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Produzione scientifica e letteraria di Tommaso Campailla

di Giovanni Criscione*

 

 

Possiamo suddividere la produzione di T. Campailla in due ambiti: scientifico-filosofico e letterario, non sempre, peraltro, separabili1.

 

La produzione scientifica

 

Per quanto riguarda la produzione scientifica, si può dire che la dottrina del Campailla è già tutta contenuta nell’Adamo; i trattati in prosa non sono che dei commentari o delle riesposizioni di tesi conosciute o comunque implicitamente definite già nel poema maggiore. Ciò non vuol dire che le esposizioni ‘in prosa’ risultino senz'altro più chiare di quelle del ‘poema’; anzi talvolta accade il contrario, perchè la prosa di Campailla è oscura e soffre della mancanza, generale nella lingua italiana del settecento, di una terminologia scientifica univoca e denotativa.

Notiamo poi che tutta la produzione scientifica del Campailla è scritta in volgare, e non in latino che pure era stato lingua della scienza e continuava ad esserlo a maggior ragione nei primi del Settecento, quando le dinamiche culturali favorivano una circolazione sovranazionale del sapere. Le ragioni che motivano in Campailla l’adozione, pressocchè esclusiva2, del volgare vanno ricercate probabilmente nella tradizione più o meno codificata del genere scientifico in cui le sue opere si inseriscono. I filosofi naturali avevano optato per il volgare, non solo per rifiuto della tradizione filologico-erudita, lontana dalla conoscenza diretta dei fenomeni, meramente libresca, che si era espressa in latino fino al principio del Seicento, ma anche per aprirsi sempre più al vasto interesse, risvegliato dalle scoperte scientifiche, di un pubblico nazionale, borghese o appartenente alla piccola nobiltà, che spesso non conosceva il latino e che era mosso a quel tipo di letture da un interesse meramente tecnico-pratico. E però non va dimenticato che Campailla scrive in volgare anche il “Moto interno degli animali”, trattato di Iatromeccanica, disciplina in cui la tradizione esigeva  il latino3. Tale opera fu inviata alla Royal Society, e forse proprio per il fatto che non era scritta in latino, non venne letta attentamente ed ebbe scarsa considerazione4. E’ necessario dunque affiancare alla prima motivazione, una seconda, tale da spiegare senza residui casi come quello appena descritto che non si lasciano ricondurre alla codificazione del genere. Ragioni di politica culturale  agirono forse sulla sua scelta: non è improbabile che Campailla, come scienziato, cerchi un consenso culturale fuori del ristretto ambito sperimentale (in cui è impegnato con mezzi assai limitati e con una strumentazione povera), tra potenti locali e mecenati, e per far ciò ritiene di scrivere in volgare5.

 

L’opera principale di Campailla è l’“Adamo ovvero il mondo creato”, poema filosofico, con cui l’autore assurse a notevole fama. L’opera occupa l’intera vita del Campailla (dal 1709 al 1737); ebbe varie edizioni, dovute al discreto successo e alla necessità dell’Autore di limarne continuamente la lingua e lo stile6. Secondo lo Scinà7 alcuni canti dell’Adamo uscirono come saggio da una stamperia di Mazzarino, di proprietà dei Principi di Butera. La prima parte dell’opera (sei canti) fu pubblicata a Catania, presso Bisagni, nel 1709.  Dedicata allo Statella principe di Villadorata, fondatore e marchese di Spaccaforno, contiene una prefazione di Jacopo da Mazara ed Echebelz. La seconda parte (canti VII - X), fu stampata a Messina, presso Maffei nel 17238. Contiene una introduzione dell’abate Giovanni Ortolano. Questa prima stesura dell’Adamo risente del viaggio nell’aldilà (di dantesca memoria), idea poi abbandonata a partire dall’edizione definitiva del ‘28 per uno schema più vicino a quello del “Paradise Lost” del Milton.

L’edizione integrale, riveduta ed ampliata (20 canti9), fu pubblicata in Messina presso Chiaramonte e Provenzano nel 1728, con il patrocinio di Giuseppe Prescimone  e dedicata a Carlo VI, imperatore  d’Austria e re di Napoli e Sicilia.

