ritorna alla pagina precedente

 

 

 

Il Castello dei Conti di Modica tra il XVII e il XVIII secolo*

di Fortunato Pompei**

 

 

1. Nel 1230-31 Federico II istituì la carica dei provisores castrorum; questi erano dei funzionari regi, che avevano il compito di ispezionare periodicamente i castelli demaniali e le domus regiae per controllarne l’efficienza sia da un punto di vista militare che della produzione legata all’agricoltura ed all’allevamento degli animali, oltre a constatare lo stato di fatto degli edifici e disporre le opere di manutenzione necessarie. Nel 1239 Federico II, preoccupato dell’amministrazione di alcuni castelli, ne fece redigere una lista e stabilì che i castellani dovevano risponderne a lui direttamente scavalcando i provisores castrorum: questo è il primo elenco di castelli regi della Sicilia, oggi disperso. Successivamente, fra il 1240 e il 1245, Federico II avviò un’inchiesta denominata De reparacione castrorum, dove si stabiliva in quali centri abitati si dovesse prelevare la mano d’opera per il restauro delle domus regiae e dei castelli.

L’interesse che Federico II ebbe per questo genere di costruzioni è ancora testimoniato dalla diretta ed abbondante corrispondenza che egli ebbe con gli architetti incaricati alla progettazione dei suoi castelli. Fra essi bisogna accennare al protomagistro regio (1) Riccardo da Lentini, che era l’incaricato alla edificazione dei castelli (‘castra’) di Sicilia. A lui dobbiamo la progettazione e costruzione di quelli di Augusta, Siracusa, Catania, Milazzo, Caltagirone e Lentini: non sappiamo se si sia occupato anche di altri castelli; certo è che tutti quelli costruiti da Riccardo da Lentini si trovano nella Sicilia Orientale.

Con la successione angioina, ed in particolare con Carlo I, non si fece altro che confermare ed utilizzare tutto l’impianto amministrativo di Federico II, compreso il settore dei castelli demaniali, per il quale ci si avvalse della precedente esperienza dei provisores castrorum. Anche Carlo I fece redigere due elenchi dei castelli demaniali siciliani: gli Statuta Castrorum Siciliae, emanati dalla curia angioina rispettivamente nel 1268 e nel 1272.

E’ nel secondo elenco che troviamo citato il castello di Modica, con un consergio definito custode carceriere, milite o scutifero (2).

Oltre che nello Statutum Castrorum Siciliae del 1272, il castello di Modica compare inserito, insieme ad altri feudi siciliani, in una Bolla datata Anagni 21 Agosto 1255, indirizzata a Frate Ruffino de’ Minori, cappellano e penitenziere del Papa: poiché gli eximia dilecti filii nobilis viri Roglerii Fimectae fidelis nostri merita sic preeminent et prefulgent.... il Papa premia Ruggero Fimetta, concedendogli i castelli di Vizzini, Modica, Scicli e Palazzolo, che rendono, dice la bolla, duecento once l’anno ciascuno (3).

 

Ciò rapidamente premesso sul funzionamento della committenza dei ‘castra’ nel XIII secolo e sulle fonti più antiche - oggi accertate - che documentano la presenza del castello di Modica, s’intende proporre la lettura della struttura architettonica del castello nelle fasi più recenti - XVII e XVIII sec. - , per le quali è possibile disporre di fonti documentarie conservate presso l’Archivio di Stato di Modica.

2. Punto di partenza di questa ricerca è il progetto per la ricostruzione del palazzo del governatore (4), illustrato in un documento risalente al 1779 (5). Da questo documento, che contiene la relazione tecnica ed estimativa del magister Ignazio Scifo, ‘caput fabrorum maragmatis’, corredata da una planimetria in canne metriche siciliane (Tav. 1), possiano avere dei riferimenti abbastanza precisi per definire, in buona parte, alcuni degli edifici che componevano l’articolato complesso edilizio del castello in questo periodo.

