha visto l’evoluzione della caccia "sportiva " può infatti ancora non pensare che essa celi un desiderio di distruzione, una crudeltà, una voglia di morte che si estrinsecano ben chiaramente nei rituali di tale pratica. I cacciatori ormai si sentono tanti piccoli rambo, come lui vestiti ed armati, forniti di radio ricetrasmittenti con le quali comunicarsi le posizioni della selvaggina, in un fittissimo scambio di informazioni che aggiunge esaltazione all’esaltazione.

Certamente , e come sempre, sentiremo dire che queste sono parole assurde e che non tutti i cacciatori sono così : ebbene quelli che non si sentono così possono dimostrarlo molto chiaramente andando, una qualsiasi domenica, senza cane e senza doppietta, a guardare quello che i loro colleghi sanno fare con il fucile e a contare la strage impunita che si perpetua.

Come ambientalisti e/o animalisti trovano sempre meno risposte le domande legate all’ineluttabilità della caccia di selezione, per cui prima si immettono gli animali e poi se ne cerca la morte. Cinghiali, cervi, daini, camosci, ecc. sono di volta in volta accusati in nome del loro numero di provocare danni inestimabili alle coltivazioni e si cerca di ottenere così il visto per il loro abbattimento non solo dai contadini, ma anche da qualche associazione ambientalista, che per salvare o qualche altro animale, così si dice, o l’ambiente stesso, è ben disposta ad abbattere qualche cervo o qualche cinghiale, in nome di superiori interessi Ebbene è ora che animalisti ed ambientalisti diano come risposte per la soluzione del problema della caccia, la richiesta di fermare le immissioni di animali, negando qualsiasi ripopolamento fauna sia autoctona sia alloctona, ponendo fine alla pratica di immettere animali sul territorio per poi ucciderli; occorrerà cercare di ottenere il rispetto per l’ambiente e la natura così come sono nel momento in cui siamo, lottando contro qualsiasi modificazione anche in positivo, perchè dietro ad ogni immissione si nascondono gli interessi delle doppiette.

L’altro problema collegato alla caccia, anche a quella di selezione, è l’aspetto degli interessi economici. La caccia muove montanti economici rilevanti, che partono dagli industriali del tondino del bresciano e dei loro corregionali produttori dei fucili, che , guarda com’è strano il caso, si trovano quasi tutti nelle stesse zone.

Infine come ambientalisti ed animalisti diciamo basta alla caccia di selezione. Le affermazioni relative ai danni o ad un eccessivo numero di presenze dovranno poter essere verificate in maniera inoppugnabile, perché sempre più frequentemente dagli stessi cacciatori viene ammesso che le presenze di selvaggina libera dipendono anche da rilasci irregolari effettuati proprio per incentivare le attività venatorie.

La risposta degli ambientalisti e degli animalisti sarà quella di cercare di coagulare una forte opposizione alla caccia ma anche agli allevamenti di selvaggina, e a continuare a proporre moratorie nell’esercizio della stessa, chiedendone la sospensione.

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