Nel 1737, a Roma, presso la stamperia di Antonio Rossi (ma in realtà a Palermo, presso Angelo Felicella), uscì una nuova edizione dedicata al Principe della Cattolica, Bonanno del Bosco, corretta dallo stesso autore. In appendice venivano aggiunti il “Discorso in cui si risponde alle opposizioni fattegli dal sig. Don Giuseppe Moncada sopra la sua sentenza della fermentazione10 e le “Risposte apologetiche” alle “Riflessioni del sig. dott. Don Antonio Grana dell’ordine della S. R. G. sopra alcuni passi del poema filosofico del sig. D. Tommaso Campailla, patrizio modicano”.

Morto il Campailla, l’Adamo fu ristampato in due volumi a Milano presso Giuseppe Cairoli nel 1744 e nel 1757, a cura di Bernardo Lama, Francesco De Aguire e Orazio Bianchi. L’ultima edizione in ordine di tempo è quella apparsa in Siracusa per i tipi di Pulejo nel 1783,  curata da Secondo Sinesio. Un secondo volume, uscito l’anno dopo, raccolse altre opere del Campailla; vennero aggiunte dal Sinesio un Saggio biografico (non sempre attendibile) sul filosofo, una Dissertazione sul suo sistema filosofico e alcune Lettere di insigni personaggi; le opere furono corredate di un ampio commento, ma furono apportate pure arbitrarie modifiche alla lingua e allo stile del poema maggiore e sostituite le dedicatorie originali del Campailla, premesse alle varie opere, con quella che il Sinesio faceva al suo protettore, il cav. Michele Grimaldi, governatore della Contea11. Tuttavia nel complesso l’edizione fu meritoria.

L’“Adamo ovvero il mondo creato” è un poema in ottave. L’autore vi espone la dottrina cartesiana in 20 canti: i primi dieci sono dedicati alla spiegazione della natura non vivente, gli altri alla natura vivente. Adamo è il primo uomo, privo di qualunque conoscenza, che, in una situazione psicologica e gnoseologica simile a quella del cogito cartesiano, è il soggetto di un apprendimento globale esplicito e implicito, che riguarda i princìpi delle cose, l’astronomia, gli elementi e le loro qualità, la gravità e i suoi movimenti, la terra, il mare, l’aria, il fuoco, le piante, i bruti, l’uomo, l’economia animale, la generazione dei sensi e dei sensibili, i morbi, il discorso umano, le passioni dell’anima e la sua immortalità; in una parola, il “mondo creato”. Questo apprendimento di Adamo è esplicito quando gli insegnamenti sono impartiti dall’arcangelo Raffaele, che  gli fa da guida; è implicito invece l’apprendimento (di carattere prevalentemente religioso-morale) che si ricava dall’interpretazione allegorica di oggetti e situazioni, minuziosamente effettuata dal Mazara ed Echebelz nella   prefazione “Al Savio lettore” dell’Adamo del 1737.

Viene anzitutto descritta la creazione, da parte di Dio, della materia dal nulla. Dio è il motore immobile dell’universo, che, imprimendo il moto alla materia, la dispone secondo la sua consistenza e densità; il moto si trasmette meccanicamente come avviene con gli ingranaggi di un orologio. Dal moto vorticoso che addensa la materia si originano il Sole e le stelle fisse, i cieli e l’etere, i pianeti. Sulla Terra compaiono le piante, i bruti, e infine l’uomo, cui Dio conferisce “corpo materiale e anima eterna | del gran Fattore immagine superna12. Adamo acquista poi consapevolezza di sè in quanto corpo fatto di materia (res extensa) e in quanto anima, irriducibile alla materia (res cogitans), pervenendo al cogito cartesiano (“pensando d’ingannarmi al certo penso”). Superato il dubbio metodico, giunge l’arcangelo Raffaele, che gli farà da guida per tutto il resto del poema. Una delle parti più interessanti è il canto V, “la Biblioteca”, dove, riprendendo l’espediente dall’ “Adone” del Marino, immagina, nel Palazzo delle Scienze del Paradiso Terrestre, appunto una Biblioteca con ogni volume che sarà pubblicato nel mondo, e, sviluppando una sorta di storia della filosofia, menziona numerosi filosofi, suddivisi per epoche e per scuole. Una posizione primaria (indice delle preferenze del poeta) spetta ad Agostino, Tommaso d’Aquino, Fardella, Odierna e naturalmente Cartesio, di cui poi  espone il sistema e lo riforma per quanto riguarda l’ipotesi sulla natura della luce; oggetto di critica è invece Aristotele.