Per la progettazione e ricostruzione della casa del governatore fu in-caricato, come già detto, il magistrum Ignazio Scifo e si stabilì che il palazzo si doveva costruire sopra la struttura dell’edificio vecchio, ormai distrutto, visibile dalla strada pubblica ed ubicato a settentrione della rocca, naturalmente dopo ulteriori demolizioni.

Va qui rilevato che molti sono i documenti che attestano la presenza della precedente casa del governatore nel XVII sec. Fra essi ricordiamo: un documento datato 11 marzo 1600 che contiene una richiesta di pagamento di spese fatte per riparare le stanze della casa del governatore, la cucina, la stanza grande delle udienze oltre al tetto della cappella (6); una relazione del 6 marzo 1643 su un crollo causato dal cedimento della “...Grutta Grande...» vicino alla seconda porta della Guardia (sopra la quale era l’originaria entrata e il passaggio al castello, presso l’attuale inizio di via Catena), in cui si menziona un’ispezione fatta nei dammusi sotto il quarto (7) del governatore e viene evidenziata la necessità di ripristinare i tetti nelle stanze sotto le quali è ubicata una chiesa (8).

Nel nuovo progetto del 1779, per la ricostruzione della casa del governatore, il palazzo viene ad occupare, quasi per esteso, l’area settentrionale della rocca, doveva essere affiancato alla chiesa (San Cataldo?) e posto frontalmente alla cancelleria.

Al portone, in legno e con lunetta in ferro, del palazzo - sopraelevato rispetto al piano della ‘strada pubblica’ che costeggiava la rocca - , si perveniva tramite una scala ubicata sulla medesima via, con due possibilità contrapposte di risalita: una dalla parte della strada, l’altra dalla parte dell’ingresso attuale al castello. Il portale d’ingresso, che immetteva in un atrio, era particolarmente curato, come si evince dalla relazione: “... intaglio per detto porticale palmi 500,.... mastria per basi, capitelli e ornamenti di scappello e cornicioni...”. L’atrio doveva avere un aspetto abbastanza gradevole: era prevista una pavimentazione con basole di pietra quadrate poste a scacchiera di colore nero e bianco, con una scala, pavimentata in lastre di pece nera, che si sviluppava intorno ad un colonnato con capitelli.

Da questa scala si accedeva alla casa del governatore che era formata da undici stanze, compresa di cucina ed anticucina con una cisterna, tutte con soffitti a volte di canne e gesso e pavimentate con pietra di Scicli, esclusi la cucina e l’anticucina che erano pavimentate in pietra bianca ed il camerone, di mq 70 circa, con mattoni di Valenza. Le stanze erano sostenute da undici dammusi (9) le cui fondamenta poggiavano sulla rocca. Ogni stanza doveva avere un balcone, sostenuto da cagnuoli (19), con finestrone arricchito di cornici in pietra ed apertura in legno pitturato. Il palazzo era decorato in tutti i quattro lati da un cornicione di ordine corinzio con propri modiglioni (11).

 

3. La scala, nel suo corso, trovava una apertura dalla quale si accedeva al cortile esterno superiore , dove si affacciavano la cancelleria, il camerone ed una chiesa; da tale cortile, poi, si poteva pervenire, tramite altra scala (ancora oggi esistente), al cortile inferiore del castello. Sull’estremo fronte orientale si doveva creare - secondo il suddetto progetto - un piccolo passaggio che permettesse di arrivare direttamente dalle carceri ad uno dei luoghi della tortura (Tav. 3) (12).

Anche l’ubicazione della cancelleria e del camerone si evince dalla planimetria precedentemente indicata (13).

