CI SONO E CI FANNO - DOPO MUCCA PAZZA E LA DIOSSINA.A QUANDO LA PROSSIMA EMERGENZA IN ZOOTECNIA?

ARTICOLO PUBBLICATO sul mensile IMPRONTE D ed. LAV , n. 7 del luglio 1999

di Enrico Moriconi

 

L’ultimo episodio della ormai lunga serie di emergenze alimentari è legato ai polli alla diossina e viene dopo "mucca pazza", la salmonella in Gran Bretagna e nel napoletano, l’influenza dei polli di Hong Kong, i batteri negli hamburger americani e inglesi, tanto che non sembra inutile chiedersi quando dovremmo affrontare il prossimo scandalo. Il 1 giugno è stato reso noto che in Belgio i polli erano stati nutriti con mangimi contenenti diossina. Subito dopo, il 2 giugno, sono stati bloccati in tutta Europa e quasi immediatamente il blocco è stato esteso ai maiali, ai bovini (vivi e morti) e al latte. La causa più probabile, e credibile, della presenza della diossina resta quella dell’utilizzo di olii minerali che, mescolati con quelli vegetali, l’hanno originata per le altissime temperature alle quali erano sottoposti.

Appena a conoscenza del problema, le autorità sono corse ai ripari, da un lato cercando di bloccare le merci a rischio e dall’altro tranquillizzando i consumatori per non deprimere il mitico mercato e non mandare in crisi i grossi interessi industriali. Si è avuto anche un curioso incidente, quale la dichiarazione di un segretario di un sindacato autonomo dei veterinari pubblici, che ha immediatamente affermato come in Italia fossimo tutelati nei confronti della diossina, perché resi esperti dall’emergenza Seveso. Subito dopo però si è ufficialmente saputo che nel nostro paese non solo non si sono mai fatti esami per la ricerca della diossina sui cibi ma che occorrevano mesi prima che i laboratori fossero in grado di eseguirli.

Questo piccolo incidente ha un significato emblematico e dimostra quale sarà la conclusione dell’affaire: si minimizzerà la portata dell’accaduto, perché tutti vogliono che si concluda al più presto, non solo le autorità e gli industriali ma anche, per assurdo, i consumatori che desiderano riprendere immediatamente la loro orgia consumistica. Poiché non si vuole mettere in discussione il sistema produttivo, si punterà tutto sui controlli e si dirà che tutto il prodotto a rischio è stato o controllato o ritirato dal commercio e si minimizzerà la portata del problema, asserendo che solo una piccola parte degli animali è stata contagiata e che quindi la maggior parte degli alimenti sono innocui.

Già si dice che la quantità di mangime alla diossina non sia elevata, si parla di un una sola lavorazione, ma ciò è in contrasto proprio con le logiche industriali e con quanto è avvenuto. L’elevatissima concentrazione rilevata negli animali morti dimostra che, se si trattasse di un solo ciclo lavorativo, sarebbe stata prodotta diossina pura. Inoltre è contro la logica stessa della industria fare produzioni piccole e diversificate quando, per maggiore profitto, si cerca invece di standardizzare l’attività, ovvero puntare sulle quantità e l’uniformità dei prodotti.

Tutti, produttori e consumatori, sembrano fidarsi dei controlli senza chiedersi come si possono controllare tutte le immense quantità di animali e prodotti collegati: solo di mangime zootecnico, in Italia, si consumano 20 milioni di tonnellate all’anno, la cui analisi richiederebbe uno stuolo di pubblici controllori. Per quanto riguarda gli animali, i polli sono controllati, in Italia, nella misura di uno ogni milione e i bovini sette ogni mille, in base ai dati ufficiali del Ministero della Sanità.

Le autorità, a partire da quelle belghe, cercano di tranquillizzare i consumatori ma si sono sempre dimostrate più attente agli interessi economici dei grandi gruppi che ai risvolti sanitari e il sistema dei controlli messo in atto non ha impedito le gravissime evenienze accadute. Adesso si chiede credibilità ma per più di un mese si è sperato di poter superare il problema senza clamori e pertanto è stato tenuto nascosto ai cittadini dell’Europa intera. Come si può ragionevolmente far affidamento sui controlli, quando, ad esempio, solo il 7 maggio di quest’anno è stato comunicato che ben 19 bovini non conformi alle garanzie sanitarie sarebbero giunti dall’Irlanda tra il dicembre 98 e l’aprile 99? In quel lasso di tempo tutta quella carne, che era a rischio per una patologia grave come la BSE o mucca pazza, è sicuramente stata consumata.

Il caso diossina evidenzia invece i problemi dell’attuale sistema produttivo. Il mercato richiede grandi quantità di carne, per soddisfare la domanda sono indispensabili gli allevamenti intensivi che favoriscono la nascita di potentissime lobby (produttori di mangimi, macellatori, salumifici, industrie dell’alimentazione ) che condizionano fortemente le autorità politiche. E non si può che temere un peggioramento. Negli Usa, dove il potere economico è più esplicito e arrogante, neppure un attore famoso come Alec Baldwin riesce a far trasmettere un documentario sui rischi della zootecnia intensiva e della presenza di ormoni e pesticidi nelle carni, perché lo strapotere delle associazioni di produttori rischia cause miliardarie a chiunque voglia provare a scoperchiare la pentola. Questo può essere il nostro prossimo futuro, dove il mercato riesce a comperare tutto, anche la giustizia.

In questo sistema produttivo, sono impliciti i rischi sanitari, perchè le economie di scala, gli enormi livelli produttivi, il desiderio di facile e veloce arricchimento favoriscono scorciatoie e sotterfugi, con i risultati che si vedono.

Per dare maggior sicurezza, come tante voci ormai dicono, anche quella del Ministro dell’Ambiente, più che puntare sui controlli, occorre riconsiderare il modello di sviluppo in campo agro alimentare, legarlo di più alla natura, e riconvertire gli allevamenti intensivi. Per questo, però, è fondamentale la collaborazione dei consumatori che devono imparare a fare scelte consapevoli, sia scegliendo la qualità invece della quantità sia mangiando meno carne (se ne consuma troppa, quasi tre volte la quantità sufficiente secondo l’Istituto Italiano della Nutrizione). Finché si consumerà così tanta carne saranno inevitabili gli allevamenti dove gli animali sono trattati come "macchine " da carne.

Gli allevamenti industrializzati vanno riconvertiti.

Tenere animali come i vitelli da carne bianca in pochi centimetri ( 60) tanto che non possono coricarsi correttamente, i bovini adulti stipati in box di modeste dimensioni, le galline ovaiole in una "scatola da scarpe", i polli con gli arti deformati dal peso, le oche immobilizzate e ingozzate in maniera atroce, le scrofe letteralmente fasciate dai tubi metallici delle gabbie in cui sono rinchiuse, e si potrebbero aggiungere altri esempi; continuare a somministrare farmaci e antibiotici (come denuncia la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità) causa sofferenza agli animali e può diventare dannoso per chi ne consuma le carni.

La lezione dell’ultimo scandalo, intervenuto dopo altri gravissimi problemi collegati alla moderna zootecnia, è che occorre cambiare sia il modo di allevare gli animali, puntando sul rispetto dei loro bisogni etologici e fisiologici, sia il modo di nutrirsi da parte dei cittadini, mangiando meno carne, molta meno.

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