L’opera fu paragonata dal Muratori13, per l’analogia degli intenti - di comunicazione, aggiornamento, diffusione culturale presso dotti (e meno dotti) -, al “De Rerum Natura” di Lucrezio, che aveva esposto in esametri la dottrina di Epicuro. Impresa non facile quella di mettere in versi ‘chiari e distinti’ una materia così complessa e varia, salvaguardando al contempo scientificità ed arte.

Fin dal 1709 Campailla aveva composto, secondo un costume del tempo, delle risposte alle obiezioni sollevate sopra alcuni passi del suo poema da alcuni dotti locali. Nel medesimo anno dà alle stampe il citato “Discorso in cui si risponde alle opposizioni fatte dal signor D. D. Giuseppe Moncada sopra la sentenza della fermentazione”, in Palermo, presso Antonio Pecora. Lo scritto fu ristampato nelle edizioni del 1737e del 1744 dell’Adamo (e riportato poi nel II vol. delle Opere nel 1784), dove compaiono pure le “Risposte apologetiche” alle “Riflessioni del sig. dott. Don Antonio Grana dell’ordine della S. R. G. sopra alcuni passi del poema filosofico del sig. D. Tommaso Campailla, patrizio modicano”.

 

Del 1710 è “Del moto interno degli animali”, (Palermo, Antonio Pecora, rist. nel 1784 nel II vol. delle Opere), confutazione del “De motu animalium” del Borelli. Secondo questo la virtù motrice si originerebbe dall’anima e sarebbe trasmessa dai muscoli ai nervi. Campailla afferma invece che il primo propulsore del moto animale è il muscolo, nel quale il moto viene impresso dall’afflusso e introduzione del  succo vitale proveniente dal cerebro (esattamente dalla “duramadre”), che, da una parte, fa gonfiare i tessuti carnei e, dall’altra, fa allungare i tessuti nervosi.   

 

Del 1727 sono i “Problemi Naturali spiegati con nuovi pensieri secondo i principi della filosofia”, pubblicati in Palermo, presso Accardo e dedicati a Giuseppe Prescimone  (ristampati nel 1784 nel II. vol. delle Opere). Occorre notare per inciso come dalla prima edizione dell’ Adamo ai Problemi Naturali cambino i dedicatari nelle opere di Campailla, passato dal giro della piccola nobiltà locale ai grandi del regno. Così scrive il Campailla nella dedicatoria del 1727: “Nacquero questi problemi, sebben secondi fratelli, quasi ad un parto col mio poema filosofico [...] Quindi, essendo come un appendice del medesimo poema perchè contengono raccolte, ma con maggiore chiarezza e diffusione [...] le opinioni che in quello ho sparso”. L’opera è composta di tre sezioni, in cui si tratta rispettivamente della “Virtù attrattiva” (18 problemi); “dell’Eco” (10 problemi), “Del disordinato discorso dell’uomo” (11 problemi).

 

Nel 1738 vennero pubblicati gli “Opuscoli Filosofici”, in Palermo, presso Gramignani. Credo si tratti dell’opera che, dopo l’Adamo, incontrò maggior successo: furono infatti ristampati in Milano, presso Cairoli nel 1750 (e successivamnete inseriti nel 1784 nel vol. II delle Opere). L’opera raccoglie quattro studi scientifici di argomento vario, composti dal Campailla in diversi momenti. Questi studi sono:

1) Discorso diretto alla Accademia del buon gusto dell’incendio dell’Etna e come si accende. Concepito probabilmente in occasione del terremoto nel Val di Noto del 1693 e definito nella mente dell’ autore in seguito al terremoto di Palermo del 1726, Campailla vi sostiene la stretta correlazione tra fenomeni supeficiali e fenomeni vulcanici. In particolare impugna le tesi sostenute dal Borelli nel “De historia et metereologia incendi Aetnei”, scritto sulla base di osservazioni effettuate durante l’eruzione dell’ Etna del 1669;

2) Come la mente umana è delusa a sentire, discorrere, giudicare pazzamente; dedicato al Muratori14. Costituisce una sorta di appendice al “Disordinato discorso dell’ uomo”, la terza  sezione dei “Problemi Naturali” (1727);

3) Considerazioni sopra la fisica di Newton, in due dialoghi; dedicate a Nicola Di Martino professore di matematica all’università di Napoli. Lo scritto è composto di due dialoghi, in cui Campailla cerca di confutare Newton (i cui Principia aveva avuto in dono da Berkeley nel 1723). Il Campailla fa parlare Aristogene, esponente dell’ Aristotelismo, Neottolemo, seguace di Newton, e Verofilo, personificazione dell’ autore stesso. L’ opera fu elogiata dal Fontenelle, segretario dell’Accademia di Francia;

4) Problemi Naturali spiegati con nuovi pensieri secondo i principi della filosofia. Seconda serie. L’ opera parla dei giorni critici; di come influiscono le stelle nel parto; dei morbi epidemici; come si imprimono nel parto le note delle voglie materne; della trasformazione degli umori nelle ghiandole del corpo animale; del perchè lo stesso cibo produce in diverse specie di animali carne di diverse specie; del perché lo stesso cibo nell’uomo nutre parti così differenti; perchè sono più vigorosi e virili gli animali interi rispetto ai castrati.

 

Postuma uscì la “Filosofia per príncipi e cavalieri” in due volumi, a cura del nipote Giuseppe Campailla. L’opera, la cui esistenza era già nota al Sinesio, ebbe una vicenda editoriale travagliata. Era stata dettata dal Campailla come corso di filosofia per il suo allievo Giuseppe Grimaldi (ma evidentemente concepita anche per una sua eventuale pubblicazione), quando la morte improvvisamente lo colse. Il manoscritto fu perciò conservato gelosamente dalla famiglia Grimaldi. Molti studiosi cercarono invano di ottenerlo; ma solo nel 1833 Antonio Galbo, barone di Montenero, patrizio messinese, in quel tempo Intendente della Provincia di Noto, recatosi in visita a Modica in occasione di una tremenda alluvione, riuscì ad acquistarlo per conto dell’editore Pulejo da Concetta e Francesca Grimaldi e Nicolaci, figlie di Michele Grimaldi, consentendone successivamente la pubblicazione nel 1841 in Siracusa, presso il suddetto editore.

L’opera si inserisce nel filone della letteratura scientifica divulgativa, i cui precursori potrebbero essere “I Dialoghi della pluralità dei mondi”(1686) del Fontenelle o “Il Newtonianesimo per le dame” (1737) dell’Algarotti. Questa letteratura ebbe il merito di inserire una cultura specializzata nella cultura generale. Come dice il titolo, si rivolge ad un pubblico salottiero fatto di dame, principi e cavalieri appunto, per trasmettere in prosa concetti scientifici15 non banali. L’opera  è divisa in due Dialoghi, che si svolgono tra un Maestro e un Discepolo e che affrontano ancora una volta i temi dell’enciclopedia fisica.

 

La produzione letteraria

 

La produzione letteraria comprende i due poemi maggiori (L’Adamo e L’ Apocalisse ) e un  certo numero di opere minori. Per quanto riguarda la produzione letteraria minore del Campailla diciamo che, in generale, nel sec. XVIII in Sicilia si poetava in latino, in italiano, e in dialetto. Presenti sia il dialetto che l’italiano (a seconda della destinazione dei componimenti); ancora una volta è assente il latino. Obbediente a consuetudini sociali, ‘dovute’ per un intellettuale del tempo, la produzione letteraria minore comprende poesie di occasione ed elogi di potenti, ma anche testi destinati ad essere letti nelle adunanze tra dotti, nelle Accademie, fino a composizioni destinate alla fruizione pubblica nelle piazze in occasione di feste religiose.     