La cancelleria, formata da una saletta d’ingresso e da tre camere, una delle quali adibita ad archivio per i documenti, era ubicata sul versante orientale dello sperone roccioso “... nel limite del precipizio...» (14). Nel 1759 era già stato costruito un ‘cammarone’ per conservare l’abbondante mole di documentazione prodotta dalla cancelleria che non poteva più essere contenuta nella vecchia camera, per il rischio che il troppo peso dei documenti potesse provocare qualche crollo, ed “ ..ancora per levarsi dal pericolo che (Dio liberi) succedendo qualche tremuoto, e perciò, girando la camera suddetta, ove è conservata la scrittura [della Cancelleria], la medesima si deperde, perché viene a dare al basso...”, Il camerone, che misura palmi 40 (ml 10.32) di lunghezza, palmi 28 (ml 7.22) di larghezza e palmi 22 (ml 5.67) di altezza, fu costruito sopra le grade (carceri criminali), chiamate Gradicella e Grada Piccola, ed unito all’edificio della cancelleria; pertanto fu necessario, “...perché si frammezza la strada per la quale si sale alla medesima, voltarsi un arco con dammuso e formarsi di sopra una stanza che serve per entrare in detto cammarone...” (15). Questo percorso è identificabile - come accennato - nell’ampia scala coperta (e con robusto e grande portone di legno con guarnizioni di ferro) che congiunge cortile inferiore e cortile superiore. Negli anni successivi il camerone subì un’ulteriore modifica; infatti nell’anno 1779 fu necessario ampliarlo, aprendo una porta nel muro di confine con la casa del castellano (16), per accedere ad una saletta ed una stanza dove poter riporre altri documenti della cancelleria. Alla residenza del castellano, quindi, venne a mancare dello spazio, inconveniente che in un primo tempo si pensò di risolvere con l’abolizione del carcere nuovo delle donne, che era a confine con suddetta casa: soluzione che evidentemente fu scartata, se il carcere compare ancora con tale ubicazione nell’elenco del 1783 (17)

 

4. Sul cortile inferiore - altro nodo importante per la ricostruzione dell’impianto del castello - si affacciava la residenza del castellano, ubicata pertanto verso la parte meridionale della rocca, sul versante occidentale, da cui si poteva dominare e osservare la vallata (18).

Sotto la cucina di detta casa era allogata la sede degli alabardieri* e, a lato, una cappella (San Leonardo?).

Fondamentale per la ricostruzione degli edifici, che prospettavano (e prospettano tuttora) sul cortile inferiore, è la relazione fatta da Antonio Montes, Caput Magister Marembatis [costruzioni] Status et comitatus Mohac (18), in seguito ad una circolare emanata il 23 aprile 1783 dalla Magna Regia Curia Setis Criminalis sull’adeguamento di tutte le carceri dello Stato, secondo nuove direttive di carcerazione (20). La relazione consiste in un elenco abbastanza dettagliato dello stato di fatto delle carceri, distinte in carceri criminali, civili, per donne, galantuomini e fosse. A queste carceri nel maggio del 1825 ne sarebbe stato aggiunto uno, o almeno ne fu fatta richiesta, per la detenzione dei carcerati ecclesiasti regolari o secolari (21).

L’elenco del 1783 riporta quattordici voci numerate di cui undici si riferiscono a carceri, indicate seguendo un ordine orario. Ci limiteremo all’elenco di quest’ultime con qualche considerazione che potrà essere utile per individuarne l’ubicazione, senza soffermarci nella descrizione particolareggiata:

- La Gradicella e la Grada Grande, carceri criminali, il secondo con toccene (22), entrambi con propri ‘luoghi comuni’ (23) ed il pavimento di roccia. Avevano l’ingresso nel cortile inferiore e guardavano a meridione; su queste carceri, come abbiamo visto precedentemente, era poggiato il camerone della cancelleria;

- Bellaggi; in questo carcere vi erano tre conserve (24); in seguito ne fu costruita una quarta a lato delle altre tre (25), Tale carcere si trovava sul versante est della rocca;

- Carcere Vecchio, detto carcere delle donne, “...che dona nell’atrio del castello come tutti gli altri carceri...”; anche questo era ubicato sul versante est dello sperone roccioso (26);

- La Infermeria, carcere civile, sopra il quale era appoggiata la struttura antica della cancelleria (27), ubicato quindi anch’esso sul versante est della rocca;