 

Nel 1716 usciva a Palermo, presso Amato, la raccolta di poesie “Emblemi”, dedicata a Don Maria Giuseppe Di Lorenzo e Salonia, giurato della città di Noto. La raccolta, comprendente 266 componimenti (il Sinesio nell’ edizione delle opere ne trasceglie 16), prende il nome dalle descrizioni degli stemmi nobiliari dei personaggi, a cui erano dedicati i versi, che Campailla distinse in epidittici, sacri, politici, morali, dottrinali, poetici. L’edizione degli Emblemi è  rarissima.

 

Del 1738 è “L’Apocalisse dell’Apostolo San Paolo, poema sacro” (Palermo, con falsa indicazione di Roma; ristampato dal Sinesio nel 1784), dedicato all’ Accademia degli Ereini.

L’ opera, in ottave, è divisa in sette canti. Sebbene incompiuta, può considerarsi completa perchè la materia annunziata sta tutta nei sette canti. Campailla immagina che S. Paolo di Tarso, l’ “Apostolo” per eccellenza, sia rapito in cielo, affinchè per grazia di Dio abbia rivelazione dei misteri divini. L’arcangelo Uriele lo ammaestra su argomenti teologici. Ritorna qui lo schema dell’Adamo (e  poi di “Filosofia per príncipi e cavalieri”), con l’apprendimento progressivo da parte di un soggetto ignaro, accompagnato da una guida. Lo scopo di quest’ opera è quello di sferzare le dottrine di falsi credenti e dei quietisti (orientamento eretico del tempo di C.). Nella dottrina del poema si avverte forse l'eco del giansenismo.

 

Campailla membro dell'Accademia degli Ereini di Palermo, con lo pseudonimo di Serpilla Leonzio, pubblicò suoi componimenti nel volume “Rime degli Ereini” (Roma, Epiro, 1734, p. 371 e s.) a cura del Mongitore, che raccoglieva le fatiche letterarie dei membri dell'Accademia.

 

Alcuni componimenti e scritti del Campailla, sono ancora inediti. Altri, della cui esistenza ci informano le fonti, sono ritenuti perduti. Inedita è la raccolta di poesie i “Vagiti della penna” (Bibl. Comun. Palermo; ms. 4 Qq B4), da molti riportata col titolo erroneo “I Vagiti dell’ingegno”. Si tratta di poesie dedicate a personaggi locali, di cui alcune in dialetto. Inediti pure due sonetti conservati presso la Biblioteca Comunale di Palermo (ms. 2Qq B57, n. 4).

Perduti si ritengono invece alcuni drammi e melodrammi i cui titoli sono riportati dal Mongitore16: “La pace tra i Pastori”, “L’Unione ipostatica”;  L’Elmira”, il “Ciro in Babilonia”, il “San Giorgio”, il “San Guglielmo”. Già P. Cristofolini, alla voce “Campailla” da lui curata nel Dizionario Biografico degli Italiani, afferma che tali scritti si trovano presso la biblioteca dei Gesuiti di Modica; così pure L. Lorenzini17.  Ma la notizia è priva di fondamento. Nulla sappiamo su queste opere. Il Guastella avanza l’ipotesi che si trattasse di dialoghi destinati ad essere rappresentati (alcuni anche musicati) in occasione di feste patronali nei comuni di Modica e Scicli, e del resto alcuni titoli si prestano a questa ipotesi.

Ancora il Mongitore ci informa su un volume manoscritto di astrologia ‘giudiziaria’ (arte di leggere il ‘giudizio’ degli astri sulle vicende terrene) contenente cento figure genetliache18, e su “liryca carmina  lette e apprezzate anche fuori dalla Sicilia, soprattutto in Roma, presso l’Accademia del Cardinale Pietro Ottoboni19.