- Dammuso Vecchio, carcere civile, ubicato sul versante est della rocca (28);

- Dammuso Nuovo, carcere civile con la porta che dava nel cortile inferiore del castello; sopra questo dammuso era costruita la casa del castellano che guarda tutte le carceri. Il carcere era ubicato sul versante ovest della rocca;

- Carcere nuovo delle Donne, che si trovava sopra la bottega di Cardo (?) del castello ed affiancato alla casa del castellano. A questo carcere si accedeva con una scala esterna, a differenza del progetto iniziale che sfruttava la stessa scala della casa del castellano: idea, in seguito, giudicata “....impropria e molto pericolosa...” (29);

- Carcere dei Galantuomini, con tre camere ed una cucina;

- infine vengono citate nel documento due fosse, una nuova e una vecchia, entrambe nel cortile inferiore del castello. Le ‘fosse’ erano orridi spazi di pena, scavati nella roccia appunto come grandi fosse, profonde 6-7 metri, di forma circolare (diametro circa m. 4) e con soffitto a campana. I condannati vi venivano calati da un’apertura posta in alto, con grata di ferro, che forniva pure luce ed areazione.

Dall’elenco di queste carceri e dalle descrizioni, abbiamo elaborato una tavola con le piantine e i prospetti, che si affacciavano tutti sul cortile inferiore (Tav.2).

In seguito a questa relazione, ed in base alle norme emanate dalla circolare, fu progettato. dal magistro Antonio Montes, l’adeguamento alle carceri (30). Il documento si riferisce alla spesa delle opere da realizzare ed è corredato da una planimetria in canne metriche del progetto per la nuova costruzione delle carceri dei galantuomini. Il progetto non venne realizzato (31), tranne che per l’abolizione delle due fosse, in una delle quali si ricavò la cisterna, oggi visibile all’interno del cortile inferiore.

Nel medesimo cortile, oltre a tutte le carceri, la casa del castellano, le stanze degli alabardieri e la cappella, si affacciavano, o in qualche modo ne erano a diretto contatto, la camera di subizione (32) e la casa del boja (33).

 

5. Un cenno occorre fare per le chiese che erano all’interno del castello, e che ritroviamo menzionate frequentemente nei documenti senza riferimenti precisi alla relativa intitolazione e alla loro ubicazione.

Il Carrafa nel 1653 scrive: “..vi stanno tre Chiese dedicate a dei Santi. Nella prima di queste sotto il nome della Vergine Maria, soggetta, e Coadiutrice alla Chiesa Maggiore... Delle altre due l’una è sotto il titolo di S. Cataldo, chiesetta o cappella del palazzo del Conte, come addimostrano gli stemmi dipinti al fronte della porta. L’altra è sotto il titolo di S. Leonardo per comodo dei prigionieri...” (34). Già qualche anno prima nel 1633 il vescovo di Siracusa aveva visitato “nel castello di Modica la chiesa di S. Maria Assunta, la chiesa o meglio la cappella di S. Cataldo, che ha le caratteristiche di un privato oratorio, e la cappella di S. Leonardo nell’atrio delle carceri” (35).

Nel 1692 è confermata la presenza della chiesa di San Cataldo e di quella di Santa Maria (36). Un altro documento che attesta la presenza di almeno due chiese è datato 28 marzo 1788: qui si descrivono lavori da fare nel castello e “..nella chiesa di sopra...” distinguendola, quindi, da una sicuramente esistente nel cortile inferiore.

Mettendo a confronto le indicazioni del Carrafa e del documento del 1633, riguardo alle funzioni che le tre chiese assolvono, e le lacunose citazioni dei documenti sopra menzionati, possiamo tentare di individuarne l’ubicazione.