Dalle Novelle Letterarie di Venezia, che nel 1740 recensirono l’Adamo del ’37, apprendiamo inoltre dell’esistenza di un terzo ordine di obiezioni (dopo quelle del Moncada e del Grana, in quel volume pubblicate) a cui il Campailla dovette probabilmente fornire delle Risposte. Ma vediamo il passo in questione (p. 134): “Noi speriamo di veder ancora le Risposte dell’Autore sopra le obbiezioni del sig. canonico D. Rosario Castro  per rispetto all’estensione del Sacramento Eucaristico, dopochè nel poema fu scritto, come per ‘inreparabile sentenza | che sia del corpo estension l’essenza’ ”. Non è chiaro però dal passo citato se Campailla abbia o no risposto al Castro e se la risposta sia stata affidata alle stampe.

 

 

NOTE

 

* (Ragusa, 1972). Studioso di T. Campailla, è laureando in Lettere moderne presso l'Università degli Studi di Catania.

Risiede a Modica, Via Modica-Sorda, 58. Tel. 0932/945003.

 

(1) Opere di confine sono, ad esempio, l’Adamo (definito dall’autore stesso poema filosofico) o la Filosofia per Principi e Cavalieri.  Non si può, del resto, non avvertire un sentore di contraddizione nel fatto che Campailla con la sua opera principale esponga in poesia le dottrine scientifiche di un pensatore e di una scuola programmaticamente avversi alla cultura letteraria.

(2) Spesso infatti si assiste negli scienziati all’alternarsi di latino e volgare all’interno della loro produzione. La scelta del Campailla è invece netta e senza ripensamenti.

(3) Si pensi al “De Motu animalium” di Borelli.

(4) Cfr. Lettera del Campailla alla Royal Society di Londra (10 dicembre 1710), oggi conservata presso il Museo Campailla di Modica.

(5) “Ancora agli inizi del secolo - scrive G. Giarrizzo in “Appunti per la storia della cultura settecentesca”, Rivista Storica Italiana, 1967 p. 573 -, J. d’Orville, impegnato in un fruttuoso tour antiquario, aveva potuto notare con polemico stupore l’ignoranza del latino presso lo stesso clero” .

(6) Difetti di lingua e di stile gli venivano segnalati dai suoi dotti ammiratori: Francesco D’Aguirre ne deplorava ad es. “tutto quello che è proprio dei secentisti, come sarebbono quelle antitesi e paronomasie... che malvolentieri si odono nel nostro purgato secolo” (Lettere di illustri personaggi, p. X- XI, in T. Campailla, Adamo, Siracusa, Pulejo, 1783).

(7) Scinà Domenico, Prospetto di storia letteraria della Sicilia nel secolo decimottavo, Palermo, Edizioni della Regione Siciliana, 1969 (rist. dell'ediz. del 1859), tomo I, p. 96.

(8) Si tratta di una edizione piuttosto rara, la cui esistenza è stata segnalata per la prima volta da Corrado Dollo in La ragione signorile nell’etica di Tommaso Campailla, apparso su “Siculorum Gymnasium”, n. 2, 1979.

(9) “Avea determinato l’autore di stendere il poema in ventiquattro canti; ma gli iterati impieghi impostigli nel Magistrato della sua patria, e le sue continue e abituali indisposizioni (senza pregiudizio però dell’integrità di tutta la filosofica materia) lo fecero restringere al solo numero di venti canti ...” Jacopo da Mazara ed Echebelz, “Al Savio lettore”, in T. Campailla, Adamo, 1737. 

(10) Già pubblicato nel 1709 presso la stamperia di Antonio Pecora, in Palermo.

(11) Credo di segnalare qui per la prima volta l’esistenza di una fitta corrispondenza tra il Sinesio e il Grimaldi che precede e accompagna l’edizione delle opere del Campailla, giacente presso l’Archivio di Stato di Modica, Archivio Grimaldi voll. 249 e 250.

(12) Adamo, I, 43.

(13) Lettera al Prescimone, 27 Gennaio 1727.

(14) Recentemente ripubblicato in T. Campailla, Del disordinato discorso dell’uomo, Caltanissetta, Luxografica, 1995 (con una introduzione di S. Grillo).

(15) ... e/o filosofici: ‘filosofia’, nel senso che chiariremo nel successivo studio, pag 33 e segg.