Per quanto riguarda la chiesa di Santa Maria, non disponendo al momento di fonti dirette, ci viene difficile pronunciarci: dai pochi riferimenti si può supporre che la chiesa si trovasse a monte dello sperone roccioso, nei pressi dell’ingresso originario del castello posto a nord (37), ed in parte sotto le stanze della casa del governatore (38). Riteniamo che il terremoto del 1693 l’abbia distrutta e non si sia stata mai più ricostruita.

La chiesa di San Cataldo, cappella privata del conte, può essere identificata con la cappella indicata nella planimetria del 1780 (Tav.1), sia per il carattere privato che l’ubicazione stessa le conferisce, che per la preziosa indicazione, contenuta nel documento che accompagna la suddetta planimetria, relativa all’apertura di una porta nel vano scala del palazzo del governatore per un accesso diretto alla cappella. La troviamo ancora citata in un documento datato 1 luglio 1821, in cui si fa riferimento ad un sopralluogo del Sindaco Cav. Saverio Pluchinotta al castello di Modica. (39).

La terza chiesa, quella di San Leonardo, era ubicata all’interno del cortile inferiore delle carceri, vicino alla casa del castellano, sul versante occidentale della rocca. E’ probabile che l’area in cui essa sorgeva sia da identificare in quella attualmente occupata dal vano rettangolare esistente di fronte all’odierno ingresso del castello. Peraltro, le due paraste visibili sul prospetto orientale (sempre all’interno del cortile) e l’impianto planimetrico del vano, con la parte occidentale rialzata (per l’altare?), inducono a riconoscere in questo vano l’ubicazione di una cappella.

Da un documento del 1845 apprendiamo che le Messe per i carcerati venivano talvolta celebrate all’aperto nel cortile inferiore, dal momento che il cappellano delle prigioni, recatosi a celebrare la Messa, nel corso della stessa fu più volte interrotto dal vento che spirando in modo violento “... toglie l’Ostia dalle mani del celebrante, smorza i lumi e spesso mette tutto sotto sopra ...” a tal punto che il celebrante propone di spostarsi nel cortile superiore (40). Questo induce a pensare che il cortile inferiore doveva avere il lato meridionale (ove ora sorge una chiesa, piuttosto recentemente edificata) libero da costruzioni.

 

6. Da quanto esposto si può elaborare un sintetico schema insediativo del complesso del castello, mettendo in relazione gli edifici ed indicando le aree occupate.

Premesso che il pianoro, che si distende sullo sperone roccioso secondo un lieve pendìo con qualche gradone, ha una lunghezza di m. 230 ed una larghezza (massima) di m. 30, esso risulta interamente invaso dalle costruzioni nell’area compresa fra, a nord, la torre poligonale (che oggi in parte permane), e, alla parte opposta meridionale, il limitare dell’ampio giardino dell’attuale torre dell’orologio (Tav.3).

La parte settentrionale della rocca era pressoché tutta occupata dalla casa del Governatore, rialzata, rispetto al piano della roccia, dai dammusi: questa impostazione strutturale risulta sia nel XVII che nel XVIII sec. Ad una quota più bassa rispetto al piano di calpestio dell’abitazione del Governatore c’era il cortile superiore dove prospettavano i locali amministrativi: la cancelleria, l’archivio, il camerone. Sempre su questo cortile si apriva la chiesa di San Cataldo. Tutti questi edifici, con funzioni amministrative e governative, formavano pertanto un nucleo autonomo e ben distinto dalla zona meridionale, e con possibilità di accesso separato rispetto a quello della zona delle carceri. Tuttavia rimane ancora in dubbio la effettiva realizzazione del nuovo progetto per la casa del Governatore, soprattutto per quanto riguarda la sistemazione della zona d’ingresso, dal momento che non disponiamo di fonti documentarie o di riscontri sul campo che diano conferma dell’avvenuta esecuzione del progetto.