(16) Antonino Mongitore, Bibliotecha sicula, seu de scriptoribus siculis, Panormi, Felicella, 1714, tomo II, p. 258.

(17) Lucrezia Lorenzini, Cartesio nell’Arcadia siciliana (da Campailla a Bonajuto), in A.A.V.V., La Sicilia nel Settecento, Messina, Industria Poligrafica della Sicilia, 1986, vol. II p. 460 nota 12.

(18) A. Mongitore, op. e loc. cit. “Per aliquot annos Astronomicae ac Astrologicae disciplinae adhaesit: ac ad summam huius notitiam se extulit; ut ex centum genetliacis figuris, quas pleno volumine exposuit, videre licet. At cum huiusce facultatis vanitatem ac fallaciam animadvertisset, ab ea animum avertit”. 

(19) Pietro Ottoboni (1667- 1740), pronipote del Papa Alessandro VIII, fu cardinale a partire dal 1689; letterato e musicista, scrisse alcuni melodrammi e fondò la Biblioteca Ottoboniana, aggregata poi alla Biblioteca Vaticana. Che i “liryca carmina” di Campailla, citati dal Mongitore, si trovino conservati qui tra filze di manoscritti ?

 

TESTO RIQUADRO N. 1

 

Poiché è nostro intento pubblicare prossimamente uno studio critico sulle biografie di Tommaso Campailla, riferiamo qui soltanto alcuni dati essenziali, relativi alla Sua vita.

 

Tommaso Giovanni Campailla nacque a Modica il 7 aprile 1668 da Antonio e Adriana Giardina (Archivio parrocchiale della chiesa madre di S. Giorgio in Modica, Libri Babtizatorum, vol. VII, fol. 238. Il Sinesio, il Renda, il Grana ed altri biografi affermano pertanto infondatamente che i genitori furono un  Guglielmo ed una Marianna Giardina).

Il ceto sociale della famiglia era presumibilmente patrizio: il padre sembra fosse insignito del titolo dei regî cavalieri. La casa del Campailla era (ed è) situata nel quartiere retrostante e sovrastante la chiesa di S. Pietro, all'ombra dello sperone del Castello, in Via Pusterla (o Posterla o Posterna).

Svolge i primi elementari studi - pare - con modesti maestri, ma prevalentemente da autodidatta forse per motivi di salute o anche, come accenna qualche biografo, per il non precoce esplicitarsi del Suo talento intellettivo. Non si ha documentazione circa una Sua frequenza presso le diverse e qualificate Istituzioni scolastiche superiori (Studia e Collegium Mothycense), operanti a Modica.

E' inviato, poi, dal padre all'Università di Catania, per studiarvi Giurisprudenza (forse in vista dell'attività di giureconsulto - assai frequentata da Modicani - presso le Corti giudiziarie di Modica): fu questa l'unica occasione in cui Tommaso Campailla si allontanò dalla Città natale. Vi rimase, tuttavia, poco tempo, ritornando senza avere conseguito il titolo di studio: motivi di salute o perché il Diritto non suscitò in Lui alcun interesse, preferendo Egli piuttosto gli studi filosofici, scientifici, letterari?

Nel 1693 ebbe un incontro, probabilmente di rilievo per l'evoluzione del Suo pensiero, con un non meglio precisato filosofo cartesiano (forse Michelangelo Fardella da Trapani; cfr.  P. Cristofolini, Tommaso Campailla, in D.B.I., XVII, Istituto Enciclopedico Italiano, 1974).

Il 24 ottobre 1694 Tommaso Campailla sposò Antonia Giovanna Leva. Dal matrimonio nacque il figlio Raffaele.

Fu precettore nella casa del Principe Grimaldi, in particolare della figlia e poetessa Girolama Grimaldi.

Per ventiquattro anni partecipò attivamente alla vita amministrativa della Sua Città come ‘giurato’ (assessore comunale) e fu, per sei volte, senatore della Contea.

Diede ulteriore impulso all'Accademia modicana degli ‘Affumicati’ (così denominata con riferimento alle api ed al nettare da loro prescelto), cui sembra abbia impresso anche un carattere di ricerca scientifica. Un Suo rilevante contributo, nell'ambito della terapia, fu l'ideazione delle famose stufe mercuriali (‘botti’) per la cura della sifilide, realizzate nell'antico Ospedale di S. Maria della pietà.