La parte meridionale dello sperone roccioso era occupata da quello che, quasi esclusivamente, viene definito nei documenti come castello in senso stretto, ossia come fortilizio militare oltre che carcere (casa del castellano, stanza delle guardie, casa del boja, camera di subizione e tutte le carceri). Il cortile inferiore era in collegamento con quello superiore tramite un’ampia scala che passava sotto il camerone della cancelleria. (Grazie a tale scala si era creato un percorso diretto pure con uno dei luoghi della tortura, posto ad oriente in sito ai margini del castello. Tav. 3). Ma all’area meridionale della rocca - in quanto zona destinata, nel sec. XVIII e oltre, alla carcerazione - si poteva accedere anche da un’altra scala, che era posta lungo la strada pubblica, e che immetteva direttamente al piano del cortile inferiore.

 

Frequentazione della rocca del Castello lungo i secoli

 

La labile documentazione finora acquisita per la rocca del Castello di Modica non consente di formulare un quadro insediamentale completo attraverso i periodi della nostra storia.

Tuttavia è possibile avanzare l’ipotesi della frequentazione dell’area già in età preistorica, nella prima età del bronzo (facies di Castelluccio, XXII - metà del XV sec. a.C.), quando evidenze archeologiche testimoniano la presenza di un insediamento nella vallata del Pozzo Pruni. Il forte segnale archeologico proveniente dalle due tombe di via Polara e poche altre sporadiche testimonianze consentono di seguire questa frequentazione in età protostorica (VII sec. a.C.) (1).

Per i periodi successivi di dati risultano fortemente carenti anche per la mancata indagine scientifica del sito e pertanto la frequentazione della rocca può essere indiziata da quelle evidenze archeologiche che attualmente meglio si conservano. Esse sono da individuare negli ipogei funerari ricavati lungo i versanti orientale ed occidentale, che testimoniano la destinazione cemeteriale della rocca in età tardo antica (2).

  In un momento successivo, di difficile collocazione storica, la necropoli venne abbandonata e la rocca assunse il ruolo di fortezza del centro abitato. E’ probabile che l’occasione storica per questa trasformazione della funzione della rocca sia avvenuta verso la fine del VII sec., con la fortificazione del territorio in seguito alla creazione del thema di Sicilia. La rocca si avviò così ad una destinazione abitativa che sarebbe stata oltremodo evidente attraverso l’operazione di scavo degli ambienti rupestri lungo i versanti;: operazione tanto evidente quanto oscura nella sua articolazione diacronica.

(Anna Maria Sammito)

 

(1) RIZZONE-SAMMITO, Lo status quaestionis delle ricerche archeologiche a Modica, I - dall’età del bronzo all’età ellenistica, in questo stesso numero.

(2) A.M. SAMMITO, Elementi topografici sugli ipogei funerari del centro urbano di Modica, in Archivum Historicum Mothycense n. 1, 1995, pp. 25-36.

 

 

 

 

 

NOTE

 

* Il presente lavoro ripropone l’analisi storica dello studio-progetto di restauro architettonico “Dal castello di Modica una nuova irradiazione sul territorio”, effettuato in collaborazione con l’arch. C. Scravaglieri.

Desidero ringraziare il Prof G. Raniolo ed il Dott V.G. Rizzone per l’aiuto prestatomi nella lettura di alcuni documenti. (L’Autore)

 

** (Modica 1963). Si laurea in Architettura presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria nel 1991.

Ha realizzato vari progetti di ristrutturazione e restauro di edifici nel centro storico di Modica. Recentemente ha partecipato al concorso nazionale per la ridefinizione di piazza C. M. Carafa in Grammichele.

Attualmente sta curando la realizzazione del nuovo complesso parrocchiale di Sant’Ippolito a Modica, progettato nel 1993, e sta lavorando con l’Arch. G. Sammito e l’Ing. L. Ammatuna al progetto di restauro e recupero del complesso edilizio di Sant’Anna a Modica.

Vive e lavora a Modica.

 

(1) Il Protomagistro Regio è il funzionario tecnico più alto dello Stato. E’ a lui che il re espone le sue necessità e le sue esigenze; egli controlla lo stato d’avanzamento dei lavori tramite una fitta corrispondenza o recandosi personalmente sul posto. Il protomagistro a sua volta, essendo il direttore dei lavori, ha a sua disposizione dei capimastri, ognuno dei quali specializzato in un ramo del lavoro. A loro volta i capimastri hanno dei collaboratori direttf, spesso membri della loro stessa famiglia.

Sempre dal re proviene l’autorizzazione alla costruzione di un castello privato, concessa al feudatario che ne avesse fatto richiesta. Per la progettazione e la direzione dei lavori era chiamato un capomastro regio. La manodopera veniva reclutata tra gli abitanti del feudo.

(2)M. AMARI, Un periodo delle {storfe siciliane del sec.XIII, Palermo 1842, rist. in edizione nazionale delle opere e dei carteggi di Michele Amari, Palermo 1988, pag. 51 in nota; R. SOLARINO, La contea df Modica. Rfserche storiche, Ragusa 1885-1905, rist. anast. Ragusa 1982, vol. II, pag. 33, nota 1.

(3) AMARI, op. cit., pag. 11 in nota; SOLARINO, op. cit., vol.II, pag. 31, nota 1.

(4) 11 Governatore, in quanto procuratore del Conte, aveva pieni poteri amministrativi, giudiziari e militari; v. G. RANIOLO, ta nuova terra di Vittorfa dagli albori al Settecento, rist. Ragusa 1990 pagg. 521-522.

(5) Archivio di Stato, Modica (A.S.M.) - Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, vol.l0, 30 ottobre 1779.

(6) A.S.M.- Archivio della Contea - Atti e Cautele dei maestri Notai, vol. 248, 11 marzo 1600.

(7) Termine che sta ad indicare il palazzo del Governatore.

(8) A.S.M.- Archivio della Contea - Lettere Patenti - Reg. VII - 6 marzo 1643.

(9) Costruzione a volta su cui poggiano le stanze.

(10) Mensole in pietra per il sostegno del balcone.

(11) Mensola a forma di S posta a sostegno della cornice, elemento tipico nella trabeazione di ordine corinzio. Spesso gli spazi fra un modiglione e l’altro sono occupati da cassettoni.

(12) E’ presumibile che il luogo della tortura fosse ubicato in una delle grotte sottostanti al castello; un altro luogo della tortura è localizzabile nel cortile inferiore, cfr. A.S.M. - Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, vol. 628, 7 settembre 1690.

(13) A.S.M. - Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, vol. 11, 30 ottobre 1779.

(14) A.S.M.- Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, n. 8, 30 ottobre 1759.

 

(15) Ibidem.

(16) Capo e custode del castello oltre ad essere capo dei soldati di guardia alle carceri; v. G. RANIOLO, La nuova terra.... cit., pagg. 511-512. Non va dunque identificato col Governatore.

(17) Vedi infra nota 19.

(18) A.S.M.- Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, n. 10.

* Questa stanza non sembra doversi identificare con la sede delle ‘guardie dei carcerati, che venivano chiamati ‘campisi’. (Per i compiti degli ‘alabardieri’ - o ‘alapardieri’ - “nominati da guardia” del Governatore, cfr. il seguente studio di G. Raniolo). (N.d.C.)

(19) A.S.M.- Archivio della Contea -Volume d’atti del maestro notaro, n. II, 20 giugno 1785.

(20) Questo fu il periodo in cui gli scritti di Cesare Beccaria, ed in particolare il libro “Dei delitti e delle pene”, cominciarono a provocare cambiamenti nel sistema carcerario.

(21) A.S.M.- Comune di Modica - Prigioni, vol. l45 n. 411, 9 maggio 1825.

Da quale documento si può dedurre che le carceri del Castello di Modica siano state prevalentemente - come talvolta è stato dichiarato - il luogo della detenzione (e... dell’immancabile connessa tortura) per i rei condannati (o in attesa di giudizio) del Tribunale dell’Inquisizione? Resta probabile che questo se ne sia servito in qualche caso. Peraltro ogno affermazione sull’entità dell’attività del Tribunale modicano dell’Inquisizione merita ricerche documentarie, tutte ancora da effettuare.