Fu membro di Accademie italiane. Apprezzato da filosofi e letterati, benché non sempre condiviso, ebbe, in particolare, un rapporto epistolare con L. A. Muratori. Il filosofo inglese Giorgio Berkeley ebbe modo di visitarlo personalmente a Modica nel 1717.

Campailla morì di attacco apoplettico nel 1740, all'età di 72 anni. Sepolto nel maggior Tempio della Città, in S. Giorgio, resta tuttavia irreperibile la Sua tomba. Una lapide, posta nella medesima chiesa, ricorda l'Uomo di grande ingegno, dottrina, nobiltà d'animo. (Giovanni Criscione e Giorgio Colombo).

 

 

 

TESTO IN RIQUADRO N. 2

 

Le opere di Tommaso Campailla (Modica, 1668-1740)

 

- “Adamo ovvero il mondo creato”, poema filosofico.

La prima parte (sei canti) fu pubblicata a Catania, Bisagni 1709, con prefazione di Jacopo da Mazara ed Echebelz. La seconda parte (canti VII - X), fu stampata a Messina, Maffei 1723; contiene un'introduzione dell'abate Giovanni Ortolano.

L'edizione integrale (20 canti), fu pubblicata in Messina (Chiaramonte e Provenzano) nel 1728.

Una nuova edizione, corretta dallo stesso autore, uscì in Roma (Rossi), ma in realtà Palermo (Felicella), nel 1737; in appendice contiene: il “Discorso in cui si risponde alle opposizioni fattegli dal sig. Don Giuseppe Moncada sopra la sua sentenza della fermentazione” (già pubblicato nel 1709 presso A. Pecora, Palermo), e le “Risposte apolegetiche” alle “Riflessioni del sig. dott. Don Antonio Grana dell'ordine della S. R. G. sopra alcuni passi del poema filosofico del sig. D. Tommaso Campailla, patrizio modicano”.

L' “Adamo”, fu ristampato in due volumi a Milano (Cairoli) nel 1744 e 1757, a cura di Bernardo Lama, Francesco De Aguire e Orazio Bianchi.

L'ultima edizione in ordine di tempo è quella di Siracusa (Pulejo) del 1783, curata da Secondo Sinesio. Un secondo volume, uscito l'anno dopo, raccolse altre opere del Campailla; il Sinesio aggiunse un saggio biografico sul filosofo, una dissertazione sul suo sistema filosofico e alcune lettere di insigni personaggi.

 

- “Del moto interno degli animali”, Palermo, Antonio Pecora, 1710.

 

- “Emblemi”, Palermo, Amato, 1716. Raccolta di poesie.

 

- “Problemi Naturali spiegati con nuovi pensieri secondo i princípi della filosofia”, Palermo, Accardo, 1727.

 

- “Opuscoli Filosofici”, Palermo, Gramignani, 1738. Rist. in Milano (Cairoli) nel 1750:

1) Discorso diretto alla Accademia del buon gusto dell'incendio dell'Etna e come si accende;

2) Come la mente umana è delusa a sentire, discorrere, giudicare pazzamente;

3) Considerazioni sopra la fisica di Newton, in due dialoghi;

4) Problemi Naturali spiegati con nuovi pensieri secondo i princípi della filosofia. Seconda serie.

 

- “L'Apocalisse dell'Apostolo San Paolo, poema sacro”, Palermo (con falsa indicazione di Roma, Rossi) 1738.

 

- “Filosofia per príncipi e cavalieri”, Siracusa, Pulejo, 1841.

 

- Manoscritti sono vari Sonetti e la raccolta di poesie i “Vagiti della penna” (Bibl. Com. Palermo). Perduti si ritengono invece alcuni drammi e melodrammi i cui titoli sono riportati dal Mongitore: “La pace tra i Pastori”, “L'unione ipostatica”; “L'Elmira”, Il “Ciro in Babilonia”, Il “San Giorgio”, il “San Guglielmo”.