Le carceri del Castello di Modica erano i luoghi di pena - tragicamente duri come tutti quelli di quel tempo - della Contea, in quanto tale. (N.d.C.)

(22) Sedili prevalentemente in pietra, in qualche caso di ferro o ricavati dalla roccia (carceri criminali), ove dormivano i carcerati.

(23) Fosse all’interno del carcere utilizzate come latrine.

(24) Piccoli vani interni che servivano all’isolamento dei detenuti.

(25) A.S.M.- Archivio della Contea - Atti e Cautele dei Maestri Notai, vol. 12, 14 giugno 1785.

(26) A.S.M.- Archivio della Contea - Lettere Patenti, vol. VII, 18 marzo 1649.

(27) A.S.M.- Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, n.13, aprile 1790.

(28) A.S.M.- Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, n.11, 4 luglio 1785.

(29) A.S.M.- Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, n.11, 6 ottobre 1784.

(30) A.S.M.- Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, n.11, 4 luglio 1785.

(31) A S.M.- Archivio della Contea - Volume d’atti del maestro notaro, n. l2,16 aprile 1788.

(32) Luogo dove venivano custoditi, cautelativamente, i testimoni di rilievo per i processi.

(33) A.S.M.- Cautele diverse - vol. XV, 1787/1789.

(34) P. CARRAFA, Motucae illustratae descriptio seu delineatio, Palermo 1653, volgarizzato da F. RENDA, Prospetto corografico istorico di Modica, Modica 1869, rist. anast. Bologna 1977, pag. 26.

(35) Il documento, datato 5 marzo 1633, fa parte della documentazione allegata alla causa in difesa del patronato di San Giorgio; v. E. SIPIONE, Patronato di santi e controversie parrocchiali nella città di Modica, in Archivio Storico per la Sicilia Orientale, 1970, pag. 305.

(36) A.S.M. - Archivio della Contea - Volume di mastro notaro, n. 628, 19 maggio 1692.

(37) L’ingresso del castello fu spostato dalla parte settentrionale a quella occidentale - “a ponente” - (v. CARRAFA ... cit., pag. 26) in seguito ad un crollo del muro e di parte dell’entrata, avvenuto nel marzo del 1645 a causa di un cedimento delle grotte sottostanti (A.S.M. Archivio della Contea - Lettere Patenti - Reg. VII F. 170 v.).

(38) A.S.M. - Archivio della Contea - Volume di mastro notaro n. 628, 19 maggio 1692. In questo documento, che riporta l’elenco di riparazioni fatte dal falegname Malandrino nella antica chiesa di San Cataldo ed in quella di Santa Maria, viene citata la ‘consatina’ di due porte della chiesa di Santa Maria, una delle quali, dice il documento, ubicata sotto il quarto del Governatore.

Da una ricerca di Maddalena Fidone sui registri parrocchiali della chiesa madre di S. Giorgio, emerge che nella chiesa di S. Maria venivano celebrati i Battesimi del Personale addetto a funzioni e servizi vari nel Castello. Possiamo pertanto dedurre che quella chiesa fosse destinata anzitutto a tale Personale per gli atti di culto. (N. d. C.)

(39) In questo sopralluogo il sindaco e i suoi collaboratori, arrivati sul luogo delle campane (identificabile con la trifora ora abbastanza visibile anche dall’interno), leggono su una campana una epigrafe in latino, riferita alla chiesa di San Cataldo, con la data del 1071 (sic.!). La trascrizione di questa epigrafe, contenuta nel documento, presenta numerosi errori; è probabile che sia stata letta erroneamente anche la data, da emendare in 1671, quando era in corso la controversia per il patronato di Modica, per la quale v. SIPIONE, Controversie..., cit., pagg. 279-316.

(40) A.S.M.- Comune di Modica - Prigioni, vol.1 45, n. 407, 8 ottobre 1845.